Chapter Thirty Two - Part Two: All the unspoken thing
"I'm in serious shit, I feel totally lost
If I'm asking for help it's only because
Being with you has opened my eyes
Could I ever believe such a perfect surprise?"
- All the things she said, T.A.T.U
Caroline ha le dita calde. Mentre passa con dolcezza i polpastrelli sulla mia fronte, inconsapevole di ciò che mi frulla per la mente, mi sento quietare. Il suo tocco lieve e regolare, che gira in tondo creando piccole spirali, fa sembrare la frustrazione meno fastidiosa - ma questo non toglie che, in un angolo recondito, il desiderio di aprire le palpebre e trovare qualcun altro al suo posto sia forte.
La sento muovere una pagina, passando probabilmente al capitolo successivo: «Sei pronta per gli esami? Ormai manca un mese, dobbiamo prendere seriamente la questione...»
Mugugno, evitando di dare una risposta reale. Per aprirli, i libri, li apro ogni singolo giorno - il problema subentra quando è il momento di studiare realmente. Ci passo i minuti, le ore, però i miei pensieri sono perennemente altrove; tra le pareti del cranio sussistono dinamiche che vorrei mi abbandonassero almeno per qualche settimana, lasciando spazio alle nozioni scolastiche utili per farmi prendere quel dannato diploma, ma non succede. Non in questo periodo. Non con Seth e Charlie a tormentarmi al pari di terribili zanzare.
«Misha dice che se spendo il mio tempo con te finisce che ci bocciano entrambe. Non sei famosa per l'amore che nutri per lo studio...»
Tiro i lati della bocca. E' divertente vedere come, dopo tutto il tempo passato a odiarci, ora si stia indirettamente preoccupando per me - e ovviamente per la sua fidanzata!
«Perché, tu sì?» apro un occhio, vedendola sorridere a sua volta.
«No, in effetti no...» Le sue dita si spostano un poco più su, scivolando tra i capelli passandovi in mezzo come un pettine di carne e ossa. Caro districa i nodi con una facilità invidiabile, lisciando ancor di più le ciocche caramello. «Per questo ho una proposta assai più allettante!»
Catalizzare la mia attenzione, per lei, è qualcosa di naturale. Il tono che usa, le parole che sceglie, quell'aura di ammiccante mistero che aleggia intorno alle sue frasi; non so cosa sia, ma mi cattura - così spalanco entrambi gli occhi e la scruto con interesse.
«Credo sia semplice trovare qualcosa di più allettante di una bocciatura».
«Oh, sciocchina!» Mi tira una ciocca, senza però smettere di sorridere: «Sottrarci allo studio è impossibile se non vogliamo finire agli arresti domiciliari, però...» esita in quel modo stereotipato, utile per fomentare la curiosità - e con me ci vuole poco, lo sa.
«Però?»
Caroline si bagna le labbra, pregustandosi il sapore della sua succulenta proposta: «Però se ad attenderci ci fosse una serata di buona musica e alcol, ne sono certa, sprecare qualche ora del nostro tempo non sarà così doloroso».
Già, non lo sarebbe, ma purtroppo per lei, la mia migliore amica ignora gran parte delle problematiche che mi frullano per la mente al momento - non mi godrei né le ore di studio insieme, né la serata che ci attende.
«Non credo Catherine mi dia la libera uscita, visto il periodo...»
«Da quando le dai retta?» a quanto pare, le mie giustificazioni non hanno alcun fondo di verità su cui sorreggersi: «Jay, tu e tua madre litigate quasi ogni giorno per la tua mancanza di rispetto nei confronti della sua autorità, vuoi dirmi che d'un tratto non è più così? Non ci credo! Quindi dimmi la vera ragione del tuo tentato rifiuto».
La fisso. Il mio sguardo s'incastra nel suo e mi domando se non sia la cosa migliore, confessarmi con lei. E' un'amica preziosa, una persona in cui confido nonostante sia innamorata di quella che è stata la mia miglior nemica per anni, quindi cosa mi trattiene? Forse la paura di sentirmi dire qualcosa che sono certa non mi farebbe piacere; Seth non è nelle sue grazie, mentre Charlie lo ha conosciuto solo attraverso i miei racconti - che idea potrebbe farsi?
