CAPITOLO 9
9
Lapo si trovava seduto sul sedile di un taxi diretto a Castel Malnome, la sede del C.I.I.
La mente piena di pensieri, rifletteva sul recente incontro con padre Amaury e sulle informazioni emerse durante la discussione con Roberto. Prima di lasciare il vaticano aveva deciso di trattenersi nello studio del Cardinale ancora per un po', desideroso di approfondire la questione del tatuaggio e di acquisire ulteriori conoscenze sull'ordine monastico di Santiago. Le notizie ricevute non erano affatto rassicuranti, e la conversazione con il Cardinale era ancora fresca nella sua mente.
Roberto si era seduto di nuovo dietro la scrivania, visibilmente sconvolto dall'idea che un membro dei Cavalieri stesse vagando indisturbato all'interno del Vaticano. Doveva ancora metabolizzare la notizia, ma tutto sembrava improvvisamente più chiaro, compresa la morte di Ettore Colonna.
«Cosa la preoccupa veramente?» chiese Lapo, scrutando il volto del Cardinale in cerca di una risposta sincera.
Roberto sembrava titubante, come se non fosse ancora pronto a condividere i suoi veri timori.
«Senta, perché non inizia parlandomi di questo ordine?»
Annuì, quindi alzò lo sguardo su di lui e cominciò. «L'Ordine di Santiago, o per meglio dire l'Ordine di San Giacomo di Compostela, è un antico ordine monastico-militare sorto nel XII secolo nel Regno di Leòn. Il suo nome trae origine dal santo patrono di Spagna, Giacomo il Maggiore, sotto la cui egida i cristiani iniziarono nel IX secolo a combattere i Musulmani nel loro territorio. La sua fondazione fu voluta dal re Ferdinando II di Leòn che incaricò un gruppo di cavalieri di formare l'ordine. Solo, in seguito, e sotto il regno di Alfonso VIII di Castiglia, esso ricevette l'approvazione religiosa tramite la bolla papale voluta da Alessandro III nel 1175.
La regola che avrebbe guidato i suoi membri venne però composta solo qualche anno più tardi dal Cardinale Alberto Morra, il futuro papa Gregorio VIII.»
Lapo annuì, cercando di comprendere la portata delle informazioni ricevute. «Finora non vedo nulla di particolarmente preoccupante», ammise con un'espressione interrogativa.
«Non ancora. Vede i cavalieri del nuovo ordine furono immediatamente coinvolti nella lotta contro i musulmani che invasero i loro territori. Negli anni successivi riuscirono a respingere gli infedeli dalla Spagna, guadagnandosi terre, castelli e privilegi come ricompensa per le loro importanti vittorie.
Durante il XV secolo l'ordine arrivò addirittura a possedere e gestire gran parte dei territori della Spagna accumulando immense ricchezze. Queste ultime, insieme alla loro enorme influenza, furono usate per sostenere le pretese della corona di Castiglia.
Ma le implicazioni non si limitarono a questo..
Il loro potere aumentava sempre di più e le terre che venivano loro donate dagli aristocratici e dai ricchi che aderivano all'ordine, fecero sì che esso si espandesse anche al di fuori della Spagna, nei territori limitrofi e persino in Italia. Tutta questa ricchezza però finì per trasformare profondamente l'organizzazione interna. Da semplice aggregazione di fedeli dediti a una causa comune, esso divenne una sorta di congrega di elitari e nobili.
Solo individui di alto lignaggio, discendenti da famiglie nobili e devoti cristiani, potevano essere ammessi nell'Ordine. Successivamente, fu introdotta una regola secondo cui nessun aspirante ai Cavalieri di Santiago poteva avere antenati di altra fede oltre al Cristianesimo. Era richiesto che tutti i membri fossero ferventi cattolici. Queste disposizioni escludevano coloro che erano stati accusati di simpatizzare con eresie o che avevano commesso atti contrari alla fede cattolica. Tali regole attirarono l'attenzione della Chiesa di Roma, che le apprezzò al punto da designare l'Ordine come suo braccio armato, collaborando con gli inquisitori nella lotta contro le eresie.»
«Come quella catara.»
«Esattamente. I Cavalieri erano abili guerrieri, cattolici ferventi fino quasi al fanatismo, erano ricchi e godevano dell'appoggio del Papa. Chi meglio di loro avrebbe potuto scovare, combattere e torturare gli innocenti nascosti nelle varie roccaforti della Francia e della Spagna?»
"Lo comprendo. Tuttavia, stiamo parlando di un'epoca molto diversa dalla nostra. Non credo che oggi esistano organizzazioni che perseguano gli stessi obiettivi. O mi sbaglio?»
