PUNTATA VII (Parte 2)

«Tutto sistemato!» trionfò Elizabeth, emettendo un sospiro come di stanchezza.

«Sì!» festò Samantha con mani rivolte al cielo.

«Scusami, Samantha, non volevo far del male al fiore, mi dispiace» provò a dire il cavaliere.

«Non fa niente, ci ha pensato Elizabeth, basta che non lo fai più. E poi se tu piaci a lei allora piaci anche a me» dichiarò all'aria la bambina, con una sincerità disarmante. La giovane donna sentì le guance arrossarsi, mentre il cavaliere avvertì una stretta al petto. Samantha si avvicinò al cavaliere e gli fece gesto di chinarsi. Alastair eseguì il comando e ciò che ricevette fu un bacio leggero e fruttato sulla guancia. Subito dopo la bambina ridacchio e si portò le manine alla bocca, ondeggiando il corpo come per l'imbarazzo. Ancora una volta, la provvidenza sciolse la tensione che si era creata nell'aria. Una donna dai lineamenti quasi identici alla bambina chiamò quest'ultima. Era la madre di Samantha. Chiese alla figlia di andare da lei perché tutti gli altri bambini si erano radunati intorno al fuoco. Era usanza del villaggio che dopo il calar del sole, la Nonna, il membro più anziano del posto, il cui nome era stato dimenticato perfino da lei stessa, raccontasse a tutti gli infanti le antiche leggende dei Sette Regni.

«Ti va di ascoltare la storia di questa sera?»

Alla richiesta di Elizabeth, Alastair rispose in maniera affermativa. Quando ne aveva l'occasione, sebbene avesse la possibilità di attingere alle informazioni dalla Biblioteca Reale, non si lasciava sfuggire l'occasione di ascoltare una di quelle storie raccontate da chi viveva sul mondo da così tanto tempo da aver avuto una vicinanza maggiore a simili racconti. L'intero Culto degli Dèi si basava su leggende raccolte in una miriade incalcolabile di libri di scrittori i cui nomi erano stati perduti nei meandri del tempo.

Gli arbusti ardevano scoppiettanti nel fuoco, mentre dei tronchi più grossi erano stati posizionati a mo' di anfiteatro per permettere a genitori e figli di partecipare alla narrazione. L'anziana donna, la Nonna, sedeva su una sedia costruita apposta per lei. Erano radici di alberi che erano state manipolate con la magia al fine di sbucare dal terreno, intrecciandosi proprio a costruire una seduta adatta all'anziana. La Nonna indossava una mantella spessa color noce che permettesse di scaldare il suo corpo stanco sempre attraversato da getti di freddo. Il suo naso aquilino, le mani ossute, le sue profonde rughe scavate nel viso e una folta e lunga chioma grigia, la facevano apparire davvero più come una fata malevola, ma l'apparenza ingannava: era più squisita di un dolce.

Alastair ed Elizabeth si avvicinarono appena in tempo per poter udire l'inizio della leggenda che stava per essere narrata. I bambini, dai più piccini, fino a quelli abbastanza grandi da toccare con i piedi per terra anche da seduti sui tronchi, erano già tutti schierati in silenzio con le orecchie in guardia, al fine di captare ogni suono. Quando l'assenza di vibrazioni divenne soffocante, la voce stanca e gracchiante della Nonna cominciò a cavalcare il lieve vento.

«All'inizio dei tempi, il mondo era vivo e ricco di Magia. Gli Uomini ancora non c'erano. Nessuno dominava ciò che la terra aveva da offrire. Per questo gli Antichi, detti anche Celestiali, indisturbati, scesero dai loro Luoghi Celesti, incuriositi e gelosi di tanta ricchezza. All'inizio trattavano con rispetto il nostro mondo, ma a un certo punto cominciarono a litigare tra di loro. Ognuno voleva tutto per sé, ma non riuscivano a mettersi d'accordo e soprattutto non riuscivano in nessun modo a controllare la Magia. Così, per capriccio, decisero di sfidarsi in una guerra. Fu così che gli Antichi decisero di creare gli Dèi, esseri in grado di controllare la Magia e di farla propria. Ogni Celestiale aveva la sua schiera di Divinità, le quali combattevano al loro posto. In questo modo gli Antichi si spartivano le terre, mandando in battaglia gli esseri che avevano creato, in una sorta di gioco assolutamente perverso. Ma, dal sangue degli Dèi morti sul campo, accadde un miracolo: nacquero gli Uomini. Gli Dèi amavano gli Uomini. Erano loro figli, sapevano controllare la Magia come loro, ma non avevano nulla a che fare con gli Antichi. Molti umani sono cattivi e cadono nelle tentazioni, ma i Celestiali erano malvagità allo stato puro.»

