3. I Cullen (parte 2)
«Potete lasciarla, non mente, ho "sentito" tutto» disse Edward appena ci raggiunse, alludendo al fatto che mi aveva letto la mente.
Almeno uno che mi credeva!
Grazie. Pensai.
Il vampiro strizzò l'occhio sinistro e sorrise. «Però Carlisle, se ne hai voglia dovresti controllarle la spalla, penso che sia lussata...» aggiuse.
Sapevo che era una scusa per sapere qualcosa in più sui licantropi. Lo fulminai con lo sguardo, ma non ci fece caso.
«Certo, andiamo» rispose Carlisle incamminandosi verso l'enorme villa.
Fui costretta a seguirlo, "scortata" da Jasper ed Emmett.
La casa era molto graziosa e luminosa, decisamente diversa da quella che avrei associato ad un branco di vampiri.
L'interno era molto ordinato e pulito, avevano pure un pianoforte a coda bianco. Mi sarei aspettata almeno qualche ragnatela, le stanze scure e tetre, degli scheletri e altre robe più da film horror.
"Deludente, vero? Niente "robe da film horror"." Pensò Edward con un sorrisetto beffardo, sapendo che potevo leggere pure io la mente.
Decisi di restare al gioco: sì, molto. Comunque, potresti evitare di leggermi i pensieri? Sono il nemico, io.
"Infatti è appunto per questo che li sto ascoltando".
Aveva ragione.
"Io ho sempre ragione" aggiunse. Alzai gli occhi al cielo e scossi lievemente il capo, tutti i vampiri erano vanitosi?
"Forse si, forse no..." pensò Edward con nonchalanse.
Quanto era irritante!
"Lo so" rispose. Trattenni un ringhio.
Sappi che se non la smetti ti stacco la testa!
"E gli altri la staccherebbero a te. Tanto io dopo qualche tempo "resusciterei", a meno che tu non riesca a bruciarmi con qualcosa".
Evitai di ascoltare i suoi pensieri fastidiosi, concentrandomi su testi di varie canzoni in modo da non rivelargli nulla involontariamente, sapevo a che gioco stava giocando. Per poco non gli avevo detto che essendo quattro licantropi nel branco li avremmo potuti battere abbastanza facilmente, forse.
Per fortuna eravamo arrivati al primo piano, Carlisle entrò in una stanza seguito da me ed Edward. Mi accorsi solo in quel momento che gli altri erano rimasti di sotto.
Probabilmente quello era lo studio di Carlisle, c'erano un vecchio tavolo e delle vecchie sedie, un'enorme libreria piena zeppa di libri e alcuni quadri, molti di essi raffiguravano le campagne toscane.
Quanto mi mancava la Toscana, senza vampiri, licantropi e altri mostri.
Carlisle si accomodó su una sedia e mi invitó a sedermi su quella affianco. Mi fasciò molto strettamente la spalla. «Non é grave, tra due settimane vieni da me in ospedale, così ti tolgo la fasciatura» mi disse sorridendo. Era gentile per essere un vampiro, i lupi mi avevano raccontato molte cose in modo diverso.
"Ovviamente, noi siamo loro nemici" mi disse Edward, che mi sconcentró e senza volere corressi l'affermazione di Carlisle: «Tra una settimana». Mi pentii subito di quello che avevo detto, la guarigione accelerata era un segreto del branco!
Il vampiro biondo mi guardò spaesato ed Edward gli disse che noi guarivamo prima rispetto agli uomini, in circa metà del tempo.
Questa me la paghi... pensai minacciosa.
Edward aveva sentito ma non fece una piega.
Notevole, sei bravo a leggere i pensieri altrui e a spifferarli a chiunque!
Di nuovo non fece una piega.
Carlisle mi rispose cordialmente «D'accordo, allora puoi venirmi a "trovare" in ospedale tra una settimana».
I Cullen mi accompagnarono al confine, ovviamente non mi volevano ancora nel loro territorio. Anche se non potevo trasformarmi mi trasformai comunque.
Mi accorsi subito della pessima scelta, con la zampa in quello stato mi toccava zoppicare saltellando su tre.
Andai da Emily per parlare col branco, Sam era molto arrabbiato. Anzi, dire "molto arrabbiato" era un eufemismo, era molto ma molto arrabbiato!
«Chiara! Dov'eri stata?! Pensavamo che ti fosse successo qualcosa di brutto!».
«Ero a casa...» mentii.
«Non c'eri e abbiamo visto la tua scia che andava nel territorio dei vampiri! Perché?! Perché lo hai fatto?!».
Fui costretta a raccontargli tutto.
«Non andrai dai Cullen a farti sfasciare la spalla. Abbiamo un ospedale pure qui».
«Ma Sam...».
Lui mi aggredì «Ho detto di no! Almeno per una volta ascoltami!».
Gli tenni testa ringhiando e mi diressi verso la porta. Uscii dalla piccola casetta e tornai a casa mia correndo in forma umana.
