27. Una giornata come un'altra
Verso le 7.00 A.M. scesi le scale silenziosamente, gli Smitterson erano già in cucina. Stavo per fare una cavolata, lo sapevo. Posai la cartella vicino alla porta d'ingresso che aprì lievemente.
Dovevo evitare che quei due mi facessero delle domande, non avevo assolutamente voglia di rispondere rischiando di distruggere l'alibi fornitomi da Carlisle.
Entrai camminando in cucina, direzione: pacchetto di patatine sul tavolo.
«Ah, eccoti qui. Siediti, dobbiamo parlare» mi disse in tono autoritario l'uomo.
Parlare oppure farmi l'interrogatorio?
Scattai verso il pacchetto di patatine, lo afferrai e corsi subito verso la porta. Presi lo zaino e saltai fuori.
«Hei, Chiara! Torna immediatamente qui!» mi urlò il signor Smitterson uscendo fuori di casa.
«Non ho nulla da dire! A dopo!» urlai continuando a correre, ridendo.
Ok, forse era stata una mossa un po' troppo avventata, ma inoltre era una caratteristica licantropesca non pensare prima di agire.
Mentre camminavo verso scuola mi sgranocchiavo le patatine, attenta ad un qualche rumore d'auto, gli Smitterson erano capaci di seguirmi in macchina per riprendermi.
Dopo vari minuti di tranquillità, il rumore di un motore attirò la mia attenzione.
Oh, no! Pensai scattando nel bosco ed iniziando ad inoltrarmici.
C'era odore di vampiro tra gli alberi, forse i Cullen erano andati a caccia li.
Correvo in forma umana, allontanandomi dalla strada ma dirigendomi comunque verso la scuola, detestavo arrivare in ritardo.
«Ferma!» sentì qualcuno che mi chiamava. Istintivamente mi fermai e fui investita da questo qualcuno.
Rotolai giù da un piccola discesina, riempiendomi di foglie.
«Emmett!» urlai, stizzita «Ti sembra il modo di investire la gente?!»
«Tu ti sei fermata» disse ridendo ed aiutandomi a rialzarmi.
«Tu mi hai detto "ferma!"» dissi mentre cercavo di togliermi le foglie appiccicate ai vestiti o ai capelli.
«Bhe, pensavo che rallentassi, non che ti fermassi»
Lo guardai in cagnesco «Perchè mi seguivi in stile stalker?»
«Abbiamo sentito il tuo odore mentre andavamo verso scuola, volevamo chiederti se volevi un passaggio, ma sei scappata. Perchè?»
«Pensavo foste gli Smitterson, volevano parlarmi ma sono corsa fuori»
«No comment» disse ridacchiando e scuotendo la testa «Comunque, vieni?» mi chiese, in realtà ci stavamo già dirigendo verso la macchina.
«Rosalie accetterà un cane in macchina?»
«Tecnicamente non lo so... Ti ho seguita prima che potesse obiettare...»
Bhe, pur di dar fastidio alla sanguisuga bionda... pensai tra me e me «Ok, vengo»
Mi pentì subito di ciò che avevo detto: c'era l'enorme Jeep di Emmett.
La guardai per un po' «Bhe, magari vado a piedi»
«Se vuoi ti aiuto a salire» rispose lui.
«No, no. Ce la faccio, grazie» risposi arrampicandomi sui sedili dietro, in compagnia di Alice e Jasper.
~~~~~~~~~~
«Emmett. Evita di lasciarmi nel parcheggio della scuola, non voglio rispondere a duemila domande sul perché mi avete accompagnata» dissi appena ci avvicinammo al centro del paese.
Alice, Jasper ed Emmett si misero a ridere.
«Ok» mi rispose Emmett.
Dopo qualche minuto accostò sulla strada, davanti alla scuola.
«Perché qui? É la stessa cosa di entrare nel parcheggio» mi lamentai.
«Beh, non proprio. Questo non è il parcheggio, è la strada vicino al parcheggio» precisò Alice.
«Non mi sembrava carino andare al liceo e farti fare la strada fino a qui a piedi» disse Emmett con sguardo angelico.
«Bhe, grazie del passaggio» risposi saltando giù dalla macchina.
Camminai verso Andrea, Brian ed Alexis. Avevo ancora un senso di nausea causato dallo sballottamento continuo della Jeep per le sospensioni super-elastiche.
«Ehi, Chiara. Dov'eri finita?» mi chiese Andrea mentre mi avvicinavo a loro.
Andrea era un ragazzo abbastanza alto, con i capelli neri e gli occhi verdi, aveva sempre il sorriso sulle labbra ed era sempre disposto ad aiutare chiunque. Bhe, si, era pure il mio migliore amico. In più, pur essendo nato a Forks, aveva origini italiane, ecco spiegato perché il suo nome fosse italiano.