Alastair, in quei momenti, aveva le braccia conserte e ascoltava più attento che mai. A stento si era accorto che Elizabeth aveva poggiato la testa sul suo braccio. Frattanto, i bambini lanciavano al cielo ormai oscurato urletti di stupore come "Oh". Dopo un breve colpo di tosse da parte della Nonna e un sostanzioso sorso d'acqua da parte di quest'ultima, la storia riprese a scorrere come una piena.

«Fin quando gli Dèi si comportarono come schiavi, sfruttando il loro potere per incanalare la Magia e servirla ai loro padroni, niente di particolare accadde. Ma la situazione cambiò quando gli Antichi si resero conto di un fatto che poteva sovvertire il loro dominio sul Mondo. Gli Uomini non adoravano loro, ma gli Dèi. Manipolavano la Magia per donarla a coloro i quali li avevano creati tramite il sangue. Così, gli Dèi divennero sempre più forti, fino al punto che il loro potere magico divenne quasi pari al potere dei loro creatori. La situazione precipitò quando sempre più umani divennero a loro volta Dèi. Fu a quel punto che gli Antichi si convinsero che fosse giunto il momento di uccidere ciò che avevano creato. Non potendola farla loro, cominciarono ad assorbire tutta la Magia, nel tentativo di lasciare Dèi e Uomini senza energia. Fu a quel punto che gli Dèi dichiararono guerra ai loro stessi creatori e combatterono al fianco degli Uomini al fine di cacciare gli invasori venuti dal Cielo. Gli Dèi e gli Uomini, tutti insieme, riuscirono a creare delle armi in grado di contrastare quelle mostruosità. Nonostante ciò, gli Antichi erano ancora troppo forti. Per questo motivo uno degli Dèi, Pandora, decise di sacrificare la sua vita per creare con il suo potere magico il Vaso, il Vaso di Pandora. Ma dell'oscurità c'era all'orizzonte.»

I bambini erano ammaliati da quel racconto, attratti come zanzare dal sudore. Frattanto, Elizabeth aveva posizionato il suo braccio sotto quello di Alastair, mentre quest'ultimo, a mano a mano che la storia procedeva, raccontata in quel modo così sintetico ma preciso, avvertì una sensazione come di fastidio, come se quelle parole lo stessero spronando a intuire qualcosa, a reagire in qualche modo, ma non si capacitava di cosa potesse mai nascondersi dietro quelle antiche leggende, narrate in maniera così nitida dalla Nonna da sembrare eventi concreti accaduti da giorni, non da millenni.

«La situazione finì nel baratro quando uno degli Dèi, Loki, s'invaghi di uno degli Antichi, Gea. Quest'ultima prese la divinità con l'inganno e la manipolò per fargli rivelare il piano dei suoi simili. Loki cascò nel tranello e disse a Gea ciò che stavano per fare con il Vaso. Il piano era quello di rinchiudere al suo interno tutti gli Antichi, bandendoli da questo Mondo. Quando la notizia si sparse tra tutti i Celestiali, essi capirono che la situazione fosse critica. Quindi, decisero di giocarsi il tutto per tutto. Invocarono dal Cielo il Re di tutti gli Antichi: Mefisto!»

A quel nome pronunciato dalla Nonna, con gola secca e stridula, la maggior parte dei bambini tremò e diede degli urli, i quali furono sommessi per la maggior parte dalle loro stesse mani che andarono a tappare le bocche, in un gesto istintivo di paura.

