Chapter Nineteen: I'll fight for you


Cos years have passed and things have changed
I move anyway I wanna go
And I'll never forget the feeling I got
When I heard that you'd got home


An' I'll never forget the smile on my face
Cos I knew where you would be
An' if you're in The Crown tonight have a drink on me
But go easy, step lightly, stay free

The Clash - Stay Free

Svegliarmi qui, nel profumo avvolgente di Seth, è qualcosa a cui mi piacerebbe abituarmi. Respirare la sua presenza, seppur momentaneamente assente, è molto più piacevole di come me lo ero sempre immaginata e, coccolata dal suono lontano delle corde di una chitarra acustica, potrei decidere di non andar mai via.

Sarebbe bello poter restare sospesa in questo momento per sempre.

Vorrei che tutto il mondo fuori da questo appartamento si dimenticasse di noi, lasciandoci godere questa prima sera passata nello stesso spazio, consci di un sentimento che non avrei mai creduto possibile.

Con un mugolio mi strofino gli occhi, cercando di abituarmi alla luce nettamente più intensa di quando mi sono rimessa a letto; credo fosse passata poco più di una mezz'ora dalla chiamata di Jace, ma dopo ciò che ci siamo detti ho avuto tutto tranne che la forza di sopportare i pensieri in solitudine. Ho preferito tornare sotto le coperte, stringermi al cuscino e soffocare le paure finché, alla fine, la stanchezza non ha avuto la meglio su di me.

Scivolo fuori dalle coperte con un sospiro pesante, colmo di una frustrazione che devo assolutamente strapparmi di dosso e, poi, mi volto in direzione della porta. La melodia che entra dagli spifferi è dolce, lenta e confortante, tanto da strapparmi un sorriso.

Seth deve essersi svegliato di buon umore, a differenza mia. Non suona quasi mai, anche se lui e Charlie hanno seguito lo stesso corso di musica, da ragazzini, ottenendo ottimi risultati che però non hanno condotto da nessuna parte. C'era stato un periodo, quando io ero ancora alle prese con il primo anno di medie, in cui avevano deciso di formare una band rock - il progetto era fallito un anno e mezzo dopo, quando il vocalist che avevano trovato dopo settimane di ricerche se ne era andato a causa di una proposta migliore. Da quel giorno avevo visto Morgenstern suonare sempre meno, se non in sporadiche occasioni in cui Benton era riuscito a persuaderlo o, ancor meno, quando scendeva dal letto con il piede giusto - e inesorabilmente abbasso lo sguardo sui miei, a penzoloni oltre il materasso.

Quale sarà quello giusto? Vorrei tanto poter far sì che questa giornata diventi migliore, visto il modo in cui è iniziata.

L'ennesimo sospiro mi si riversa fuori dalle labbra e, d'un tratto, anche i suoni che hanno accompagnato il mio risveglio si dissipano, facendomi corrugare le sopracciglia. Che si sia stufato?

Ignorando le scaramanzie mi lascio trasportare dalle gambe fino alla porta e, qui, apro piano l'anta che ha preservato la riservatezza della conversazione avuta con Jace, provando a sbirciare - non vorrei mai disturbare la sua routine quotidiana.
Così lo cerco con lo sguardo, spingendo il viso contro il profilo dello stipite. In qualche angolo recondito di me vorrei spiarlo, assaporare il suo vivere solitario, ma allo stesso modo vorrei diventarne parte, essere un elemento fondamentale dei suoi giorni. E' stato per così tanto tempo un miraggio nel deserto della mia vita sentimentale e ora che si è fatto meno effimero, temo di scoprirmi invece con sabbia tra le mani.

Trattengo il respiro, facendo scivolare l'attenzione dalla porta d'ingresso all'attaccapanni, poi lungo lo spazio che porta al bagno, finendo infine nell'area dedicata al salotto, dove lo scopro appollaiato sulla poltrona in pelle. La sigaretta gli penzola dalle labbra, minacciando di far cadere la cenere a terra da un momento all'altro, combinando così un pasticcio. Seth però non se ne accorge, troppo occupato a fare altro per degnarsi di scampare un simile pericolo. Tiene la chitarra stretta tra le mani mentre prova ad accordare una chiave che deve essersi allentata. Ogni tanto pizzica dolcemente la corda, cercando di capire se il suono sia perfetto o abbia ancora bisogno di qualche aggiustatina e, nel farlo, corruga ogni volta le sopracciglia.

Dietro alla cassa armonica, il suo petto nudo mostra i lasciti di un tatuatore a cui da anni ha affidato il proprio corpo. C'è una scritta che inizia da una spalla e finisce sull'altra, una citazione tratta da una delle sue canzoni preferite, Stay Free dei The Clash, e poco sotto ad essa, una piovra va dal costato all'anca, anche se nella posizione in cui sono ora riesco a scorgerla solo in parte - ma la conosco, quindi immaginare come sia piegata su se stessa è un'azione involontaria.

