Chapter Twentynine - Part One: Breaking feelings like bones
"Burn with me
One last time
I will leave our ashes, ambers in the fire
Burn with me
Smoke will rise
Let the flames burn higher, walk into the fire"
- Juliet Simms, Burn with me
Mano nella mano, stretti in un silenzio ancora ininterrotto, Seth mi porta con sé. Avanziamo muti per gli ultimi metri che ci separano da casa sua, l'appartamento che dall'incontro con Charlie non ho più rivisto - un po' a causa degli impegni, un po' per colpa della mia linguaccia.
Con qualche secondo di ritardo sulle falcate di lui, ben più lunghe delle mie, scorgo appena il suo profilo tagliente: lo sguardo perso all'orizzonte, il cipiglio imbronciato e il filtro giallo che di tanto in tanto abbandona le labbra per lasciar uscire folate bianche, nuvolette che in pochi secondi si dissolvono oltre le nostre spalle ancora troppo tese. Sembra quasi che vi sia qualcosa d'irrisolto tra di noi, eppure sono certa che non molti minuti fa, davanti a Josephine e nascosti dal bordo del tavolo, Morgenstern mi abbia perdonata. Nel modo in cui le sue dita mi hanno cercata, in quell'ultima e forse unica occhiata, lui mi ha fatto capire di non avere nulla da temere - ma non riesco a tranquillizzarmi, nemmeno ora che mi ha voluta al suo fianco.
Perché?
Sinceramente dubito che la sua sia stata una farsa, un tentativo d'imbonire la nonna con qualche scenetta da coppia innamorata: non avrebbe avuto senso compiere un simile gesto lontano dai suoi occhi. Inoltre, lei lo adora. E tutto ciò che gli ha detto, nonché la necessità di parlargli, non era altro che un modo per capire le sue vere intenzioni con me, per comprendere se fosse conscio delle mie speranze e di quanto questa relazione sia importante. Forse lo avrà fatto in modo stravagante, esattamente nel suo stile, ma di certo Josephine è riuscita a trovare le risposte che cercava, visto che mi ha lasciata libera di seguirlo - non lo avrebbe fatto, altrimenti.
Seth butta il mozzicone, poi con la medesima mano spalanca l'ingresso della palazzina, aperto per un motivo che mi è sconosciuto. Saliamo le scale e, quando la porta del suo appartamento ci si palesa davanti, l'urgenza di mettere fine a questo silenzio mi fa fremere la lingua; non riesco a sopportare l'idea di passare le prossime ore in uno stato di completo disagio all'interno di quattro mura. So che le troverei soffocanti quanto l'ansia al locale.
«Mi spiace... per Josephine, voglio dire» subito mi mordo la lingua. Non credo sia il modo migliore per iniziare una conversazione, soprattutto viste le tematiche trattate da quella vecchiaccia.
Lui volta il capo, mi fissa da sopra la spalla: «Poteva andare peggio». Ancora una volta, una risata flebile scappa dalle sue meravigliose labbra e, mentre infila le chiavi nella serratura, torna a fissare davanti a sé.
«Ne dubito...»
L'anta si spalanca e il miagolio di Chucky ci accoglie.
«Se ci fossi stata, il giorno in cui ci ha fatto "il discorsetto", stai certa che non saresti arrivata fin qui» confessa, sempre più allegro: «Fidati, se non fosse stato per gli ormoni da quindicenni, quella volta avrebbe realmente potuto minare la nostra futura vita sentimentale e sessuale. Tuo fratello non aveva idea di come cancellare quella conversazione dalla mente!» Molla la presa sulla mia mano e con il micio intento a strusciarsi contro i suoi jeans scuri avanza nella casa. Osservo il suo trapezio allontanarsi da me fin troppo velocemente, riportando alla mente tutte le volte in cui, negli anni, avrei voluto aggrapparmici e restare lì, ferma a respirare il suo profumo pungente e sentire il calore del suo corpo - carne che ho bramato ardentemente e che ora, alle volte, mi pare persino più inarrivabile. Seth mi attrae e mi respinge come una sfera che si scontra con un'altra all'interno di uno spazio chiuso. Ci rimbalziamo addosso desiderando di trovare un equilibrio: lo penso io così come, spero, lo faccia anche lui.
Scrollando le spalle Morgenstern si sfila la giacca e mi riporta alla realtà. Lascia cadere l'indumento sullo schienale del divano, rivelando così le braccia inchiostrate che escono dalle maniche arricciate, catturando la mia attenzione. La maglia che indossa è abbastanza aderente da far intuire tutte le linee del suo corpo e per un istante, brevissimo, mi sento avvampare all'idea di essergli così vicina. Forse stavolta, schiantandomi contro di lui, non verrò respinta. La mia speranza ora è che le leggi della fisica non si adattino ad arti, carne, muscoli e ossa o qualsiasi cosa ci componga.