«Egli era il fratello maggiore di Gea. Quando venne a sapere che Loki si era invaghito di lei, Mefisto si sentì oltraggiato. Non poteva sopportare che qualcuno che considerava un essere inferiore stesse con sua sorella minore. Affrontò Loki e sebbene quest'ultimo combatté con grande coraggio, alla fine fu sconfitto. Il Re dei Celestiali dilaniò le carni del dio e le sparse per tutto il mondo per vendetta! Fatto ciò, incattivito da un'ira funesta che non aveva eguali, decise di farla pagare a tutti gli Dèi per il loro affronto. Dapprima congelò nei ghiacci eterni metà del mondo, poi scagliò una roccia enorme e infuocata che spostò tutto quello che può essere spostato e non. Riuscì quasi a sterminare tutti i nostri Creatori, eludendo anche il potere del Vaso. A quel punto, con le spalle al muro, gli ultimi Dèi rimasti decisero di sacrificare le loro vite, trasformando le loro anime in puro potere magico, al fine di rafforzare il Vaso. Grazie a quell'immane sacrificio, gli Antichi furono banditi, Mefisto compreso, ma il prezzo da pagare fu altissimo. Nel mondo non c'erano più Dèi e gli Uomini, così come la terra, erano stati privati di quasi tutta la loro Magia. Noi siamo i discendenti di ciò che restò di quel mondo e il nostro compito è di proteggere e coltivare quel pizzico di potere magico che è rimasto, perché fa parte della Natura e va preservato sempre. Gli Dèi ci crearono con il sangue in maniera non voluta, ma diedero la vita per salvare noi e tutte le creature. Questo per dirvi che, spesso, le cose migliori accadono per caso e ce ne si innamora senza neanche accorgersene... Finito, andate a magiare!»

La fine del racconto fu accolto dalle urla festanti dei bambini e dagli applausi di tutti gli ascoltatori adulti, Alastair compreso. Il cavaliere, sebbene praticasse il Culto degli Dèi, non sentiva una vera devozione, ma nutriva un profondo rispetto per quei miti, sebbene li considerasse quasi alla stregua di frottole, e per tutte quelle pratiche e quelle preghiere che avevano attraversato indenni i tempi. Si rendeva conto che il Culto teneva unito i popoli dei Sette Regni, infondeva forza e coraggio nei momenti bui e donava serenità nei momenti lieti. Era ciò che univa tutti, che aiutava a comprendersi gli uni con gli altri. Per questo era restio a cambiamenti di carattere religioso. Temeva che in qualche modo si potesse sfaldare la cultura di un popolo che nei secoli, nonostante le mille difficoltà, si era sempre distinto per una forza di volontà proverbiale.

«Piaciuta la storia?» chiese Elizabeth con il sorriso, liberando infine il braccio di Alastair dalla sua presa zuccherina.

«Impressionato! Mai sentito qualcuno unire il Mito della Creazione e il Mito della Grande Guerra con tanta maestria e raccontarlo in maniera così chiara e in così poco tempo. Stiamo parlando di secoli e secoli di testi!» rispose schietto il cavaliere, quasi come intontito da una simile esplosione di cultura espressa dalla Nonna.

Il cavaliere ed Elizabeth trascorsero il resto della serata in compagnia, parlando del più e del meno. Nemmeno quella volta Alastair riuscì a dichiararsi alla giovane, ma era stato davvero piacevole stare con lei in quella circostanza, ancora più del solito. Lo aveva aiutato e svuotare la mente per qualche ora, come una stanza linda e pulita dopo anni d'incuria. Gli venne quasi il magone quando dovette salutarla e una fitta alla testa lo trapassò: era come se tutti i ricordi funesti della giornata si fossero manifestati in un unico sentimento negativo nel momento esatto in cui il suo sguardo abbandonò quello di lei. Nonostante ciò, non poteva fare altrimenti. Il buio si era già impossessato da tempo del giorno ed era arrivata l'ora di rientrare. Dopo aver salutato tutti, Alastair e Carl si diressero verso la capitale.

«Cosa hai fatto per tutto il tempo? Sei sparito!» chiese incuriosito Alastair all'amico.

«Ho raccontato le magnifiche avventure di Sir Carl Meyer!» rispose con fierezza l'uomo.

«Prima di tutto non sei un cavaliere... Poi quali sarebbero queste magnifiche avventure di cui parli?» ironizzò Alastair.

