CAPITOLO 26

Londra

26

«Ho trovato qualcosa!» esclamò Sofia. «Qua, dove Ettore parla della chiesa di Santa Maria Maddalena.»

Rosa distolse un attimo gli occhi dal computer su cui stava prendendo appunti e ascolto Sofia leggere.

Dal diario di Ettore Colonna

«Stavo approfondendo la storia di Desenzano, intenzionato a scoprire di più su quella cittadina, quando ho notato alcune notizie che hanno stuzzicato la mia curiosità. Stavo leggendo a proposito del duomo (una bellissima chiesa dedicata alla Maddalena e che oggi si trova in via Roma) quando mi sono imbattuto in un testo che citava due particolari interessanti.

Il primo riguardava la sua costruzione, che, a quanto sembra, è stata realizzata partendo dai resti di una chiesa molto più antica e sempre dedicata alla Santa. Mi sono chiesto antica quanto, ma pare che non si trovino altre notizie in merito.

Potrebbe essere un fatto determinante? Forse, ma non ho trovato altri riferimenti.

Il secondo invece, riguardava la piccola chiesetta in mattoni che ancora oggi si trova a fianco del Duomo. È chiamata «Chiesa dei Morti» e, secondo molte leggende popolari della zona sembra essere stata il luogo in cui sono stati sepolti alcuni catari. Considerando che il suolo su cui poggia è quello di un antico cimitero, la cosa non mi ha stupito più di tanto, se non che, proprio in quella Chiesa, ho scoperto aver predicato uno dei massimi teologi della dottrina albigese proprio intorno nella metà del 1200.

Ancora coincidenze? Dovevo saperne di più. Sentivo di essere sulla strada giusta.

Ho cercato quindi negli annali e ho scoperto che il Vescovo di Desenzano, negli anni dal 1250 al 1260, fu Giovanni da Lugio, un uomo di grande spessore religioso considerato addirittura il capo della fazione più innovatrice degli Albanenses e autore, tra l'altro, del Liber de duobus principiis, uno dei capisaldi della dottrina catara.

Ecco allora il collegamento! E se partiamo dall'ipotesi che Desenzano potrebbe essere stata una destinazione papabile, la domanda che a questo punto mi sono posto è stata la seguente: il Vescovo Giovanni potrebbe essere entrato in contatto con i fuggiaschi di Montségur? E ancora. Potrebbe quella chiesetta racchiudere in sé qualche indizio utile?

Io credo di sì, ma le mie ricerche, ancora una volta, non hanno avuto ulteriori sbocchi ...»

«Le date sembrerebbero coincidere» commentò Sofia ragionando ad alta voce. «Segua un attimo il filo del mio ragionamento. Da una parte abbiamo la data del 1244 che vede la caduta di Montségur e la fuga dei perfetti, dall'altra un vescovo cataro di notevole rilevanza che fra il 1250 e il 1260 predica, guarda caso, proprio nelle comunità albigesi del Garda.»

«Vada avanti.»

«È vero che noi non abbiamo idea di quanto potrebbe essere durato il viaggio dalla Francia all'Italia, né se ci sono state tappe intermedie, ma mi sentirei di affermare che sei anni sono un tempo più che ragionevole per permettere a chiunque di ambientarsi in una località nuova, confondendosi con la popolazione locale.»

«E così arriviamo al 1250 e alla presenza di Giovanni da Lugio, a Desenzano.»

«Proprio così.»

«Sta forse ipotizzando che in quel periodo potrebbero esserci stati dei legami fra le comunità, coadiuvate dalla presenza del Vescovo?»

«Perché no. Sarebbe stato più che naturale.»

Rosa concordava con quella tesi. Era molto più che probabile e, vista da quell'ottica, la chiesetta di Desenzano assumeva un'aria del tutto accattivante.

«Ma non è tutto. Senta qua, dove si parla di Sirmione.»

Dal diario di Ettore Colonna

«Molte fonti storiche attestano che la cittadina di Sirmione, nella metà del 1200, fu, senza ombra di dubbio, l'estremo rifugio di tutti i catari perseguitati, senza distinzioni liturgiche e dottrinali. Al suo interno trovò pure sede la gerarchia ecclesiastica albigese in esilio e sempre lì continuò le sue predicazioni il vescovo di Tolosa, Bernardo Oliva.

