PUNTATA XXXIII

Pagliuzze di luce riflettevano negli occhi di Alastair, ovattato in un limbo asfissiante d'immagini e suoni distorti e opacizzati. Il respiro era intrappolato a metà strada tra i polmoni e naso, come una pressa opprimente all'altezza della gola. Tiepida, una densa pressione avvolgeva il suo corpo come crudele abbraccio, poco prima della morte. I timpani erano oppressi, come se cerume le ostruisse, mentre le sacche d'aria continuavano a protestare per la mancanza di linfa eterea da respirare. Pochi secondi sembrarono eterni supplizi, prima che la visione si schiarisse e l'atmosfera riprendesse a intasare il sangue con il suo ossigeno.

La schiena protestò dal dolore, mentre un bolo di sangue nefasto colò dal labbro tumefatto e violaceo. Il muro alle sue spalle era crepato, così come una costola, mentre la testa danzava in vibranti vertigini. Scosse quest'ultima per prendere stabilità della realtà e ciò che il mondo gli offrì fu il sorriso indecifrabile di Sir Stoirm, il suo corpo oppresso dai dolori e i suoi abiti inzuppati di fluido trasparente: acqua.

Ad ampie boccate, cercò di trarre a sé tutto l'aria che potesse, a mano a mano che i polmoni brucianti si adoperassero ad allontanare il dolore. Frastornato, il cavaliere, con occhi strabuzzati, fissò iracondo ma allo stesso tempo timoroso il suo avversario: conosceva una della quattro Tecniche di Respirazione Assoluta e quello non era affatto un avvenimento che faceva ben sperare.

«Chi te l'ha insegnata?» chiese il Primo con un filo di voce e i polmoni sfibrati, claudicante dopo essersi rialzato.

«La famiglia Stoirm è in grado di utilizzare o la Magia del Sangue oppure la Respirazione dell'Acqua. La sua manipolazione è tramandata di padre in figlio, sebbene sia un potere praticamente innato.»

Alastair, prima di allora, non aveva mai affrontato, eccetto il suo maestro, qualcun altro che fosse in grado di utilizzare una tecnica come la sua. Era arrivato al punto di perdere le speranze, convinto ormai che sarebbe morto senza mai aver potuto far assaggiare quel tipo di sangue alla sua spada. Per un cavaliere del suo calibro, annaspare per anni in combattimenti di basso livello, lo aveva portato in uno stato di profonda alienazione in quanto combattente. Fin quando Anauus era in vita, il Primo si allenava tutti i giorni, ma dopo la sua morte, il giovane proseguì i suoi allenamenti per ancora un anno, prima di fermarsi: quella fu l'unica volta in cui si arrese. Desistette dall'imparare la Respirazione Assoluta, perché senza il suo maestro non era la stessa cosa. Desistette perché era convinto di non aver abbastanza talento per poterla apprendere, di non riuscire in alcun modo a raggiungere il livello del suo insegnante. Desistette perché, in verità, nessuno era mai stato in grado di stimolarlo a tal punto. A differenza di quello che poteva apparire, lo spirito guerriero di Alastair era morto. Non c'era più nulla che gli provocasse eccitazione mentale o soddisfazione fisica nel vincere contro la spada di altro combattente: per lui, ogni incontro era ormai insulso, insoddisfacente. Fu così che all'età di diciassette anni smise di allenarsi e da allora ben sette primavere erano trascorse. Ma ora la situazione era cambiata.

