6. Sete di sangue

Io subito mi immobilizzai, il vampiro stava combattendo, dentro di me infuriava una lotta per il possesso del mio corpo, dovevo avventarmi su Bella e dissanguarla oppure svolgere il mio dovere da lupo e salvarla dai vampiri assetati?
«No!» ruggì Edward, scagliandosi verso Bella e scaraventandola dall'altra parte del tavolo, rovesciandolo insieme alla torta, ai regali, ai fiori e ai piatti. Atterrò in una pioggia di frammenti di cristallo.
Dentro di me il lupo ebbe la meglio. Istintivamente saltai e mi misi davanti a Bella, in posizione di attacco, ringhiando minacciosamente. Jasper ringhiò, aveva perso la ragione, l'istinto della caccia si era risvegliato, riuscì a evitare tutti e balzò verso di me e Bella, io saltai buttandomi addosso a lui, non potevo lasciare che la toccasse, era il mio dovere di lupo!

Lottammo in una lotta corpo a corpo, io non volevo ferirlo ma non potevo neanche trasformarmi, in quel momento sarebbe stato molto utile. Sentivo la preoccupazione di tutti, soprattutto di Bella, per lei io non ero un licantropo che lottava contro il suo nemico naturale, il vampiro, ma un semplice lupo che lottava contro un vampiro.
Ad un certo punto feci un piccolo errore e Jasper mi scagliò lontano, verso una parete, mi rialzai subito e gli afferrai una gamba, facendolo cadere. Gli saltai addosso, ma lui si girò e mi becco con un calcio, stavolta non atterrai troppo lontano e riuscì a riprenderlo. Lottammo di nuovo corpo a corpo, ad un certo punto lui mi atterrò ma io riuscii in qualche modo a scalciarlo. Edward e Jasper si scontrarono, il rumore fu molto simile a quello di una valanga di rocce. Jasper ringhiò di nuovo, io, seppur esausta dalla mia prima e di sicuro non ultima battaglia contro un vampiro mi rialzai e corsi verso Bella. Mi misi in posizione d'attacco, pronta a saltare addosso al primo che si avvicinava. Contemporaneamente Emmett bloccò Jasper da dietro che si dimenava, completamente impazzito e fuori di se. Alice si mise davanti a Jasper, attenta a non farsi mordere involontariamente e cercò di calmarlo «Tranquillo Jasper, stai calmo, è solo un po' di...» Alice si immobilizzò, iniziò a fiutare l'aria e si girò spaventata a guardare me e Bella «...sangue» Alice finì la frase, ora non respirava più. Cosa c'è ancora? Annusai anch'io, effetti l'odore di sangue era aumentato, mi voltai anch'io a guardare Bella, un rivolo di sangue rosso vivo colava dal gomito al polso. Dentro di me per una frazione di secondo si scatenò una violenta lotta senza esclusione di colpi tra il licantropo e il vampiro, come quella che c'era appena stata tra me e Jazz, solo che qui sia il lupo che il vampiro volevano uccidere l'altro. Stavolta il sangue era tanto, iniziai a pensare: Uccidere Bella o no? Uccidere l'unica fonte di vita di Edward o no? Disonorare la nostra legge suprema, che dice che i licantropi devono proteggere gli uomini dai vampiri e non ucciderli o no? No! Non dovevo, non potevo! Ero un vampiro, ok, ma anche un licantropo.
Tutti erano paralizzati, io mi voltai di scatto, ora la posizione di attacco/difesa era molto più pronunciata, un ringhio sordo di avvertimento proruppe dal mio petto. Guardai i Cullen, nessuno di loro, apparte Jasper e Carlisle stava respirando. Sarei saltata addosso al primo che si fosse avvicinato.
Carlisle scattò e si accostò affianco a Bella. Stavo per saltargli addosso, ma vidi che era completamente padrone della situazione, quindi lasciai perdere. "Fidati" mi disse, annuì e mi girai a guardare gli altri.

Carlisle fu l'unico a restare calmo. Dalla sua voce tranquilla e carismatica trapelavano secoli di esperienza. «Emmett, Rose, portate fuori Jasper».
