57. Paura
«Perché non si sveglia? Non sarebbe meglio portarla in ospedale?» chiese una voce che non riuscii a riconoscere immediatamente.
Qualcuno ridacchiò e rispose «Non si può portare qualcuno come noi in ospedale». Era una voce più soave e leggera rispetto all'altra.
Qualcuno, probabilmente la prima persona che aveva parlato, sospirò.
«Si sveglierà a breve, non temere. Ormai è fuori pericolo» disse la seconda voce.
«Davvero?».
«Sì, non sono così male come dottore» rispose ridendo.
«Non ne dubito, ma come fa ad essere sicuro che si sveglierà?».
«Dammi pure del tu, te l'ho già detto milioni di volte, Andrea» disse gentilmente quello che, alla fine, riconobbi come Carlisle.
«Sì, ok, ma...».
«Lo sento dal battito del cuore: è un po' più veloce. Tra poco si sveglierà e... sono abbastanza sicuro che riesca già a sentirci».
«E allora perché non si sveglia subito o non fa qualcosa, qualsiasi cosa?».
«Dalle del tempo, ha comunque rischiato la vita».
«Già, lo so...». Un sospiro e una mano umana mi accarezzò il braccio destro.
«Stai tranquillo, si rimetterà al cento per cento».
Rimettermi? Perché? Ero tanto confusa. Non capivo perché mi sentissi così debole, come se una banda di triceratopi impazziti mi fossero passati tranquillamente sopra, spiaccicandomi.
Dovevo assolutamente chiedere a Carlisle che cosa era successo.
Le palpebre mi sembravano così pesanti ma, lentamente, riuscii ad aprire gli occhi e a guardarmi intorno. Vi era una luce tenue, che lasciava tutto in penombra.
Individuai subito Andrea, seduto vicino al letto, che sorrise entusiasta. Carlisle era dalla parte opposta della stanza.
Cercai di mettermi seduta, ero confusa, mi servivano delle spiegazioni.
«Ehi, ehi, ehi. Ferma» disse Carlisle arrivando di fianco al letto «Non puoi assolutamente alzarti, sei ancora troppo debole».
Mi guardai intorno e, nella penombra, distinsi i contorni della mia camera.
Aspetta un attimo... ha usato la "super velocità" e qui c'è Andrea. Cosa sta succedendo? Pensai ancora più confusa. Che tutte quelle stranezze facessero solo parte di un sogno?
«Cos'è successo?» domandai con voce debole.
«Non... ti ricordi?» chiese titubante Andrea.
Cosa dovrei ricordare? Mi chiesi.
«Oh, è abbastanza normale» disse Carlisle rassicurando l'umano. «Sono successe molte cose insieme. Pian piano ricorderà tutto, soprattutto quando vedrà il segno sul braccio».
Segno sul braccio? Quale segno sul braccio?!
Guardai il braccio sinistro e vidi l'ago di una flebo. Mi irrigidì e chiusi gli occhi. Io avevo il terrore degli aghi!
«Beh, era meglio se guardavi l'altro braccio» rispose Carlisle mascherando una risata in un colpo di tosse.
«Toglilo. Ti prego» dissi a denti stretti.
«Eh? Hai paura degli aghi?» chiese Andrea, ridacchiando.
«Sì!» dissi nel mentre che Carlisle toglieva la flebo.
«Non me lo hai mai detto».
«Beh, adesso lo sai».
«Guarda che puoi aprire gli occhi, ho già rimosso il tutto da secoli» disse Carlisle e lui ed Andrea iniziarono a ridere.
«Molto divertente...» bofonchiai arrossendo lievemente «Perché avevo una flebo attaccata al braccio? Per vedere in quanto tempo svenivo dalla "paura"?».
Andrea si schiarì la voce e mi fece vedere una cicatrice sul mio avambraccio destro.
Era una sorta di piccola mezzaluna, si distinguevano abbastanza bene i segni dei denti che mi avevano trapassato la pelle. Era molto simile ai segni che presentava Jasper sul corpo.
«Oh...» mormorai ricordandomi tutto.
«Già...» disse Andrea in un sospiro.
Guardai Carlisle. «E come mai non sono...» la frase mi morì in gola, ma entrambi capirono.
«Probabilmente perché la tua "metà da vampiro" ti ha salvato» iniziò a spiegare Carlisle «Il DNA, molto simile a quello dei vampiri, tranne che per la parte con i geni da licantropo, deve aver contrastato il veleno di Alec, fatale per i licantropi e gli animali e causa di trasformazione per gli umani. In pratica è accaduto ciò che avviene quando un vampiro viene morso da un altro vampiro: rimane il segno e basta.
Beh, in realtà, tu sei svenuta e non ti sei risvegliata per tre giorni e tre notti, ma a livello molecolare è tutto uguale, sei ancora un licantropo-vampiro».
«Sono svenuta da tre giorni?».
Carlisle annuì «Sì, e ci siamo presi anche un bello spavento. Sei caduta a terra, priva di sensi, e il tuo battito cardiaco era decisamente troppo debole. Ho provato a succhiarti via il veleno tramite la ferita aperta, ma era come se fosse sparito. Nel tuo sangue non vi era il giusto amaro del veleno. Poi...».
«Aspetta un attimo. Mi hai succhiato il sangue?» lo interruppi.
«Sì, solo per togliere il veleno».
Ridacchiai. «E com'era? Visto che il sangue dei licantropi non vi attira per niente, sono curiosa».
Carlisle fece una smorfia «Diciamo che sono sicurissimo che il sangue umano sia mille volte meglio».
