Chapter Twentynine - Part Two: Breaking feelings like bones

"Cut me open and tell me what's inside
Diagnose me 'cause I can't keep wondering why
And no it's not a phase 'cause it happens all the time
Start over, check again, now tell me what you find
'Cause I'm going out, I'll fake what's real
Can anyone respond?"

- Bring me the Horizon, Avalanche

Con occhi grandi di confusione osservo Seth, il suo cipiglio infastidito. Provo ad allontanarmi da lui, ma la sua presa sulla mia schiena nuda non si allenta.
«Merda...» sibila a denti stretti, appoggiando il viso nell'incavo del mio collo e prendendo grossi respiri nel tentativo di recuperare una calma che gli sta evidentemente scivolando via di dosso. Si prende qualche istante che mi pare lunghissimo, poi sbuffa.

«Che ci fa qui?» domando, fissando con astio l'anta in legno che ci osserva dall'altra parte della stanza, minacciosa come mai l'ho trovata prima. C'è solo lei a separarci, eppure pare non essere sufficientemente robusta - o forse, a essere flebile, è la mia convinzione che le cose possano risolversi con semplicità.

«Apri! Dannazione, Seth! Aprimi!» L'ostinazione di Sharon non si affievolisce, anzi, in qualche modo pare persino aumentare con ogni colpo, così alla fine lui cede. Le sue dita abbandonano il mio corpo, si allungano verso il pavimento e raccolgono la maglia che si era levato per me.
«Vestiti, per favore».
La sua scocciatura è evidente, una maschera che potrei addirittura toccare se provassi a sfiorargli il viso, ma mi auguro vivamente che la mia sia più spessa, in modo da fargli capire quanto questa situazione sia al di là dell'accettabile.

Afferro l'indumento, però non demordo: voglio una risposta.
«Perché è qui?»

Seth si prende il viso, tira indietro i capelli e si morde il labbro: «Secondo te lo so?»
«È la tua ex, non la mia...» sbuffo, iniziando a rivestirmi - anche se preferirei fosse lui a farlo, visto che l'idea degli occhi di quella smorfiosa sul suo corpo mi irrita a tal punto da istigarmi a colpirla con qualsiasi oggetto contundente. Lei sicuramente ha visto più di quanto ho fatto io in questi tre mesi e mezzo, non ha bisogno di altri minuti di contemplazione.

«Appunto, è la mia ex, per questo non dovrebbe essere qui» a grosse falcate si dirige verso la porta. Giusto prima di aprire si premura di tirar su la zip dei jeans e poi, con un altro sospiro nervoso, afferra la maniglia.
I muscoli della sua schiena sono un fascio rigido, una rete tanto fitta da farmi capire che nemmeno lui ha apprezzato questa sorpresa. Li fisso con intensità e delusione, rendendomi conto che forse è il destino a non volerci insieme - se fosse altrimenti non mi avrebbe nuovamente interrotta, lasciandomi amareggiata in questo limbo di dubbi e paure che tornano a ghermirmi.

La serratura scatta e Morgenstern apre: «Che vuoi?» ringhia, ottenendo da Sharon solo un sussulto. La sua espressione è meno sorpresa di quanto mi sarei aspetta, sembra quasi che sapesse di starlo interrompendo durante qualcosa di importante, come se avesse atteso con pazienza questo momento.
Ci vogliono pochi secondi prima che sul suo viso da bambola compaia un mezzo sorriso di soddisfazione a darmi conferma di simili sospetti.

«Parlarti, tesoro» allunga una mano, ma lui si ritrae.
«Non abbiamo più nulla da dirci».
Stavolta Sharon pare contrariata. Forse non si aspettava un rifiuto tanto netto, dopotutto l'ultima volta che li ho visti insieme Seth non aveva schifato a quel modo il suo tocco - probabilmente per evitare scenate sul posto di lavoro, oppure perché non aveva un reale motivo per reagire con tanto nervosismo - ma ora la situazione sembra essere nettamente cambiata, o invece è solo perché ci sono qui io.

