Chapter Twentytwo - Part two: You wake up from every dream
"Wake me up, from this dream that never ends.
Haunting me, Haunting me till my bitter end.
Wake me up, from this nightmare that I live.
Something inside of me keeps on giving in."
- Crown the Empire, Wake me up
Mentre giravamo intorno all'isolato, cercando di raggiungere la fantomatica fermata dell'autobus che ci avrebbe condotte a Camden, le mie papille gustative hanno preso a immaginare l'appagante sapore dell'Earl Grey che fin da stamattina ho bramato con eccessiva intensità e che, finalmente, avrei potuto gustare.
Durante il viaggio poi, ho provato ancora a esortare Caroline dal dire qualche sciocchezza o associare le mie voglie alimentari a qualcosa di meno appropriato, soprattutto di fronte a Seth, in modo da distrarmi dai suoni poco aggraziati emessi dallo stomaco - e lei, ridacchiando e facendo smorfie, mi ha agitata più di quel che avrei voluto. Per questo, ora, mentre i passi si mischiano ai pensieri, aggrovigliandosi a ogni metro in meno che ci separa dalla caffetteria, il mio corpo si fa più rigido.
Le mani frugano nelle tasche della giacca, tirando fili e allargando buchi che ancora non mi sono decisa a chiudere.
L'ansia aumenta a ogni falcata e d'improvviso mi rendo conto di cosa sta per accadere: renderò reali due desideri che hanno avuto vita solo nella mia fantasia. Sì, perché mai avrei pensato di ottenere una migliore amica e un fidanzato nello stesso lasso di tempo e, ancor meno, avrei pensato che uno dei due potesse essere il ragazzo per cui, negli anni, ho imbevuto il cuscino di saliva.
Alzo gli occhi dalla punta delle scarpe al viso sorridente di Caro e, guardandola, mi sento sul punto di cambiare idea, così involontariamente rallento.
Lei si sente strattonare lievemente, allora volta il viso verso di me - è confusa, tanto quanto lo sono io. Non c'è nulla di cui aver paura, eppure mi sento le gambe molli. Non stiamo facendo niente di illegale e proibito, ma nonostante ciò avverto la sensazione che qualcosa possa andare male.
«Che hai?»
Mi mordo il labbro, finendo con il fissare la porta che, a qualche metro da noi, ci separa da Seth. Oltre a quell'anta in vetro e legno, su cui una meravigliosa scritta dipinta a mano invita a entrare, c'è la pasticceria, nonché sala da tè dove il mio ragazzo lavora da quasi quattro anni. Con Jace e Charlie ci sono venuta più volte durante il corso del tempo, eppure non mi sono mai sentita così fuoriluogo.
Con loro era diverso, più... semplice, sì. Quando venivo in questo locale affiancata dalle loro presenze non c'era la mia plateale dichiarazione di essere qui solo ed esclusivamente per lui, così come sta per succedere; era una forma di innocenza che adesso mi sembra svanita. C'è l'ovvietà della sua mancanza, il mio bisogno di vederlo - in particolar modo dopo che sabato sera ci ha fermati, allontanandomi un poco. Anche se non l'ho ammesso, la parte delusa era sicuramente più grande di quella sollevata e non sono riuscita a impedirmi, durante i momenti in cui ho rivangato ogni singolo istante di quella notte, di sentire una stretta intorno al cuore.
Perché, proprio lui che di ragazze ne ha avute a volontà, ha frenato me?
«No, è che stavo pensando... magari lo disturbiamo, non credi?»
Lei corruga le sopracciglia, fermando del tutto la nostra avanzata: «Siamo clienti, non andiamo certo lì per far comunella con lui!» Si batte il palmo libero sulla pancia: «Guarda che è da stamattina, quando abbiamo parlato di far merenda insieme, che il mio stomaco reclama cibo!»
«Okay, ma f-» cerco di resistere, ma Caroline potrebbe rinunciare a tutto tranne che agli zuccheri.
«Bla-bla-bla! Non mi interessa, Jay. Io ho fame, quindi entro e mi presento, tu che fai?»
Resto un attimo in dubbio, spostando lo sguardo dalla porta a lei, poi nuovamente sull'ingresso.
Perchè mi preoccupo tanto? Cosa c'è di sbagliato? Che io sia o meno la sua ragazza, sono qui per altri motivi, non certo per distrarlo dal lavoro - mi basterà fingere indifferenza, concentrarmi sulle chiacchiere con Caro e tutto andrà bene, no?
Scuoto la testa: «Sì, è solo un po' di ansia... sei la prima a cui lo presento».