«Ah, giusto... non hai mai ucciso un umano, non puoi fare un paragone...».
Carlisle alzò le spalle «Non ci tengo a farlo».
«Dovresti rubare una sacca di sangue» continuai.
Carlisle ridacchiò «No, grazie. Posso continuare?».
«Sì, giusto. Scusa» ero comunque curiosa di sapere cosa fosse successo.
«Abbiamo deciso di portarti a casa, seguiti dai licantropi, e ti abbiamo portata qui» disse indicando la stanza «Poi, dalla forma di lupo sei diventata umana ed è questo che ci ha preoccupati. Eri pallida ed i lupi hanno detto che quando un licantropo muore in forma di lupo, diventa da solo umano».
Annuii, sapendo già cosa accade ad un licantropo quando muore.
«Alec e Jane che fine hanno fatto?» chiesi dopo un attimo.
«Sono scappati. Edward e Leah, essendo i più veloci, li hanno inseguiti, però poi Edward ha sentito i pensieri di Felix e Demetri, quindi sono tornati indietro lasciandoli scappare».
Annuii pensierosa.
Almeno potrò uccidere Alec con le mie mani. Pensai irritata.
«Vado a prenderti qualcosa da mangiare, scommetto che avrai fame» disse Carlisle dirigendo verso la porta.
«Sì, grazie, ma non ho tantissima fame del tipo che mangerei un bue o qualcosa del genere quindi contenetevi».
Se Alice fosse stata preoccupata per me, e probabilmente lo era, avrebbe potuto realizzare assieme ad Esme un banchetto per una corte di 20'000 sudditi.
Il vampiro rise e uscì dalla stanza.
Appena Carlisle chiuse la porta, Andrea si alzò dalla sedia sulla quale era seduto e si sedette sul letto, di fianco a me.
«Come stai?» mi chiese guardandomi negli occhi.
«Mh... bene, credo».
Mi accarezzò una guancia affettuosamente e delicatamente «Mi hai fatto preoccupare parecchio».
«Beh, non ho chiesto io ad Alec di mordermi» risposi fingendo di essere imbronciata.
«Hai ragione» rispose ridacchiando «Ma non farlo mai più! Aggredire due vampiri, che pazzia è mai questa?».
Impallidii. «Va... vampiri? No... non...».
Mi interrruppe posando l'indice sulle mie labbra. «Piccola, so praticamente tutto, non devi più nascondermi nulla».
Provai a sedermi, ma lui mi bloccò.
«Non agitarti, è tutto ok. So dei Volturi, dei vampiri, dei licantropi e anche degli ibridi simili a Renesmee».
Rimasi per un attimo in silenzio, per poter digerire le sue parole. Sapeva tutto, ogni minima cosa.
«Non... hai paura?» mormorai.
Sorrise e scosse la testa. «Assolutamente no, ma te lo avevo già detto, per cercare di farmi rivelare qualcosa da te».
«Ma... noi siamo dei mostri».
«Non siete dei mostri. Dei mostri non si aiuterebbero l'un l'altro come fate voi. Voi siete una normalissima famiglia, dove tutti si aiutano a vicenda. Certo, forse siete una famiglia un po' allargata e con qualche stranezza in mezzo, ma è questo ciò che vi rende unici».
«Andre...» mormorai.
«Non dire nulla, non cambierò mai idea, nemmeno se dovessi raccontarmi di immensi spargimenti si sangue fatti dai tuoi familiari».
Rimasi sbalordita a fissarlo. Come poteva essere così calmo?
Sorrise e si avvicinò. Poggiò le sue labbra sulle mie, baciandomi con la massima delicatezza. Forse era ancora preoccupato che stessi male.
Cercai di nuovamente di mettermi seduta e lui, sghignazzando, si allontanò di poco da me. Poggiò le sue mani sulle mie spalle «Non alzarti».
Sbuffai. «Guarda che non sono così debole».
Lui rise. «Evita di affaticarti. Non passerò altri tre interi giorni al tuo capezzale».
Sorrisi. «Non servirà, se nessun altro cercherà di ucciderti».
«Non accadrà» rispose.
Mi sedetti con nonchalance e Andrea mi fulminò con lo sguardo.
«Non accadrà solo se non saprai nulla di noi» mormorai.
«Sei in ritardo, mi dispiace, ormai so quasi tutto».
Sospirai.
Dei passi in cima alle scale mi distrassero. Dopo un attimo, Esme entrò nella camera, portava un vassoio con due tazze fumanti, che odoravano di cioccolata, e dei biscotti.
Posò il vassoio sul mio comodino.
«Come stai?» mi chiese.
«Bene» risposi e mi lasciai abbracciare.
Esme porse una tazza di cioccolata calda ad Andrea ed una a me.
«Dovrai mettere Andrea al corrente di tutto» mi annunciò la vampira.
«Ma i Volturi...».
«Non sono un problema. È giusto che sappia, così come ha saputo Bella».
«Ma... ma...».
«Tranquilla, come ti ho già detto, un po' di cose le so già e posso aspettare» si intromise il ragazzo.
Esme uscì dalla stanza, lasciandoci nuovamente soli.
Finii in fretta la cioccolata calda, mangiando anche qualche biscotto, e decisi di alzarmi.
«Ehi, dove pensi di andare?» chiese Andrea bloccandomi per la vita e tirandomi a sé, facendomi sedere sulle sue gambe.
Mi girai e lo guardai negli occhi verdi «In giro?» risposi.