«Ero in giro per il bosco» risposi tranquillamente. Sapevo che non avrebbero fatto pressioni riguardo il motivo.
«Bhe, sei arrivata giusto in tempo! Mi fai copiare scienze?» mi chiese Brian con sguardo implorante.
Brian era molto bravo a scuola, ma anche molto distratto e dimenticava spesso i compiti. Era biondo, di media altezza e aveva gli occhi marroni. Era il buffone del gruppo, infatti aveva sempre la battuta pronta. Era sempre disposto a farti copiare nelle verifiche, se gli stavi simpatico, anche se io non ne avevo mai bisogno.
«Scienze?» chiesi. Ok, forse avrei dovuto chiedere i compiti prima di tornare a scuola.
Alexis si mise a ridere «Ve li faccio copiare io. Ora andiamo, è appena suonata»
Effettivamente la campanella stava suonando proprio in quel momento.
Ci dirigemmo verso la nostra aula, i due ragazzi camminavano davanti a noi, parlando di football americano mentre io e Alexis stavamo dietro.
Alexis era la persona più gentile e dolce che avessi mai conosciuto. Aveva dei lunghi capelli rossi, gli occhi azzurri e rideva praticamente sempre, riusciva a piangere per qualsiasi scena lievemente triste presente in libri o film -pensate al diluvio universale che ha scatenato guardando Bambi, Titanic o, peggio ancora, Il re leone o Io e Marley-. Le piaceva un mondo parlare e farsi gli affari degli altri, però sapeva mantenere benissimo un segreto. In più, come me, non voleva mai arrivare in ritardo.
«Ehi, Chiara» mi chiamò dandomi una leggera gomitata.
Mi voltai verso di lei.
«Sbaglio o quella Jeep enorme era una macchina dei Cullen?»
«Oh, l'avete notata...»
«Eccome se si è vista. Un ritorno in grande stile, in tutti i sensi» rispose Brian, ridendo.
«Perché ti hanno accompagnato i Cullen? Così, di punto in bianco..» mi chiese Andrea, voltandosi a guardarmi camminando all'indietro, in attesa di una risposta.
«Bho. Mi hanno vista sulla strada e mi hanno offerto un passaggio. Immagino che essendo stati adottati anche loro vogliano dimostrarsi gentili verso una con dei genitori affidatari, come i loro. Penso»
«Mh, ottimo ragionamento...» disse Brian sedendosi al suo posto e mettendo fretta ad Alexis, temeva di non riuscire a copiare tutto.
Io mi diressi al mio posto, vicino la finestra, seguita da Andrea.
La giornata scorse abbastanza velocemente, anche se la maggior parte delle materie erano noiose e ripetitive. La prima ora: scienze, poi storia, matematica, l'ora di mensa, palestra e storia dell'arte.
In realtà passai l'intera giornata scolastica a disegnare qualcosa sul quaderno, a pensare a cosa avrei detto a Sam per giustificare la mia assenza, a parlare con Andrea (essendo il mio vicino di banco) ed a pensare ad altre faccende lupesche.
In realtà solo durante la mensa mi toccò rispondere a cinque o sei domande riguardanti il perché ero venuta a scuola con i Cullen e perché ero stata assente per due giorni.
Quello che fece più domande di tutti fu Jeremy, seguito dal suo scagnozzo: Albert, dopo di loro anche le tre più "fashion" della classe iniziarono a girarmi intorno, come mosche, e a farmi sempre le stesse ed identiche domande -forse era una forma precoce di Alzaimer, causato dal troppo trucco e profumo-.
Se solo avessi potuto staccargli la testa senza essere notata... almeno avrei evitato di rispondere sempre alle stesse tre o quattro domande: «Perché sei venuta con i Cullen?» «Dov'eri in questi giorni?» «Conosci i Cullen?» «Perché te n'eri andata di casa senza dire nulla?»
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Appena suonò la campanella dell'ultima ora mi diressi svogliatamente fuori, adesso mi toccava rispondere pure alle domande del branco.
«Chiara» Andrea mi risvegliò dai miei pensieri.
«Si?»
«Sono davvero gentili i Cullen, eh?»
Lo guardai senza capire, forse mi ero persa qualcosa.
Mi indicò una Aston Martin vanquish grigio metallizzato, alla periferia del parcheggio. Jasper, che mi aspettava appoggiato alla portiera, mi fece un cenno con la testa, invitandomi a salire.
«Oh» dissi, realmente sorpresa della loro presenza «Magari non sono qui per me»
«Sicura?» mi chiese Andrea ridacchiando.
«Forse no...»
«Dai, a domani. Buon viaggio» mi salutò Andrea con un occhiolino, Brian ed Alexis erano già andati via.
Alzai gli occhi al cielo e mi avvicinai alla macchina.