Gli incisivi affondano nel labbro: «Ho solo qualche pensiero per la testa».
«Sì, beh... credo sia una cosa relativamente normale per le creature senzienti».
«No, io... intendo che ho la mente occupata da cose serie. E tristi, credo».
I suoi occhi si allontanano dai miei, porta una mano alla tasca della giacca in jeans ed estrae un pacchetto di Chesterfield. S'infila una sigaretta in bocca: «Bene, parliamone».
«Non voglio annoiarti con i miei patemi di cuore, Caro».
La fiamma dell'accendino attizza la punta bianca, la carta sfrigola mentre inspira: «Tu ascolti ogni giorno e ad ogni ora i miei patemi amorosi, non vedo dove sia il problema se per una volta sono io a comportarmi da psicologa».
Torniamo a guardarci.
Il nocciola delle sue iridi è caldo, rassicurante, e alla fine mi persuade - anche se dubito la cosa le abbia richiesto troppo impegno.
«Si tratta di Seth».
«Si tratta sempre di lui».
«E di Charlie».
Butta fuori dalle narici una nuvola bianca, assapora il gusto amaro della nicotina: «Sembra un'accoppiata terribile».
Sorriso, anche se mestamente: «Oh, lo è» e allungo le dita verso il pacchetto che lei ha abbandonato accanto alle ginocchia, «soprattutto ora». Vedendomi in difficoltà, Caroline corre in mio aiuto, passandomi la confezione delle sigarette.
«Hanno litigato, seriamente, intendo. Seth... beh, lui si è fottuto la ragazza di Charlie. E sai come vanno certe cose... da schifo, di norma. La cosa peggiore sai qual è, però?»
Lei scuote la testa.
«E' che io sono nel mezzo, un po' come il pezzo di ferro che si trova tra l'incudine e il martello. Così continuo a dubitare e litigare con uno, mentre l'altro semplicemente mi evita, anche se non ne comprendo veramente il motivo» sbuffo, portandomi le mani al viso. La sigaretta pende fra indice e medio, sfiorando la tempia. La solletica a ogni respiro, m'infastidisce, eppure i palmi sembrano incollati alle palpebre.
«Suona un po' come familiare, questa situazione» Caroline sogghigna, la riesco a vedere nella fessura che si crea tra le dita.
«Peccato che Misha non si sia portata a letto Seth ed io non sia sparita».
«Ma ci hai provato».
«E come al solito ho fallito. Charlie, no».
Vedo la mia amica scrollare le spalle, aspirare un altro po' di nicotina. Il suo viso si sposta nel circondario, ma il suo sguardo non si sofferma per più di qualche secondo su ciò lo compone. Sembra soppesare le mie parole, valutare bene la battuta seguente.
«Tu sei tornata, Jay. Sei qui nonostante io stia con qualcuno che odi -»
«Non è che la odio! E' che i nostri caratteri non sono compatibili!»
Lei sorride, torna a guardarmi con dolcezza - alle volte sembra così diversa dalla ragazza che mesi fa mi si è seduta accanto fuori dall'ufficio del preside, o che ha iniziato a raccontarmi chissà quale aneddoto con la bocca piena di una merendina al cioccolato. E mi fa strano ammetterlo, ma potrei quasi capire il motivo per cui Misha se ne è innamorata.
«E' il brutto di essere simili, sai? Però non ho finito il discorso, non tediarmi!» Sgomita, costringendomi ad allontanare le mani dal viso: «Dicevo... tu sei tornata a prescindere dal problema. E stai facendo funzionare le cose, in qualche modo... ma come te, sono certa che anche Charlie abbia bisogno del suo tempo per metabolizzare la cosa».
Mi mordo l'interno guancia: «Ma non so quanto sia, capisci?»
«Nemmeno io lo sapevo, ma la pazienza è una virtù assai utile in questi casi».
Sì, ma non tutti la posseggono, ed io, forse, rientro nel gruppo di quelli a cui è stata negata - perché mi manca. Mi manca ogni cosa di lui; e il passare del tempo non aiuta, piuttosto logora e infetta come ruggine tutto ciò che ho intorno: il mio rendimento scolastico, l'umore, la relazione con Seth.