«No, non credo proprio. Sei troppo debole» rispose baciandomi.
Mi ritrassi e mi alzai.
«Ehi...» si lamentò alzandosi.
Mi diressi verso il balcone.
Lui mi seguì e mi fermò prendendomi il braccio «Chiara, cosa vorresti fare?»
«Andare a farmi un giro, te l'ho già detto».
Lui sospirò «Non cacciarti nei guai».
Annuii «Tranquillo».
«Non allontanarti troppo».
«I lupi potranno ritrovarmi».
«Non stancarti, ricorda che fino a poco fa stavi lottando tra la vita e la morte».
«Sì, papà» risposi ridacchiando.
«Ehi, guarda che te lo sto dicendo per il tuo bene» disse sbuffando ed incrociando le braccia.
Mi misi a ridere e mi avvicinai alla ringhiera del balcone.
«Aspetta un attimo, vuoi...».
«Saltare giù?» dissi anticipandolo. «Sì, esatto»
Andrea mi guardò spaventato.
«Tranquillo, non mi farò nulla» saltai sull'albero davanti alla casa e poi scesi a terra.
Il ragazzo mi guardò con sguardo apprensivo nel mentre che mi trasformavo e sparivo fra gli alberi.
Le zampe si muovevano sicure sul terreno dissestato del bosco. Sapevano dove portarmi. Non ci stavo neanche pensando, correvo e basta.
Era da un po' che non andavo in quel posto rilassante e lontano da qualsiasi cosa.
Ogni tanto, sul terreno, c'era della neve ma la maggior parte delle fronde degli alberi l'aveva bloccata prima che toccasse il suolo.
Continuavo a correre sicura, gareggiando contro i vento, nel mentre che i miei pensieri vagavano liberi e selvaggi. Però, vi era sempre un unico pensiero che riusciva ad annientare tutti gli altri. Continuava a tormentarmi per sapere che cosa avrei detto ad Andrea.
Bella domanda... pensai. Potrebbe essere facile, ormai sa quasi tutto e sembra molto tranquillo anche se è consapevole di essere circondato da mostri. Sospirai. E se dovessi rivelargli anche solo una piccola cosa che potrebbe spaventarlo? E se decidesse di lasciarmi solo per questo?
Ringhiai e cercai di scacciare quel pensiero.
Ad un tratto, rallentai e passai dentro ad una piccola caverna naturale, dal lato opposto intravedevo già la luce del mio piccolo "posto segreto".
Uscii dalla caverna e mi ritrovai su di un largo spuntone di roccia ed erba soffice, ormai ricoperti di neve. Circa 15 metri più in basso, vi era un lago né troppo grande né troppo piccolo ed abbastanza profondo per tuffarsi dallo spuntone dove mi trovavo senza spiaccicarsi sul fondo.
Intorno al lago si estendeva il bosco.
Vicino alla parete rocciosa della caverna si ergeva una fila disordinata di alberi.
Certo, forse non era un granché, ma era un bel posticino appartato.
Mi sdragliai in punta allo spuntone, con le zampe anteriori e la testa fuori da esso. Una lieve brezza invernale, non troppo fredda, mi solleticò il muso e la pelliccia.
Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare da quella tranquillità, con i lievi raggi del sole invernale che mi riscaldavano leggermente, anche se la mia temperatura un po' più alta di quella umana non mi faceva sentire freddo.
Mi assopii, pur mantenendo i sensi all'erta. Restare attenta anche quando stavo dormendo era un'abitudine che mi era rimasta dopo che avevamo lottato contro il branco di Sam.
I passi silenziosi e l'odore di un licantropo che conoscevo bene mi destarono dal mio dormiveglia. In più c'era anche l'odore di Andrea. Sapevo perché era qui.
Sbuffai.
Seth si fermò all'entrata della caverna.
«Scusa, voleva venire da te e non potevo dirgli di no...» disse il licantropo.
Non importa, Seth...
Andrea mi raggiunse e, intanto, il grosso lupo tornò a casa dai Cullen.
Mi misi nella "mente privata" per avere un po' più di privacy.
Andrea si sedette vicino a me, con le gambe giù per lo strapiombo, e poggiò le mani dietro di sé, distendendo le braccia.
Lo guardai con la coda dell'occhio. Perché non era spaventato?
Il silenzio che regnava tra noi non era imbarazzante, o almeno, non per me.
«Che bel posto» commentò Andrea «Molto tranquillo».
Annuii in silenzio.
Mi guardò «Ehi, tutto bene?».
Annuii.
«Sei silenziosa e tesa. Sai che puoi dirmi tutto, no?».
Sbuffai. Perché doveva sempre capire se mentivo o no?
Lui ridacchiò e si mise a sedere normalmente, poggiando una mano sulla pelliccia giallo-sabbia fra le mie scapole. Non saprei come definire quel colore, era un po' più scuro di quello di Seth, ma non era giallo ocra.
Cercai di spostarmi, ma volevo evitare di fare un bagno senza preavviso, volando giù dalla rupe.
«Ehi, cos'hai?».
Niente.
«Mh... sicura?».
Sì.
Affondò il viso nel mio pelo «Hai una pelliccia così morbida... posso farmici un cuscino?» chiese ironicamente.
Ringhiai scherzosamente. La mia pelliccia è sacra, non farci strani pensieri.
Lo sentì ridacchiare.
Sospirai e presi a guardare l'acqua azzurra e gelata. Stranamente non vi era del ghiaccio, probabilmente si era scongelato.
«Amore? Cos'hai? Dai, piccola, lo sai che capisco quando menti».