La guerra aveva spinto il Primo verso una nuova conoscenza, verso nuovi orizzonti, nuove rivelazioni. Combattimento dopo combattimento, sentiva ardere il suo spirito come mai prima d'ora, come se la vitalità, la gioia nello sguainare la spada non fosse più solo un atto dovuto nel proteggere il suo Regno, ma fosse qualcosa che lo appagasse, in qualche modo lo completasse, come se si sentisse più libero. Si sentiva potente. Aveva desiderato per tutta la vita affrontare qualcuno che fosse davvero alla sua altezza e ora era finalmente lì, possente, innanzi ai suoi occhi di cielo, con il suo cimiteriale sorriso e il suo sapere a sorreggergli le spalle come fedele compagno. E il Primo lo odiava fin dentro le ossa, per tutto il male che aveva arrecato nonostante Albion si definisse cavaliere. Ma allo stesso tempo lo ammirava, per la sua conoscenza, per la sua forza. E perché lo aveva fatto rinascere, aveva riacceso la sua fiamma di guerriero, dopo anni di letargico assopimento. Un sorriso carico apparve sul volto di Alastair: un sorriso vero.

Il Primo mosse la sua spada verso il nemico, facendo scintillare la plumbea punta per via di un riflesso scarlatto di sole che, di soppiatto tra le nubi di piombo, aveva colpito un ciottolo di vetro spezzato dall'ira dello scontro. I suoi denti si digrignarono, ma i suoi occhi ridevano di gioia. Riprese a prendere fiato con regolarità e i suoi muscoli tornarono al loro solito vigore, sebbene il dolore fosse ancora fiammella accesa tra i suoi nervi.

«Io, Sir Alastair Leslie, Primo Cavaliere del Regno di Fearannheimr, Difensore della Corona, Protettore degli Uomini e dei Fatati, Custode della Gloria dei Primi Dèi e dei Comandamenti Cavallereschi di Re Arthur. Giusto con i Giusti, privo di Pietà con gli Empi, Figlio delle Terre e dei Venti del Nord e fiero Servitore della Luce come da Sacro Giuramento, sfido te, Sir Albion Stoirm, a duello, il cui esito determinerà chi è il combattente più forte dei Sette Regni. Accetti la sfida?»

«Non puoi proprio fare a meno di combattere, vero Alastair?» domandò Albion impiastricciando il volto in un corruccio di macabra soddisfazione. «D'altronde è nella natura di tutti gli uomini. Siamo in fin dei conti figli di entità che hanno nel loro sangue la distruzione e il dominio. E in persone come noi, tali sentimenti sono ancora più accesi, più insistenti, più opprimenti: siamo nati per combattere e uccidere, questa è l'essenza degli umani e questo è il retaggio che ci hanno lasciato i nostri Creatori. Ma tali capacità non sono solo male. Sono anche questi sentimenti che ci spingono costantemente alla ricerca del miglioramento, che ci sussurrano nell'inconscio di continuare a cercare la verità ultima, di andare oltre l'essere per arrivare a una condizione assoluta. La pace e l'amore, per quanto sentimenti ricercati, sono stabili. Riducono l'animo umano a una larva il cui unico scopo è crogiolarsi nel suo calore. È una forma di appagamento, come una rinuncia. La bontà è rinuncia a vivere. La conquista invece aizza lo spirito, ci costringe a essere più forti di come lo eravamo il giorno prima, è dinamica. È la ricerca costante del potere che ci spinge ad andare avanti come razza. Capisci? Questo è un dono immenso che ci hanno fatto gli Antichi, anche se involontariamente. Il nostro essere come loro potrebbe essere la chiave di una nostra futura vittoria.»

Sebbene impaziente, Alastair corrugò la fronte, sintomo della sua crescente attenzione verso le parole di quel personaggio. Pendeva dalle sue labbra, come se il nettare di parole che fuoriusciva dalla sua bocca fosse il più buono di tutti. Ma in quel momento, in quel preciso arco temporale, la sua unica volontà era quello di tastare il potere del suo avversario. Voleva un agognato "sì" come risposta. E alla fine avvenne.

Albion puntò la lama fatale in direzione del Primo e con sorriso accennato e sguardo penetrante, inneggiò fiero parole di maestosa teatralità: «Io, Sir Albion Stoirm, Principe del Regno di Uisgeheimr, Figlio e Cavaliere delle Sacre Acque, Difensore della Corona, Signore del Castello sul Lago, Custode della Gloria dei Primi Dèi e dei Comandamenti Cavallereschi di Re Arthur, fiero Servitore della Luce come da Sacro Giuramento e Supremo Difensore della Verità Assoluta, accetto la sfida, Sir Alastair Leslie.»

