Chapter Five: Can't get along with alcohol

Just in time, I'm so glad you have a one-track mind like mine
You gave my life direction, a game show love connection we can't deny
I'm so obsessed, my heart is bound to beat right out of my untrimmed chest
I believe in you, like a virgin, you're Madonna
And I'm always gonna wanna blow your mind

Hey soul sister - Train

Ebbene, a casa di Seth Morgenstern potete trovare tre cose: un divano accogliente, musica emessa da casse di ottima qualità e pareti insonorizzate per potersi godere al meglio qualsiasi album senza dover fare i conti con le lamentele dei vicini. Poi ogni tanto ci siamo anche Charlie e io, come stasera.
Quando ho visto il suo bel viso sorridente apparire dalla cucina mi si è levato un peso dal cuore; dopo le vicende con il proprietario dell'appartamento proprio non me la sentivo di restar sola con lui.

Così, con la serenità ritrovata, abbiamo dato il via al sabato sera tra una fetta di pizza ordinata al ristorante all'angolo e un sorso di birra fresca. Alla cena si è poi sostituita una partita ai videogiochi, uno spinello passato di mano in mano e, a ogni incontro perso, un'ulteriore sorsata – sta da sé, quindi, che il tasso alcolico nel sangue è aumentato a dismisura, soprattutto nel mio caso. Per questo motivo, in meno di due ore, ho iniziato a sentir girare la testa e mugugnare lo stomaco, ma non demordo: darla vinta a uno di loro equivarrebbe a mettere in evidenza il gap esperienziale che ci separa.
Charlie però nota la mia risata troppo allegra e la palpebra pesante, così mi allontana di mano il joystick: «Okay, per Jay la partita finisce qui» il suo essere responsabile emerge, facendomi storcere le labbra. So che lo fa per il mio bene, che è stato Jace a chiedergli di prendersi cura di me, eppure non posso far altro che trovarmi infastidita dalla cosa – seppur involontaria, questa è una resa.

Blatero qualcosa, cercando d'allungarmi tanto da riprendere l'arma con cui ho provato a difendermi fino a ora, ma finisco con lo sdraiarmi malamente sulle sue gambe. Sento le cosce di lui schiacciarmi il seno, mentre una delle ginocchia prova a stortarmi le costole e comprimere in modo alquanto pericoloso lo stomaco – è talmente pieno e gonfio che se Benton dovesse sbagliare a muoversi finirei con il vomitare l'anima.

D'un tratto Seth ci passa accanto, strappando il joystick dalla presa dell'amico: «Lasciala perdere qualche altra partita e bere, almeno mi diverto un po'» scherza, consegnandomi sia il bottino della sua razzia, sia l'ennesima bottiglia appena stappata, da cui avrà preso sì e no un paio di sorsi.

Charlie gli lancia un'occhiata bieca, riluttante all'idea di vedere quanto misera possa diventare a furia d'ingurgitare alcol. Sul suo viso si legge la palese voglia di rimproverarlo, di ricordargli che in fin dei conti sono la cucciola del gruppo e non dovrebbero prendersi simili libertà, soprattutto in assenza di mio fratello, ma si trattiene, forse temendo di finire in mezzo all'ennesimo battibecco.

Sorrido a Morgenstern ringraziandolo per il supporto e il rifornimento, ma appena alle narici arriva il profumo di luppolo, la nausea fa capolino.
Dovrei smettere ora che ho ancora un briciolo di lucidità, perché se dovessi arrivare alla fine anche di questa bottiglia non avrei più alcun controllo né sulle mie azioni, nè sui pensieri o reazioni del corpo - e sarebbe anche meglio prendere qualche secondo di pausa dall'aria viziata del salotto.
«De-devo andare in bagno» dico con la bocca impastata, così Charlie si prodiga a farmi da sostegno mentre cerco di mettermi dritta.
Barcollo malamente sentendo la testa girare e allora lui prova a reggermi alla bene e meglio.
«Devi vomitare?» mi domanda, spaesato. Sono certa che a nessuno di loro sia mai capitato di dover accompagnare una ragazza a rimettere. Nelle serate passate insieme, Jace, Charles e Seth devono essersi accontentati di un angolo appartato, un cestino in mezzo alla strada o chissà che altro, ma al posto di aiutarsi l'un l'altro devono essersi sempre limitati a ridere sguaiatamente di fronte al disagio dello sventurato di turno. Con me tutto ciò non è contemplato e, in mancanza del primogenito Raven che mi sorregge la testa, tocca a loro fare da fratelli maggiori.