Se fossi stata in forma umana sarei arrossita di fronte a quelle parole.
Mi misi a sedere, costringendolo a spostarsi, e lo guardai negli occhi. Nulla, Andre. Nulla.
Alzò un sopracciglio, però capì che era meglio non indagare.
Tornai in forma umana e mi sedetti con le gambe a ciondoloni nel vuoto.
Lui sorrise e si avvicinò a me, cingendomi le spalle con un braccio ed attirandomi a sé.
Poggiai la testa sul suo petto e mi guardai intorno. Non avrei iniziato io il discorso.
Lanciai un'occhiata al morso sul mio avambraccio destro. Riluceva lievemente alla luce del sole, ma non ero sicura che anche Andrea vedesse quel piccolo luccicare.
Il ragazzo mi baciò i capelli e poi iniziò a parlare: «Posso farti una domanda?».
Annuì.
«Ok, beh... forse è stupida».
Lo guardai, era arrossito.
«Com'è stato...? Beh... hai capito».
Ci pensai un attimo, non volevo leggergli i pensieri «Ehm... no, scusa, non ho capito»
Era nervoso. Cos'aveva?
«Com'è stato baciare... il tizio, il vampiro?»
Chiusi gli occhi. Ecco, era ovvio... pensai irritata. Speravo che se lo dimenticasse.
Potevo fingere che non me lo ricordassi ancora, ma non avrei potuto fingere per sempre. Me lo avrebbe chiesto di nuovo, era ovvio che si fosse sentito tradito.
Visto che non rispondevo cercò di giustificarsi «Potrei sembrarti stupido, geloso, superficiale, ma, non so perché, vorrei un tuo parag...».
Lo interruppi baciandolo.
Si allontanò.
«Questo cosa significa?» chiese.
«Che non devi invertire i ruoli: sono io che rifiuto i baci, non tu» risposi ridendo.
Andrea rise a mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Seriamente. Qual è la risposta?».
Mi allontanai, stringendo le ginocchia con le braccia. Tenni il conto con le dita: «Primo: aveva le labbra congelate, come tutti i vampiri, immagino. Però vabbè, a questo ci si potrebbe abituare. Secondo: l'odore e il... gusto disgustosi. Però, vabbè, anche a questo ci si potrebbe abituare. Terzo: volevo ucciderlo e salvarci la vita. Quarto: pregavo che una ginocchiata gli facesse male. Quinto: lottavo contro l'istinto di allontanarmi. Sesto: stavo cercando di liberarmi. Settimo: ha usato la lingua in modo troppo... precoce e disgustoso; tu ci vai molto più... adagio, ed è decisamente meglio. Ottavo: le mani dietro al suo collo avrei voluto mettergliele attorno al collo. Nono: le sue mani poteva mettersele da qualche altra parte».
«E... quindi?».
«Hai sentito quello ho detto?».
Lui annuì. «Sì, ma la sintesi?».
«Decimo: è infinitamente meglio baciare te, scusa se ho baciato il vampiro».
Si avvicinò di più a me «Non è importante, è acqua passata. Volevo solo vedere cos'avresti detto» disse con un sorrisetto perfido.
«Sadico...» bofonchiai.
«Adesso... che ne dici di spiegarmi un po' di voi?».
Mi irrigidì, ritraendomi dal suo contatto «Meglio di no».
«Perché?» chiese.
«Perché sei umano e ci sono cose che non dovresti sapere».
«I Volturi non lo verranno a sapere».
«Potrebbero. Già il fatto che tu sappia di loro è un male».
«È stato quell'Alec a dirmelo, oltre che Carlisle, nel mentre che stavi morendo».
Scossi la testa «Sono furbi e subdoli. Troverebbero un pretesto per attaccarci e una possibile battaglia potrebbe finire male. Molto male».
Sospirò «Alcune cose le so già. Perché non dovrei sapere altro? Aro capirà che, date le circostanze, siete stati abbastanza costretti a rivelarmi certe cose».
Mi alzai. «Non so cosa ti abbiano detto e non mi interessa. Ma tu non puoi saperlo».
«Bella sì e io no?».
«Hai visto che fine ha fatto Bella?! Ha rischiato di morire!».
«Beh, non è detto che io abbia la sua stessa sfortuna» rispose alzandosi anche lui.
«Tu lo sai che stai parlando con un... mostro?».
«Chiara, dai, sei una bellissima rag...».
Gli intimai di stare zitto fulminandolo con lo sguardo, cambiando il mio colore degli occhi da nocciola chiaro a giallo. Era utile saper cambiare a piacimento il proprio colore degli occhi, dovevo ammetterlo.
«Sono per un terzo umana. Il resto è un miscuglio fra licantropo e vampiro».
«E allora?».
«E allora?! Sono pericolosa!» ringhiai.
Mi guardò male «Non vedo perché dovresti farmi del male».
Mi avvicinai a lui, sbuffando.
«Potrei ucciderti anche senza volerlo» sibilai.
Lui sospirò. «Non lo farai».
«Potrei».
«No, non lo farai. Ti sai controllare».
«Sei per caso Alice?! Ti ha detto lei che non ti ucciderò per errore, in un attacco d'ira?!» non gli lasciai il tempo di rispondere «Beh, sappi che le sue visioni possono cambiare». Mi allontanai tremando e gli diedi le spalle. Chiusi gli occhi e feci dei profondi respiri per provare a calmarmi.
