52. Si combatte oppure no?
Arrivarono con grande sfarzo, non senza una certa bellezza. Arrivarono in formazione rigida, solenne. Si muovevano all'unisono, ma non era una marcia: affluirono con perfetta sincronia dagli alberi. Una sagoma scura e ininterrotta che sembrava sospesa di qualche centimetro sopra la neve bianca, tanto fluida era la sua avanzata.
Le ali esterne erano grigie: il colore si scuriva ad ogni fila di corpi, fino ad arrivare al cuore della formazione, che era del nero più intenso. Tutti i visi erano ricoperti da cappucci ed erano in ombra. Il vago fruscio dei piedi era così regolare da sembrare musica, un ritmo complicato che non mostrava mai esitazione.
A un segnale che non notai -o forse non vi fu alcun segnale, ma solo millenni di esercizio- la struttura si allargò verso l'esterno. Il movimento era troppo rigido, troppo geometrico per ricordare lo schiudersi di un fiore, anche se il colore poteva suggerirlo: fu come un ventaglio che si apriva, aggraziato ma molto spigoloso. Le figure con il mantello grigio si disposero sui fianchi, mentre quelle più scure avanzarono con precisione fino al centro, misurando al millimetro ogni movimento.
La loro avanzata era lenta, ma decisa, senza fretta, tensione o ansia. Era l'andatura degli invincibili.
I Volturi non diedero il minimo segno di sorpresa o di sgomento nel vedere il gruppo di vampiri che li aspettava: sembrava disorganizzato e impreparato, in confronto a loro. Non batterono ciglio nemmeno di fronte al lupo gigante che stava fra noi.
Non riuscii a trattenermi dal contarli. Erano in trentadue.
Probabilmente trenta. Pensai decidendo di escludere le due figure incerte e derelitte che stavano in fondo a tutto il gruppo, che avevo catalogato come le due "famose" mogli, e la cui posizione protetta suggeriva che non sarebbero state coinvolte nell'attacco.
Mi ritrovai a sorridere internamente. Eravamo in un lieve vantaggio numerico.
Anche se solo venti di noi avrebbero combattuto, a fronte ad altri sette che avrebbero assistito alla nostra sconfitta -o, forse, vittoria-, eravamo comunque in vantaggio grazie ai diciassette lupi che ci avrebbero aiutato.
«Arrivano le giubbe rosse, arrivano le giubbe rosse» borbottò Garrett misteriosamente fra sé e poi ridacchiò appena gli feci scherzosamente notare che i Volturi erano vestiti di nero o grigio. Il vampiro fece un passo per avvicinarsi a Kate.
«Sono venuti alla fine» sussurrò Vladimir a Stefan.
«Le mogli» rispose Stefan con un sibilo. «Tutto il corpo di guardia. Tutti insieme. Menomale che ci siamo tenuti lontano da Volterra».
Poi, come se non bastasse la loro schiera, mentre i Volturi avanzavano lenti e maestosi, altri vampiri cominciarono ad entrare nella radura al loro seguito.
I volti di quell'affluire apparentemente infinito di vampiri erano l'antitesi della disciplina asettica dei Volturi: vi si leggeva un caleidoscopio di emozioni. Inizialmente ci fu lo shock, e persino un po' di ansia, nel vedere quella forza inattesa che li aspettava. La preoccupazione passò presto: si sentivano sicuri del loro numero soverchiante -infatti, non sapevano ancora della presenza dei lupi grandi quanto cavalli, eccezion fatta per Jacob-, sicuri nella loro posizione dietro alla forza inarrestabile dei Volturi. I loro tratti tornarono all'espressione iniziale.
Da quei visi eloquenti era piuttosto facile capire la loro disposizione d'animo. Era una banda di gente infuriata, esaltata fino al parossismo e assetata di giustizia. Prima di leggere quei volti non avevo mai capito in pieno l'atteggiamento del mondo dei vampiri verso i bambini immortali.
Era chiaro che quell'orda eterogenea e disorganizzata, composta da più di quaranta vampiri, fosse considerata dai Volturi l'equivalente dei nostri testimoni. Dopo la nostra morte, avrebbero sparso la voce che i criminali erano stati estirpati, che i Volturi si erano comportati nel modo più imparziale possibile. La maggior parte dei vampiri, però, sembrava sperare in qualcosa di più: volevano partecipare a distruzione e roghi.