Seth dal suo divano in pelle si gode la scena ridendo - forse di me, che sono fin troppo impacciata per reggere il loro confronto. E la cosa mi dà ancor più fastidio.
Sento la frustrazione muoversi tra i fumi dell'alcol e ciò non fa altro che peggiorare il mio atteggiamento, facendomi così scansare Charlie bruscamente, arrivando persino a ringhiargli contro come un cane.

Non voglio che mi sorregga, men che meno che metta in mostra le mie debolezze. 

Bofonchio parole indefinite, forse incitandolo a starmi lontano per evitare guai, ma, se devo essere del tutto sincera, ciò che più mi spaventa è apparire ancora piccina, innocua e innocente, quando in realtà sto per superare quella soglia sottile tra adolescenza ed età adulta – e vorrei che anche loro, soprattutto Morgenstern, lo notassero.

Molleggio solitaria in direzione della porta del bagno, anche se i passi sono instabili e i tappeti delle minacce terribili. So che da un momento all'altro potrei combinare il più tragicomico dei disastri, ma provo comunque a resistere. Aver allontanato Benton può essere stata la peggior scelta possibile, soprattutto ora che il piede scalzo s'incastra nella gomma che dovrebbe tener fermo il tappeto tra la camera e la mia destinazione.

Sento la birra agitarsi nello stomaco al pari di un maremoto, mentre la gravità fa il suo dovere e, prima che me ne possa render conto, inizio a precipitare in avanti.
Chiudo gli occhi in un istintivo gesto di difesa, preparandomi a spiattellare il viso sul pavimento e poi vomitare tutto ciò che mi è possibile.

È inevitabile che andrà così.
Va sempre così.

Ma prima che il dolore prenda possesso di me, la stretta di mani saldissime afferra il mio ventre in un disperato tentativo di non farmi spaccare il naso sul gres. Sento un altro corpo stringersi a me, barcollare per riuscire a tenere in piedi entrambi. E così, fin quando non sono certa di aver recuperato l'equilibrio insieme al mio salvatore, cerco di evitare che dalla bocca mi si riversino fuori i conati.

Aspetto qualche secondo, poi quando finalmente alzo lo sguardo in direzione di chi si è precipitato in mio soccorso, incrocio Charlie. È scuro e furente, ben diverso da quello a cui sono abituata e, per un solo istante, temo le azioni che non son ben riuscita a controllare.

Certamente devo averlo offeso.

«Ti riporto a casa» sentenzia con fermezza, mentre con un colpo di braccia mi rimette dritta.

Lo stomaco si ribalta ancora e l'urto del vomito si fa sempre più intenso.

Al prossimo colpo faccio una strage.

Scuoto la testa con veemenza, convinta che il tragitto in macchina potrebbe solo peggiorare la situazione: «Charlie... lasciami» mugolo, avvertendo l'urgenza d'abbassare la maniglia di fronte a me. Sono così vicina alla tavoletta del water e al contempo così lontana – e più la consapevolezza di ciò si fa strada in me, più vorrei spingerlo via un'ultima volta per salvarci tutti dai succhi gastrici che si stanno agitando.
Lui mi guarda con una sorta di strana riluttanza e, nella sua espressione, ora traspare l'uomo che sta diventando.

«Non mi hai sentito?» un nuovo strattone e, inesorabilmente, mi ritrovo a far coppa con le mani sulla bocca.

Seth si precipita su di noi  strappandomi dalla stretta dell'amico. Lo sento spingermi verso il bagno e in men che non si dica mi ritrovo inginocchiata a terra, cercando di non sporcare ovunque.

Holy Shit!

***

Nel buio delle palpebre ancora chiuse inizio a risvegliarmi come un bocciolo a primavera, anche se con molta meno poesia a descrivere il momento. La bocca è terribilmente impastata, tanto che pare io abbia dormito per eoni. I muscoli sono intorpiditi e devo stirarmi più e più volte prima di riacquistare una sorta di mobilità. 