«So che non mi ucciderai, perché mi fido di te» disse Andrea calmo «E non mi importa se sei un licantropo, un vampiro, un'umana o qualsiasi altra cosa. Mi piaci così come sei».
Ringhiai e, in uno scatto d'ira, tirai un pugno alla roccia, lasciando un profondo solco e non facendomi assolutamente mano alla mano.
Andrea mi osservò, in silenzio.
«Perché non lasci perdere tutto questo?» chiesi appoggiandomi alla fredda roccia.
«Perché ti amo, forse?».
«Rischi solo di morire e di farci ammazzare tutti. Se i Volturi dovessero attaccarci per ucciderti, non potrei vivere con il rimorso di aver fatto sacrificare dei miei familiari per salvarti, ma non potrei neanche lasciare che ti ammazzino senza intervenire».
«Perché ti fai tutti questi problemi? Non succederà nulla di male».
Sospirai.
«Cosa dovrei fare, secondo te? Andarmene e mollare tutto?».
«Esatto». In realtà, speravo che non lo facesse, che restasse anche se non ero umana.
«Chiara, tu mi piaci, seriamente. Non posso lasciarti solo perché non sei umana. Secondo te, dopo questi avvenimenti così sensazionali, dovrei accontentarmi di una ragazza normale e dimenticarti?».
«Sì. E soprattutto dovresti avere paura».
«Per questo non vuoi dirmi niente. Temi che io possa spaventarmi e andarmene, ma devi capire che non ho paura».
«Andre, trovati una ragazza normale».
«E chi, scusa? Sharon, Martha o Jessica?»
«Quelle non sono ragazze normali, sono oche» risposi con una punta di gelosia, voltandomi per poterlo guardare.
Andrea sorrise.
Sospirai. Quanto amavo quel sorriso.
«Visto? Anche se sei un licantropo e un vampiro, sei anche umana. Sei gelosa di tre ragazze che non mi interessano minimamente»
«Non è vero» risposi imbarazzata.
«Dovresti scegliere meglio la gente di cui essere gelosa. Quelle lì non le guarderò mai: moda, trucco, tacchi ecco i loro singoli pensieri, tu dovresti saperlo. E poi, cambiano un ragazzo alla settimana, se non di più».
«E di chi dovrei essere gelosa? Sentiamo...».
«Di nessuna. Ho occhi solo per te» rispose sinceramente «Se proprio vuoi essere gelosa di qualcuna scegli una ragazza che non sia come quelle tre oche, per favore. E non pensare di ingelosirti di Alexis, lei la lascio a Brian che ne è cotto da secoli».
«Oh, tanto stanno insieme».
Andrea spalancò gli occhi «Cosa?! E da quando?» .
Ops, forse non dovevo dirlo... Pensai. Però ormai il danno è fatto.
«Da, più o meno, un mesetto prima che tu "conoscessi" Victoria a quel famoso campeggio di terza media» risposi.
«Brian non me lo ha mai detto...».
«Neanche Alexis lo ha detto a me, lo so perché stavo cercando qualcosa, non mi ricordo più cosa, nelle loro menti e ho scoperto questo. Nessuno di noi due dovrebbe saperlo. Alexis è timida, più timida di me, lo sai, per questo non lo hanno detto a nessuno, neanche a noi».
Andrea annuì. «Ok... comunque: posso sapere un po' di cose su di voi?».
Scossi energicamente la testa.
Lui sospirò. «Stai tranquilla. Non me ne andrò. Sarei qui anche se tu fossi un troll arancione che mangia... non so... rane»
«Alcuni umani mangiano le rane».
«Era per darti un'idea...».
«Lo avevo capito».
«Allora, partiamo dal fatto che esistono i licantropi, i vampiri e gli ibridi...»
Ringhiai. Era davvero ostinato...
«Smettila. Tanto non ti spiegherò nulla».
«Cosa c'è che non dovrebbe andare in te?!».
«Tutto».
«Accetto che tu sia un licantropo, un vampiro e tutto il resto. Non mi interessa».
«Non possiamo stare insieme anche perché io sono immortale. Certo, posso decidere di invecchiare, ma non sarebbe una cosa facile».
«Sei immortale?».
Annuii, convinta di aver beccato il suo punto debole.
«Ma è una figata! Hai tutto ciò che gli umani cercano da sempre e te ne lamenti?!».
«Quando ti piace un mortale non è così tanto bello...».
«Potrei diventare un vampiro: problema risolto».
Lo fulminai con lo sguardo, scoprendo i denti. «No, non diventerai un mostro!».
«Ok, ok, calma. Era solo per dire».
«Possiamo cambiare argomento?» chiesi dopo un attimo.
«Perché?».
«Perché devo ancora abituarmi al fatto che tu sappia tutto».
«So quasi tutto» mi fece notare.
«Beh, il resto te lo dirò non appena saprò come spiegartelo senza spaventarti».
«Quindi, prima o poi, mi dirai tutto?».
«Forse».
Sospirò. «Ok, di cosa vuoi parlare?».
«Non lo so, di qualsiasi cosa che non comprenda licantropi, vampiri e altre stranezze del genere».
«Ehm, ok...» mormorò avvicinandosi allo strapiombo. «Vediamo, di cosa possiamo parlare». Si sedette.
Aspettai in silenzio.
Il ragazzo ridacchiò. «Sai, non ho assolutamente idee» disse girandosi a guardarmi «In questo istante nella mia mente frullano solo domande sul "paranormale"».
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
«Scusa, ma non posso farci nulla» si giustificò.
Mi sedetti vicino a lui. «Prova a pensare ad altro».
«Del tipo?».
