CAPITOLO 35

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Come Rosa aveva previsto, una volante della polizia giunse all'Hotel Grifone nelle prime ore del pomeriggio. Subito dopo arrivò anche il furgone di una troupe televisiva che, fiutata la notizia, non aveva voluto lasciarsi scappare l'occasione di intervistare, ancora prima della concorrenza, il principale sospettato dell'omicidio di Ettore Colonna.

Lapo era furioso con sé stesso, con de Nobili, con l'Ordine e perfino con suo zio.

Da una parte, per il casino in cui si era cacciato e dal quale sembrava non trovare il modo di uscire, dall'altra per essere stato raggirato più volte. Era incazzato per tutto ciò che aveva subito negli ultimi giorni e che continuava ancora a subire ed era arrabbiato per essere stato coinvolto in una storia che, minuto dopo minuto, rischiava di risucchiarlo come un vortice impazzito.

Ma nonostante tutto cercò lo stesso di stare al gioco.

Con malcelata voglia recitò dunque la parte concordata, a beneficio del pubblico.

Di fronte alle telecamere dichiarò la propria estraneità ai fatti, sostenendo come tutto fosse solo un'enorme montatura e che suo zio aveva richiesto il suo aiuto solo perché riteneva che fosse la persona più qualifica per un incarico speciale.

In quanto al contenuto del diario non rivelò niente. Gli studi di Ettore Colonna non erano oggetto di discussione. Al momento opportuno, fece intendere, avrebbe svelato ogni cosa. Sfoggiò il suo miglior sorriso concludendo che, a Roma, si sarebbe recato di sua spontanea volontà.

Non aveva niente da nascondere e visto che non era stato ancora emesso alcun mandato di arresto nei suoi confronti, non aveva alcuna intenzione di giungere in città come un delinquente qualunque.

Finito di parlare, salutò la troupe televisiva e montò in macchina. Aspettò che la vettura della polizia si mettesse davanti alla sua e quindi partì.

In quel momento ripensò a Sofia. Era uscita dall'Hotel appena un'ora prima e adesso, probabilmente, era sul punto d'imboccare l'autostrada A22 nei pressi di Verona. Da lì avrebbe proseguito verso Sud, attraversando mezza Italia fino a giungere in Puglia, a Castel del Monte dove lui l'avrebbe raggiunta se tutto fosse filato liscio.

Si fidi di me gli aveva detto Rosa.

Ci avrebbe provato.

***

Gli adepti dell'Ordine osservarono tutta l'intervista di Colonna dall'esterno dell'Hotel.

Quando lo videro salire sulla macchina e partire dietro la volante della polizia, si misero immediatamente in marcia. Avevano l'ordine di non perderlo d'occhio e questo stavano facendo, esattamente come il giorno precedente. Dopo aver infatti rintracciato l'agente italiano tramite il GPS della macchina, si erano recati a Sirmione, appostandosi nei pressi dell'Hotel Grifone, ma mantenendo sempre una debita distanza.

L'avevano pedinato in tutti i suoi spostamenti a cominciare da quando l'avevano notato uscire di notte insieme alla donna. L'avevano seguito fino a che non era entrato all'interno delle rovine della villa romana di Catullo, ma, fedeli agli ordini del Gran Maestro, non erano intervenuti.

Avevano lasciato che svolgesse le sue indagini e poi lo avevano seguito di nuovo fino all'Hotel. La telefonata successiva di Roberto de Nobili li aveva avvertiti della conferenza stampa che si sarebbe tenuta l'indomani mattina e del fatto che la polizia, in giornata, sarebbe arrivata per far in modo che fosse scortato fino a Roma.

Detto fatto.

E adesso si trovavano sulla statale E70 in direzione Verona, ancora una volta dietro alla sua macchina, in attesa di nuove istruzioni. In ogni caso, qualunque cosa fosse successa, non avrebbero dovuto mai perderlo di vista.

Proseguendo lungo la strada, s'immisero nell'A22 in direzione Bologna, da dove poi avrebbe preso la A1 per giungere a Roma.