Emmett annuì per una volta senza sorridere «Andiamo». Jasper cercò di liberarsi dalla morsa invincibile di Emmett, dimenandosi e cercando di colpire il fratello con i denti, ancora ringhianti e lo sguardo da folle, o più che altro da cacciatore al quale sta venendo portata via la preda che attende da secoli. Rosalie, con una strana espressione compiaciuta sul volto divino, si portò davanti a Jasper -facendo attenzione ai denti del fratello- e aiutò Emmett a trascinarlo a forza attraverso la porta a vetri che Esme teneva aperta con una mano, mentre con l'altra si tappava bocca e naso.
«Mi dispiace davvero, Bella» disse imbarazzata e uscì in giardino.
«Lascia fare, Edward» mormorò Carlisle. Edward annuì lento e si rilassò, anch'io mi rilassai. Carlisle esaminò il braccio di Bella. Era pietrificata per lo spavento.
«Ecco, Carlisle» disse Alice offrendogli un asciugamano.
Lui scosse la testa «Troppo vetro nella ferita». Si allungò verso l'orlo della tovaglia bianca e ne strappò un lungo lembo. Lo annodò attorno al gomito di Bella, come un laccio emostatico. «Bella» disse Carlisle a bassa voce «Vuoi che ti porti all'ospedale, o preferisci che me ne occupi io, qui?»
«Qui, per favore» rispose Bella con voce strozzata.
«Prendo la tua borsa» disse Alice.
«Portiamola sul tavolo della cucina» propose Carlisle a Edward che sollevò Bella senza sforzo, intanto Carlisle manteneva la pressione sul braccio sanguinante. Io li seguì. «Come va, Bella?» le chiese Carlisle.
«Sto bene» rispose. Edward era impietrito, per lui doveva essere molto più doloroso, l'odore di Bella era molto più allettante per lui, lo avevo sentito una volta nei suoi pensieri. In più aveva appena rischiato di perdere la "sua unica ragione di vita".

Alice ricomparve. La borsa nera di Carlisle era già sul tavolo, assieme ad una piccola ma luminosa lampada da lettura, se non sbaglio era quella che c'era sulla scrivania nel suo studio, di fianco al quadro dei Volturi. Edward fece accomodare delicatamente Bella su una sedia e Carlisle ne avvicinò un'altra, si mise all'opera immediatamente togliendo ad uno ad uno i frammenti di vetro cosparsi di sangue. Alice ed Edward non respiravano, io cercavo di fare meno respiri possibili e quelli che facevano erano molto corti, però comunque mi facevano bruciare la gola dalla seta e facevano ridestare il vampiro dal suo sonno leggero, per evitare di sentire troppo l'odore di Bella, e di vedere il suo sangue soprattutto, mi ero messa dietro a Carlisle, vicino ad una parete e cercavo di respirare con il naso praticamente incollato ad una gamba di Alice, almeno quello non mi faceva sentire troppo l'odore di Bella.
Edward era ancora al fianco di Bella, protettivo come sempre, e come prima non respirava. «Se vuoi, vai, Edward» sospirò Bella.
«Posso farcela» insistette lui. Ma la mascella era rigida e sicuramente aveva la gola peggio che in fiamme e la bocca piena di veleno, pronto ad uccidere. I suoi pensieri erano chiari il "mostro" si era destato e lui cercava di combatterlo.
«Non occorre che ti comporti da eroe» disse Bella «Carlisle può curarmi anche senza il tuo aiuto. Esci a prendere un po' d'aria»
«Io resto» disse deciso.
«Perché sei così masochista?» gli chiese Bella.
Carlisle s'intromise «Edward, forse è meglio che tu vada a cercare Jasper, prima che ne faccia una tragedia. Ce l'avrà a morte con se stesso e immagino che al momento non voglia parlare con nessuno tranne te» Carlisle aggiunse anche un'altra frase, pronunciata troppo piano per le umane orecchie di Bella «E anche con te, Chiara» con me? Chiesi sconcertata «Avete combattuto pericolosamente, di sicuro è preoccupato di averti fatto male» mi spiegò Carlisle. Ah, ok... ci vado tra poco iniziarono a parlare con un volume udibile dagli umani
«Si, vai a cercare Jasper» disse Bella.