«Non lo so. La scuola, i compiti, qualcosa».
«È il tre di gennaio, c'è ancora tempo per la scuola».
«Il... tre di gennaio?» chiesi incredula.
Andrea annuì.
«Per quanto sono rimasta priva di sensi?».
«Te lo ha detto Carlisle, tre giorni e tre notti».
Non risposi, non riuscivo a capacitarmi di aver perso tre interi giorni.
«Il trentuno pomeriggio e notte, tutto il primo gennaio, così come il due e poi il tre mattina. Ti sei svegliata verso le quattro di pomeriggio, ma, se non hai controllato l'orario, non te ne sarai accorta» disse l'umano con un sorriso tirato. «Le circa... settantadue ore peggiori della mia vita» aggiunse quasi in un sussurro.
Lo guardai attentamente. «Sai, adesso che ci penso, sembri tu quello che è appena uscito da una lotta fra la vita e la morte» cercai di scherzare.
«Ah, davvero? E perché?» chiese con un sorrisetto sghembo.
«Mh, vediamo... capelli spettinati, vestiti sgualciti, occhiaie, volto pallido e occhi leggermente arrossati, come se non dormissi da un po'».
Sorrise. «Per le occhiaie e il viso pallido, potrei quasi sembrare un vampiro».
«Ha detto bene: quasi».
«Cos'è che mi manca?» chiese sorridendo «L'immortalità e basta, no?».
Mi avvicinai di più a lui e le nostre labbra si sfiorarono. Lo guardai negli occhi. «Mh... ti mancano tante cose. L'immortalità; gli occhi neri, rossi o dorati; la pelle dura, fredda, diafana e che sberluccica alla luce del sole; la sete di sangue; l'odore fin troppo dolce» feci una piccola smorfia «la voce leggera e cristallina; il passo silenzioso; l'agilità; la forza; la velocità... potrei andare avanti per ore».
«Hai ragione» rispose «Sono tante, troppe, cose. Ma, con un piccolo morso...».
«No!» ringhiai allontanandomi bruscamente «No, no e no!».
«Ok, tranquilla, non serve agitarsi».
Voltai la testa, chiusi gli occhi e strinsi i denti, che sentivo essere diventati zanne, ed i pugni, ferendomi con gli artigli.
Andrea mi abbracciò. «Ehi, non volevo dire nulla di male, era solo una battuta».
Non risposi, cercando di non perdere il controllo. Non sapevo nemmeno perché fossi così arrabbiata.
«Fai un bel respiro» sussurrò il ragazzo «Ti sei già controllata altre volte, puoi farlo anche ora».
Cercai di seguire i suoi consigli e, dopo un po', riuscii a riacquisire il controllo e tornare "normale".
«Grazie» mormorai guardandolo.
«E di cosa? Mi fa piacere aiutarti» rispose sorridendo.
Sorrisi e abbassai lo sguardo.
«Stavi perdendo il controllo per il lupo?» chiese come se non fosse nulla di così strano.
«No, anche il lato da vampiro era "attivo"».
«I vampiri non hanno le zanne, però. Beh, almeno non voi. Giusto?».
Annuii.
«Quindi le zanne e gli artigli erano lupeschi».
Sorrisi. «Sì, ok. Anche gli occhi gialli, se vuoi saperlo, e addirittura il fatto che mi metta a tremare, ma, questa volta, non è successo».
«Hai detto che era coinvolto anche il vampiro... quindi, avevi sete del mio sangue? Anzi, hai sete del mio sangue?».
«No, cioè, sì. Più o meno, è complicato».
Mi guardò incoraggiandomi ad andare avanti.
Ok, solo questo piccolo dettaglio e poi basta. Pensai.
«Prima, sentivo più chiaramente il tuo cuore che batteva e l'odore caldo ed invitante che emana il tuo corpo, ma... no, non avevo sete. O almeno, non così tanta da attaccarti, anzi, non ci ho fatto neanche caso».
«E normalmente? Hai sete?».
Scossi la testa. «Se un umano mi sta vicino, no. Solo sei ci penso mi viene un piccolo sentore di sete, diciamo. Però, se un umano inizia a sanguinare, magari copiosamente, ho voglia di assalirlo. In questi casi, il lupo mi aiuta, perché impedisce al vampiro di attaccare, mantenendo il controllo, ma quando entrambi escono di testa...» scossi la testa ridacchiando «Beh, addio controllo ed ecco che sono trasformata in lupo o in quella strana forma di mezzo che ho acquisito da poco e che non so ancora controllare benissimo».
«Hai mai ucciso qualcuno?».
Scossi la testa. «Ma, a volte, ho desiderato farlo» aggiunsi poco dopo.
«Vedi? Non è così difficile rivelarmi tutto».
«Già e adesso sai anche troppo» mi alzai «Quindi basta con le rivelazioni».
Andrea sospirò e si alzò. «Va bene, per oggi basta». Si avvicinò e mi strinse a sé, cingendomi la vita con un braccio. «Ma domani mi dirai altro, e così dopodomani, e i giorni seguenti, finché non saprò tutto» mormorò sorridendo.
Scossi la testa.
«Stai tranquilla, prima o poi cederai» rispose.
«Se ne sei convinto...» dissi appoggiando la testa sul suo petto.
Mi accarezzò la schiena. «Convintissimo» disse e mi baciò i capelli.
Rimanemmo così, abbracciati ed in silenzio, per un tempo indefinito, finché una lieve brezza invernale non ci accarezzò, facendoci tornare alla realtà.
