Capitolo 10

8 Mo'hg Ghar 1842 – Stazione Nord; Haksh

Hoga'l e Rabe'th erano le due guardie a cui era stato affidato l'incarico di sorvegliare e custodire la piccola stazione Nord, quella vicina a un luogo di culto molto importante per Haksh: il Ta'ebhin, l'occhio della vita. Il capriolo e il varano erano stati trasferiti lì, così a stretto contatto con la Bozanj, dalla stazione Sud dopo tre anni. Si sentirono come a casa, la struttura che li ospitava era la stessa: un capanno immerso nel bosco con lo stretto necessario per vivere al suo interno; ogni mobile o accessorio era in legno grezzo e, nonostante i numerosi restauri nel corso degli anni, sapeva sempre di vecchio. Non dovettero riabituarsi a niente, i due letti avevano la medesima scomodità e la puzza di segatura era diventata un'aroma al quale erano diventati dipendenti. Anche le piccole luci lampeggianti su uno strano pannello di metallo avevano ormai un aspetto familiare. Solo il panorama era cambiato.

Quando si trovavano a sud, il mare interno manteneva segreto il suo vero volto. I colori dell'alba e del tramonto erano sempre perfetti, forse un po' troppo. Non furono rare le volte in cui tentarono di convincersi che la Bozanj non esistesse, ma quel maledetto pannello li riportava alla realtà. Il benessere e la prosperità di Haksh erano solo un artificio.

A nord ebbero la possibilità di scoprire la verità che si celava dietro il velo. Aggirandosi fuori dalla cupola protettiva, constatarono l'immenso degrado in cui il mondo esterno versava: a quella vista non riuscirono ad abituarsi. Nei loro discorsi iniziò a emergere un senso di pentimento verso quella conoscenza acquisita e un malcelato diniego.

"Quando giungerà il maturatore pensavo di informarlo sulle condizioni esterne" iniziò il primo durante quel pomeriggio, tenendo le mani sulle sue piccole corna dritte. "Magari riuscirà a fare qualcosa di concreto date le voci sui numerosi otzici."

"Tu sei sicuro che verrà qui, in questa stazione sperduta?" Con riluttanza, il varano si riaggiustò la semplice armatura di cuoio che indossava.

Era dello stesso tipo del suo compagno ed entrambe erano molto rovinate e piene di vecchi tagli sulla superficie della canotta. Finché le giunture non avessero iniziato a cedere, non vedevano un motivo valido per sostituirle. Per questo, inconsciamente, il varano faceva più pressione nei punti fragili.

"Baharas non è mai intervenuto, magari lui... Ti ricordi quanto si era incazzato quando lo scrivemmo nel rapporto?" Hoga'l si avvicinò a Rabe'th poggiando il gomito sul tavolo pieno di brocche vuote e briciole che li separava.

"Ancora con questa storia. Lo hai capito o no come la pensano nella capitale?! Meno si sa, meglio è. Se fossimo stati ancora a sud..." Con rimpianto, il varano si alzò per prendere un'altra caraffa di birra.

"Sono passati tre anni. A me sta bene stare qui, ma vorrei che facessimo qualcosa anche per l'esterno, non vorrei che Haksh ne risentisse."

"Ma che ne sai tu? Per carità, fa schifo anche a me questa situazione, ma la Bozanj è fatta per evitare che ciò che è fuori entri." Preparò due bicchieri, mentre la sua lunga coda squamosa spazzava la pavimentazione in legno che cigolava sotto i suoi passi.

"Questo sì, ma come te la spieghi la rivolta a Lashe'th? Per me..."

Un suono alieno interruppe il loro discorso, veniva dal pannello di metallo e le luci sembravano impazzite. I colori sulla lastra assunsero dei toni poco rassicuranti e incomprensibili; i due sapevano solo che l'allarme del nucleo all'esterno era stato violato. Dopo alcuni momenti di panico per quel fischio inaspettato e per la birra sprecata, ipotizzarono fosse stato qualche animale ad aver accidentalmente intaccato uno dei generatori. Poteva succedere ed era già successo.

Spensero con difficoltà l'allarme di quel macchinario così estraneo alla loro cultura e tecnologia. Era un grande cassone costituito da un unico blocco di metallo. Su un piano inclinato erano disposti numerosi sensori con dei simboli indecifrabili e delle piccole levette a scatto che non furono mai toccate per timore. Numerose funi colorate di un materiale ignoto serpeggiavano dietro il ripiano per andare a perdersi sotto terra, all'esterno del capanno. 

