CAPITOLO 18

18

Lapo diede una rapida occhiata all'orologio. Era già passata un'ora da quando erano entrati nella fortezza e si trovavano ancora dalla parte opposta alla torre quadrata.

«Dobbiamo trovare un modo per allontanarci» sussurrò a Sofia «stiamo solo perdendo tempo.»

«Aspetta» fece lei «guarda. Danielle si sta muovendo verso la torre. Quella coppia di anziani deve aver finito di fare domande.»

«Era ora. Dai andiamo.»

Pochi minuti dopo l'intero gruppo seguì la guida fuori dallo spiazzo interno e si immise sul sentiero sterrato che correva parallelo alle mura. Per poter arrivare nel punto da cui partiva la struttura di legno che conduceva all'interno della torre avrebbero dovuto aggirare tutto il perimetro della fortezza dalla parte che dava sulla parete da cui erano saliti. Dieci minuti dopo si ritrovarono alla base della scalinata. Procedendo in fila indiana a causa del poco spazio, e per rispettare le misure di sicurezza, s'immisero sulle scale e raggiunsero, uno alla volta, l'interno della torre.

«Tutto qui?» domandò Lapo non appena si trovò in quello spazio angusto.

«Le torri non dovevano essere dei luoghi di ritrovo» gli fece notare lei con una punta di sarcasmo, «ma punti di osservazione e difesa. Non era necessario che fossero un campo d'armi.»

«Fin qui ci era arrivato anche io, ma queste sono veramente strette. Siamo sicuri che sia il posto giusto?» Volse lo sguardo intorno soffermandosi sulle ripide pareti che s'innalzavano di fronte all'interno delle quali spiccavano una serie di feritoie.

Sopra, l'azzurro del cielo.

«Non vedo il camminamento» osservò guardando verso l'alto.

«Un tempo doveva essere lassù» gli rispose lei indicando lo spazio aperto sopra le loro teste, «ma a quanto pare è crollato insieme alle pietre che racchiudevano la torre. Ricordi l'immagine nel diario di tuo zio?»

«Lo chiedevo proprio per quello.»

La guida intanto stava raccontando la storia di quella costruzione.

«La vedi quell'apertura laggiù?» domandò a un tratto Lapo indicandola con la mano.

Sofia girò la testa seguendone la direzione «Sì, certo.»

«Cosa potrebbe essere secondo te?»

«Non lo so. Fammi dare un'occhiata. Aspettami qua.»

Si staccò dal gruppo e si avvicinò quel tanto che bastava per gettare lo sguardo all'interno, poi tornò accanto a Lapo. «È un'entrata. Non sono un'esperta, ma direi che era il punto da cui partiva il condotto che doveva portare, tramite una ripida scala intagliata nella pietra, sul camminamento esterno. Ho notato dei gradini ancora visibili subito dopo l'ingresso.»

«Pensi che sia il caso di andare a controllare più da vicino?»

«Tentare non costa nulla considerando che fu proprio da questa torre che si calarono i quattro perfetti la sera del 15 marzo del 1244.»

«Allora credo che sia il posto giusto. Da dove cominciamo? Non possiamo certo verificare ogni pietra fino alla sommità.»

«Intanto mi sentirei di escludere la zona più alta, quella a ridosso del camminamento. Chiunque abbia inciso quel segno doveva sapere che è la parte più delicata della struttura. Se qualcosa esiste, allora deve trovarsi in un luogo facilmente individuabile, ma al tempo stesso che avrebbe resistito il più a lungo possibile allo scorrere del tempo.»

«Stai dicendo che potremmo trovarlo in una delle pietre alla base della struttura?»

«Non sono un architetto, ma credo che avrei agito in quel modo se avessi dovuto scegliere un punto.»

«Va bene, facciamo a modo tuo.»

Mentre Danielle continuava a parlare e i turisti erano intenti a scattare fotografie e a fare domande, Lapo e Sofia si mossero lungo il perimetro delle quattro mura. Alcune pietre erano quasi del tutto coperte dall'erba, ma, nonostante ciò, non trovarono particolare difficoltà nel verificare la presenza di incisioni. Quindici minuti dopo si riunirono al centro dello spiazzo senza aver individuato un bel niente.

«Un buco nell'acqua» fece Lapo frustrato. «Qui non c'è nulla.»

«Non capisco, ero convinta del contrario.»

«Signori, la visita sta per finire» annunciò Danielle dopo aver esaurito gli argomenti. «Vi lascio ancora un po' di tempo per curiosare in giro, se ne avete voglia. Fate pure tutte le foto che desiderate, ma cercate di essere all'ingresso della fortezza al massimo fra una ventina di minuti.»

«Non ci rimane molto» fece Lapo. «Qualche altra idea?»

«Una. Mentre controllavo le pietre ho ripensato alle parole che Ettore ha trascritto nel diario e cercato di immaginare cosa volessero realmente dire. E, forse, ho trovato un altro luogo in cui potremmo guardare.»

Lui la squadrò con aria interrogativa. «Non ti seguo. Mi sembravano già abbastanza chiare, no?»

«A Montsègur, un segno, mura del castello, torre» recitò lei a bassa voce. «Ricordi?»

«Certo.»

«E se per torre s'intendesse non proprio la struttura quadrata in cui siamo adesso, ma il condotto interno che portava al camminamento?»

«Quello di cui mi parlavi prima?»

«Esatto.»

«Stai ipotizzando una sorta di depistamento?»

«In un certo senso. Se osserviamo l'interno potrebbe davvero sembrare una specie di torre. Oltretutto essendo racchiusa da tutta la struttura portante non solo è resistente, ma anche sufficientemente nascosta a occhi indiscreti.»

«Va bene, proviamo.»

Si diressero in fondo allo spiazzo, ma dovettero attendere qualche minuto all'esterno per far uscire una giovane ragazza intenta a fare fotografie. Quando la strada fu libera si fiondarono dentro l'apertura.

«Io guardo alla base della torretta. Tu controlla dove iniziano le scale, o almeno quello che ne resta» fece Sofia.

Lapo annuì.

Il tempo passò rapidamente mentre entrambi erano intenti a osservare ogni più piccola incisione nelle pietre, nella speranza che ciò che cercavano si trovasse davvero lì.

A un certo punto Lapo sentì Sofia soffocare un grido. Si mosse veloce portandosi accanto a lei.

«Forse ci siamo. Guarda qua.»

Lui si mise in ginocchio puntando lo sguardo dove lei stava indicando con il dito.

E lo vide.

Piccolo, eppure ancora perfettamente conservato, inciso a forza al centro di una pietra alla base della struttura.

«È lui, ne sono certa.»

Lapo rimase per qualche secondo a fissare l'immagine. Per un momento ebbe la tentazione di fotografarlo, ma poi ci ripensò.

«Tu sai cosa vuol dire, vero?» le domandò rimettendosi in piedi e fissandola negli occhi.

«Sì.»

«E quindi conosci anche la direzione intrapresa dai quattro fuggiaschi?»

Sofia annuì. «Scaligeri» mormorò subito dopo in un sussurro. «Questo che vedi è il simbolo dei signori che governarono Verona dal 1262 al 1387.»

Lapo fissò l'incisione e sorrise. «Italia, allora.»

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