Ancora una volta il tempo sembrò arrestarsi. Gli spiriti dei due guerrieri si scrutarono l'uno con l'altro cercando la debolezza che avrebbe permesso la vittoria. L'aria si caricò di nefasta enfasi, scintille invisibili che andavano a pizzicare le corde della mente, tesa a tal punto da formicolare. Di riflesso, anche i muscoli divennero sempre più rigidi, fin quando la tensione arrivò a un livello non più sostenibile da anima e corpo.

Due lampi improvvisi lasciarono il posto ai due uomini, mentre uno squarcio pallido tagliò di netto la stanza, facendola vibrare come percossa in ogni singola molecola. Le due spade si scontrarono, producendo un persistente venticello, mentre scintille d'argenteo chiarore si rifletterono come tanti luccichii nell'ampio ambiente. Albion e Alastair, vicini negli sguardi, si fissarono in una morsa di eterna contemplazione. Carico e feroce era il Primo, calmo e disinvolto il Signore del Castello sul Lago. Un attimo dopo, le scintille divennero a dozzine, poi centinaia, poi non si poterono più contare.

«Respirazione dell'Acqua: Respiro dei Mari.»

Piccole goccioline d'acqua fuoriuscirono dalla pelle di Albion, microscopiche sferette traslucide, le quali si sollevarono e rimasero in sospensione a pochi capelli di distanza dal viso del combattente, nonostante il suo moto fulmineo e frenetico nel parare e contrattaccare ai colpi del Primo. Ma all'improvviso, un velo d'acqua avvolse il suo corpo prima, per poi divenire un autentico turbine poi. Il Primo fu spazzato via da una slavina di liquido trasparente, la quale lo trascinò via fino a farlo schiantare, di nuovo, contro le pareti del Castello. Frastornato, batté fiacco con il corpo sul pavimento crepato. Una striscia di sangue andò a imbrattare il suo viso, mentre il respiro divenne più pesante. Con vista di nebbia purpurea, scrutò il suo rivale impassibile, osservarlo con malsana non curanza, come se non provasse nulla.

«Arrenditi Alastair, sono più forte di te. Unisciti a me piuttosto, siamo simili. Insieme potremo fare grandi cose» provò a convincerlo Sir Stoirm, ma il Primo si rialzò, sebbene con polpacci stanchi. I colpi dell'avversario erano davvero tremendi. Ogni attacco subito era sufficiente per fargli perdere abbastanza forze da portarlo al limite. Sebbene fosse diventato più forte in quelle ultime ore dopo l'assalto alla caverna sotterranea, la stanchezza cominciò con prepotenza a prendere il sopravvento delle sue membra, come una stretta che rende flaccido ogni muscolo e rilassato ogni nervo. Alastair aveva intuito che se c'era un modo per batterlo era quello di utilizzare la Respirazione Assoluta. Sebbene conoscesse la tecnica, non era mai stato in grado di portarla a termine in modo tale da poter adoperare le "Tecniche di Efesto". Di suo, richiamare la Respirazione Assoluta, in realtà, era assai banale, almeno come spiegazione: basta semplicemente trattenere il respiro mentre si utilizza la normale Respirazione. Il problema è che per Respirare c'è bisogno appunto di respirare... Ma un fulvido lampo illuminò la mente del giovane. Gli arrivò alla memoria un dettaglio che credeva di aver perduto nei meandri del tempo invece, di soprassalto, gli sballottolò il cranio come se fosse accaduto qualche minuto prima.

Ricordò infatti di aver visto solo una volta il suo maestro stupirlo con una delle Tecniche Assolute. Da quando aveva smesso di allenarsi, non ci aveva mai più provato ma, forse, ora aveva l'energia sufficiente per poter eseguire appieno quell'abilità.