Involontariamente mi ritrovo a stringere le braccia al petto, sentendomi quella fuori posto nonostante sappia di non esserlo; dopotutto io qui sono stata invitata, lei che scusa ha? Però, senza saperne il perché, mi ritrovo a muovere un passo indietro. Il mio corpo si vuole allontanare, cerca una via di fuga mentre lo stomaco si attorciglia e, senza rendermene conto, finisco con l'urtare l'angolo della poltrona da cui, senza preavviso, Chucky lancia un miagolio d'avvertimento che mi fa sussultare. Il suo verso, oltre ad attirare le mie attenzioni su di lui, fa sì che quelle dell'ospite indesiderata cadano sulle mie guance arrossate e capelli arruffati, evidenti prove di ciò che stava succedendo qui, in caso la maglietta di Morgenstern su di me non bastasse.

Le sopracciglia di lei si alzano, formando un arco perfetto: «Oh!» esclama prima di tendere le labbra in uno strano sorriso, «Guarda un po' chi c'è... la mocciosa».
Seth prova a frapporsi tra noi, in modo da impedirle di guardarmi troppo, come se i suoi occhi potessero in qualche modo consumarmi - ma a Sharon la cosa sembra importare poco: «Chi l'avrebbe mai detto che il tuo commento fosse serio! Lei, santo cielo! Non ti senti un po' uno stronzo a farti la sorellina di Jace?»
«Vai via, Sharon». Un nuovo ringhio, un'altra contrazione dei muscoli.

«Perché? Non sto dicendo nulla che non si sappia».
«Non costringermi a cacciarti...»

Lei china la testa da un lato, vedo i suoi ricci cascare al di là di una delle spalle del mio ragazzo - e se ben ricordo, quel gesto precede sempre un'espressione ammiccante che, a prescindere dalle mie inclinazioni pacifiste, ora vorrei strapparle via dalla faccia.

«O temi che mi siano giunte alle orecchie notizie che non vuoi vengano divulgate?»

Che? Cosa sta dicendo?
Inconsciamente aumento la stretta intorno al busto, quasi il mio corpo sapesse di doversi proteggere da qualcosa - eppure, la minaccia che mi attende non ha un'identità, per adesso.

«Vattene, ciò che faccio non è più affar tuo» Seth fa per chiudere la porta, peccato nella lentezza del suo movimento la voce di Sharon riesce a raggiungere le mie orecchie ancora una volta.
«Ma a lei potrebbe interessare il motivo per cui Jace ti od-» l'anta si serra, ma il significato di quella frase mi è tanto chiaro che persino annebbiata dalla situazione non farei fatica a capire.

Lei sa del loro litigio.
Lei ne conosce l'origine.
Io, invece, no.

Muovo un passo, il cuore in gola: «Che stava per dire?»
Il ragazzo davanti a me resta ancora qualche istante appoggiato allo stipite: una mano sulla maniglia e l'altra al centro della porta. I suoi muscoli non smettono di guizzare sotto alla pelle, tesi come corde che se toccate rischiano di spezzarsi - ed io lo sto per fare, sto per tirarle tutte.
«Seth, cosa stava per dire, Sharon?» Con un altro passo mi porto più vicina, cerco di chiuderlo in trappola, conscia però di non essere affatto un predatore, quanto più il coniglio che dovrebbe essere mangiato. È lui quello che è solito ghermirmi. Lui quello che mi mette in scacco. Io soccombo, sempre, ma stavolta la necessità di resistere è tanto forte da farmi invertire i ruoli.

«Nulla» soffia mentre si rimette dritto.
«Non dirmi cazzate».

Molla la presa e si gira un poco, riprendendosi il viso tra le mani: «Nulla, Jay». Ma è una bugia, ne sono certa, altrimenti mi guarderebbe in faccia e sosterrebbe il mio sguardo senza alcuna difficoltà, come ha fatto ogni volta in cui ha detto di voler stare con me.
«Davvero?»

Finalmente si volta. Negli occhi gli passa una scintilla cupa e la mascella si contrae in un evidente gesto di nervosismo. Tace, così io avanzo ancora.
«E allora perché ti stai arrabbiando?»
Mi viene incontro: «Perché ti interessa tanto la questione?» A dividerci, ora, c'è poco più di una spanna, eppure mi pare si sentire il suo respiro bollente colpirmi le guance con astio, quasi fossi improvvisamente diventata l'ennesimo nemico di una battaglia elitaria.

«Rispondimi».
«Sono affari nostri, non tuoi».