Ogni giornata in piscina, al lago o al mare, ogni pomeriggio estivo troppo caldo mi hanno permesso di scoprirla un po' di più, di imprimermi nella memoria quelle linee d'inchiostro scuro che ora mi sono nascoste. E forse, volerle scorgere mi spinge ad aprire ancora un po' l'anta, permettendo a Seth di accorgersi della mia presenza.
I suoi occhi saettano verso la camera da letto, incontrandomi. Resta fermo in una strana forma di contemplazione per alcuni istanti, quasi cercando di capire se sia vera o frutto della sua immaginazione. Probabilmente si starà chiedendo cosa ci faccia (ancora) qui, magari ieri sera non ero la sola ad aver concesso all'alcol di annebbiare un poco la mente, ma prima che l'ansia generata da questi pensieri possa prendermi per la gola, lui posa la chitarra accanto alla poltrona, invitandomi a raggiungerlo con un sorriso.

Muovo qualche passo incerto, riempiendo il silenzio che ci ha avvolti con un buongiorno roco, ancora assonnato. Mi faccio spazio sul divano accanto a Morgenstern, tirandomi sulle gambe il plaid abbandonato sopra al poggiabraccio - anche se mi ha prestato qualcosa per la notte, i miei stinchi non sembrano essere sufficientemente coperti.

«Hai dormito bene?»

Annuisco, evitando così di dover mentire - anche se solo in parte.

Il mio riposo sarebbe stato perfetto se né le ansie, né la chiamata di Jace lo avessero turbato, ma a Seth non posso certamente dirlo, non apertamente, quantomeno.

Mi mordo il labbro, spostando lo sguardo sulla coda pelosa di Chucky, spuntanto da chissà quale angolo della casa: «Tu invece? Il divano è comodo quanto il tuo letto?» chiedo poi, cercando di intraprendere una normalissima conversazione; dopotutto non ho idea di cosa dire o fare, vista la situazione. Avrei dovuto salutarlo con un bacio? Oppure mi sarei dovuta offrire di preparare il caffè?

Seth tende maliziosamente un angolo della bocca, forse preparando una delle sue battute imbarazzanti.

«Non proprio, ma dubito che avresti apprezzato se mi fossi infilato sotto le lenzuola accanto a te, Santa Jane» mi punzecchia, lasciandosi poi andare sullo schienale.
E adesso, vorrei tanto che il torpore del sonno m'impedisse di arrossire, ma purtroppo per me non succede e, in un battito di ciglia, mi ritrovo a sentir le guance farsi bollenti. Mi piacerebbe dire che tanto sgomento sia per via dell'allusione alla castità per cui mi prende in giro da anni, ma la realtà dei fatti è che l'imbarazzo è dovuto al fatto che, inconsciamente, ha sfiorato un desiderio che avrei davvero voluto diventasse realtà.

Addormentarmi e svegliarmi accanto a lui è qualcosa che ho sperato più volte potesse accadere, soprattutto nei primi tempi, quando la mia mente non era ancora stata assuefatta dagli ormoni. M'immaginavo il nostro primo bacio contornato da rose e luccichii improbabili, come spesso accade nei cartoni animati e, poi, il passo successivo è stato il sognare di svegliarci nel medesimo letto.

Mi copro il viso con le mani, cercando di nascondere la reazione del corpo alle sue parole: «Scemo!» biascico, non avendo altra idea di come difendermi. Già una volta il mio tentativo di fuga dal suo appartamento è stato malamente sventato dalla vicina, ora vorrei evitarmi un'altra figuraccia, soprattutto visti i progressi ottenuti.

Sbircio tra le dita, cercando di capire se abbia intuito qualcosa, ma quando i nostri sguardi s'incrociano, scorgo nel suo meno brio di quanto mi sarei immaginata. Seth ama prendermi in giro, eppure al momento sembra occupato a pensare ad altro. Forse sta davvero cambiando idea su ciò che ci siamo detti.

«Ti ho sentita parlare, verso le sette» afferma tutto d'un tratto, spiazzandomi.

Oh.

«Suppongo con Jace, visti i commenti in francese» aggiunge dopo qualche secondo, facendomi saltare il cuore in gola.
Ero certa stesse dormendo, sicura di aver tutto sotto controllo, ma invece come al solito ho fatto l'ennesima gaffe con cui dovrò fare i conti - e per ora non riesco nemmeno a immaginare quali potrebbero essere.

Schiudo le labbra, cercando di trovare qualcosa da dire, ma a parte un "sì" sussurrato non trovo altre parole.

Morgenstern si morde il labbro, poi con una mano si ravviva la chioma: «Ascolta, non ho idea di cosa vi siate detti, ma credo che l'intento fosse quello, vista la premura nell'usare un'altra lingua, però voglio dirti una cosa, Jay. Non farò mai nulla per ferirti, chiaro? E non mi azzarderò a costringerti a fare ciò che non vuoi, anche se tuo fratello può credere il contrario» ora si sporge verso di me, inchiodando i suoi occhi nei miei. Resta immobile per qualche istante, forse aspettando una qualche reazione e, quando vede che non ve ne è nessuna in arrivo, mi afferra una mano: «Non c'è alcun secondo fine e, se serve, glielo dirò anche a Jace faccia a faccia».

Perchè, quando mi guarda così, mi viene impossibile credere che possa essere capace di mentire?

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