Rammento che chiuse naso e bocca, non respirava affatto, proprio come quando si vuole trattenere il respiro, eppure respirava eccome... Mi ricordo delle fiamme che avvolsero il suo corpo, ma non provenivano da dentro, ma... Da fuori. La Respirazione incendia il corpo, il quale rilascia fiamme per liberarsi del calore... Lui invece portava le fiamme a sé... Queste si generavano da fuori, per poi essere assorbite dalla... Ma certo! Non ci sono mai riuscito perché in realtà ho sempre tentato di Respirare con i polmoni mentre impedivo all'aria di passare... Non devo respirare con i polmoni!

Alastair, all'improvviso, gettò Maledizione Nera a terra, con foga, e cominciò a liberarsi del suo abbigliamento. Dapprima si svestì delle placche di metallo, fino all'ultimo strato, fino a gettare perfino la maglia sul polveroso pavimento, lasciando esposto all'aria il busto asciutto ma muscoloso, intervallato dalle strisce delle costole che tentavano di riaffiorare oltre la pelle, la quale era martoriata da lividi violacei ovunque.

«Tanto il metallo dell'armatura non serve contro chi conosce le Tecniche di Respirazione Assoluta» borbottò Alastair, per poi tornare a guardare con carica ed enfasi Albion.

Il Signore del Castello sul Lago continuò a osservare atono i gesti del suo rivale, lasciando trasparire negli occhi però la scintilla della curiosità. Vide il Primo dapprima recuperare la sua spada, poi chiudere i pugni e divaricare le gambe, con braccia tese a mostrare i bicipiti scolpiti. Quando vide chiudere i suoi gli occhi e trattenere il respiro, capì cosa stava per fare.

Pochi istanti dopo, Alastair diede un urlo bestiale, di pura carica e foga. Il tintinnio del suo acuto si propagò per tutta la sala, fino a far tremare il soffitto ormai pericolante. Improvvise, dense e brillanti fiamme circondarono il suo corpo come una sfera di fuoco. In pochi attimi, il fuoco si ridusse a sottili fili fiammeggianti, i quali vennero estirpati dalla loro sede e prosciugati come acqua di ruscello in un canale. Le fiamme, infatti, vennero assorbite dalla pelle del Primo, dalla quale un attimo dopo fuoriuscì copioso del denso fumo grigiastro. Quando l'urlo cessò, fiammelle dispettose si fecero spazio, illuminando la plumbea coltre che ostruiva la visione anche a pochi passi di distanza. Due occhi cremisi fecero capolino, mentre via via che il pulviscolo si diradava, il corpo del Primo apparve in tutta la sua interezza, cosparso di scintille di fuoco sparpagliate sul busto e sugli arti superiori, con la spada fumante.

Il cavaliere, subitaneo, posizionò la lama parallela al terreno, con la punta rivolta verso la sua destra, mentre gli occhi fulgidi di bianco e sfumati di rosso, davano l'idea di intimare chiunque ad allontanarsi. Albion, invece, dapprima sollevò un sopracciglio incuriosito, poi si accese in un lieve sorriso e sussurrò: «l'hai appena imparata... Che talento.»

Quando Alastair aprì bocca per pronunciare parole di rabbia e di forza, iracondo fumo scuro sibilò dalla sua bocca come ruggente risucchio, espandendosi come chiazza oleosa nel fluido atmosferico.

«Respirazione Assolta del Fuoco: taglio di Efesto.»

Con un movimento semicircolare in avanti, il Primo mosse la spada, come a voler tranciare un velo celato innanzi a lui. Istantanea, l'aria si condensò come flebile brina mattutina, per poi catapultarsi come un ciclopico turbine in avanti, densa e maligna, scintillando di chiarore giallognolo. Un singolo passo e braccia tese scattanti a molla bastarono per genere l'energia sufficiente per sparare un colpo di immane violenza, così veloce che Albion non poté nemmeno pensare di battere le ciglia. L'attacco tranciò di netto la parete alle spalle del sovrano del posto, proseguendo nel suo tremendo moto fino a tagliare, in una sottile linguetta quasi invisibile, tutto il Castello sul Lago, il quale, scosso, tremò come trapassato da gelido fiato invernale.