Sharon però sembrava essere di tutt'altra opinione, visto che si è premurata a sottolineare la cosa. Quindi, mossa da un altro atto di inspiegabile coraggio, scarto di lato e mi lancio verso la porta: se lui non vuole darmi alcuna spiegazione, sono certa che lei lo farà con grande piacere - dubito si lascerebbe scappare l'opportunità di mettere zizzania tra di noi.

Abbasso la maniglia mentre la voce di Seth prova a fermarmi, ma non esito nemmeno per un istante. Nemmeno quando avverto le sue dita provare ad acciuffare la mia gonna mi arresto e, saltando gli scalini due a due, corro fuori dall'edificio, dove una pioggerellina lieve ha preso a cadere tra le strade trafficate.
Aguzzo la vista in mezzo alle persone e, quando finalmente scorgo la sua chioma muoversi a qualche metro di distanza, la chiamo con forza, riuscendo a fermare la sua fuga.

Non so cosa mi faccia più paura mentre la raggiungo, se la verità che mi aspetta o la consapevolezza di stare, ancora una volta, per rovinare tutto, ma a prescindere dalle gambe tremanti e il cuore in gola non mi arrendo: questa potrebbe essere l'unica occasione per saziare la mia fame di curiosità, per capire realmente cosa diamine sia successo tra mio fratello, Seth e Charlie, dandomi modo di riempire la crepa creatasi tra loro. E se quei tre sono troppo orgogliosi per chiedersi scusa, ci proverò io, perché l'idea di rinunciare ai nostri pomeriggi insieme, alle risate, alle bevute e ai concerti mi logora lentamente, seppur con costanza, ogni giorno.

Sharon si volta, la confusione sul suo viso si dissipa appena mi riconosce e le labbra le si tendono con estrema soddisfazione - non nego che abbia ottenuto il risultato sperato facendomi scappare via dalle braccia di Morgenstern, però una parte di me vorrebbe non notarlo così spudoratamente.
«Oh, Ja-»
«Che è successo tra loro?» La interrompo subito. I convenevoli non mi interessano e trovo persino inutile stare ad ascoltare la sua voce per più tempo del dovuto: c'è solo una cosa che voglio e in un modo o nell'altro l'avrò - anche se corro il rischio d'imbattermi in un'enorme bugia. Sharon non è certo famosa per i profondi valori morali, per quel che ne so.

Lei strabuzza gli occhi: «Oh, è di quello che vuoi parlare?» la finta ingenuità con cui mi si rivolge prova a scalfire la mia pazienza e nonostante i tentativi di restare salda sento la volontà iniziare a cedere. È una questione talmente importante, per me, che sono già conscia di non potermi controllare come invece vorrei. Potrebbe seriamente vincere, questa volta.
«Sai, pensavo piuttosto che volessi discutere del fatto che ti sei infilata nelle lenzuola del mio ragazzo...» la sua lingua schiocca sul palato, minacciosa, e mentre intreccia le braccia al petto capisco che forse, dietro alla sua retata a casa di Seth, c'è in realtà qualcosa di ben più serio di una semplice chiacchierata - ma non posso farmi vedere dubbiosa, devo riuscire a tenerle testa dopo ciò che è successo durante il nostro ultimo incontro. Se sapesse in quale stato emotivo io stia vergendo ora lo userebbe contro di me - e sono fragile, lo so, spezzarmi non è un'impresa da Titani: basta un mortale armato delle giuste parole. E lei in questo momento lo potrebbe essere.
«È il tuo ex...» cerco malamente di difendermi rivangando un concetto già usato ampiamente, oggi, però da questa frase non mi pare affatto d'ottenere grandi risultati. Non sono brava quando si tratta di sopravvivenza, ne ho già dato prova.

«Appunto...» sussurra lei chinandosi lentamente verso di me. È sempre più compiaciuta e non so dare un senso al suo fare complice, quasi ci stessimo scambiando un piacevole segreto - eppure noi due non abbiamo nulla da confessarci, il nostro rapporto è ben lontano da essere definito amichevole. «È mio. E sai perché, piccola Jane?»
Il nodo che ho in gola, lì dove il cuore mi si è bloccato pochi minuti fa, sembra diventare più soffocante; non riesco a tirar fuori alcuna risposta, così mi limito a stringere i pugni per evitare di mettermi a tremare. È ovvio che un certo timore stia iniziando ad avere la meglio su di me, che la volontà si stia lentamente crepando sotto alla pressione dell'agitazione.