«Nel senso letterale, no. È vero, oggi non sentiamo più parlare di eresie, ma ciò non significa che le guerre religiose siano scomparse. Anzi, sono ancora presenti. Inoltre, le immense ricchezze accumulate nel corso del tempo dai Cavalieri, tramandate di generazione in generazione, hanno garantito all'Ordine una certa stabilità finanziaria, consentendogli di affrontare senza grandi difficoltà i periodi di crisi economica che si sono susseguiti fino ad oggi.
Il fanatismo religioso, unito alla presenza elitaria, lo hanno reso molto ambito. I suoi membri così selezionati hanno avuto quindi la possibilità di infiltrarsi un po' ovunque, dal Vaticano, alle banche, ai governi.»
«In tutte le posizioni di potere, insomma. In effetti comincio a capire la sua preoccupazione.»
«Appunto. A mio avviso non c'è niente di peggio di un gruppo di estremisti religiosi che credono nella dinastia elitaria e che sono in possesso di enormi ricchezze e influenza politica.»
«Quindi è convinto che anche loro stiano cercando il segreto dei catari?»
«A questo punto sì. Se prima lo ipotizzavo, adesso ne ho la certezza. Già sapevo che avevano avuto un ruolo rilevante nella lotta all'eresia catara, e che avevano pure partecipato attivamente all'assedio di Montsègur. Probabilmente anche allora avevano cercato ciò che gli albigesi tenevano nascosto, ma senza successo. Adesso immagino che ci stiano riprovando, soprattutto alla luce del fatto che suo zio sembra aver individuato, per la prima volta, un indizio concreto.
E, mi creda, non si fermeranno di fronte a niente fino a quando non lo avranno trovato.»
«E immagino che non lo cerchino per amore della storia.»
«Purtroppo, no. Come le ho detto, non tutti sono animati da nobili ideali come Ettore. Se dovesse cadere nelle mani dell'Ordine, lo distruggerebbero senza perdere tempo. Esso rappresenta, forse, l'unico modo per scardinare il potere della Chiesa e, di conseguenza, anche il loro.
Ecco perché quando mi ha detto di aver visto quel simbolo tatuato sul polso di Amaury, ho temuto il peggio. Questo vuol dire che l'Ordine è sulle nostre tracce.
Ed è anche molto vicino...»
Si riscosse e guardò il diario che teneva fra le mani, riflettendo sul fatto che se i Cavalieri dell'Ordine si erano spinti fino ad uccidere un Vescovo all'interno del Vaticano, allora erano veramente disposti a tutto pur di mettere le mani sull'indizio che Ettore sembrava aver trovato. Il che significava però che anche lui era in serio pericolo. Agire da solo sarebbe stata una follia, per questo stava andando da Rosa.
Non era una missione ufficiale del C.I.I, ma era sicuro che lei lo avrebbe in qualche modo sostenuto.
***
Padre Amaury si trovava in una situazione estremamente delicata. La telefonata di Correa era arrivata nel momento meno opportuno, rischiando di compromettere tutti i suoi piani.
Per fortuna, la conversazione che stava ascoltando era giunta al termine e aveva raccolto tutte le informazioni necessarie.
Aveva temporaneamente sfruttato la sua immagine di prelato e la giustizia di Roberto de Nobili per girare la situazione a suo favore, ma era consapevole che presto avrebbe dovuto rendere conto dei suoi atti. Era solo questione di tempo prima che qualcuno venisse a interrogarlo. Non poteva più aspettare, doveva lasciare Roma immediatamente.
Così, aveva fatto le valigie e era partito quella stessa sera, dirigendosi verso l'aeroporto di Fiumicino con l'intenzione di prendere il primo volo per la Spagna. In poche ore sarebbe atterrato a Madrid, da dove avrebbe noleggiato un'auto per raggiungere il monastero di Uclés, nel cuore della provincia di Cuenca, il quartier generale dell'Ordine, dove lo attendeva il Gran Maestro in persona.
Quanto a Lapo Colonna, non era più una sua preoccupazione. Prima di partire, l'aveva sentito parlare al telefono. Non sapeva chi fosse l'interlocutore, ma non gli importava. Il suo compito era stato completato.
Correa aveva chiarito la situazione. Avrebbe incaricato qualcun altro di seguire gli sviluppi della vicenda. Le risorse non mancavano e la sua posizione era stata compromessa al punto da renderlo inutile almeno in Vaticano.
Guardò l'orologio.
Mancava poco all'ora di partenza per Madrid e si sentiva sereno, quasi euforico. Aveva compiuto un servizio importante per l'Ordine e ne era consapevole. Probabilmente sarebbe stato ricompensato in qualche modo. Non sapeva come, ma il fatto stesso che il Gran Maestro lo avesse richiesto a Uclés significava qualcosa di importante.
Sorrise soddisfatto. Qualunque cosa il futuro riservasse, sarebbe stata accolta con gratitudine. Forse, finalmente avrebbe ottenuto la tanto agognata nomina a Cavaliere, tanto agognata.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top