Che Sam lo volesse o no, io sarei andata all'ospedale di Forks!
~~~~~~~~~~
La settimana dopo, subito dopo la scuola, andai all'ospedale.
Nel mentre che aspettavo il mio turno davanti all'ufficio del dottor Cullen, iniziai a preoccuparmi: io comunque ero un licantropo e lui un vampiro.
Sentivo che stava visitando un'altra paziente, potevo ancora andarmene. Mi alzai e feci per correre via, quando sentii Carlisle salutare quella donna, avevo poco tempo.
Vabbè, è un ospedale, non proverà ad uccidermi o robe simili con tutti questi umani.
Ritornai sulla sedia e la porta si aprì. Gli occhi di Carlisle s'illuminarono vedendomi.
Come se non avesse già sentito il mio odore... pensai scettica.
«Ciao Chiara, pensavo che saresti andata alla riserva».
Alzai le spalle. «Bhe, diciamo che Sam voleva che andassi lì ma non lo ascoltato...». Come sempre, del resto. Aggiunsi mentalmente.
«Bhe, controlliamo questa spalla» disse il dottore mentre ci sedevamo nel suo ufficio. «Ah, poi Edward ci ha detto quello che aveva appreso dai tuoi pensieri, quando te ne sei andata» aggiunse.
«E allora? Che c'è?» non avevo nessuna voglia di leggergli il pensiero. «Ha detto che anche tu sai leggere nel pensiero, è corretto?».
«Edward ha "sentito" bene».
«Che sei metà licantropo e metà vampiro» continuò.
Annuii reprimendo un ringhio.
«Ha detto che hai un tipo di trasformazione un po' diversa dagli altri, in parte come loro, in parte no...».
Ringhiai sommessamente. Quel dannato vampiro, solo con un'immagine che mi era scappata per un attimo, aveva capito tutto il mio modo di trasformarmi!
Carlisle non si spaventó di fronte al ringhio, sapeva a cos'era dovuto. Continuò il discorso: «È vero che nel branco siete solo quattro? Se ne trasformeranno altri?».
Queste erano domande... decisi di rispondere con una mezza verità.
«Forse. Non sappiamo quanti se ne trasformeranno».
Carlisle accennó un sorriso. «Ci sarebbe molto altro di cui parlare. Perché più tardi non vieni a farci visita?».
«Per farmi ammazzare meglio e scatenare una guerra licantropi contro vampiri?».
Carlisle sembrò addolorato dalla mia conclusione, ma sapeva che avevo ragione.
«Edward potrebbe venire a prenderti al liceo di Forks verso le...» si girò a guardare l'orologio dietro di lui «verso le 5.00 P.M., poco dopo finirà anche il mio turno qui».
n realtà, volevo seriamente conoscere qualcosa in più sui vampiri, visto che in parte ero come loro. Accettai la proposta.
All'orario stabilito, corsi verso il liceo di Forks, la Forks Hig School.
Il vampiro era già lì, appoggiato ad una Volvo s60r grigio metalizzato.
Conoscevo abbastanza bene le marche delle macchine, la mia preferita era la Porsche 911 turbo.
«Ottima scelta, quella è una macchina molto bella e veloce».
Alzai gli occhi al cielo, perché doveva leggere i pensieri e commentarli sempre?
Il vampiro rise e mi aprì la portiera, facendomi segno di entrare.
«Molto... cavalleresco, direi. Non me lo sarei mai aspettata da un vampiro»
«Grazie» disse sorridendo e si mise al posto di guida.
Un attimo dopo eravamo in strada, quella macchina era davvero veloce.
«Accellerazione da 0 a 100 in 5,5 secondi» disse vantandosi un po'.
Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa. Vanitoso... pensai.
Appena arrivammo di fronte alla casa, lo anticipai aprendomi da sola la portiera. «Non mi serve il vampiro che faccia il damerino dell'Ottocento, grazie».
«Io sarei nato nel 1901, non sono così vecchie le mie abitudini» rispose offeso.
No, solo un po'. Pensai ridacchiando divertita.
Appena entrai nella villa, fui salutata da Carlisle seguito da Esme e poi da Alice.
Ci accomodammo nella cucina che, probabilmente, serviva solo per far scena.
«Giusto» mi disse Edward confermando la mia affermazione e spiegando poco dopo ad Esme cos'avevo pensato.
Raccontai a tutti i miei vampiri la mia storia, praticamente da quanto ero nata a quando ero arrivata li. Quando accennai a Volterra i Cullen s'irrigidirono e si lanciarono delle strane occhiate.
"Te lo spieghiamo dopo" mi promise Edward.
Continuai a parlare, senza fare domande riguardo a ciò. Non sapevo perché, ma avevo una certa voglia di raccontare tutta la mia storia, senza esitazione.
«Allora, ora tocca a voi, cosa c'è a Volterra?» chiesi appena ebbi finito.
«Vieni» mi disse Carlisle alzandosi dalla sedia.
Andammo nel suo studio. Questa volta come "guardie del corpo" c'erano Jasper ed Emmett.