Nell'aria mi accoglie un delizioso aroma di caffè, un dettaglio che in casa Raven assume la connotazione di "rarità", così non posso far altro che aprire gli occhi per cercare di capire quale occasione speciale sia motivo di tale miracolo. 

La luce filtra da oltre le tende e, d'un tratto, mi accorgo non arrivare dalla solita direzione. Sfioro le coperte, le annuso scoprendovi un profumo che non mi appartiene: in quale letto mi trovo?

Salto in piedi sgranando gli occhi, cercando d'identificare il luogo in cui sono, ma prima che le pareti, o le mensole piene di oggetti mi rivelino qualcosa, scorgo il viso paffuto e peloso di Chucky, il Blue Prussia di Seth.

Il gatto mi fissa con un certo astio. Inizio quindi a temere per la mia incolumità, soprattutto sapendo quanto sia geloso del proprio padrone – e probabilmente anche del suo letto.

Svelta scivolo fuori dalle coperte per ridare al piccolo amico peloso il suo spazio, scoprendo però qualcosa che forse avrei preferito non notare. Come nei peggiori romanzi rosa, a tratti simili alle teen fiction, mi ritrovo in calzini, mutante e maglietta, grazie al cielo abbastanza larga da coprire ciò che deve essere celato.

Esattamente, dopo il quarto d'ora passato in bagno a rimettere la pizza e l'acol, cosa mi sono persa?
Chi ha osato sfilarmi i pantaloni? E siamo sicuri che ci si sia limitati solo a questo?

Chucky miagola, mi chiama, così quando alzo lo sguardo sul suo musetto scuro mi pare di vedere una certa pena nell'espressione baffuta. 

Sì, so di aver preso peso.
E di non essermi fatta la ceretta nell'ultima settimana – oserei dire "mese". 
La consapevolezza di ciò non fa altro che peggiorare la situazione. Non so se piangere o nascondermi sotto alle lenzuola per le prossime ore, fin quando Seth non si deciderà a capire se sono morta o meno, o se ne uscirà di casa per andare al lavoro.
Mordo il labbro superiore.

Sì, mi sembra un buon piano.

Sto quindi per fare dietro front e tornare nel letto quando una melodia prende a riempire le stanze con allegria. Ci metto qualche istante a capire di che canzone si tratti, ma alla fine, con sorpresa, riconosco qualche giro di chitarra, dando un nome al brano: Hey Soul Sister.

I piedi si muovono involontari verso la porta, dove il desiderio di spiare al di là dello stipite si fa forte. Non credo mi sia mai capitato di restare sola con Morgenstern a casa sua, di svegliarmi la mattina con la sua compagnia.

Strizzo gli occhi in direzione del salotto e, non scorgendo nulla, svicolo fuori dalla stanza, sospingendomi fino al fondo del corridoio. Mi sporgo appena in direzione della cucina e lì lo vedo, bello come sempre, mentre canticchia il testo della canzone che ha appena fatto partire.
Vorrei potermi disincantare, ma non ci riesco. La mia attenzione s'impiglia in ogni dettaglio di lui: tra i capelli scuri tutti spettinati, tra le pieghe delle labbra che sorreggono la sigaretta. Tra le maniche mancanti di una canotta risalente a qualche concerto di anni prima e sulla coulisse dei pantaloni della tuta.

Lo vedo muoversi con una naturalezza disarmante, inconsapevole del fatto che lo stia spiando. Si gira verso il fornello, osservando la moka. Ha la schiena ampia, molto più di quello che ricordassi e i muscoli sotto alla pelle chiara si muovono armoniosamente, lasciando all'immaginazione l'opportunità di fantasticare su centinaia di situazioni improbabili.
Dio, sono una vera e propria fangirl!

D'improvviso, a spezzare la magia, si volta verso il corridoio scoprendomi in flagranza di reato. Per un attimo resta fermo a fissarmi, forse cercando di realizzare la situazione e poi, con tutta la sua delicatezza, scoppia in una fragorosa risata che mi fa schizzare il cuore in gola.