Non avevamo scampo. Anche se in qualche modo fossimo riusciti a neutralizzare i più pericolosi, i Volturi, con i loro testimoni, erano superiori di noi di numero.
L'aria intorno a noi era appesantita dalla disperazione, tutti stavano facendo la mia stessa riflessione.
Tra le forze avversarie, c'era un vampiro che sembrava non appartenere a nessuna delle due parti: riconobbi Irina, che esitava fra le due compagnie, con un'espressione unica fra le altre. Il suo sguardo atterrito era fisso su Tanya, schierata in prima linea. Scoprii i denti in un ringhio muto, Edward, invece, ringhiò con un suono basso ma deciso.
«Alistair aveva ragione» mormorò a Carlisle.
«Alistair aveva ragione?» sussurrò Tanya, confusa quanto Carlisle.
«Loro -Aro e Caius- sono venuti per distruggerci e assimilarci» rispose Edward facendo in modo che solo quelli dalla nostra parte potessero sentirlo. «Hanno già studiato buona parte delle strategie possibili. Si erano già impegnati a cercare un altro motivo per offendersi, se l'accusa di Irina si fosse dimostrata in qualche modo falsa. Ma ora vedono Renesmee, quindi sono ottimisti sull'andamento della situazione. Potremmo comunque tentare di difenderci dalle altre accuse premeditate che ci rivolgeranno, ma devono prima fermarsi e ascoltare la verità su Renesmee». Concluse a voce ancora più bassa: «E non hanno alcuna intenzione di farlo».
Jacob fece uno strano sbuffo.
Poi, inaspettatamente, due secondi dopo, la processione si fermò. La musica bassa dei movimenti sincronizzati alla perfezione si trasformò in silenzio. La disciplina impeccabile non venne meno: i Volturi si bloccarono nell'immobilità assoluta come un sol uomo. Si trovavano ad un centinaio di metri da noi.
Sorrisi. Sapevo già perché i Volturi si erano fermati.
Dei lugubri ululati si fecero largo dal bosco. Mi trasformai ed anch'io e Jacob ululammo con loro.
Ai lati, dietro di me, sentii avvicinarsi il battito di grossi cuori. I lupi si erano uniti a noi e formavano lunghi bracci che delimitavano ciascun lato della nostra linea irregolare.
Distinsi subito i giovani lupi da quelli che conoscevo bene. Si riconoscevano, oltre che dal colore del pelo e dalle menti, dall'altezza e dalle zampe troppo grandi.
Scoprii che nella mente del mio branco, quello guidato da Jacob, erano tornati Leah, Seth, Quil ed Embry.
Ma che ca... mormorai sentendoli.
«Siamo rientrati nel branco di Jake questa mattina presto, tu dormivi ancora» mi spiegò Seth.
Ehm... ok...
«Chiara, in caso di una battaglia, penso che dovrò andare via con Nessie, per proteggerla. Avrei voluto dirtelo prima, ma ammetto che non volevo svegliarti e mi sono dimenticato prima della battaglia» disse Jacob «Quindi... se me ne andrò, sarai tu l'Alpha e dovresti riuscire a sentire Sam, per coordinare gli attacchi».
Annuii. Ok, se proprio devo... Odiavo dare ordini agli altri.
Bella ringhiò, seguita da Senna e Zafrina.
I visi celati dei Volturi erano in gran parte privi di espressione. Solo due paia di occhi tradivano una qualche emozione. Al centro, con le mani in contatto, Aro e Caius si erano fermati per studiare la situazione e tutto il corpo di guardia sostava insieme a loro, in attesa dell'ordine di uccidere. I due non si guardavano, ma era evidente che stavano comunicando. Marcus, anche se toccava l'altra mano di Aro, non sembrava assorto nella conversazione. L'espressione non era vacua come quella del corpo di guardia, ma quasi altrettanto vuota. Come l'ultima volta che lo avevo visto, sembrava incredibilmente annoiato.