«Volterra è così per dire la capitale del potere politico dei vampiri» iniziò a spiegarmi Carlisle mentre salivamo le scale. «A Volterra risiedono i Volturi, una sorta di famiglia reale di vampiri che detta le leggi e fa in modo che gli umani non ci scoprano». Eravamo entrati nel suo studio e Carlisle mi indicò il quadro più grosso fra tutti, quello con tre uomini e Carlisle stesso.
Che ci faceva lui con questi Volturi?
«Per un po' di tempo dopo la mia trasformazione ho vissuto in Toscana. I Volturi mi hanno ospitato anche se non accettavano la mia "dieta", cercavano di farmi accettare il nutrimento più normale per noi, invitandomi a cacce nelle quali non facevo assolutamente nulla e portandomi cadaveri sanguinanti».
Rabbrividii al solo pensiero.
«Me ne sono andato più che altro perché i Volturi non hanno nessuna considerazione della vita, soprattutto di quella umana».
«Ma perché tre vampiri non sono ancora stati spodestati da qualcun'altro se sono così... perfidi?» chiesi indicando il trio nel quadro.
«Perché sono molti di più. Quelli sono solo i capi: Aro, Caius e Marcus» rispose indicando in ordine i tre vampiri. «Poi ci sono le mogli Suplicia e Anthenodora. Didmye, la moglie di Marcus è morta...».
«Scusa l'interruzione, ma... se i Volturi non vogliono che i vampiri siano scoperti, perché si sono fatti dipingere?».
«Bhe, i Volturi sono molto vanitosi, non vogliono essere scoperti ma comunque si lasciarono dipingere dal loro "fan" più accanito: Francesco Solimera. Li dipingeva come angeli, questo è un piccolo ricordo del mio tempo trascorso a Volterra».
«Ma cosa li rende così potenti? Cioè, cinque vampiri si uccidono come niente...».
«Fossero solo cinque» pensò ad alta voce Jasper.
«Sono tanti e in più molti componenti hanno dei talenti» mi spiegò Carlisle. Talenti? Questo mi incuriosiva...
«Talenti, tipo cosa?».
«Aro ha un talento molto simile a quello di Edward ma più potente, sente tutti i pensieri che una persona ha pensato fino a quel momento, però dev'essere a contatto con quella persona; Marcus percepisce i legami tra gli individui, è utile soprattutto a Chelsea che ha la capacità di rafforzare o distruggere proprio questi legami; Jane e Alec sono due gemelli e di sicuro sono i più potenti di tutta la guardia. Jane può provocare una scarica di dolore che colpisce l'avversario, però può usarla su un bersaglio alla volta. Alec invece, é capace di sprigionare una nebbiolina che annulla i cinque sensi, viene usato soprattutto nelle esecuzioni dove i Volturi vogliono essere più "gentili" con i giustiziati. Poi ci sono Felix e Demetri. Felix non ha poteri, ma essendo molto forte è estremamente utile. Demetri, invece, se ha sentito anche solo una volta la traccia mentale di qualcuno, sa ritrovarlo ovunque esso sia».
Ero sbalordita: tutto questo mi sembrava parte di una storia in tema fantasy, non poteva essere reale.
«A domani» mi salutò Alice sulla soglia della casa dei Cullen mentre stavo uscendo.
Mi voltai guardandola senza capire.
«Alice ha visto che tu e lei diventerete ottime amiche» mi spiegò Edward.
«Ah giusto, le visioni... ogni quanto sbagliano?» chiesi. Un vampiro e un licantropo amici? Aveva di sicuro sbagliato.
«Cambiano al variare delle decisioni di qualcuno. Il tuo futuro non lo vedo perfettamente, non so perché, ma guardando il mio di futuro sono sicurissima al cento per cento di ciò che ho visto» mi rispose compiaciuta.
«Domani dovrebbe esserci brutto tempo, andiamo a giocare a baseball. Un'occasione da non perdere!». Emmett arrivò all'improvviso, cercando di convincermi.
«No. Non dovrebbe esserci brutto tempo. Ci sarà brutto tempo» lo corresse Alice.
«E perché non potreste giocare con il sole? Preferite uno scenario più macabro?» chiesi incuriosita «E poi, perché proprio il baseball?».
«Primo: il baseball è lo sport americano per eccellenza; secondo: perché dovremmo giocare con il sole? Per accenderci come palle da discoteca? E terzo: capirai perché ci servono i tuoni» mi rispose Edward ridendo come uno stupido con Alice ed Emmett.
Per altri dieci minuti buoni cercarono di convincermi.
Alzai gli occhi al cielo «E va bene... verrò».
«Sii!» Alice si mise a saltellare sul posto.
I vampiri: esseri strani. Pensai.
"No, no. Io direi "Alice: un essere strano"." pensò Edward ridacchiando.
Mi misi a ridere e tornai a casa. Ero incuriosita da quei vampiri, non erano assolutamente come pensavo che fossero.
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