Le luci ripresero la loro regolare intermittenza tramite la pressione di un piccolo bottone, ma quando i due resh be'th si allontanarono per tornare a bere, furono traditi nuovamente dallo stesso stridio. Innervositi, ripeterono l'azione: anche il nuovo esito fu lo stesso. Iniziarono a pensare di aver sbagliato un passaggio e controllarono sul manuale di papiro e carta, ormai ingiallito dal tempo: nessun errore. Il danno all'esterno doveva essere grave al punto da richiedere una manutenzione in loco.

"Di sicuro qualche volpe avrà pensato di costruire una tana e avrà intaccato quella diavoleria di Eriku!" si lamentò Rabe'th che non riusciva a pronunciare bene quel nome: Eirikur. 

Si infilò un dito nel naso insofferente e chiuse gli occhi come per rovistare meglio. L'altra mano si impigliò nei suoi corti ricci mori, molto strani se abbinati alle squame da rettile.

"Conviene che la facciamo entrare, almeno non rischierà di morire di fame" disse Hoga'l che fissava con disgusto la mossa del compagno.

"Lo sai che per queste cose dobbiamo chiedere il permesso a Lath e a Shoudhe." Ammirò il dito minatore: pulito.

"Ma per una volpe, o qualsiasi animale sia, possiamo lasciar correre. Mica troveremo un branco intero sulla Bozanj."

Hoga'l, nonostante la spietatezza durante i combattimenti di allenamento, aveva un animo sensibile verso gli animali. Sfruttò un'espressione tenera, potenziata dagli occhi verdi e dalle orecchie leggermente a punta, per convincere l'altro. Rabe'th abbandonò la discussione.

Molto insicuri sugli attrezzi messi in una sacca a tracolla, imboccarono il sentiero che li avrebbe condotti ai generatori. Questo si era riempito velocemente di nuovi rampicanti e rovi; lo avevano pulito solo due lune prima e, per un momento, maledissero l'estrema rigogliosità all'interno del ge'th.

"Durante l'inverno diamo una ripulita generale, così staremo tranquilli per un'annata" pianificò il varano.

"Quest'anno non ci sarà l'inverno" gli ricordò il capriolo con un sorriso dispiaciuto.

"Per Haksh!" E bestemmiò i fondatori.

Rabe'th desiderò che almeno quel semplice lavoro, definito 'sporco', potesse essere svolto da un qualsiasi contadino di Haksh e non da chi possedeva l'otzi del guerriero, come loro. Mentre avanzavano, pestarono qualche arbusto più ingombrante e cercarono, per quanto possibile, di sistemarlo al bordo del sentiero tra le conifere. Questa scrupolosità durò poco, proseguirono decisi sollevando le zampe in maniera scoordinata.

"Se andassi a riprendere la tua ascia?" chiese Hoga'l saltellando agilmente con i suoi zoccoli.

"Certo, ottima idea! Perché non usiamo la tua lancia come bastone d'appoggio?" urlò sarcastico l'altro che iniziò ad arrabbiarsi per le sue tozze caviglie poco aerodinamiche.

Nonostante il rifiuto, entrambi sapevano che le loro armi potevano essere utili in quel frangente, ma ci tenevano troppo e non le avrebbero mai insudiciate per falciare l'erba. Gran parte del tempo nella stazione, oltre all'allenamento reciproco, era dedicato alla loro pulizia e affilatura. Per i due guerrieri erano delle compagne importanti, quasi quanto le proprie mogli. Non le vedevano da una luna e, purtroppo, avrebbero potuto far loro visita fra altre cinque. Ma quello stile di vita in fondo gli piaceva; solo mentire dicendo di essere dei guardiacaccia, era la parte più gravosa.

Un resh be'th incappucciato, sconvolto della presenza dei resh be'th in armatura, si parò davanti ai due. Indossava un mantello di seta nero con delle trame dorate e rettangolari che correvano per tutto il perimetro. La sua sagoma era completamente avvolta e nascosta, non si poteva capire nulla di lui. Non emanava nemmeno un odore. Il varano e il capriolo stavano per salutarlo, ma si bloccarono. Nessuno avrebbe dovuto percorrere quel sentiero, in più quelle decorazioni sul vestito non erano certamente di Haksh.

"Chi sei?"

"Cosa ci fai qui?" chiesero minacciosi.

Lo straniero non rispose. Ripeterono le domande con più risolutezza e fecero un passo avanti verso quel resh be'th. Dall'altra parte nessuna risposta.

Una piccola sfera di luce bianca si concentrò sul palmo dello sconosciuto e assunse la forma di una lunga spada.

"Ti ricordi come si combatte, sì?" sorrise, adrenalinico, Hoga'l a Rabe'th.

"Stavo per chiederti la stessa cosa."

Disarmati, partirono all'assalto.

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