CAPITOLO 3

Padre Armand Amaury vide il monsignore entrare nello studio privato del cardinale.

Perplesso, rimase nascosto lungo il corridoio.

Cosa sarà andato a fare a quest'ora nella stanza dell'archivista? si domandò dando un rapido sguardo all'orologio.

Segnava quasi mezzanotte.

S'impose di stare calmo, ma in realtà si sentiva frustrato.

Erano mesi che teneva sotto controllo il vescovo Colonna monitorando i suoi spostamenti e le persone che incontrava, eppure non aveva ancora trovato conferma alle ipotesi di Rodrigo Fernandez Correa.

È vero, lo aveva visto quasi ogni sera recarsi all'interno della Biblioteca Apostolica per poi uscirne a tarda notte, ma dai registri non era risalito a niente in particolare, a parte il fatto che pareva trascorrere il tempo nella lettura di molteplici trattati storici sulla storia delle religioni.

Nulla di strano trattandosi del Prefetto.

Ma Correa voleva risultati e lui, per il momento, non ne aveva. Non era in possesso di un bel niente, a dire il vero, solo ipotesi e supposizioni.

Troppo poco.

Un rumore lo riscosse. Vide la porta aprirsi e Colonna uscire. Erano passati appena dieci minuti.

Attese ancora qualche istante, poi si mise dietro il vescovo, muovendosi silenzioso a ridosso della parete, nelle zone d'ombra.

Continuò a seguirlo fino a quando non lo vide entrare nel suo studio. Stava per desistere ancora una volta quando notò che la porta era stata lasciata socchiusa.

Che se ne fosse dimenticato?

In preda a una forte emozione si rese conto che, forse, quella poteva essere l'occasione per scoprire qualcosa di più sulle sue ricerche.

Da quando Rodrigo Correa aveva scoperto che possibili indizi sull'occultamento del «tesoro dei catari» potevano nascondersi all'interno di documenti conservati nella Biblioteca Apostolica, lui era stato coinvolto in prima persona divenendo da un giorno all'altro una pedina essenziale per l'Ordine.

E non avrebbe deluso il Maestro.

Si accostò il più possibile alla porta dalla cui fessura filtrava una debole luce, indeciso ancora su cosa fare.

Poi udì il suono inconfondibile dell'avvio di Windows e poco dopo quello ritmico, delle dita sulla tastiera.

Veloce. Continuo.

Il vescovo stava scrivendo, era chiaro, e se aveva addirittura sentito il bisogno di farlo a quell'ora, di qualunque cosa si trattasse doveva essere molto importante.

Doveva scoprire di che si trattava.

Stava ancora ragionando, quando gli parve di percepire come un leggero odore di bruciato. Si fece più attento. Azzardò anche a sbirciare dalla fessura e quello che vide non gli piacque per niente.

Nonostante la visuale non perfetta, il leggero fumo grigiastro che si stava alzando dalla scrivania non lasciava adito a dubbi.

Sta bruciando qualcosa ...

Un campanello di allarme si accese nella sua testa.

Troppe cose fuori dell'ordinario stavano accadendo quella sera e lui non avrebbe avuto occasione migliore.

Decise di rischiare.

Con la punta del piede spalancò la porta e fece irruzione nello studio del Prefetto.

***

Ettore Colonna aveva appena finito di scrivere. Con la schiena appoggiata alla sedia, ripensò un attimo alle parole che De Nobili gli aveva detto poco prima che lui lasciasse lo studio, non senza una certa inquietudine addosso.

«Promettimi che starai attento Ettore. La ricerca che stai portando avanti è insidiosa e irta di pericoli. In molti stanno cercando ciò che i catari hanno sapientemente nascosto nel corso dei secoli, ma non tutti lo fanno per i tuoi stessi nobili scopi, o ideali. Non sarebbe forse meglio che tu lasciassi le cose come stanno?»

«No, Roberto, non posso. Non adesso. La Chiesa ha bisogno di un cambiamento radicale, di qualcosa che la scuota dalle fondamenta e lo tu lo sai bene. Ne abbiamo discusso molte volte. Se non ci sarà, rischiamo tutti l'oblio.»

«Quindi per te il gioco vale la candela?»

«Oh, assolutamente.»

