6- Illuminazione
10 anni prima
Aleksi aprì gli occhi. Vide di nuovo i numeri lampeggianti della sveglia che segnavano le sei e quindici di mattina. Si alzò dal letto e si diresse verso il bagno. Esattamente tredici passi lo separavano dal letto alla doccia. Rimase precisamente otto minuti sotto il getto bollente dell'acqua. Altri sei minuti per asciugarsi e vestirsi e dopo una colazione composta di una tazza riempita fino a tre quarti di caffè e due fette di pane spalmate di burro, Aleksi uscì di casa. Abbottonò in ordine dal secondo al quarto bottone della sua giacca, chiuse la porta a due mandate riponendo le chiavi nella tasca sinistra dei pantaloni e camminò fino alla stazione dell'autobus attraversando la strada al semaforo del secondo incrocio, come ogni giorno. Ci mise esattamente undici minuti a piedi, come al solito, e l'insegna luminosa annunciava che l'autobus sarebbe arrivato entro quattro minuti. Tutto come sempre.
Dopo aver preso la metropolitana e aver camminato per altri dodici minuti arrivò a destinazione: la banca dove lavorava come impiegato, dove aveva ucciso tutte le sue ambizioni, pur senza rendersene conto. Si sedette al tavolo distante ventisei passi dalle porte scorrevoli all'ingresso e precisamente alle 16:20 andò via, fece lo stesso percorso di quella mattina a ritroso e ritornò nel suo appartamento.
Appena rientrò si sedette sul divano, accendendo la televisione. Dopo trenta minuti passati a scorrere i canali si alzò bruscamente, cosa che non faceva mai senza un motivo. Improvvisamente si sentì girare la testa e una specie di ansia lo assalì. Adesso sentiva qualcosa che da tanto tempo non gli capitava di sentire e percepiva il suo cuore che andava accelerando sempre di più il suo battito. Qualcosa stava andando storto, ma non riusciva a comprendere che cosa fosse. Ogni giorno seguiva quella routine prestabilita, senza che oggi ci fosse alcuna eccezione, era sicuro di aver fatto tutto come sempre, ma allora cosa stava succedendo? Che cosa era quella sensazione di oppressione che lo schiacciava? Stava iniziando ad avere il respiro pesante e le gambe non lo reggevano più. Si distese sul divano, ansimante e con gli occhi sgranati e rimase così, guardando il soffitto bianco sopra di lui e concentrandosi sul suo respiro, come per non dimenticarsi di prendere fiato.
Aleksi aprì di nuovo gli occhi. Si era addormentato senza rendersene conto. La sveglia segnava le 22:41, e ancora quel peso che lo opprimeva persisteva in lui. Cosa poteva fare? Ignorarlo era fuori discussione, era troppo gravoso per dimenticarsene e basta e non ci sarebbe riuscito. Non sentiva più forza dentro di sé, sembrava che un qualunque movimento gli avrebbe potuto spezzare le ossa. Rimase fermo, ad aspettare.
Restò così per ore, forse giorni interi. Non mangiava e non beveva, rimaneva da solo sdraiato a pensare al nulla. La sua mente continuava a vagabondare ininterrottamente in un deserto dal quale non poteva uscire, ignorando il cellulare che squillava insistentemente e il campanello che continuava a trillare. Anche se sapeva che si stava lentamente disidratando, Aleksi cercava di fugare quel pensiero, ripetendosi che andava tutto bene. Aveva bisogno di comprendere perché fosse così distrutto, ed era sicuro di poterci riuscire. Mancava ancora poco.
Dopo tre giorni che gli erano sembrati anni, gli sembrò che una luce si fosse accesa nella sua mente. Capì cosa era successo e perché gli stava accadendo. Adesso riusciva a muoversi a fatica, ma si alzò e mosse alcuni passi incerti, con un respiro simile a un rantolo. Uscì di casa senza chiudere la porta, con gli stessi vestiti di tre giorni prima addosso e camminò, incurante del vento che gli pugnalava il viso e della pioggia scrosciante che gli cadeva sopra.
Continuava a camminare, senza sapere dove si dirigeva, con la sola consapevolezza che ovunque fosse, sarebbe stato lontano dalla sua vecchia vita. Mano a mano le case si diradavano, lasciando spazio alla foresta, le sue gambe non riuscivano più a reggerlo e la mancanza di sonno e di cibo lo stava consumando del tutto, ma era riuscito ad allontanarsi ed era tutto ciò che gli importava. Per la prima volta dopo mesi, un sorriso sincero si dipinse sul suo volto martoriato, prima che il suo corpo cadesse privo di conoscenza sulla dolce neve d'autunno.
Si svegliò con il suono di una voce: era profonda ed emanava un senso di autorità, come le parole di un re o di un padre. Aleksi si alzò e si diresse verso la direzione da cui proveniva la voce. Si sorprese del fatto che riuscisse ancora a muoversi nonostante non sentisse alcuna forza nei suoi muscoli. Avvicinatosi alla voce vide tre uomini inginocchiati davanti a un quarto, che leggeva a voce alta da un libro. Era un uomo anziano, i cui radi capelli bianchi facevano da contorno ai suoi lineamenti scavati dalle intemperie di decine di inverni. Mentre leggeva, i suoi occhi rimanevano focalizzati sui tre uomini davanti a lui, che stavano a testa china, nell'attesa di una benedizione o di una condanna. Uno di loro era visibilmente più giovane, e la sua testa si muoveva periodicamente verso l'alto, per poi chinarsi di nuovo rapidamente, come a volersi trattenere dal guardare quell'uomo davanti a lui.
Aleksi non capiva chi fossero quelle persone o che cosa stessero facendo, ma aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse e rimanere da solo in eterno non sarebbe servito a nulla. Si avvicinò a loro, ma l'uomo continuò a parlare. Aleksi non si sentiva di interromperlo, aveva l'impressione che stessero facendo qualcosa di estremamente importante, in cui ogni minimo gesto appariva fondamentale. Solo quando i tre si alzarono, Aleksi osò chiedere aiuto a quegli uomini, che lo soccorsero e si presero cura di lui.
Dopo pochi giorni, Aleksi entrò a far parte dei Figli dei laghi.
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