«Prima di tutto sono deluso dal fatto che tu non abbia baciato nemmeno questa sera Elizabeth» chiarì subito l'amico. «In ogni caso, ti ricordi di quella volta che andai con una meretrice, poi scoprii che era un uomo? Ecco, quel tipo di avventure

«Carl!» lo rimproverò incredulo il cavaliere, portando entrambe le mani alla faccia, scuotendo il viso in segno di resa, mentre l'amico sghignazzava divertito. Ma una voce alle spalle, all'improvviso, scosse la loro conversazione.

«Sir Leslie, ha un minuto?»

Il cavaliere si voltò e non ebbe un attimo di esitazione nel riconoscere quella donna con una torcia in mano, dalla pelle chiara, la chioma lunga dipinta di un rosso più spento e qualche lieve ruga che donava maturità ma allo stesso tempo sensualità al suo volto. Era la madre di Elizabeth, Barbra, nonché capo del villaggio. La versione adulta della ragazza che amava.

«Certo, mi dica, Lady Foden. Posso esserle d'aiuto?»

Frattanto, Carl fece cenno all'amico che si sarebbe allontanato in modo da permettergli di parlare in riservatezza con la donna. Fu così che Alastair ebbe modo di avvicinarsi a Barbra.

«Sarò schietta, non mi piacciono i giri di parole. Sebbene lei sia un uomo di spada, percepisco la bontà del suo cuore e delle sue intenzioni nei confronti di mia figlia. Ma è altrettanto vero che, visto la posizione che occupa, non vorrei che Elizabeth diventasse vittima della sua continua indecisione.»

«Dove vuole arrivare!?» chiese il cavaliere infastidito, non nascondendo un lieve acuto nella sua domanda. Altre volte aveva avuto modo di parlare con lei e aveva sempre percepito una sorta di velo di freddezza nei suoi confronti e un po' se lo aspettava che prima o poi avrebbe dovuto affrontare un discorso serio con la donna: quello riguardante la relazione tra lui ed Elizabeth.

«Voglio che prenda una decisione» dichiarò in maniera autentica Barbra. «Non voglio che mia figlia resti delusa o che qualcuno le spezzi il cuore, non posso permetterlo da madre. Cavaliere, o rinuncia al suo ruolo e decide di stare con mia figlia, oppure accetta il suo destino e continua per la sua strada, la quale non prevede lo stare con Elizabeth. Certo, ci sarebbe la terza opzione, quella che prevede lei cavaliere e mia figlia al suo fianco, ma suppongo abbia già pensato a ciò che potrebbe pensare il popolo in quel caso del Primo Cavaliere che s'invaghisce di una fata. Ed è facile intuire che non può permettersi che le persone perdano la fiducia in uno dei loro simboli più importanti. Quindi si ponga questa domanda: "amo più Elizabeth o il mio popolo?"»

A quelle parole Alastair rimase fulminato. Sebbene il discorso fosse stato brutale come il morso di un randagio affetto da rabbia, il succo del discorso a conti fatti era quello. Né più, né meno. Chi amava di più lui? Sé stesso o il Regno? Il suo onore o suo cuore? A quelle domande doveva rispondere se la strada voleva trovare, la sua strada.

«Ci rifletta» concluse la donna, lasciando Alastair senza possibilità di replica, con gli occhi sbarrati, come spiritati. Barbra si voltò e l'uomo rimase all'ombra della sua fiaccola, la cui luce prodotta sembrava inghiottisse come famelica i raggi lunari, illuminando il pallido volto del cavaliere, corrugato dai pensieri. Rimase a fissare le spalle della donna allontanarsi, fino a quando non furono fagocitate dalla notte.

Spazio autore

Ecco, ora avete un'idea più chiara di chi siano i Fatati e soprattutto sapete chi è Elizabeth. Che ne pensate del comportamento di Alastair? Ritenete stia sbagliando o lo giustificate?

Inoltre, ritenete vera la leggenda raccontata dalla Nonna? Fosse vera, spiegherebbe il motivo per cui fino a questo momento di magia se ne sia vista davvero poca...

In via del tutto eccezionale, il prossimo episodio sarà pubblicato lunedì prossimo. La pubblicazione successiva avverrà invece di giovedì come sempre.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top