E non avrebbe potuto essere altrimenti. La presenza dell'immensa fortezza all'ingresso della penisola garantiva un certo grado di sicurezza, impedendo l'accesso a chi non era gradito. Inoltre, contribuiva a creare una sorta di ambiente chiuso, ristretto, circondato dalle acque del lago, in cui le comunità catare potevano risiedere senza grossi rischi confondendosi fra i pescatori locali. Ho sempre trovato interessante questa penisola, anche dal punto di vista geografico.

Valeva la pena approfondire la sua storia. A volte le intuizioni valgono più di mille pagine. E infatti, indagando un po' più a fondo in alcuni volumi rari, mi sono imbattuto in una serie di testimonianze che documentano un fatto di estrema rilevanza. Ancora prima della caduta di Montségur, pare che due messaggeri, Raimond de Niort nell'ottobre del 1243 e Joan Rey nel gennaio del 1244, abbiano recato alla comunità assediata, ovviamente in maniera clandestina, misteriosi dispacci e missive provenienti dall'Italia e da un luogo in particolare, Cremona (città questa che sarà poi la meta del vescovo di Tolosa prima di Sirmione).

Anche in questo caso coincidenza? Non lo so, ma il fatto è che cominciano a essere un po' troppe per parlare solo di casualità. Purtroppo, però, non ho trovato niente riguardo al contenuto delle missive in questione.

Ma c'è di più, anche in questo caso. Ho scovato infatti un'altra serie di fonti che testimoniano tutte la medesima cosa: gran parte delle comunità catare provenienti dalla Francia avevano trovato rifugio fra le rovine della villa romana di Catullo. A centinaia se diamo retta alle testimonianze.

Perché? La risposta credo che sia abbastanza semplice. I resti della villa, sparpagliati su un'area di circa due ettari, sono situati nella parte finale della penisola, circondati dal mare.

Quale luogo migliore quindi per trovare rifugio? Solitario, con molte vie di fuga, nascosto agli occhi dei visitatori e soprattutto ben protetto dalla presenza del borgo interno e dalla fortezza scaligera.

Che fosse allora anche il luogo dove occultare qualcosa che non doveva essere trovato?

Le mie tracce finiscono qui ...»

«Cosa sappiamo della villa di Catullo?» chiese Rosa sempre più coinvolta da quella strana storia. «Intendo delle sue vicissitudini, dei suoi resti attuali, delle zone visitabili.»

«In questo caso molte cose, a cominciare dal nome. Catullo non è riferito al proprietario della villa. È curioso, ma esso deriva dai versi dell'omonimo poeta latino di origini veronesi che elogiò la bellezza di Sirmione intorno al 50 a.C.»

«E questo potrebbe esserci utile?»

«Non lo so, era solo una curiosità.»

«Altro? Qualcosa di più specifico?»

«Se intende ciò che riguarda la sua struttura forse è meglio se cerco informazioni su Wikipedia, così le posso anche mostrare la sua ricostruzione e metterla a confronto con le rovine attuali. Immagini alla mano possiamo avere un'idea migliore di ciò che ci aspetta.»

Sofia prese il telefono e cercò le relative informazioni su Google. I risultati furono, ovviamente, una valanga di siti web. Cliccò sul tab delle immagini e le scorse una ad una per cercare quelle migliori. Alla fine, ne selezionò solo un paio, quelle che riteneva fossero sufficientemente esplicative. Le scaricò nella memoria dello smartphone e le unì insieme in una sorta di collage, in modo che si potesse valutare la disposizione attuale delle rovine rispetto alla struttura reale della ricostruzione della villa.

«Mi dia ancora qualche minuto. Ecco. Non sarà un capolavoro, ma almeno abbiamo una visione d'insieme.»

Sofia ingrandì l'immagine e la mise a tutto schermo.

«Come può vedere dalla prima immagine la forma è chiaramente rettangolare» spiegò indicando la figura in bianco in nero a sinistra «con due lunghi porticati, uno a ovest e l'altro a est. Un tempo l'intera villa si sviluppava su tre piani con l'ingresso situato a sud, verso la terraferma.»

