Chapter Twentyone - Part Four: Broken Hopes Sounds like Bass Drum

"We are far from perfect
But perfect as we are
We are bruised, we are broken
But we are goddamn works of art
Works of art"

Rise Against - Far from perfect

Quando esco dal bagno, pochi minuti dopo esserci entrata, ho addosso quello che credo essere il pigiama di Seth.
Le collant erano talmente bagnate che ho dovuto strizzarle più e più volte, mentre i capelli, ora legati nella peggior coda che potessi fare, hanno inzuppato tutta la parte alta del maglioncino costringedomi a levarlo per non rischiare un qualche malanno e, a quel punto, tutto ciò che ho trovato per coprire le nudità sono stati una maglia dei Rammstein eccessivamente rovinata e un paio di pantaloni felpati. Così ho ceduto al taccheggio, insieme al desiderio di sentire il suo profumo ancorato alla pelle.

Con il cellulare stretto in mano, dove ho più volte controllato se Charlie mi avesse risposto, avanzo per il breve corridoio che mi collega al salotto e, una volta al centro della stanza, prendo a guardarmi intorno in un moto di totale confusione.

La radio è accesa, passa un brano dei Rise Against a cui fatico a dare un titolo ma di cui ricordo con vaghezza qualche strofa, eppure del padrone di casa sembra non esserci altra traccia. Il suo cappotto è malamente appoggiato sul ripiano che divide, in minima parte, lo spazio del living dalla cucina e un'abat-jour illumina alla bene e meglio la stanza, creando atmosfera. C'è una calma placida, una staticità che mi fa sentire fuori posto. È tutto immobile qui, ma se mi sforzassi di fare qualche passo potrei vedere meglio la pioggia che batte sulle finestre, oppure le macchine che al di là dei vetri si spostano per la città. La mia è solo un'impressione, la sensazione alienante di una persona che non si è mai realmente soffermata a osservare le cose, eppure ora mi fa domandare: quanto è giusto che io sia qua? Queste pareti sono state per anni lo scenario segreto di decine di sogni a cui non ho mai dato voce, ma che piuttosto ho conservato gelosamente e rivissuto nei momenti di solitudine, mentre adesso sono diventate custodi delle mie palpitazioni e di quei primi baci umidi, appassionati, sconosciuti - ma non sono la prima e probabilmente nemmeno l'ultima di cui conserveranno un ricordo.

Mi mordo il labbro abbassando lo sguardo sui piedi scalzi.
Forse certe cose non dovrei rivangarle, mi fanno sentire una povera stupida, oppure sarebbe meglio se le tenessi costantemente a mente, in modo da non soffrire troppo quando il mio cuore sarà fatto a pezzi.

Perché Morgenstern si renderà conto di aver fatto un passo falso, ne sono certa.

E come richiamato da quei pensieri bui, discordanti con il buonumore che ho conservato per tutta la sera, lui riemerge da oltre la porta della sua stanza armato di un nuovo look molto più casalingo. Credo di aver già detto quanto i lineamenti e il fascino di Seth siano un connubio micidiale per gran parte delle esponenti del sesso femminile, eppure mi ritrovo ancora a stupirmene. Ci sono gesti, frasi, sguardi o espressioni che ne esaltano maggiormente la bellezza, trasformandolo veramente in qualche belloccio da romanzo improbabile; alle volte però mi ritrovo anche a pensate che siano i miei occhi a vederlo così etereo e irraggiungibile. I capelli, prima ingellati con tanta minuzia, sono ora una zazzera scura e corta che gli incornicia il viso, mentre i bei vestiti che aveva indosso sono stati sostituiti da un pantalone della tuta e una maglia color notte.

Mi fissa stranito e di rimando gli sorrido.

«Quello è il mio pigiama» mi fa presente, dandomi prova di aver indovinato l'uso degli indumenti che indosso. «Perché te lo sei messo?» domanda dopo qualche istante, corrugando le sopracciglia e abbozzando un sorriso, quasi sia divertito da ciò che vede - e dubito possa essere altrimenti. Non essendo alta quanto Morgenstern, o qualsiasi uomo della mia vita, i pantaloni mi si arricciano più e più volte intorno alle caviglie, così come la maglia minaccia di trasformarsi in una vestaglia. Sicuramente ai suoi occhi sembrerò un bambino che ha rubato i vestiti a mamma e papà per gioco, non una ragazza grande e vaccinata.