«Buon pomeriggio» mi disse il vampiro ridendo della mia espressione.
«Ciao. Perché sei venuto a prendermi?» chiesi con voce da funerale.
«Per non farti tornare a casa a piedi»
«Sono tornata sempre a piedi, una volta in più non mi ucciderà» dissi mentre mi apriva la portiera, cosa che avrebbe potuto evitare. «Comunque oggi non andrò subito a casa, prima devo andare a La Push»
«Oh, bhe, perfetto. Ti accompagno. La riserva è più lontana di casa tua, ci metterai secoli a piedi»
«A piedi si, ma a quattro zampe no» risposi con sguardo diabolico. «Comunque, ti ricordo che non puoi andare a La Push, è territorio dei lupi»
«Si, certo, però posso fermarmi prima della linea del confine. Ti ricordo che Forks è territorio neutrale»
«Mh, giusto» risposi rassegnandomi a salire in macchina.
«Per quanto durerà ancora, questa cosa?» chiesi, mentre la macchina correva verso la riserva indiana.
«"Questa cosa", cosa?»
«Il fatto che mi offriate sempre un passaggio»
«Finché non avrai la patente. Penso»
«Contenti voi» risposi guardando il bosco fuori dal finestrino.
Dopo qualche minuto arrivammo in prossimità di La Push. Jasper frenò qualche metro prima del confine.
«Ciao. Grazie» dissi uscendo fuori dall'auto ed avviandomi verso la casa di Emily.
«Ehi, Chiara!» mi salutò Seth, era sul marciapiede dalla parte opposta della strada che attraversò correndo.
«Ciao, Seth»
«Dove sei stata? Sam è molto arrabbiato. Perché non ci hai avvertiti?»
«Bhe, ero intenzionata a farlo, infatti sto andando da Emily»
«Non penso che Sam sia a casa»
«E perché?»
«Mah, abbiamo sentito odore di vampiro, forse la rossa e tornata. Non pensiamo siano i Cullen»
«È morto qualche altro umano?»
«No, no, abbiamo solo sentito l'odore, tranquilla»
«E perché tu non sei a caccia con loro?»
«Sam mi costringe a continuare gli studi, come con te, immagino» mi rispose, facendomi notare il piccolo zaino che portava sulle spalle.
«E da cosa lo hai dedotto?»
«Dal fatto che pure tu hai una cartella e che al mattino non sei mai qui»
«Mh, giusto»
Seth cercò di sfilarmi lo zaino dalle spalle.
«Che fai? Provi a rubarmi qualche quaderno scarabocchiato?»
«No, cerco di fare il licantropo gentile» mi rispose con un sorrisetto.
«Stupido» dissi ridendo e dandogli il mio zaino.
«Intanto, però, hai apprezzato il mio gesto» rispose lui, ridacchiando.
Alzai gli occhi al cielo e gli tirai un pugno sulla spalla sinistra.
Seth fece finta che gli avesse fatto moooolto male, anche se sapevo che non lo aveva neanche sentito.
Poco dopo arrivammo a casa di Emily, ancora ridendo come cretini. Fortunatamente la riserva non era molto grande, sennò ci avremmo messo troppo a piedi.
Si sentivano molte voci provenire dall'interno e c'era un forte odore di licantropo, probabilmente gli altri erano dentro.
Seth bussò alla porta ed Emily venne ad aprirci.
«Visto, Jared? Chiara sta bene, mi devi cinque dollari!» urlò felice Embry.
Che avevo detto? Quei due, così come Emmett e Jasper, scommettevano sempre su qualsiasi cosa.
«Neanche mezzo graffio?» mi chiese Jared, pur di non perdere cinque dollari.
Feci cenno di "no".
«Un po' di mal d'aereo?»
Scoppiai a ridere «No»
Jared sospirò mente dava i soldi ad un Embry raggiante.
«Ci devi raccontare qualcosa, dato che, in due giorni non hai avuto tempo, nemmeno in forma lupo, per aggiornarci e dirci se tu e Bella eravate ancora vive» disse Sam, con un tono calmo ma con una punta d'irritazione.
«Certo» dissi sedendomi e iniziando a raccontare ciò che avevamo fatto a Volterra, tralasciando il fatto che i Cullen avrebbero dovuto trasformare Bella entro pochi anni.
Dopo la mia storia scoprì che il branco riusciva a sentire la mia presenza, ma essendo impegnata in altro ero sempre stata nella mia "mente privata" senza accorgermi degli altri; ops? Probabilmente la possibilità di comunicare mentalmente non aveva limiti di distanze.
Alla fine chiesi notizie su Victoria, ma a quanto pare, si era solo avvicinata per poi andarsene.
Dopo l'intero pomeriggio passato alla riserva me ne tornai a casa e mi subì il quarto grado degli Smitterson.
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