***

Rosa Santoro e Daniel Fenway atterrarono a Fiumicino intorno alle due e mezza di pomeriggio.

Usciti dall'aeroporto, presero due macchine a noleggio e si recarono direttamente al Ponte del Papa, l'Hotel che avevano prenotato per quella sera. Situato in via Aurelia, distava solo quindici minuti a piedi da piazza Santa Marta, il luogo dove si trovava il Tribunale di Stato del Vaticano.

Rosa aveva approfittato del viaggio per prepararsi al meglio all'incontro, documentandosi soprattutto sulle procedure della magistratura vaticana. E proprio durante quegli approfondimenti era stata colpita da un particolare, una frase che aveva catturato fin da subito la sua attenzione, un punto cruciale che non vedeva l'ora di chiarire.

Secondo i patti Lateranensi del 1929, se un crimine veniva perpetrato in Vaticano, ma il presunto colpevole scappava in Italia, la giustizia italiana subentrava a quella della Chiesa.

Esattamente ciò che era successo a Lapo.

Ma allora perché erano stati convocati dal Tribunale Vaticano?

Non lo sapeva, ma molto presto lo avrebbe scoperto. L'appuntamento con il Promotore di Giustizia era stato fissato per quel pomeriggio alle quattro.

Ovvero fra un paio d'ore.

Avevano tutto il tempo di lasciare le valigie in Hotel e rivedere il piano che avrebbe permesso a Lapo di fuggire. Fenway all'inizio si era rifiutato, ma Rosa lo aveva ricattato tirando fuori una vecchia vicenda che lo riguardava e che aveva scoperto indagando sui suoi file secretati diversi mesi prima.

Aveva sempre ritenuto che avere un vantaggio su amici e nemici potesse in ogni caso tornarle utile e aveva avuto ragione.

Non le era piaciuto farlo, ma quella era una situazione che di normale aveva ben poco. La stessa commissione d'inchiesta avrebbe dovuto attendere.

Guardò il display del telefono per controllare il segnale GPS della macchina di Lapo. Secondo le coordinate era appena partito da Sirmione il che voleva dire che, traffico permettendo, sarebbe arrivato al punto stabilito all'incirca verso le otto di sera.

Prima di partire Rosa aveva studiato anche nel dettaglio la mappa di Roma e delle zone circostanti per farsi un'idea precisa del percorso che Lapo e la polizia avrebbero fatto per arrivare in Vaticano. Visualizzando le strade tramite Google Maps aveva potuto così identificare quello che riteneva essere il luogo ideale per ciò che aveva in mente: l'incrocio fra Via Salaria e Via Po'.

Un punto abbastanza vicino alla città da non destare sospetti, situato al centro di un'intricata rete di strade in una zona di solito molto trafficata. E, cosa da non sottovalutare, con diverse vie di fuga possibili.

Se tutto fosse andato secondo i piani, Isabel si sarebbe dovuta far trovare in quel punto nel momento in cui lei metteva in atto il suo piano, pronta a prendere Lapo con sé.

Il tempismo era tutto.

Un minimo errore e tutto sarebbe saltato. Non avrebbero avuto una seconda possibilità.

Per questo, subito dopo la riunione al Tribunale, aveva deciso di recarsi, insieme a Daniel, all'angolo delle due strade identificate sulla mappa, per valutare dal vivo la scelta fatta, verificare che non ci fossero ostacoli di sorta e, non per ultimo, lasciare una delle due macchine direttamente sul posto.

Era questo il motivo per cui ne avevano noleggiate due invece di una. Serviva una via di fuga anche per lei.

Sulla carta tutto appariva semplice, ma ci potevano essere una miriade di elementi che rischiavano di mandare a puttane l'intero piano.

I margini di errore erano molti e le variabili altrettanto, ma in ballo c'era molto di più di una semplice caccia all'uomo.

Lapo doveva fuggire, non c'era altra soluzione.

Il rischio, dopotutto, valeva la candela.

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