Chapter Four: Say sorry

But if you change your mind, you know where I am
Yeah if you change your mind, you know
Where to find me
'Cause I don't wanna save your reputation

Girls/Girls/Boys - Panic! at the disco

A Seth non sono servite più di due ore per rintracciarmi. Avrà continuato a discutere con Charlie per qualche chilometro, poi si saranno concessi un paio di birre e infine avrà acceso il cellulare per rintracciarmi con il gps – a quel punto si sarà deciso a raggiungermi.
E quindi eccoci qui, seduti uno accanto all'altro sulla stessa panchina sgangherata. Quando ha fatto la sua comparsa mi è passato davanti senza dire nulla, poi si è lasciato cadere sul legno che ha cigolato sotto il peso di entrambi e, alla fine, ha accorciato le distanze tra i nostri corpi. Nonostante questo suo gesto però, ancora non ci siamo detti nulla; l'unico rumore tra di noi è stato quello della carta delle sigarette che viene bruciata. Non ho nemmeno alzato lo sguardo, anche se il desiderio di ammirare il suo viso, ora che è più tranquillo, mi ha corrosa per i primi dieci minuti.

D'un tratto si piega in avanti, mettendosi in una posizione simile alla mia: «Ce ne andiamo?» mi domanda, indicando con il mento la fermata della metro che, fino ad adesso, ho evitato di prendere. Per qualche strano motivo ho sperato fino all'ultimo che venisse a cercarmi, se non lui, quantomeno Charlie. Me ne sono stata qui a sorseggiare succhi di frutta in brik di carta bianca, fumare le sigarette rimastemi nel pacchetto e ascoltare musica, pregando silenziosamente che venissero a prendermi, dimostrandomi che tanto indesiderata, alla fine, non sono.
Annuisco, buttando il mozzicone e incamminandomi senza esitazione. Seth fa altrettanto, seppur con qualche secondo di ritardo e, appena recupera il passo – cosa abbastanza semplice per uno della sua stazza -, mi cinge le spalle con un braccio, tirandomi a sé.
Tanti piccoli brividi prendono a riempirmi il corpo e, a prescindere dall'arrabbiatura nei suoi confronti, non posso far altro che crogiolarmi in questa sua mossa. Gesti d'affetto così evidenti non sono mai stati un problema tra di noi. Jace ha sempre lasciato che i suoi amici mi abbracciassero, baciassero le guance in segno di saluto o accompagnassero a casa sottobraccio, probabilmente per via del fatto che per lui ero un po' come la sorella minore di tutti e tre, ma non ha mai valutato la possibilità che potessi nutrire qualche altra sorta d'interesse nei confronti di uno dei suoi amici. Quindi, se ai loro occhi tutto ciò è naturale e innocente, per me equivale a un tuffo al cuore e una sferzata di ormoni.

Scendiamo fianco a fianco fino alla banchina e persino una volta saliti sul vagone i nostri corpi restano vicini – più tempo passa, più il suo calore mi fa rabbrividire. La fantasia prende a vagare in direzioni che sarebbe meglio non prendere. Crea storie con finali improbabili, che vengono alimentati dai suoi gesti. Mi ruba una delle cuffiette, si stravacca sul sedile tanto da riuscire ad appoggiare la testa sulla mia spalla e poi resta lì, immobile a fissare al di là del finestrino – e io mi ritrovo a fissare lui, sentendo la temperatura interna aumentare drasticamente.

Dovrei smetterla di guardarlo, eppure non riesco.
È bello, questa cosa è innegabile. Ha fascino, così come tutti i bad boy che si possono incontrare in una libreria, tra le pagine di storie più dolci del miele stesso. Ha un modo di catturare gli sguardi che pare innaturale. E adesso che è qui, che mi è così vicino, non riesco a far a meno di gioire della cosa, di trovare nella sua espressione rilassata la purezza che negli anni gli ho visto perdere.
Così faccio scivolare lo sguardo sui suoi capelli scuri, sulle guance magre, sulla maglia sgualcita e sui jeans stracciati, impigliandomi poi tra gli anelli elaborati che tiene alle dita.
«Ti fermi da me, vero?» domanda di punto in bianco, spostando lo sguardo. Vedo il blu dei suoi occhi riempirsi della mia immagine, dove guance rosse fanno trapelare l'imbarazzo di essere stata scoperta in flagrante.