«Per quanto riguarda i problemi con il tuo uomo, invece» sussulto, sorprendendomi che al solo pensarlo lei lo abbia citato; stiamo forse sviluppando una sorta di telepatia? «Una serata di svago non ti può certo far male, no? Anzi, a mio avviso ti aiuterebbe».
Soppeso le sue parole, valutandole bene. Affogare i problemi nell'alcol e zittire i pensieri con musica a tutto volume non è la soluzione che cerco, non mi eviterà di svegliarmi il giorno seguente con una testa dolorante e gonfia di dubbi, però può sicuramente darmi una tregua. Se non posso avere ciò che voglio, tanto vale dimenticarlo per qualche ora.
«E serata tra donne sia!» Le rispondo, mostrando un arrendevole sorriso.
Solo un'uscita, una pausa, nulla più.
***
Dagli strappi nei jeans, di tanto in tanto, fa capolino una brezza che, gelida, mi accarezza la pelle, facendomi stringere nelle spalle.
Londra è fredda. Lo è sempre. Non importa che sia Aprile inoltrato o inizio Ottobre, lei ti ricorderà in qualunque modo la lontananza dall'equatore - eppure, ci sono momenti in cui il tepore estivo si palesa anche qui, ma sono giorni fin troppo rari, di cui la mente fatica a ricordare l'esistenza. Molti di noi, soprattutto se autoctoni, finiscono con l'abituarsi alle temperature della città, mentre altri continuano a venir colti di sorpresa ogni qualvolta il loro vestiario manca di qualche strato, esattamente come sta succedendo a me. Anfibi colorati, buchi nelle brache, una canotta di cotone nascosta sotto a un chiodo di mediocre ecopelle sono le uniche difese contro il venticello che scorrazza liberamente tra le vie della capitale, eppure, nonostante la loro scarsa offensiva contro il clima attuale, sembro eccessivamente coperta se confrontata con le mie accompagnatrici.
Misha e Caroline paiono vere e proprie modelle e se una traballa su tacco in stile anni 80', l'altra fa sfoggio di un vestitino dallo spacco vertiginoso, facendomi apparire come l'evidente ruota di scorta.
Nonostante l'Elder and the Moon non sia un posto elegante,e con le discoteche più in voga non abbia nulla a che fare, tra i suoi avventori è possibile trovare tutti i tipi di cliente, dalla ragazza che sembra passare di lì solo per il pre-serata, al punk che si concede una birra con gli amici - dipende tutto da quale band ha deciso di esibirsi sulla sottospecie di palco che occupa un quarto del locale; e stasera ce n'è una indie rock dalle sonorità un po' più hard che è riuscita ad attirare un pubblico più ricco del solito.
Nell'avanzare per la via, con un certo disappunto, non possiamo ignorare il capannello di persone che se ne sta addossato all'ingresso, fumando e bevendo. Il chiacchiericcio ci pizzica le orecchie e, inesorabilmente, Misha domanda: «Non dobbiamo fare la fila, vero?» Il disgusto che le contorce la smorfia mi fa alzare gli occhi al cielo, ricordandomi uno dei tanti motivi per cui il nostro rapporto non è mai stato roseo. La sua natura borghese trapela, la distingue più di quanto vorrei dal resto della massa - forse lei è realmente l'eccezione che conferma la regola.
«Perchè, i tuoi piedi non sopporterebbero di star in bilico sui trampoli per tutto quel tempo?»
«Ah-ah! Spiritosa, Jay. La prossima volta che cerchi di essere simpatica però ricordati di tenere a bada l'invidia, ti renderebbe più credibile» mi fa la linguaccia, senza però smettere di lanciare occhiate torve in direzione della clientela riunita davanti all'entrata. Deve temere realmente la possibilità di restare in attesa e, mi piace pensarlo, forse per il freddo che sta tormentando anche me.