«Ecco, brava!» Mi dice tornando a sorridere e prendendomi a braccetto come una vecchia amica: «Ora muoviamoci che qui lo stomaco reclama cibo» e non solo il suo, anche se al momento fatico a capire dove finisca la fame e inizi l'agitazione.
Riprendiamo il cammino, così come il battito del mio cuore accelera di colpo.
Una volta varcata la soglia sarà tutto ufficiale, ci sarà un terzo testimone a conoscere di lui, di noi - dovrò quindi trovare il coraggio di dirlo anche a Liz e... Jace. Già, perché ho evitato di parlargli per tutto questo tempo e lui, forse ancora arrabbiato dopo la nostra ultima telefonata, non ha fatto chissà quale sforzo per farsi vivo; giusto qualche messaggio, ma nulla più. Se prima la nostra era una gara a chi chiamava per primo, ora è una sfida a chi cede per ultimo - peccato che la cocciutaggine dei Raven sia dote risaputa.
Oltrepassiamo la soglia accompagnate dal tintinnio di una campanella e, prima che me ne possa rendere conto, veniamo sopraffatte dal profumo di dolci appena sfornati, caffè e lievi aromi fruttati.
Il giallo e il verde pastello riempiono i nostri occhi, mentre linee retrò si mettono a giocare con gli arredi e gli ornamenti, illudendoci di essere tornare indietro nel tempo.
Guardando questo posto, tutto si potrebbe dire tranne che vi lavora un tipo come Seth, eppure lui è uno dei camerieri e baristi di punta, nonché il caposala in assenza dei proprietari - due pasticceri ormai in pensione, ma ancora estremamente pimpanti e giovanili.
Caroline mi trascina dietro di sé, ammaliata da qualcosa che assume forma solo quando ci soffermiamo sull'enorme vetrina piena di torte colorate e pasticceria di ogni tipo. Biscotti e leccornie varie ci fissano, dando sfogo alla sinfonia dei nostri stomaci vuoti. Emettono brontolii profondi, poi acuti; alcuni sono prolungati, altri durano solo qualche istante e, grazie al cielo, a condividere questa imbarazzantissima performance musicale con me c'è lei.
«Hai visto che meraviglia?» mi domanda, negli occhi una scintilla eccessivamente luminosa che mi preoccupa: «Per quale ragione mi hai nascosto questo paradiso?» Con le dita Caroline si aggrappa alla mia giacca, mimando un mancamento. Il suo caschetto biondo e amaranto mi sfiora il viso, solletica la pelle ampliando la risata che segue la sua pantomima.
E' una gioia averla accanto in momenti di tale agitazione, la sua leggerezza rende le mie ansie meno pesanti.
«Ti prego, sediamoci! Ho bisogno di ordinare» sussultando si raddrizza, riprendendo a camminare alla ricerca di un tavolo libero e un po' appartato per poterci concedere qualche chiacchiera complice - e mentre avanza lungo la prima sala, io mi ritrovo a cercare Morgenster in ogni angolo del locale.
Fisso i visi dello staff, alle volte le loro schiene. Sono pochi e faccio in fretta a identificarli, così come ad altrettanta velocità capisco che tra loro non c'è alcuna traccia di Seth - eppure sono certa mi avesse detto che oggi era di turno.
Che ci sia stato un cambio di programma? Oppure...?
Sposto gli occhi sulla punta delle scarpe in vernice: e se fosse una bugia?
D'un tratto Caro si ferma ed io, troppo occupata ad arrovellarmi sulla terribile ipotesi che la mente ha formulato, finisco con l'andare a sbatterle contro. L'impatto con la sua schiena è più delicato del previsto, forse perché a dividerci c'era davvero poco spazio, però è sufficiente a farmi strizzare le palpebre e bofonchiare: «Ehi!»
Lei non reagisce, piuttosto stringe la presa sulle mie dita.
Schiudo le ciglia.
«E' lui, giusto?»
Quando lo sguardo torna a fissare la sala di fronte a noi, quella laterale e più appartata, mi ritrovo a sentir le gambe bloccarsi al pari di bastoncini di legno - nella loro rigidità però, li sento fragili, troppo sottili per sorreggere il peso della mia sorpresa.
Davanti a noi, con il busto rivolto verso la direzione da cui siamo venute e il profilo tagliente a osservare negli occhi un cliente, c'è proprio colui che stavamo cercando, il ragazzo per cui abbiamo fatto tanta strada e che ho temuto d'incontrare, dubbiosa che questa incursione potesse fargli piacere.