Per un istante vorrei poter sparire, ma come si può scappare da iridi così autorevoli?
«Forse» sussurro. Non sono pronta a dargliela vinta, ha ancora delle scuse da farmi e, men che meno, ora, mi sento pronta a restare sola con lui in un luogo tanto intimo e limitato.
Lui fa una smorfia scocciata, socchiudendo le palpebre: «O è un sì, o è un no, Jay. La prossima fermata è la nostra» mi fa notare. Sposto l'attenzione sul display alla fine del vagone constatando da me che, a disposizione per compiere questa scelta, ho solo un paio di minuti.
Non voglio tornare a casa, ma neppure restar sola con un qualcuno di cattivo umore e che ancora non ha implorato per il mio perdono, anche se si tratta di una sorta di modello mancato.
Tra le due cose però, riflettendo i, quella meno allettante è tornare a casa Raven, chiudersi in camera e sperare che la domenica sia meglio di questo sabato - così alla fine, a dispetto di tutta la buona volontà, cedo a Seth: «Okay» e appena acconsento a seguirlo, lui balza in piedi e si porta verso l'uscita.
La sua schiena mi fissa, aspettandosi che anche io mi avvicini e lo segua su per le scale mobili che ci condurranno in strada. Vorrei poter indugiare ancora un po', ma non ci riesco, perché infondo mi piacerebbe davvero riuscire a stare con Morgenstern senza dover fare i conti con il malumore o altre persone. La mia cotta nei suoi confronti è più prepotente di qualsiasi altra cosa, persino del buonsenso.

Scivoliamo sicuri lungo la stazione e i tunnel che la compongono, riemergendo tra le ombre di una prima sera fresca.
Cammino poco distante dal ragazzo che è con me cercando di non mettere mai troppi passi tra di noi – non vorrei mai che si accorgesse di quanto, a differenza sua, mi senta ancora a disagio, tesa dopo la crudele battuta che ha fatto su Jace. Lo so che è una reazione infantile la mia, che a diciotto anni non dovrei offendermi per una sciocchezza del genere, eppure non posso impedirmelo, forse perché mio fratello è davvero l'unica persona di cui mi possa fidare ciecamente; il mio migliore amico, la spalla su cui piangere, l'amore mancato o il gemello improbabile.
Nonostante questo però, esattamente come ha detto il ragazzo davanti a me, mi ha tradita, andandosene via da Londra e lasciandomi qui.
È vero, si tratta solo di qualche anno, di un passaggio obbligatorio per chi vuole crescere e cambiare la propria vita, ma fino a quando non mi ha mostrato la mail d'accettazione della Sorbona ho sempre creduto che fossi io, insieme a Charlie e Seth, il suo tutto.

Quando Jace è salito sull'aereo ho capito che tra me e lui ci sarebbe sempre stato un divario, che i quattro anni che ci separano sono ancora un abisso - e alle volte i commenti di Morgenstern o le conversazioni con Charlie me lo ricordano ancora, pizzicando un orgoglio che vorrei non avere.

La voce di Seth a un tratto spezza il silenzio intorno a noi, così come il mio flusso di pensieri e, quando i nostri occhi s'incrociano, avverto una sensazione simile al vuoto riempirmi lo stomaco.
«E riguardo a prima, Jay... scusami, ho esagerato» i suoi passi si fermano, il busto si gira completamente e, senza rendermene conto, finisco tra le sue braccia che mi stringono forte, seppur con una certa dolcezza: «Lo sai che per qualsiasi cosa ci siamo noi.» E persino nolente, non posso far altro che lasciarmi andare nella sua stretta, assimilando il suo calore, il profumo, il suono del suo cuore che va appena più veloce del solito, forse per via dello sforzo che un simile gesto gli richiede.

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