Nell'avvicinarci, ad ogni modo, mi rendo conto che le persone in coda sono davvero poche e, prima che dalle labbra della signorina McCoy possa uscire un altro lamentoso sospiro, oltrepassiamo la soglia del locale, ritrovandoci immerse in un luogo ben diverso dallo scenario esterno. Il calore generato dai corpi ammassati mi investe, insieme agli odori di decine di pelli e profumi diversi. I dubbi si dissolvono in fretta, mentre la baraonda di voci e musica di sottofondo prende a tormentare i timpani - ma in questo caos, involontariamente, sorrido. C'è qualcosa di rassicurante nel tornare qui, una sorta di pacifico sollievo, quasi le preoccupazioni del pomeriggio siano in realtà vampiri incapaci di seguirmi perché non invitati - e sono grata a Caroline per avermi convinta ad abbandonare il mio letto.
«Cosa bevete?» domando, sentendomi inebriata dall'alcol che ancora non ho ingerito ma conosco, inconsapevole del fatto che questo potrebbe essere l'inizio del declino - già, perché subito dopo i primi due shots, il tutto si è trasformato in "un altro giro?" che ci ha portate a ballare tra la folla in totale balìa di una coscienza latente. Schiena a petto con la mia migliore amica, seguo una musica tutta nostra, ondeggiando senza logica e ripetendo le uniche parole di canzoni a me sconosciute: quelle del ritornello. Sembriamo vere e proprie groupie, nonostante non abbiamo alcuna idea di chi siano i musicisti.
Misha ci osserva dal bancone, consapevole più della sottoscritta di quanto ridicole siano le sue mosse in simili circostanze. Sorseggia l'ennesimo drink e, ogni tanto, ci lancia sorrisetti di totale approvazione, anche se dubito siano in relazione alle nostre abilità motorie del momento - ma noi, del tutto incapaci di mettere insieme due pensieri logici, ne veniamo stimolate e, così, continuiamo imperterrite nel nostro rito. Agitiamo i fianchi a destra e sinistra, lasciamo cadere le teste all'indietro; ciclicamente portiamo le braccia al cielo cercando di sfiorare un soffitto sempre troppo lontano, convinte di poterlo raggiungere.
Da un paio d'ore non c'è nulla in grado di scalfire il nostro umore, nemmeno le dita che adesso si stringono intorno al mio polso e mi trascinano via dal corpo di Caroline, premendomi contro un altro petto bollente e che conosco, ma vorrei scoprire di più. Ogni cosa che ci circonda sembra vaga, impalpabile, innocua - anche Seth. Soprattutto Seth. Per questo lascio che mi schiacci a sé, che mi fissi con sorpresa mentre le nostre pelli tornano a reclamarsi.
Scorgo la sua bocca schiudersi un poco, forse in procinto di domandarmi qualcosa, ma sono talmente confusa che non gli do modo di pronunciare nemmeno una sillaba. In punta di piedi mi spingo verso di lui, gli afferro il viso e, ottenebrata da ciò che ho ingerito, lo bacio.
Dovrei ancora essere arrabbiata, dovrei voler mettere un freno al mio sogno nel cassetto, eppure gli mordo il labbro mentre un sorriso si fa strada. Dovrei odiarlo per il fatto che non sappia controllarsi o che non voglia farlo, ma invece punto lo sguardo nel suo, pronta a saggiare il rischio di ciò che tutto questo comporta.
E lui ricambia, con foga. Ad ogni bacio un po' di più.
Non c'è Charlie tra i miei pensieri, stasera.
Non c'è il pensiero di Morgenstern tra cosce altrui.
Non ci sono i nostri dissapori, le cose lasciate a metà - solo la mia mente inconsistente, il suo profumo, il nostro bisogno della carne dell'altro. E ciò che so è che lo desidero, ora come decine di momenti passati, lontani, intimi. Istanti in cui ho scoperto da sola l'amarezza dell'irraggiugibile, la mera soddisfazione di un piacere privato.
Mi lascio andare a una passione che altrimenti mi sarebbe estranea e so, che se fossimo altrove, lontani dalla folla, nascosti nelle mura di casa sua, oggi, nessuno ci fermerebbe da oltrepassare quel limite che ho sempre temuto.
Dio, quanto vorrei potermi rendere conto di ciò che sto realmente facendo.
Ania:
Chissà come mai, ogni volta che scrivo, riscrivo o correggo questo capitolo sono brilla come Jay... beh, forse un po' di meno visto che riesco ancora a digitare in italiano - ma ad ogni modo, devo smetterla di andare a fare aperitivo.
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