No, non lo so - e la cosa non mi piace per niente.

Il suo busto si avvicina ancora e le nostre facce sembrano sul punto di sfiorarsi.
«Perché lui ed io ci assomigliamo. Tutto ciò che vogliamo ce lo prendiamo, e non c'interessa nulla dei sentimenti altrui. Siamo fatti per stare insieme, siamo due pezzi di una medesima mela marcia».
«C-che vuoi dire?» Ecco che il battito accelera, le gambe si fanno molli e i palmi iniziano a sudare. I primi pezzi della mia armatura di compostezza prendono a cadere a terra, frantumandosi come cocci di vetro.
Nei secondi che lei impiega a darmi una risposta vorrei poter essere in grado di bloccare i pensieri, ma loro corrono e si inseguono senza alcun ritegno, animali voraci pronti a sbranarmi la psiche e farmi impazzire. Con i denti minacciano i brandelli della mia corazza, puntano alla sostanza morbida delle membra che vi si nasconde sotto. Perché credo di conoscere già le parole che sta per pronunciare? Perché temo che il lato peggiore di Seth, quello che lo rendeva così simile a Sharon, sia sul punto di riemergere e farmi male?

Il sorriso le diventa enorme, il piacere che prova è talmente intenso da schiacciarmi il cuore. Non ho idea di cosa temere maggiormente, se lei o i miei stessi pensieri.

Si bagna le labbra carnose, inumidendole per bene, in modo che le parole escano fuori senza alcuna ostruzione: «Che Seth si è pre-» ma la frase si ferma comunque a metà. Lo sguardo di lei salta dal mio viso oltre le spalle e dal modo in cui la sua espressione muta, capisco che non siamo più sole - quando mi volto infatti, Morgenstern svetta iracondo a pochi passi da noi. Nei suoi occhi una scintilla preoccupante mi fa torcere le budella, mentre la gola si secca. È così fuori di sé che capisco, improvvisamente, che dalla bocca della sua ex ragazza stava davvero per uscire la verità che tanto ho cercato; non sarebbe così furioso se sapesse di poter combattere le bugie con la cruda realtà dei fatti - lo ha già dimostrato.

«Taci» incita: «se osi dire un'altra parola giuro che te ne faccio pentire, Sharon». La sua voce diventa una lama tagliente che passa troppo vicino ai timpani, non solo i miei, e l'interessata si ritrova quindi a ubbidire per salvaguardare la propria incolumità, ritraendosi - ma io ho ancora bisogno di sentire ciò che ha da dire. Voglio udire ogni singola parola di quello che mi è stato tenuto segreto per settimane!
Non posso rinunciare a questa occasione, non ne avrò altre.
Allora, del tutto ottenebrata dalla necessità di mettere fine a questo limbo d'ignoranza, le afferro il braccio: «No, dimmelo». La supplico, consapevole di quanto miserabile possa apparire ai suoi occhi.
Ma ho bisogno di sapere.
Lei si scrolla di dosso le mie dita: «Fattelo dire da lui, se ha le palle di ammettere quanto squallido è. Dopotutto la nostra storia andava così bene, finché -»
«Ho detto di tacere!» Il passo che Seth fa verso di noi risuona come un boato, avverto l'asfalto sotto ai piedi tremare - e anche stavolta non sono la sola.

Sharon alza le mani in segno di resa, si allontana di un'altra spanna: «Come vuoi» sputa, ma al mio ennesimo tentativo di trattenerla, sono io quella a venir bloccata con prepotenza. Morgenstern mi tira a sé impedendomi di avanzare oltre, di insistere in una battaglia che a suo avviso non dovrei né combattere né, men che meno, conoscere.
«Mollami, Seth!» Mi oppongo senza ottenere risultati, quasi non avessi alcuna forza se messa a confronto suo, inerme al pari di un fantoccio. E lei va via, passo dopo passo, mentre il ragazzo che mi stringe, impassibile persino di fronte alla mia voce spezzata, mi trascina lontano dalla strada e su per le scale del suo condominio. Non importa quanto mi dimeni, come le mani cerchino di allontanare dal corpo le sue braccia, non mi lascia andare nemmeno per un istante, arrivando persino a sollevarmi di peso pur d'impedire ai piedi di piantonarsi a terra.