Andrea rabbrividì per il freddo ed io mi allontanai. «Hai freddo?» gli chiesi guardandolo negli occhi.
«Sì, devo ammetterlo». Si guardò intorno «Sai che ora potrebbe essere? Non ho né un cellulare né un orologio qui con me».
Guardai il cielo, era scuro come se fosse notte.
«In base alle pochissime stelle e alla luna che sta sorgendo» dissi «Sono all'incirca le sei e mezza, ovviamente di sera».
Spalancò gli occhi. «Già le sei? Cavolo, il tempo è volato».
«Già» concordai.
«Quanto ci mettiamo da qui a casa tua?».
«A piedi e con la velocità umana? Un'ora e mezza, massimo due».
«Ah, beh, non troppo».
«Però, aggiungiamoci il fatto che dobbiamo passare nel bosco, senza alcuna luce, visto che è praticamente notte». Odiavo l'inverno, la luce svaniva subito e a Forks era ancora peggio, poiché di luce ce n'era poca anche di giorno a causa delle nuvole.
«Ok... puoi chiamare qualche licantropo per portarmi a casa? Non ho voglia di camminare tutta la notte nel bosco, al freddo» rabbrividì di nuovo.
«Ti posso portare io».
«Tu? No, Chiara, non scherzare» rispose sorridendo divertito «Ti spacco la schiena se ti uso come... "lupo-cavallo"».
«Con Seth lo hai fatto».
«Sì, ma lui è grande quanto un cavallo e dieci volge più muscoloso».
«Ehi, in combattimento lo distruggo il caro Seth!» mi lamentai «E mi sono trasformata prima io di lui».
«Tu? Come fai a battere un lupo grande il triplo di te?».
«Con un po' di forza e di astuzia».
Mi trasformai.
Dai, salta su. Gli dissi.
«Sei sicura?» chiese titubante.
Sì.
«Non ti farò male?».
No.
«Ok...». Il ragazzo mi salì in groppa.
Sgringi le ginocchia e afferra la pelliccia con le mani. Senza stringere troppo, please.
«Ehm, ok. Così va bene?».
Annuii. Tieniti forte. Gli suggerii prima di correre verso la casa.
Sentii il ragazzo stringersi più forte a me, temendo di cadere.
Ridacchiai e, giusto per movimentare un po' quella corsetta, iniziai a saltare ogni ostacolo presente a terra: tronchi caduti, cespugli, buche e chi più ne ha, più ne metta.
Rallentai solo dopo aver saltato il fiume che scorreva tranquillo dietro alla casa, ancora popolata da una marea di vampiri.
Andrea scesce immediatamente, contento di trovarsi di nuovo sulla terraferma. «Non salirò mai più su di te! Fai delle corse troppo spericolate!» si lamentò.
Riddacchiai e tornai umana.
«Non c'è nulla da ridere!» rispose fingendosi imbronciato «Seth non corre così veloce e non salta tutte quelle cose. È più diligente».
Mi avvicinai di più al ragazzo umano. «Hai paura di un po' di velocità?» sussurrai.
«Beh, se rischiamo di andare a sbattere contro un albero... sì, assolutamente».
Mi misi a ridere. «Non potremmo mai sbattere. Quando corro ho un senso dell'orientamento perfetto e vedo precisamente ogni cosa intorno a me».
«Sei strana» mormorò il ragazzo sorridendo e facendomi avvicinare di più a lui.
«Lo so, ma tu non sei da meno. Come puoi non aver paura di fronte a tutto questo?».
Alzò le spalle e mi baciò delicatamente. Pian piano, quel bacio diventò sempre più profondo, intenso ed avvolgente, finché non mi allontanai, interrompendo tutto.
Il ragazzo mi guardò confuso.
«Fa freddo ed è tardi, non è meglio se entriamo prima che ti venga una broncopolmonite?» gli chiese sarcastica per spiegare la mia reazione.
Il ragazzo rise «Ok, entriamo». Dopo un attimo aggiunse: «Poi, mi spiegherai tutto?».
«Ancora con questa storia? Non lo so, ok? Non so assolutamente che fare» sospirai, esasperata «Senti, dammi almeno un po' di tempo per pensarci, domani ne riparleremo, va bene?».
«Ok».
«Per tutta questa sera non voglio parlare di questo».
«Va bene».
Passammo la serata in salotto, a guardare una partita di baseball insieme ad Emmett e Jacob. Contro ogni mia aspettativa, tutti i vampiri dagli occhi rossi si comportarono egregiamente in presenza dell'umano.
Avevo scoperto che tutti i testimoni erano rimasti lì per aiutarci in caso di un altro attacco imprevisto, ma entro due giorni sarebbero andati tutti via.
Ad un certo punto, con una scusa, lasciai Andrea sotto in salotto e mi chiusi in camera mia.
Mi fidavo molto dei miei familiari e sapevo che avrebbero evitato che uno qualsiasi dei testimoni attaccasse il mio ragazzo.
Avevo bisogno di riflettere sul da farsi, e stare da sola mi avrebbe aiutata.
Spensi la luce della camera, chiusi la porta e mi sdraiai sul letto.
Ad un tratto, la porta si aprì, risvegliandomi dai miei pensieri.
Un raggio di luce proveniente dal corridoio si fece largo nell'oscurità della mia camera.
Nel modo più silenzioso possibile, Andrea entrò nella stanza, chiuse la porta e si avvicinò al mio letto.
Sorrisi e, quando era circa a metà della strada dalla porta al letto, gli chiesi: «Che cosa vuoi?».