«Ottimo, allora non sono la sola che mette in imbarazzo...» chiudo la porta, appoggiandomici con la schiena. Dal punto in cui sono fisso il modo in cui accarezza il gatto, poi si alza e va verso la cucina.
Quanto vorrei fossimo calamite invece che sfere. Poli uguali che si attraggono con forza, impedendo all'urto di allontanarci.
«Non ha detto nulla che già non sapessi, Jay».
«E questo dovrebbe consolarmi?» Mi stacco dal legno, iniziando a togliermi di dosso sia lo zaino che il giubbotto. I tacchetti delle scarpe picchiettano sul parquet, segnalano tutti i miei movimenti, così finisco con il lasciarmi andare sul bracciolo del divano, in modo da mettere a tacere il rumore. La finta pelle è fredda, sulla carne delle cosce mi crea un fastidioso senso di disagio, però non mi alzo, impaurita all'idea che i brividi possano avere la meglio e incapace di trovare un altro posto.
Vorrei essere tra le sue braccia, ma ancora non mi sembra essere arrivata la pace giusta per avanzare una simile richiesta.
Seth riemerge dalla stanza accanto. In mano ha un bicchiere a metà, lo fissa prendendo un sorso, poi lo appoggia sul braccio di cartongesso che divide cucina e salotto.
«E' il perché la cosa ti dia fastidio, che non capisco» ora i suoi occhi sono nuovamente su di me, puntano dritti nei miei quasi fossero frecce pronte a scoccare e penetrarmi la mente, arpionando i pensieri.
Mi mordo il labbro.
Non è forse ovvia la risposta? Non riesce a comprendere quanto mi senta impreparata di fronte a lui e impaurita dalla delusione che potrei essere? Non si rende conto del desiderio che ho di lui, di restargli accanto?
Sposto lo sguardo, lasciandolo cadere sulle ginocchia. Piccoli lividi si alternano al pallore della pelle, testimoniando una goffaggine che so essere parte costante di me e possibile minaccia. Quanto ho voluto, negli anni passati, essere sbarazzina come molte delle mie compagne di scuola, quelle che bastava qualche moina, un po' di alcol, un "ti amo" vuoto e alzavano la gonna regalando la propria prima volta a sconosciuti o vicini di casa un poco più grandi. Quanto mi sarebbe piaciuto riuscire ad andare oltre a qualche bacio e pomiciata, in modo da arrivare oggi, a lui, senza timori o vergogne.
Apro bocca: «Perché...» la richiudo subito.
Non posso dirgli simili cose, si prenderebbe gioco di me.
«Jay...»
«Cambiamo discorso, okay? Josephine ha già fatto abbastanza danni» con un colpo di reni mi rimetto dritta, avviandomi svelta verso lo stereo. La musica coprirà le domande, ma soprattutto eviterà che possano esserci delle risposte - o almeno questo è ciò che spero. Eppure, prima che l'indice possa sfiorare il tasto d'accensione, le mani di Seth mi cingono la vita. Una si posa sul ventre, l'altra sale e afferra la spalla. Mi tiene stretta mentre il suo braccio mi schiaccia il seno e il suo respiro mi sfiora il capo, infilandosi caldo tra i capelli.
«So benissimo a cosa andavo incontro il giorno in cui ti ho detto che mi piacevi» sibila così vicino da farmi rabbrividire. E' amaro piacere quello che provo, innegabile mortificazione; così mi aggrappo al suo braccio nella speranza di trovare pace, lasciandomi andare contro il petto dentro cui batte forte il suo cuore.
«Ma?»
«Voglio amarti bene, Jay. Devo avere la certezza che non te ne pentirai» il mio battito accelera, sono certa che lui possa sentirlo bene quanto me, dopotutto c'è solo una mera camicetta in cotone a dividere le nostre pelli. «Tua nonna non ha tutti i torti, sai? Le prime volte, quelle importanti, qualsiasi esse siano, ci si imprimono nella memoria come cicatrici e la consapevolezza che la nostra possa essere per te dolorosa è qualcosa che mi preoccupa». Da quando Seth Morgenstern è così dolce e premuroso? E perché, nonostante sia un aspetto di lui che in passato ho solo sfiorato, grazie alla nostra amicizia, lo trovo confortante, facendolo rilucere più di quanto già non faccia nei miei sogni?
Per quanto mi è possibile, porto indietro la testa, finendo con l'osservalo dal basso. Anche lui si piega un po' e le sue labbra si poggiano dolci sulla mia fronte, lasciando i nostri occhi a tu per tu.