Con le mani provo a tirar giù l'orlo della maglia, cercando di coprire più coscia possibile. Qualcosa riesco a fare, ma pare sempre non essere abbastanza. I suoi occhi inoltre non si fanno sfuggire nulla, sono predatori, soprattutto quando si tratta di corpi femminili – però con me potrebbe non valere questa sua dote, in fin dei conti sono solo la sorella minore del suo migliore amico; anche se, ad essere sincere, un po' mi farebbe piacere sapere che ha guardato anche me in quel modo.
«Che c'è di così divertente?» gli domando, avvertendo con estrema chiarezza le guance scaldarsi.
Lui scuote la testa, poi mi fa cenno di raggiungerlo: «Sembri un pulcino spaesato, tutto qui» confessa, allungando una tazza di caffè nella mia direzione. Grazie al cielo tra di noi si frappone l'isola della cucina, unico scudo tra la mia pelle eccessivamente nuda e le sue possibili provocazioni.

Bevo.

«Charlie?» domando, sentendo l'urgenza di mettere insieme i pezzi del puzzle che è diventata la serata appena trascorsa.
Seth fa altrettanto, poi butta la cenere nel lavandino e fa un altro tiro dal filtro: «Si è assicurato che stessi bene, mi ha aiutato a portarti sul divano e poi si è rassegnato all'idea che fossi troppo stravolta per essere riportata a casa».

Ah...

«Quindi mi sono addormentata?»
«Brutalmente. Sul divano. Ho faticato non poco a portarti di là e sfilarti felpa e jeans» mi lancia un'occhiata scherzosa e il desiderio di seppellirmi sotto strati e strati di terra si fa concreto. Non posso credere che il ragazzo di cui sono cotta mi abbia dovuta spogliare mentre russavo come un facocero.
Avrei potuto sopportare il fatto di avergli vomitato nel bagno, ma con questo credo di aver raggiunto un picco impossibile da ignorare.

Morgenstern sorseggia ancora il suo caffè nero, poi inizia a farsi vicino, pericolosamente: «Sai Jay, stamattina stavo facendo una considerazione alquanto singolare» d'improvviso le sue parole catturano tutta la mia attenzione e l'imbarazzo si attenua appena, dandomi modo di riacquistare una sorta di compostezza. Afferro con entrambe le mani la tazza, sporgendomi nella sua direzione per udire meglio: «Sei rimasta a casa mia per tutta la notte, alticcia e sola, eppure non sei ancora riuscita a perdere la verginità. Mi spieghi come sia possibile?» il suo sorriso prende una piega tutt'altro che amichevole, così maliziosa da farmi incastrare il cuore in gola.

No, non può averlo detto sul serio. Non può aver citato un argomento del genere. E poi lui come fa a sapere certe cose?

Salto in piedi, rossa come un pomodoro in viso. Sono incapace di proferire qualsiasi tipo di parola, completamente sopraffatta dall'agitazione, così faccio quello che mi sembra più opportuno fare: scappare da lui.
Senza esitazione mi lancio verso la porta, la spalanco senza esitazione e me la richiudo alle spalle con un tonfo.

E lui dovrebbe essere uno dei miei migliori amici? Mio fratello si è davvero fidato a lasciarmi nelle mani di un sadico del genere? Non posso crederci!
Faccio per incamminarmi verso le scale e tornarmene a casa, quando Mrs. McFinnel, la vicina di Seth, mi riprende schiarendosi la gola. Sbatto le palpebre, incapace di capire per quale ragione mi stia fermando; dopotutto sa da sé che se c'è qualcosa di cui lamentarsi lo deve fare con Benton, l'unico di noi che le dà retta.
«Ragazzina, i pantaloni non vanno più di moda?» mi chiede, sistemandosi gli occhiali sul naso mentre mi anticipa nell'abbassare lo sguardo sulle gambe. La vergogna pare volermi prendere alla gola, mentre lacrime di disperazione iniziano a riempirmi gli occhi.

Perché a me?

Rientro in casa di Seth ancor prima di capire quale sia la mossa giusta da fare. Ovunque mi giri mi ritrovo persa in un mare di passi falsi.

Morgenstern mi guarda dal divano, ancora più divertito di prima. Se la ride come di fronte alla commedia più divertente della tv e io vorrei non essermi mai svegliata, stamattina.

ps. quelli che avrebbero dovuto essere 28 capitoli si trasformeranno in una trentina, sappiatelo. Purtroppo mi son resa conto che alcune parti erano davvero troppo lunghe per essere gestite in un unico aggiornamento (come da principio), quindi le vedrete separate, ma sempre con un senso logico.

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