Sul viso ha l'espressione seria che tanto gli sta bene, quella che ultimamente mi è capitato di vedere spesso, mentre addosso porta il grembiule color caramello del locale che, con le sue forme squadrate, copre una camicia nera le cui maniche sono arrotolate fino ai gomiti, lasciando scorgere buona parte dei suoi tatuaggi. Una delle braccia si allunga verso il tavolo che sta servendo, lì dove, mi accorgo ora, due mani lo tengono stretto - sono rovi dalle unghie rosse che s'inerpicano avaramente sulla carne.
Sì, quello è Seth. E quella seduta di fronte a lui è l'ultima persona che avrei voluto vedere.
Mi sento strana, quasi stessi perdendo coscienza del corpo.
Perché Sharon è qui?
La presa sulla mano di Caroline si fa dolorosa, ne sono certa perché avverto le sue falangi pungere sotto alla pelle, ma lei tace e mi sfiora il dorso in un gesto di comprensione e sostegno.
Restiamo bloccate sulla soglia delle due sale, fissando impietrite e confuse la scena.
Sharon ha la fronte aggrottata, la bocca color ciliegia leggermente aperta in un'espressione di dubbio. Pare non capire qualcosa - e lo guarda dritto negli occhi, provando e probabilmente riuscendo ad ammaliarlo con la sua innegabile bellezza. D'un tratto la vedo muovere le labbra, dire qualcosa che non riesco a udire e men che meno interpretare. Parla a Seth in quel modo tutto suo, complice - ed io vorrei non notarlo. Vorrei chiudere gli occhi e negare a me stessa ciò che sto vedendo, magari accorgendomi che si tratta solo di un brutto sogno - ma non riesco a farlo.
Caroline si rende conto della situazione senza che io debba proferire parola, ha sviluppato una sorta di empatia che in questo momento non posso far altro che ringraziare, così sibila: «Dai, andiamo altrove» e si volta, pronta a sgattaiolare via e darmi modo di esplodere - perché so di star trattenendo qualcosa di catastrofico, lo sento agitarsi dentro. Non ho idea di cosa sia, se delusione, amarezza, disperazione o rabbia, so solo che è lì e aspetta il momento giusto per mandare in frantumi le fantasie create in questi ultimi giorni.
E' ovvio che ci sia qualcosa in sospeso, che Sharon sia qui per riprendersi ciò che è suo. E come biasimarla? Non posso, dato che l'ho desiderato anche io. Peccato che lei sia sicuramente meglio di me sotto un gran numero di punti di vista, quindi la sua vittoria nei miei confronti è quasi scontata - quando si alzerà da quel tavolo, Seth avrà già deciso di spezzarmi il cuore.
La ragazza accanto a me si volta, mi sposta e, nel cercare di trascinarmi via, non si accorge di urtare qualcosa. Qualcosa che fa rumore. Qualcosa che tintinna e cattura l'attenzione dei due che abbiamo osservato in silenzio fino ad ora.
Sharon è la prima ad accorgersi della presenza, evidentemente sbagliata, della sottoscritta in questo posto. Mi identifica ancor prima che io possa rendermi conto dei suoi occhi su di me, sul viso evidentemente arrossato che cerca di contenere il pianto.
Questa volta, quando le sue labbra si muovono, mi è fin troppo facile leggere le parole che pronuncia: "Oh, guarda, Jane!" e inevitabilmente allontano lo sguardo per scorgere Seth. Chissà se si sarebbe mai aspettato di vedermi qui; se nei suoi piani c'era la mia apparizione. Chissà se aveva creduto che questo posto diventasse abbastanza sicuro per ospitare il suo incontro con lei; se aveva pensato che avrei agito come una qualsiasi persona normale, avvertendolo della mia visita.
Scorgo la sua bocca, il "merda" che sputa. Lo vedo scrollarsi di dosso la presa della sua... ex? O è ancora la sua ragazza? Ed io cosa sono, quindi?
A grandi passi prova ad avvicinarsi a noi, nella sua espressione è evidente l'ansia, il dispiacere - mi pare quasi di tornare indietro al giorno del nostro primo bacio, della litigata con Jace e del pugno sul mio viso, ma a differenza di allora, adesso, sono troppo sconvolta per permettergli di raggiungermi. Caroline mi strattona con più forza e mentre lui cerca di venirci incontro, noi ci allontaniamo svelte.
Ti prego, non lasciare che ci raggiunga, prego la mia amica, senza però dirle nulla. In questo istante la gola è troppo secca per permettere alla voce di uscire, sono in totale balìa dello shock per rendermi conto di dover deglutire. Così mi aggrappo a lei, ma se noi siamo frenate dall'educazione per metterci a correre, Seth ha la confidenza di chi conosce questo luogo e le sue regole, per questo può permettersi di osare - e ci raggiunge, mi sfiora la spalla bloccandoci sulla soglia dell'ingresso.
Come ha detto lui, merda!
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