«Potresti anche renderti utile» aggiunse Alice. Edward, solo contro tutti, ci fulminò con un'occhiataccia, ma infine annuì e sfrecciò via verso la porta di servizio della cucina. Ad un certo punto Alice si alzo, un sorriso di scuse sulle labbra e svanì anche lei in giardino. Poco dopo la seguì pure io. Sentivo ancora Bella e Carlisle parlare però mi concentrai sui pensieri di Jasper e degli altri. Erano abbastanza vicini, iniziai a correre verso est. «Scusami Edward, non so cosa mi sia preso, non lo avrei mai pensato, scusa...»
«Jazz, basta, ti ho già detto che non importa, sei meno allenato, è normale» Edward cercava di calmare Jasper, era completamente desolato.
«No, invece importa, stavo per uccidere Bella e poi come se non bastasse ho pure aggredito Chiara, chissà se le ho fatto tanto male...» quante preoccupazioni... io non mi ero fatta niente!
«Chiara sta benissimo Jazz, neanche un graffio» gli disse Alice, ora ero abbastanza vicina per sentirli, chiusi fuori tutti i pensieri altrui.
«Chiara! Scusa, scusami tanto, non avrei voluto, scusa..» erano nel bosco, Jasper era seduto sul tronco di un albero caduto, Emmett era alla sua sinistra, appoggiato ad un albero, Rosalie appoggiata a lui, Emm le cingeva la spalla con un braccio. Alice era davanti a Jasper e Edward era praticamente opposto a Jazz, Esme era vicina ad Alice. Io stavo arrivando da dietro Edward. RRRRR.. feci un breve ringhio per stoppare le scuse di Jazz STOP. Lasciami prima parlare. Innanzitutto sarei io che dovrei scusarmi.
«E per cosa? Sono io che ti ho aggredito...» Jasper era confuso.
È qui che ti sbagli. Tu stavi aggredendo Bella, sono io che ti sono saltata addosso. E poi comunque io non mi sono fatta assolutamente niente, semmai sei tu quello ridotto peggio... dissi alludendo ai suoi vestiti squarciati in più punti dai miei artigli o dai miei denti. All'altezza della caviglia destra, i suoi pantaloni blu scuro presentavano un enorme buco formato dal mio morso. All'altezza del ginocchio sinistro c'era un lungo squarcio, una zampata. La felpa verde scuro aveva per lo più tagli e morsi all'altezza della schiena e del petto.
«Scusa lo stesso, non avrei dovuto...» sbuffai.
Non importa, davvero, non sono arrabbiata.
«Ma come sta Bella? Sarà furiosa, ora non vorrà avere più niente a che fare con i vampiri...»
Che pessimismo! No, non è furiosa, sta bene e se non volesse aver più niente a che fare con i vampiri, avrebbe chiesto di andare in ospedale, invece di farsi curare da Carlisle. Non trovi? Jasper non rispose. Edward stava "ascoltando" Carlisle. Io feci lo stesso.

«Se tu la pensassi come lui, ti sentiresti di privarlo della sua anima?» chiese Carlisle a Bella. Stavano parlando del perché Carlisle faceva il medico e dell'essere vampiri, la domanda riguardava il perché Edward faceva tanto il difficile nella scelta sul trasformare Bella. Bella serrò le labbra e non rispose «Questo è il problema» le disse Carlisle. Bella scosse la testa decisa e Carlisle sospirò.
«La scelta è mia» disse lei.
«Anche sua. se lui fosse capace di farlo a te»
«Non è l'unico che potrebbe...»
Carlisle rise «Ah, no! Questa devi vedertela con lui. Ecco, un'altra cosa di cui non riesco ad essere sicuro. Per molti versi, ritengo di aver fatto del mio meglio con ciò che mi è stato messo a disposizione. Ma è stato giusto condannare gli altri a questa vita? Non riesco a decidere» secondo me aveva fatto bene... «Fu grazie alla madre di Edward che mi decisi» cosa?! Edward di fianco a me abbozzò un sorrisetto.