L'aria si mosse in una vibrante enfasi di scaldamento, agitandosi per via di un calore improvviso. Il rombo generato dalle pareti dilaniate, fece eco per tutto l'edificio, fino a propagarsi all'esterno in un ovattato gridolino come distante all'infinito, mentre ciottoli e frammenti si esagitarono in una danza sconclusionata. Quando l'aria si acquietò, il Primo prese visione dell'effetto del suo attacco ma, sebbene il Castello avesse subito danni strutturali evidenti, il suo bersaglio era illeso, teso con la punta della spada rivolta verso l'alto e rigidi muscoli sostenere il suo peso. Quando Sir Stoirm abbassò la lama, l'ennesimo sorriso palesatosi sul suo volto sembrò farsi beffa di Alastair, il quale, di riflesso, ringhiò in un moto di stizza.

«Non male, cavaliere... Ora si comincia a ragionare. Lascia che ti mostri anche io di cosa sono capace» proferì sacrale Albion, con il suo solito timbro tra il divertito e il severo.

In un frammento di tempo, Sir Stoirm sollevò la spada e con un gesto mosse il suo braccio a una velocità tale che alla vista l'arto apparve come una macchia nera. Un intenso sentore di morte fece accapponare la pelle di Alastair, fino al punto di sentire le viscere ritirarsi e un nodo alla gola formarsi violento. Un fruscio d'aria lambì i suoi capelli come lieve venticello, ma il rombo alla sue spalle gli fece intuire che qualcosa era appena stato tagliato: una colonna.

Quest'ultima si ridusse a pagliuzze di polvere svolazzante, andando a dipingere l'atmosfera di altra opacità. Istantaneo, Alastair lasciò la sua sede e un fulmine rosso accese la stanza. Il pavimento dove prima c'erano i suoi piedi esplose, mentre circumnavigava la sala alla sinistra dello Stoirm, facendo inarcare il muro verso l'interno come se fosse burro fuso. Pochi millisecondi durò quel moto di dozzine di metri, prima che la sua lama sfiorasse la pupilla del nemico come candido calore assassino. Ma i riflessi del nemico furono qualcosa di indescrivibile: si portò ai lati del cavaliere, senza che questi si fosse mosso di un micron o avesse percepito quel movimento. Roteò su se stesso e con un fendente, lacerò la schiena del Primo, distruggendo una vertebra. L'urto fu così tragico che Alastair avvertì una scossa trapanargli la testa da parte a parte e lo soffocò dal dolore. Come una scheggia, fu proiettato a velocità abnorme contro una parete, piegandola come morbido legno sottile e bagnato.

Ma frastornato e reso bestiale dalla sua stessa adrenalina, con occhi iniettati verso l'esterno e grumi schiumosi di sangue bagnargli la sclera, si girò di scatto, come fulmine e in preda all'isteria pronunciò: «NON SOTTOVALUTARMI, ALBION! TI COSTRINGERO' A USARE LE TECNICHE ASSOLUTE ANCHE A TE, FOSSE L'ULTIMA COSA CHE FACCIO! NON TE LA CAVERAI USANDO SOLO LE TECNICHE DI BASE CONTRO DI ME!»

In un battito di cuore, come se la sua cassa toracica fosse aperta e tutto il mondo dovesse sentire il tintinnio del suo sangue esser sparato dentro le arterie, una fiamma di pallido giallo incendiò all'improvviso il suo busto, fino a salire a metà strada tra la sua testa e il soffitto ormai cadente. Sentì la pelle fondersi e il suo viso sciogliersi, incapaci le sue membra di reggere un simile calore, ma troppa foga aveva per poter dar retta al suo corpo che cadeva a pezzi: la sala divenne di luce, a tal punto che Albion dovette pararsi con una mano. La malta tra le pietre cominciò a sciogliersi come ghiaccio d'estate, mentre il pavimento sudava della sua stessa materia. Un vento caldo invase tutte le sale, secco e asfissiante, a tal punto che gli uomini ancora nel Castello lo abbandonare in fretta e furia. E proprio un sentimento di cieca furia arrivò alle loro orecchie, un urlo mostruoso addensarsi nei loro timpani come una cantilena maledetta.