Nessuno prova a bloccarlo e così, in una manciata di minuti, mi ritrovo scaraventata sul divano di casa Morgenstern e alla totale mercé dei suoi occhi.

La rabbia in lui non è scemata, ma posso chiaramente leggere nella sua espressione un velo di frustrazione a cui non riesco a trovare un senso.

«Perché?» grido, cercando quantomeno di mettermi seduta: «Perché l'hai cacciata?»
«Perché questi non sono affari suoi, Jay! E nemmeno tuoi!» Anche lui urla, il suo tono è violento come uno schiaffo, prova a colpirmi e, nonostante l'abbia già sentito tante volte, persino il giorno in cui per la prima volta mi ha baciata, non mi è mai sembrato così cattivo, amaro.

Stringo i pugni, lo faccio forte. Le nocche sbiancano e le unghie si infilano nella carne dei palmi senza alcuna pietà - ma non credo di riuscire a quantificare con lucidità il dolore, sono troppo occupata a fare i conti con tutto il resto.
«Invece sì! Jace è mio fratello, tu il ragazzo che amo e Charlie è la persona più importante che ho!» Sento gli occhi bruciare, so che le lacrime sono sul punto di emergere e colarmi sulle guance prive di alcun ritegno, eppure non mi fermo, non ora.
«Non sono intenzionata a perdervi, chiaro? Quindi che cazzo hai fatto, Seth?! Che puttanata hai combinato?!» Perché dalle poche parole che Sharon è riuscita a pronunciare è chiaro che sia stato lui il primo ad addentare la mela della discordia e, anche se vorrei non ammetterlo, alla fine me lo sarei dovuta aspettare.

Seth Morgenstern è sinonimo di casini, non sono forse stata io a dirlo?

«Non-»
«Ammetti ciò che hai fatto!» Se potessi averne la certezza, direi di essermi graffiata la gola con questo ultimo urlo, ma tutto ciò che so è di non poter più restare all'oscuro di quello che è successo tra loro.

«Vuoi davvero saperlo? Eh, Jane? Vuoi davvero mandare tutto a quel paese?» Mi si avvicina, in poche falcate lo ritrovo a torreggiare sopra di me; e tremo, incapace di contenere la paura. Impietoso Seth mi afferra un polso, lo strattona malamente costringendomi verso il suo viso sempre più adirato e, quando siamo a un soffio l'uno dall'altra, mi domanda: «Vuoi davvero sentirmi dire che mi sono fatto la ragazza che voleva Charlie?»

I miei occhi si allargano, boccheggio mentre le lacrime prendono a colare. Se non sentissi il suo respiro bollente sul viso potrei dire che il tempo si è fermato, insieme a quel che resta del mio cuore. Il rumore che fa è pari a quello di due lembi di stoffa che vengono tirati, strappati. Mi sento mancare, ma non riesco realmente a perdere coscienza di ciò che ho intorno.
E così mi pare si appassire lentamente, di morire mentre comprendo l'inimmaginabile.

È andato a letto con la ragazza di Benton.
Lo ha tradito.
Ha distrutto un legame che credevo fosse invincibile - e ora mi pento di averlo chiesto.

«F-fammi andare... fammi andare via».

La presa su di me allenta, il suo sguardo si fa sofferente e in questo momento di debolezza riesco a divincolarmi.
«Jay...»

Raccatto tutte le mie cose alla bene e meglio, ci penserò dopo a sistemarmi, e quando varco la soglia nemmeno mi giro a guardarlo - non riesco.

Perché lui ed io ci assomigliamo. Tutto ciò che vogliamo ce lo prendiamo, e non c'interessa nulla dei sentimenti altrui, ma mai avrei pensato che le parole di Sharon potessero significare questo. La mia stupida mente, così innocente e ingenua, non avrebbe potuto concepire nulla di tutto ciò, non avrebbe accettato una simile verità - non quando di mezzo ci sono Charlie e Jace.

Ed ora ogni tassello che in questi mesi avevo creduto mancante prende a incastrarsi al posto giusto, dando forma al puzzle più brutto che potessi ritrovarmi a fare.

Perché, però, mi sento io quella più ferita da questa storia?

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