«Dovrò pur coprirmi con qualcosa, no?» lo chiedo mentre goffamente mi lascio cadere e sprofondare sul divano, ignorando completamente il fatto che debba quantomeno domandare se la cosa gli dia fastidio; in fin dei conti non mi ha mai detto di poter usare le sue cose.

Sul tavolino di fronte a me se ne sta un pacchetto semi-vuoto di Lucky Strike rosse, mi fissa con insistenza e dopo qualche istante di silenzio, frammentato dalla musica e dalla porta del frigo che Seth apre per prendere qualcosa da bere, cedo al suo richiamo, abbandonando il telefono per un filtro.

Come in passato, nelle serate spese in compagnia dei miei migliori amici tra le mura di questo appartamento, mi approprio di ciò che non è mio, ma che i ragazzi, un po' per via della loro maggiore autonomia economica, un po' per pietà, mi hanno sempre concesso di prendere.
Morgenstern si siede sulla poltrona accanto, quasi a lasciarmi tutto lo spazio necessario a stendermi. Sorride ancora, divertito da qualcosa che al momento non comprendo. Appoggia le bottiglie di birra sul tavolino e mi passa l'accendino subito dopo aver fatto saltare i tappi, ormai rassegnato all'idea che io non ne abbia uno - anche perché di norma sono proprio lui e Charlie a rubarmeli!

«Ti avrei preferito senza.»
Sussulto: «Cosa?»

Lui si sporge un poco, mi passa la bottiglia e ancora una volta la sua smorfia si fa mefistofelica: «Ti-preferivo-senza» ripete, scandendo le parole quasi stesse parlando con una persona incapace d'intendere.
I suoi occhi corrono sulle pieghe morbide della maglia che indosso, indicano ciò che non gli va a genio - e mentre lo fa si allunga un po' di più. Si sta facendo così vicino che inizio ad avvertire il suo respiro caldo sulla pelle. Arriva leggero, tiepido, però non potrei mai confondere i brividi che mi procura la sua presenza, so per certo che si tratta del suo fiato, di quell'aria che ad ogni bacio cerco di rubargli per respirarlo, sentirlo mio per davvero.

Vorrei parlare, dirgli qualcosa per difendermi, però l'imbarazzo è tale che la lingua pare incollarsi al palato - e lo fa sempre nelle situazioni peggiori.
Avrei quindi dovuto evitare di legarmi i capelli in previsione di un simile momento, in modo da poterli usare come scudo tra i suoi occhi e le mie gote arrossate, peccato che non lo abbia fatto e ora non ho alcuna idea di come sfuggire a questi suoi commenti.
Ogni volta che sento la sua voce pronunciare simili affermazioni, oppure domande, in me si scatena un mix di emozioni che faccio fatica a gestire, ritrovandomi il più delle volte a tacere e cercare una via di fuga. È tutto così irreale, ambiguo. Fatico a credere che non vi sia qualche altro fine dietro a tutto quello che stiamo facendo e... ho paura, se devo essere onesta.

Strano da dirsi, lo so, però è proprio così.

Anche se ho desiderato le sue attenzioni, le sue voglie e le sue mani premute addosso, insieme a quelle meravigliose labbra di cui finalmente conosco il sapore e la morbidezza, mi rendo conto di non essere preparata a nulla di tutto ciò. A lui, più che altro. Perchè a prescindere dalla differenza esperienziale che ci divide, Seth è ciò che è sempre stato irraggiungibile: e credo che nessuno sia mai realmente preparato a qualcosa che pensava non potesse davvero stringere tra le dita.

Mi mordo le labbra e sento lo stomaco stringersi tanto da farmi passare la voglia di bere, così rimetto la birra sul tavolino, faccio qualche tiro e mi lascio nuovamente sprofondare tra i cuscini, evitando il suo sguardo con estrema insistenza - ma lui mi sta fissando, avverto le sue pupille scivolare lungo la pelle nuda.