«Respirazione Assoluta del Fuoco: Fulmini di Fuoco di Efesto!»

Il Primo agitò la spada a tale velocità che lampi di chiarore abbagliante e chiarissimo invasero il campo visivo, muovendosi come scintille volanti quando il ferro viene battuto. Una pioggia di fuoco si abbatté su Stoirm prima e su tutto il Castello poi. Lampi di luce infuocata dilaniarono le pareti, fino a far crollare costole della struttura come slavina in montagna, mentre gli uomini fuggirono disperati nel tentativo di salvarsi da quel mostro di roccia che andava in pezzi come carte bruciate.

I raggi di fuoco di schiantarono contro la figura del Signore del Castello sul Lago, ma denso fumo lo avvolse: creò infatti una sfera d'acqua densissima e fredda roteando la sua spada a tale velocità che il suo braccio sembrava non esserci alla vista. Ma questa volta, a differenza delle altre, i colpi li sentì eccome, a tal punto da stringere i denti, chiudere gli occhi in due fessure e avvertire i nervi tendersi sotto la pelle accaldata, mentre i muscoli gridarono dalla fatica. Risentito come non mai, rilasciò parole cariche d'odio e nefasto, mostrò denti pronti a mordere come leone affamato.

«Respirazione Assoluta dell'Acqua: Sussulto Oceanico!»

I fulmini infuocati sparirono, lasciando il posto a uno sconquasso trasparente. Una tempesta d'acqua trasformò le fiamme in fumo grigiastro, mentre un'onda anomala generatasi dal corpo del combattente partì in direzione del Primo, investendolo in pieno. L'ala nord del Castello venne spazzata via fino a esser ridotta in macerie sbriciolate, con una violenza immensa, come tubature esplose per la troppa pressione. Lo scoppio si propagò per miglia, il rombo fece vibrare gli arbusti, mentre ciottoli e fiotti d'acqua raggiunsero il cielo per poi scendere a pioggia.

Un acquitrino impregnò il Castello ormai mutilato a metà: una parte avvolta nell'oscurità, l'altra lambita dal pallido sole offuscato. Perfino la pianura alle sue spalle si era allagata, con l'acqua che era andata a cadere grave perfino nel letto del Lago ormai morente, prosciugato dal calore dell'esplosione di qualche ora prima.

Alastair, con i polmoni stracolmi di liquido trasparente, sollevò il viso bagnato, mentre gocce di rugiada emanarono flebili riflessi di luce. Frattanto, il suo viso apparve distorto dalla stanchezza e dalle ustioni. Si sollevò fino a reggersi con una sola gamba, mentre l'altra era ancora sprofondata, con il ginocchio dolorante immerso. Il fiato bruciante stava ancora raschiando i suoi polmoni, quando un urlo lontano pizzicò i suoi timpani con fare aggressivo.

«Respirazione Assoluta dell'Acqua: Lama d'Acqua!»

Tutto quello che avvertì Alastair fu il suo corpo sollevarsi, trasportato via da un vento così intenso che il suo peso gli apparve nullo. Leggiadro, avvertì l'assenza di consistenza per diversi secondi, prima di esser perforato da una fitta di dolore così intensa che per pochi secondi persi i sensi, per poi riprenderli. Un fascio d'acqua sottile come un bastone, ma spumoso come vino agitato, biancastro, gli era passato accanto. L'attacco aveva aperto uno squarcio nel terreno, come dopo un terremoto. Frastagliate erano le pietre, tagliate di netto come da un laser, il quale aveva raggiunto un'altura posta a tre miglia di distanza e l'aveva divisa in una sottile striscia di tre centimetri di diametro.

