CAPITOLO 22

22

Il centro della stanza venne improvvisamente illuminato a giorno. Lapo socchiuse gli occhi, abbagliato da quell'intensa luce che proveniva da un enorme lampada a led proprio sopra la sua testa.

«Molto bene, vedo che il suo corpo sta iniziando di nuovo a reagire agli stimoli.»

Lui represse una smorfia, poi tentò di riaprire gli occhi. Voleva vedere in volto il responsabile di tutto ciò. Piano piano si riabituò alla luce. Alzò quindi lo sguardo. L'uomo era a qualche metro di distanza da lui e lo stava osservando come si osserva una bestia da macello.

Era vestito con una lunga tunica bianca in cui spiccava, all'altezza del cuore, una croce rossa simile a una spada. I capelli, castano chiaro e leggermente mossi, scendevano lunghi fino alle spalle mentre una barba incolta incorniciava un viso duro e spigoloso.

Lapo represse una smorfia. Adesso ricordava.

«I Cavalieri di Santiago» mormorò piano quasi parlasse più con sé stesso.

«Noto con piacere che le è tornata la memoria, signor Colonna» puntualizzò Correa con voce cavernosa. «Mi dica, come si sente?»

Nessuna risposta.

«Va bene, niente convenevoli, sono d'accordo. Veniamo al punto. Cosa c'era scritto nel diario di suo zio?»

Lui lo fissò in volto. «Dove mi trovo?» domandò come se non avesse udito ciò che gli era stato appena chiesto.

«Cosa è andato a cercare a Montsègur?»

«Con me c'era una donna. Cosa le avete fatto?»

«Signor Colonna» proseguì Correa cercando di mantenere la calma «se lei continua a rispondere alle mie domande con altre domande, non arriveremo mai al punto e lei perirà per effetto del veleno. Non sarebbe meglio collaborare?»

«A che fine. Tanto morirò lo stesso, quindi, che differenza fa?»

«È ciò che pensa davvero? Se è così, mi ha giudicato davvero molto male» si mosse avvicinandosi a lui con un sorriso sulle labbra che non lasciava trapelare niente di confortante. «Lasci che le racconti una storia. Cosa sa degli strumenti inquisitori?»

Lapo non aprì bocca.

«Glielo dico io. Erano decisamente diabolici e non lasciavano quasi mai scampo. Non augurerei nemmeno al mio peggior nemico di sottostare a simili marchingegni.»

«E da cosa le deriva tutta questa magnanimità? Perché non mi pare di essere in una posizione, come dire, confortevole.»

«Questo è vero. Ma lo è altrettanto il fatto che, se avessi voluto torturarla come si conviene, mi creda, avrei avuto solo l'imbarazzo della scelta. Lei non ha idea di cosa conserviamo in queste stanze, non può nemmeno lontanamente immaginarlo. Si tratta degli strumenti più atroci che mente umana abbia mai concepito, studiati per provocare dolore e costringere le persone a confessare ciò che la chiesa voleva sentirsi dire. La stessa sedia su cui lei è seduto adesso era proprio uno di quelli.»

Fece una pausa. «Ma» riprese «per sua fortuna, noi non siamo così barbari come lo erano i nostri antenati. Se così non fosse, non avremmo per esempio eliminato tutti i chiodi di ferro dallo schienale e dalla seduta, e lei a quest'ora starebbe urlando dal dolore.»

Correa avvicinò il volto a quello di Lapo, a pochi centimetri. «Come vede non vogliamo che lei soffra. Solo che ci dica ciò di cui abbiamo bisogno. Faccia questo e riceverà l'antidoto.»

Si allontanò.

Lapo stette qualche secondo in silenzio. Era disgustato. «Lei pensa davvero» disse poi cercando di far trapelare tutto il suo disprezzo «che io possa credere a tutte queste stronzate? Voglio dire, è davvero convinto delle sue parole? E poi, perché dovrei fidarmi di lei? Mi ha rapito, avvelenato e adesso mi sta tenendo prigioniero. Dovrei essere davvero uno stupido se lo facessi.»

Correa si allontanò con una smorfia sul viso. Forse era arrivato il momento di usare le maniere forti.

«Bene, se questa è la sua posizione non mi lascia altra scelta. Lo avrei evitato volentieri, mi creda.»

«Lascia stare Rodrigo, almeno per il momento.»

Lapo ebbe un sussulto. Quella voce. Dove l'ho già sentita. Poi si ricordò e la rabbia prese il sopravvento.

«Il nostro ospite ha tutte le ragioni a non fidarsi di noi» Roberto de Nobili uscì dalla semioscurità della stanza e si avvicinò a Lapo con un gran sorriso. «È un piacere rivederla Colonna e soprattutto constatare che ha seguito alla lettera il mio prezioso consiglio.»

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