«Perché ti ritrai?» ora la sua domanda è meno maliziosa, seppur resti un sussurro vellutato che mi attira a lui come feltro e, quando mi volto, resto faccia a faccia con Seth. Ciò che ci separa è poco più di una spanna, però i suoi occhi verde acqua mi catturano totalmente, restringendo il cono ottico solo ed esclusivamente su di lui.

Se la situazione non fosse così imbarazzante mi perderei volentieri in quell'oceano.

Deglutendo, provo a fingere di non capire dove il suo quesito voglia andare a parare, eppure mi è impossibile. Seppur siamo qui, insieme e dichiaratamente interessati l'uno all'altra, sente che qualcosa mi frena dal cedergli totalmente: prima a causa delle mie ansie, poi per via di Jace e Liz, ora Charlie e il modo in cui l'ho trattato per colpa sua. Ognuno di loro mi ha fatta vacillare, così ogni volta che Seth ha provato a spingersi un poco più in là, involontariamente, l'ho fermato - gli unici momenti in cui riesco a non sentirmi fuori posto sono quelli in cui le sensazioni prendono la meglio. Sono frangenti brevi, istanti che si riassumono nei primi baci, poi tremo e mi fermo, perché la paura che qualcosa possa andare storto è una costante, se ne sta in agguato come un giaguaro che aspetta la sua gazzella - e io temo il momento in cui le si fionderà sopra.

Scrollo la testa: «Non lo faccio» mi fingo ignorante. Non ho voglia di affrontare questa discussione ora, non mi va di rovinare una serata così piacevole.

«È per Jace?» Mi chiede sempre più serio, forse iniziando a perdere il buonumore che più volte è stato minacciato durante queste ore.
In parte, vorrei dirgli, perché non posso negare che l'approvazione di mio fratello sia per me vitale, ma non del tutto, aggiungerei poi. C'è altro che mi frena, qualcosa che all'apice della felicità mi ricorda quanto male mi sono fatta a vedere i miei sogni venir maltrattati.

Sì, maltrattati.

Perchè quando al suo fianco c'era una qualsiasi ragazza che non fosse la sottoscritta, anche se prima di questo noi, era come mettersi a saltellare e cadere. Eravamo lì, insieme fino ad un attimo prima, eppure quando compariva la bella donzella di turno lui diventava assente, distante. Il cuore in quei momenti mi bruciava al pari delle ginocchia sbucciate - ed io, dopo tutto quello che sta succedendo tra noi, ho paura di quanto male possa fare, ora, cadere e picchiare le ginocchia. Forse non si limiterebbe più a una sbucciatura, ma diventerebbe un dolore più simile a quello di una frattura.

«N-no... non è pe-»
Ma Seth non pare intenzionato ad ascoltarmi, qualcosa in lui scatta prima che io possa trovare una giustificazione, una qualsiasi risposta ai suoi dubbi.

In uno slancio mi è addosso, le sue labbra si premono forte sulle mie. Si schiudono e afferrano, si prendono ogni parola che non sono riuscita a dire in questi secondi di attesa. Mi bacia come se avesse aspettato questo momento per ore, giorni o mesi, eppure ci siamo concessi tante piccole tenerezze durante la cena. È famelico, irrefrenabile mentre mi ruba i respiri e si prende dello spazio accanto a me.

Una delle sue mani mi afferra la schiena, mi stringe a lui mentre con l'altra mi sfila la sigaretta dalle dita e, senza nemmeno guardare, consapevole di dove sia il posacenere e armato di braccia certamente più lunghe delle mie, la spegne.

Mi pare di venir investita da uno tsunami, mi travolge, e quando i suoi polpastrelli s'infilano sotto la maglia nemmeno riesco a realizzare ciò che sta facendo - sono ottenebrata da lui, dalla sua bocca, da ogni cosa che lo compone finché, come un fulmine a ciel sereno, non sussurra: «E allora non c'è nulla che possa portarti via da me.»

Dannazione, sembra davvero il personaggio di cui tutte s'innamorerebbero.
E anche io cedo, ogni bacio un po' di più.

Ania:
Ringrazio di aver concluso la correzione (preliminare) di questo ventunesimo capitolo

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top