Non me lo avevi mai detto dissi ad Edward.
"Non me lo avevi mai chiesto" rispose lui sarcastico.
Spiritoso... ora che ci penso non mi hai mai raccontato la tua storia... anzi, non lo avevo mai chiesto a nessuno. Sapevo solo quella di Carlisle e le poche cose che si ricordava Alice (praticamente niente).
«Sua madre?» chiese Bella.
«Si. Si chiamava Elizaeth. Elizabeth Masen. Il padre, Edward Senior, non riuscì a riprendere coscienza in ospedale. La prima ondata di influenza lo uccise. Elizabeth invece restò lucida quasi fino alla fine. Edward le somiglia molto: aveva lo stesso colore di capelli, singolarmente bronzeo, e gli occhi erano verdi, proprio come i suoi»
«Aveva gli occhi verdi?» chiese Bella.
«Si...» nella mente di Carlisle rivedevo tutto quello che era successo, ricordi perfetti, come se stesse vivendo tutto ora. «Elizabeth si occupava ossessivamente del figlio. Pregiudicò le proprie speranze di sopravvivere perché si ostinava ad assisterlo dal letto in cui era ricoverata. Temevo che il primo ad andarsene potesse essere lui, le sue condizioni erano molto peggiori di quelle della madre. La fine la colse all'improvviso. Appena dopo il tramonto, ero arrivato a dare il cambio ai medici a cui spettava il turno di giorno. All'epoca era difficile fingere: il lavoro era tanto e io non avevo bisogno di riposarmi. Odiavo dover tornare a casa, nascondermi nel buio e fingere di dormire mentre tante persone morivano» provai tutto il rammarico che provava Carlisle «Andai subito a controllare Elizabeth e suo figlio. Mi ci ero affezionato, il che è sempre un pericolo, considerato quanto è fragile la natura umana. Capii all'istante che le condizioni di lei si erano bruscamente aggravate. La febbre era incontrollabile, il fisico troppo delibitato per continuare a combattere. Eppure mentre mi fissava dal letto, non sembrava debole. «Salvalom'implorò rauca, con tutto il fiato che le era rimasto in gola.
«Farò il possibile» fu la mia promessa, mentre le stringevo la mano. La febbre era talmente alta che probabilmente nemmeno si accorse del freddo innaturale delle mie dita. A contatto con la sua pelle, tutto sembrava freddo.
«Devi!» insistette, stringendomi la mano così forte da darmi la speranza che potesse superare la crisi. Il suo sguardo era duro, come la pietra, come lo smeraldo «Devi fare tutto ciò che puoi. Ciò che agli altri non è consentito, ecco cosa devi fare per il mio Edward» riuscì a spaventarmi. Mi fissava con quello sguardo penetrante e per un istante ebbi la certezza che avesse scoperto il mio segreto. Poi fu sopraffatta dalla febbre e non riprese conoscenza. Un'ora dopo morì. Da decenni meditavo sulla possibilità di crearmi un compagno. Una creatura che sapesse chi ero, e non chi fingevo di essere. Ma non avevo mai trovato una buona giustificazione per infliggere a qualcun altro ciò che io stesso avevo subito. Ed ecco Edward, nel letto, morente. Gli restavano poche ore, era evidente. Accanto a lui, sua madre, l'espressione non ancora pacificata, nemmeno nella morte» Carlisle rivide molto chiaramente l'immagine. Il caos dell'ospedale, persone malate che morivano, persone malate che arrivavano, il clima angosciante creato dalla morte imminente, pochi malati di spagnola si salvarono, nel letto davanti a lui c'era Edward, morente, era vero, si capiva che mancava poco. Nel letto di fianco al ragazzo praticamente incosciente per la febbre alta una donna. «Non smettevo di pensare alle parole di Elizabhet. Come poteva aver capito ciò che ero in grado di fare? Possibile che augurasse al figlio un destino del genere? Guardai Edward. Pur nella malattia, era bello. C'era qualcosa di puro e di buono nel suo volto. Il genere di viso che avrei voluto appartenesse a mio figlio... dopo anni di indecisione, agii d'istinto. Prima portai sua madre all'obitorio, poi tornai a prenderlo. Nessuno si accorse che respirava ancora. Non c'erano né mani né occhi a sufficienza per occuparsi di tutti i pazienti. Nell'obitorio non c'era nessuno... che fosse ancora vivo. Lo feci uscire di nascosto dal retro e passando per i tetti lo portai a casa mia. Non sapevo bene come fare. Decisi di riprodurre le ferite che mi erano state inferte tanti secoli prima, a Londra. In seguito me ne pentii. Fu molto più doloroso e prolungato del necessario» la mente di Carlisle ricordò un momento in particolare, Edward che urlava di dolore, avvolto dalle fiamme invisibili del veleno. «Eppure non mi sentivo in colpa. Né mi sono mai pentito di avere salvato Edward»

Carlisle tornò al presente «Forse è meglio che ti riporti a casa»
«Ci penso io» disse Edward. Non mi ero accorta che se ne fosse andato. Era molto più teso del normale, dubitava del suo autocontrollo e aveva paura che Bella fosse sotto shok. Inizia a correre anche io verso "casa Cullen".