Lui si fermò «Ah, ti ho svegliata? Scusa, non volevo» disse per poi riprendere ad avvicinarsi.
«Non stavo dormendo» risposi.
Lui si sedette sul letto e si sporse verso di me, per potermi accarezzare la guancia con una mano.
«Che cosa vuoi?» domandai di nuovo, mettendomi seduta ed accendendo l'abat jour sul comodino.
«Parlarti».
Lo incitai ad andare avanti.
«Tu non mi dirai nulla, vero?».
«Non oggi».
«Ma nemmeno domani e dopodomani e il giorno dopo».
«Chi te lo dice?».
«Tu hai paura di spaventarmi, hai paura che io me ne vada, ma sono tutte paure infondate».
«Non è vero».
«Sì, ti fai troppi problemi».
«Noi... mostri abbiamo più paura di voi, ok? Sembrerà strano ma è vero. Per questo ci nascondiamo e giochiamo a fare gli esseri umani. Però, quando vediamo l'ombra di terrore che attraversa i vostri volti quando ci scoprite, capiamo di non essere realmente umani e di essere noi i cattivi. Questo ci fa dimenticare di essere stati umani e... può far paura» sospirai «E tu potresti, anzi, dovresti avere paura».
«Ma non ce l'ho» mormorò avvicinandosi a me. «Se avessi avuto paura, adesso non sarei qui a ripeterti che non siete mostri».
Provai a ribattere, ma lui me lo impedì. «Lasciami finire» disse «Se avessi avuto paura, non ti avrei proposto di fare l'amore quella volta che hai accettato. E sai perché?».
Scossi la testa, anche se, in realtà, lui non si aspettava una risposta.
Continuò come se nulla fosse: «Sapevo già che eri un licantropo o, almeno, lo sospettavo, ma ho lasciato perdere. Pur sapendo che i licantropi possono perdere il controllo durante un rapporto del genere, te l'ho proposto comunque. Sapevo che saresti stata in grado i controllarti, e così è stato». Rimase per un attimo in silenzio. «Se avessi avuto paura, ti avrei lasciata già da un pezzo e non avrei fatto tutto quello che ho fatto» mormorò ad un passo dalle mie labbra. «Anzi, non ci saremmo messi insieme, dopotutto, la prima volta che ho assistito a qualcosa di strano è stato durante quel campeggio di terza media, dopo quel primo bacio finito male».
Sorrisi imbarazzata.
Mi guardò negli occhi «Hai capito? Io non ho paura, ora tocca a te scacciare le tue di paure».
Sospirai. «Andre, non lo so...».
«Cos'altro c'è che dobbiamo risolvere oltre alla paura?».
«Se dovessimo lasciarci? Tu, per ripicca, potresti andare a dire a tutti cosa sono e cosa sono tutti gli altri, e...».
Mi bloccò con un lieve bacio. «Perché dovremmo lasciarci?».
«Non lo so, potrebbe capitare».
«Ok... comunque, secondo te sono così stupido?».
«Forse» scherzai.
«Grazie, eh!» rispose ridendo. «Non andrei mai a dire qualcosa su di voi e, soprattutto, rischierei solo di essere preso per pazzo» aggiunse.
«Prima o poi noi dovremo andare via. La gente noterà che non invecchiamo».
«Esistono le relazioni a distanza e verrei a trovarti praticamente sempre. Oppure, basterà solo chiedere ai miei genitori di farmi venire con voi».
«Sarebbe rischioso vivere da noi. Pensa anche solo ad un minimo graffio che potresti farti per sbaglio: potrebbe scatenare contro di te un'orda di vampiri assetati di sangue».
«Ci sareste tu e i licantropi a difendermi».
«Anch'io potrei avere sete di sangue».
«Allora ci saranno i licantropi a difendermi».
«E se non dovessero essere a casa?».
«Non penso proprio che Carlisle potrà perdere il controllo per un graffietto e nemmeno tu» rispose ridacchiando «Così come tutti gli altri».
Sospirai.
«Sei ancora convinta di non potermi dire nulla, vero?».
Annuii.
Sospirò. «Ok, allora evito di darti fastidio. È meglio che vada».
«Ti hanno dato un posto dove dormire?».
«Ho passato tre giorni interi in camera tua, però sì, mi hanno detto di andare in una camera da letto qualsiasi, ma non voglio creare troppo disturbo quindi è meglio che me ne torni a casa. Tanto, credo che ormai non abbiamo più niente da dirci».
Si alzò velocemente e si avviò verso la porta, senza neanche guardare la mia reazione.
Lo sentii scendere le scale.
Rimasi in silenzio, confusa, anche quando sentii il rombo della sua moto che si allontanava. Cosa intendeva con "non abbiamo più niente da dirci"?
Forse ha ragione. Pensai. Dovrei scacciare queste stupide paure e dirgli tutto. Mal che vada, capirà da solo che questa vita è pericolosa e sarà un suo problema.
Sospirai. Avrei dovuto seguirlo e dirgli tutto, oppure avrei dovuto aspettare qualche giorno prima di farmi avanti?
Un dubbio si fece largo nella mia mente, e se non fosse più tornato? Magari, con quelle parole, aveva provato a farmi capire che si era stancato delle mie paure e di tutti quei segreti.
Velocemente, senza pensarci, uscii fuori dalla casa e mi trasformai, iniziando a correre verso casa sua. Speravo solo di sbagliarmi e che non fosse troppo tardi.
Ed eccola di nuovo, la paura che si faceva strada nel mio cuore.
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