Un fischio assordante si propagò per un'area vastissima, prima di esaurirsi in pochi attimi, come fiato sfibrato. Quando il Primo riaprì gli occhi, tutto quello che riuscì a percepire fu una lanciante stilettata alla spalla sinistra. Con vista annebbiata dal cremisi e offuscata dalla fiacchezza, con un sorriso smorto andò a osservare il punto incriminato: solo un punteruolo biancastro riuscì a vedere, mentre del suo braccio non c'era più traccia, se non di soffioni di sangue che non sembrarono volersi fermare, andando a inondare il terreno piangente.

Un soffice sorriso gli fece inarcare le labbra, come se si sentisse soddisfatto, ma non ebbe il tempo per pregare per il suo lutto corporeo: una pioggia di fiotti candidi fischiarono traiettorie funeste nell'alto dei cieli. Quando queste colpirono il terreno, possenti deflagrazioni inondarono il terreno, mentre onde d'urto radiali spostarono l'aria come se fosse meno densa del solito. Con spirito e corpo in fiamme, il Primo provò a proteggersi, agitando una sfera di fuoco intorno al suo corpo. Ma un nuovo punteruolo d'acqua trapassò il suo corpo come etereo e poi un altro: il primo gli perforò la spalla alla quale già mancavano i legamenti per esser ancorata al braccio, l'altro lo colpì all'altezza di un polmone, facendolo sfiatare in un solo schiocco. Un calice di purpureo liquido vomitò fino quasi a rovesciare perfino gli occhi. Esausto, piombò con le ginocchia a terra, prima di imbrattare la terra brulla con altro del suo liquido vitale. Spezzato anche nelle forze, rese salda la presa sul pomolo, mentre la punta della lama di Maledizione Nera sprofondò nel terreno reso morbido dal calore e dall'umido dall'acqua, come una poltiglia di fango.

Ormai assente nei nervi e nei muscoli, il giovane cavaliere maledisse il giorno in cui decise di fermare gli allenamenti ma, con labbra fiere e sguardo ancora ardente, gocciolò dagli occhi traslucida rugiada: un'emozione calda e vigorosa abbracciò il suo cuore. Aveva ricercato per tutta la vita la gioia di avere un vero combattimento contro un vero nemico e lo aveva avuto. Ora si sentiva realizzato. Quella costante ansia di dover dimostrare di essere il migliore ma di non poterlo mai provare, finalmente era stata spezzata come ramo d'ulivo. Nessun dilemma più attanagliava il suo cuore, né il suo spirito: alle volte non è la risposta in sé che ci fa paura, ma è il non averla mai. Ma il Primo, quel sentimento, non lo provava più: ora era libero. Sconfitto, ma libero.

Quando avvertì il riflesso nei suoi occhi di uno scintillio metallico, mentre i suoi capelli vennero mossi da etere agitato, intuì che Sir Stoirm era lì, pronto con la sua spada. Ma con un movimento della mano, percepì la carica del nemico assestarsi, acquietarsi: Alastair mosse il capo verso l'alto, flemmatico, fino a osservare il volto impassibile di Albion.

Statuario, con mascella di marmo, il Signore del Castello sul Lago scrutò l'avversario non con disprezzo, ma con rispetto: esattamente ciò che desiderava Alastair. Quella sensazione di anomalia tra l'essere un mostro senza cuore e rispettare le regole cavalleresche fin dentro al midollo, ormai non provocava più alcun fastidio nel giovane. I loro spiriti, tramite gli sguardi, si scrutarono ancora una volta, fin quando le parole del Primo non fecero crollare la tensione nei muscoli del nemico a una condizione di riposo.

«Albion... Hai vinto, mi arrendo» confessò l'uomo, liberandosi nei polmoni e sullo sterno di un peso fittizio che da troppo tempo lo opprimeva, quello di dover essere a tutti i costi il guerriero più forte dei Sette Regni. Ma ogni dubbio era stato dissolto. Finalmente, non doveva più dimostrare nulla a nessuno, ma solo a se stesso. Finalmente, libero. 

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