«Posso andare con Carlisle» disse Bella. Molto probabilmente anche lei dubitava un po' del controllo del vampiro.
«Sto bene. Però devi cambiarti. Se Charlie ti vede così, gli verrà un infarto» vidi com'era ridotta Bella. La sua camicetta blu era inzuppata e macchiata di sangue, la spalla destra incrostata di un liquidi rosa e denso. Si, Charlie avrebbe avuto un infarto.
«Chiedo ad Alice di procurarti qualcosa» ora li sentivo chiaramente, ero vicina. Un ultimo scatto ed arrivai vicino alla porta della cucina, entrai prima che la porta si chiudesse, Edward era appena uscito.
Bella guardò inquieta Carlisle «È molto arrabbiato»
«Si. Serate come questa sono ciò che teme più di ogni cosa. Vederti messa a rischio a causa della nostra natura»
«Non è colpa sua»
«Ma nemmeno tua» Bella distolse lo sguardo dagli occhi di Carlisle. Lui le offrì la mano e la aiuto ad alzarsi dal tavolo. Andarono in salone e io li seguii.
Esme era tornata e puliva il pavimento con della candeggina nel punto in cui era caduta Bella, lo avevo già sentito prima quel maledetto odore che mi dava un gran fastidio con il super-fiuto da lupo. Alcol e candeggina, li odiavo. Starnutì per l'odore troppo forte ed uscì dalla stanza. Tornai davanti alla porta della cucina, all'aria aperta. «Esme, lascia fare a me» disse Bella, probabilmente stava arrossendo.
«Ho finito» le rispose Esme «Come stai?»
«Bene, Carlisle è più svelto di tutti i dottori che mi hanno ricucita finora» ridacchiarono entrambi. Alice ed Edward mi passarono davanti ed entrarono in casa. Alice mi guardò con un espressione interrogativa, temeva che ci fosse ancora sangue. Candeggina. Odore troppo forte per il mio olfatto. Le risposi e lei ridacchiò mentre seguiva Edward.
«Su, cerchiamo dei vestiti meno macabri» disse Alice.
«Alice» sussurrò ad un certo punto Bella. Probabilmente sperava di non farsi sentire. Tutto inutile, io, Carlisle, Esme ed Edward le sentivamo abbastanza bene.
«Dimmi» le rispose Alice consapevole che noi sentivamo.
«Se l'è presa tanto?» Edward si irrigidì. Ero appena rientrata in salotto, l'odore di candeggina stava passando.
«Ancora non so» rispose Alice.
«Jasper come sta?»
«C'è l'ha con se stesso. Per lui è una prova ancora difficilissima e detesta sentirsi debole»
«Non è colpa sua. Digli che non sono arrabbiata, nemmeno un po', te ne prego»
«Certo» scesero al piano terra. «Le tue cose!» gridò Alice mentre Bella si avvicinava cautamente ad Edward. «Mi ringrazierai dopo, quando li avrai aperti» le disse Alice.
Esme e Carlisle le augurarono una buona notte. Edward e Bella partirono con il Pick-Up e io tornai a casa.

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