«Non ne rimane poi molto» osservò Rosa.

«Già. Le parti meglio conservate, se così si può dire, sono la terrazza panoramica dalla parte opposta all'ingresso e la zona termale. Anche dei piani superiori dove si trovava, con ogni probabilità, la zona residenziale, rimane ben poco.»

«Dalla fotografia mi sembra d'intravedere una sorta di accesso alla parte interna.»

«No, quella è solo la zona intermedia sotto la terrazza ricavata allo stesso livello dei lati più lunghi, ciò che rimane dei loggiati e delle terrazze scoperte.»

«E che mi dice del centro? Cosa si trovava in quel grande spazio pieno di vegetazione?»

«I giardini, come nelle tipiche ville patrizie romane. In questo caso, circondati sui lati da un grande porticato si trovavano anche vialetti con alberi e aiuole.»

«Prima ha detto che tutta la villa era costruita su più livelli, giusto?»

Sofia annuì.

«Cosa c'era in quelli più in basso?»

«Depositi e ambienti di servizio per lo più. Oltre alle cisterne per la raccolta dell'acqua e ai magazzini per la conservazione del cibo.»

«Mm, no non mi pare probabile.»

«Cosa?»

«Stavo cercando di immaginare un luogo dove potrebbe essere stato nascosto un eventuale indizio. Ma i piani inferiori mi sembrano poco papabili.»

«Sono d'accordo. In caso di cedimento della struttura sarebbero stati i primi a essere distrutti, senza contare l'umidità proveniente dal mare. No, se mai dovessimo cercare un punto, mi sentirei di dire piuttosto le terme o la parte residenziale. Magari addirittura tutta la zona della terrazza panoramica, quella più lontana dall'ingresso principale e con la maggiore via di fuga.»

Rosa annuì. «Concordo. Il problema è che senza un indizio concreto non arriveremo mai a niente. L'area da visitare è troppo ampia. Non c'è nient'altro nel diario di Ettore?»

«No, ho scorso tutto riguardo alle città intorno al lago.»

«Allora non ci resta che una cosa da fare.»

«Desenzano.»

Rosa annuì. «Voleva un po' d'azione, no? Bene, vada laggiù allora. Forse in quella chiesetta troverà ciò che ci serve.»

«Tra l'altro» aggiunse Sofia annuendo «mentre leggevo ho cercato in qualche modo d'immedesimarmi in uno dei perfetti che viveva nascosto nella penisola cercando di rispondere a una semplice domanda. Cosa avrei fatto io nella medesima situazione?»

«E cosa si è risposta?»

«Ipotizziamo che io sia fuggito dalla Francia nel 1244 e che abbia trovato rifugio a Sirmione all'incirca sei anni dopo. Qua scopro che molti esuli come me hanno trovato alloggio fra le rovine di un'antica villa romana. Esploro il luogo e mi rendo conto che è l'ideale per nascondere ciò che ho portato via da Montsègur. E così agisco. Poi però vengo a sapere che a Desenzano, piccola cittadina a pochi chilometri di distanza, esiste un'altra comunità catara guidata dal Vescovo Giovanni da Lugio. Mi pare ovvio che tenti di instaurare dei rapporti. Quando poi la situazione si fa critica da un punto di vista politico, non sapendo che fine faranno le comunità eretiche in cui mi nascondo, decido di lasciare nella chiesetta dei morti un indizio per far sì che un giorno possa venir individuato il nascondiglio all'interno della villa di Catullo.

Ma la situazione precipita. Il Papa emana una nuova scomunica e dichiara guerra alle terre veronesi. È la fine. Il segreto nascosto deve essere spostato e portato in salvo per cui decido di agire in fretta lasciando probabilmente un altro messaggio fra le rovine romane per indicare la nuova via. Le pare una ricostruzione attendibile?»

«Direi di sì, il che però ci riporta al punto di partenza.»

«Desenzano» mormorò Sofia alzandosi e spostandosi verso una grande finestra che dava sul fiume.

«Sta pensando a lui vero?» le domandò Rosa pur conoscendo già la risposta.

Sofia fece un leggero cenno con la testa.

«Se la caverà, lo ha sempre fatto. Deve avere fiducia.» 

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