«Va bene, mi fido del tuo giudizio. Però agisci con cautela, te lo chiedo da amico. Girano voci che qualcuno stia spiando le nostre mosse.»

«Tu sai di chi si tratta?»

«No, altrimenti te lo avrei già detto. Ma se tu dovessi trovare ciò che cerchi apriresti il vaso di pandora della cristianità. Sei pronto ad affrontare tutto questo?»

«È ciò che voglio. Sta' tranquillo, nessuno sa che sto ricercando proprio queste informazioni. Sono uno storico, dopotutto, e per di più il Prefetto della Biblioteca. È più che naturale che passi molto tempo sui libri.»

«Spero che tu abbia ragione. In ogni caso guardati le spalle e sii prudente. All'interno del Vaticano ci sono troppe serpi arriviste che farebbero di tutto pur di non perdere i loro privilegi.»

«Questo è vero. Facciamo così allora. Fino a quando non saremo sicuri di ciò che mi stai dicendo, ti affido il mio diario. Qua dentro ho riscostruito tutte le ricerche effettuate negli ultimi mesi. Conservalo al sicuro e non farne parola con nessuno. Mi fido di te come di me stesso.»

«È una grande responsabilità, Ettore.»

«Lo so, ma tu sei l'unico a cui posso affidarlo. Abbine cura, per me.»

«Lo farò.»

Un ombra improvvisa lo distolse dai propri pensieri.

Scattò in piedi spaventato dalla figura apparsa come un fantasma nel cono di luce della lampada. «Padre Amaury!» esclamò non appena lo riconobbe. «Cosa sta facendo nel mio studio?»

«Mi scusi monsignore» gli rispose Armand con voce melliflua chinando il capo e al tempo stesso entrando sempre di più all'interno. «E' solo che mi sono preoccupato. Stavo camminando nel corridoio perché non riuscivo a dormire quando ho avvertito un leggero odore di bruciato provenire dal vostro studio. Così ho pensato di venire a controllare. Non volevo disturbarla, né spaventarla.»

Si avvicinò piano alla scrivania.

«Va tutto bene, grazie» mugugnò il Prefetto poco convinto di quella spiegazione, il cuore che sobbalzava nel petto. «Adesso può andare» aggiunse poi liquidandolo con la mano.

«Che cosa ha bruciato, se posso chiedere?» gli domandò invece lui cambiando argomento. I suoi occhi avevano puntato il cestino a fianco della scrivania dove erano ben visibili alcuni frammenti carbonizzati.

«Non credo che siano affari suoi Armand. Devo ripeterle di tornare nelle sue stanze. Adesso!»

Amaury finse di non ascoltarlo e si fece ancora più vicino al computer.

«Che sta facendo?» Colonna alzò la voce rosso in volto frapponendosi fra il prete e lo schermo del computer. «Non mi ha sentito, forse?»

«Cosa ha trovato nell'archivio?» insistette Armand fissandolo negli occhi.

«Se ne vada o sarò costretto a chiamare le guardie. Non lo ripeterò un'altra volta!» La sua voce si fece imperiosa.

«Mi faccia dare un'occhiata» e così dicendo gli dette una spinta per allontanarlo dalla scrivania.

Colonna perse l'equilibrio e rovinò a terra.

***

Armand era deciso a giocarsi il tutto per tutto. Sapeva comunque di avere il sostegno dell'Ordine, non si fece attendere.

«Mi dispiace reverendo» disse con aria di sfida «ma devo vedere quello che ha scritto.»

Si avvicinò allo schermo del computer, ma in quel momento il vescovo si rialzò in piedi, furibondo.

«Ha superato ogni limite, Amaury!» sibilò il volto paonazzo. «Adesso lei verrà con me» intimò con voce ferma poggiando entrambe le mani sul suo braccio per allontanarlo dallo schermo.

Ma Armand non aveva nessuna intenzione di cedere. Non adesso almeno.

Afferrò il vescovo con forza, lo spinse e lo strattonò con determinazione, spingendolo violentemente contro la parete a fianco della scrivania.

Tutto accadde in un istante.

Colonna cadde all'indietro agitando le braccia come per cercare un appiglio, poi finì a terra battendo la testa sullo spigolo del termosifone.

Si udì un suono sordo seguito da un gemito.

Amaury rimase immobile, lo sguardo fisso sul corpo inerte in una posa scomposta.

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