C'è fermezza nel modo in cui sostiene il mio sguardo e quindi, mi rincuora dirlo, non mente. E' la stessa decisione che gli ho sentito uscire di bocca quel pomeriggio a casa mia, quando mi ha sorpresa di ritorno da scuola.
Allora ci tiene davvero a me... soffio tra i pensieri, incapace di contenere l'emozione. Un nodo di lacrime di gioia mi si blocca in gola e mi piacerebbe, anche solo per un istante, che lui potesse sentire queste mie sensazioni, in modo da capire quanto in alto stia ergendo il mio castello di speranze nei suoi confronti, quanto ciò che provo per lui mi stia portando a sfiorare il cielo.
Con le dita scivolo lungo il suo avambraccio, sfioro il polso e gli cingo la mano, allentando la stretta. Mi ritaglio un po' di spazio, giusto quel che serve per voltarmi con tutto il corpo e, mossa da un'intraprendenza che solo qualche mese fa avrei creduto impossibile, afferro il suo viso, premendo le nostre labbra.
Come può farmi male? In quale perverso mondo, il mio amore per lui e il suo assecondarlo, potrebbero diventare una cicatrice dolorosa, un ricordo maligno da scacciare con forza? Non ho forse bramato tutto ciò ogni giorno per anni? Non gli ho forse detto di desiderare questo da sempre?
Mi schiaccio a lui con sempre maggior trasporto, lasciano che le bocche trovino da sole il ritmo perfetto per soddisfare il mio bisogno della sua presenza, del suo amore, se così lo si può definire. E Seth non pare tirarsi indietro. Ricambia, stringendo con sempre più intensità i polpastrelli su di me. Le sue mani sfiorano le scapole, scendono lungo la curva della schiena facendomi vibrare al pari di una corda di violino e, quando nel loro avanzare trovano uno spiraglio, superano la camicetta senza alcuna esitazione, andando a prendersi la carne.
Sento i lembi della stoffa perdere l'appiglio con il bordo della gonna, significato inconfondibile di ciò che potrebbe aspettarmi, ma non mi fermo e nemmeno permetto a lui di farlo.
Stavolta saremo calamite.
Stavolta non gli permetterò di cozzare via.
Sono pronta, lo sono per certo e chissenefrega dei commenti di Josephine, della vergogna o di qualsiasi altra cosa: voglio il suo segno nella mia memoria, profondo, indelebile.
Così, seppur nettamente più rigida di lui o più impacciata di qualsiasi ragazza si sia mai trovata al mio posto, mi convinco a fare altrettanto, portando i palmi lungo il suo petto. Il cuore gli batte forte, molto più di quanto abbia mai fatto. Lo sento palpitare a ogni istante di esitazione che mi concedo lungo la strada - e lo fa per me, solo ed esclusivamente. Potrei provare una gioia più intensa? Potrei trovare una motivazione più valida per continuare?
Ma lui si accorge della mia goffaggine, intuisce senza gran fatica sia cosa voglio, sia quanto mi venga difficoltoso farlo - e come dargli torto dopo tutte le volte in cui oggi abbiamo ricordato la mia inesperienza?
«Non devi, Jay...» mentre lo dice ha il fiato corto, l'affanno di qualcuno sopraffatto dalla tachicardia. Il compiacimento è quindi una reazione naturale, nasconderlo, invece, un gesto difficoltoso. Eppure, nonostante Morgenstern provi a farmi rinsavire un'ultima volta, la sua maglia cade accanto ai nostri piedi, rivelando i segni lasciati dall'inchiostro e la tensione dei muscoli che guizzano sotto la pelle a ogni movimento, anche il più piccolo. Paiono fiammelle che scoppiano e quando torniamo a premerci l'un l'altra sono certa che il suo corpo sia fatto di fuoco.
Quello che mi si prospetta davanti ha la forma di un incendio che divampa, diventando sempre più pericoloso e letale - eppure non mi allontano, gli resto avvinghiata mentre la carne si libera dei vestiti e si prepara a bruciare.
Farà male?
Seth, mi farai male?
Ma il dolore, a un tratto, diventa l'ultimo dei miei problemi.
Una sequenza ritmica di colpi prende a richiamarci, a spezzare la magia in cui siamo coinvolti. Entrambi facciamo del nostro meglio per ignorare la questione, ormai troppo presi a slacciare vestiti e appropriarci dell'altro per poterci concedere distrazioni, ma il rumore non cessa. I pugni sulla porta si fanno sempre più intensi, provano a buttarla giù, e insieme alle percosse, d'improvviso, una voce fa la sua comparsa, bloccandomi.
Perché quella persona è qui?
Ania:
vi lascio sul più bello muahahahahah
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