I corpi dei testimoni dei Volturi erano inclinati nella nostra direzione, con gli sguardi furiosi fissi su Bella e Renesmee, ma si erano fermati vicino al limitare della foresta, tenendosi alla larga dai soldati della guardia. Solo Irina si aggirava dietro i Volturi, a pochi passi dalle donne anziane -entrambe dai capelli chiari, la pelle fragile e gli occhi velati- e dalle loro massicce guardie del corpo.
Nascosta da uno dei mantelli di un grigio più scuro, subito dietro ad Aro, c'era una donna. Non ero sicura, ma sembrava che gli stesse toccando la schiena. Probabilmente era lei Renata, quell'altro scudo.
Individuai Jane e Alec, fra Marcus e Demetri. I due gemelli portavano i mantelli della gradazione più scura, prima di quella nerissima dei tre capi. Sui loro poteri si basava tutta l'offensiva dei Volturi. Erano i gioielli di Aro.
Scoprii i denti e ripiegai all'indietro le orecchie.
Gli occhi rossi screziati di Aro e Caius guizzarono fra le nostre file. Lessi la delusione sul volto di Aro mentre con lo sguardo ci perlustrava i volti più e più volte, in cerca di quello assente. Aveva le labbra strette per il disappunto.
In quel momento fui contenta del fatto che Alice fosse fuggita con Jasper, almeno i Volturi non avrebbero potuto prenderla.
Mentre la pausa si allungava, sentii il respiro di Edward che accelerava; ormai era solo più lui che stava ascoltando i pensieri dei Volturi.
«Edward?» chiese Carlisle, ansioso, a bassa voce.
«Non sanno bene come procedere. Stanno soppesando le possibilità scegliendo gli obiettivi più importanti: me, Chiara, te, Eleazar e Tanya. Marcus decifra la forza dei legami che ci uniscono, in cerca di punti deboli. La presenza dei rumeni li irrita. Sono preoccupati per i visi che non riconoscono: Zafrina e Senna, in particolare, e naturalmente i lupi. È la prima volta che vengono messi in minoranza. È stato questo a fermarli».
«In minoranza?» sussurrò Tanya incredula.
«Per loro i testimoni non contano» bisbigliò Edward «Sono nullità, così come il corpo di guardia. È solo che ad Aro piace avere pubblico».
«Devo parlare?» chiese Carlisle.
Edward esitò, poi annuì. «Non credo avrai altre occasioni».
Carlisle drizzò le spalle e a passi lenti avanzò oltre la nostra linea di difesa.
Feci un passo in avanti, per aiutarlo in caso di un improvviso attacco, ma un'occhiata di Edward mi fece capire di dover rimanere ferma al mio posto. Era terribile vederlo solo, inerme.
Allargò le braccia, con i palmi rivolti verso l'alto, in segno di saluto. «Aro, amico mio, sono secoli che non ci vediamo».
Per un lungo attimo, nella radura imbiancata scese un silenzio di tomba. Aro stava valutando le parole di Carlisle. Ogni secondo che passava, faceva aumentare la tensione.
Aro uscì dal centro della formazione dei Volturi. Renata, lo scudo, si mosse con lui, come se avesse la punta delle dita cucita al suo mantello. Per la prima volta, le schiere dei Volturi reagirono. Le loro file furono percosse da un brontolio sommesso, le sopracciglia si aggrottarono, le labbra si arricciarono a scoprire i denti. Alcuni del corpo di guardia si spinsero in avanti, accucciati.
Aro alzò una mano nella loro direzione.
«Veniamo in pace» disse Carlisle.
Aro fece qualche altro passo, poi inclinò la testa da un lato. Gli occhi velati brillavano di curiosità.
«Parole giuste, Carlisle» disse il vampiro con quella voce esile e sottile. «Sembrano fuori posto, visto l'esercito che hai radunato per uccidere me e i miei cari».
Carlisle scosse la testa e gli offrì la mano, come se non ci fosse ancora un centinaio di metri a dividerli. «Basta che mi tocchi la mano per capire che non ho mai avuto quell'intenzione».
Gli occhi scaltri di Aro si strinsero in una fessura. «Ma come può avere qualche importanza la tua intenzione, caro Carlisle, di fronte a ciò che hai fatto?». Fece una smorfia e un'ombra di tristezza gli attraversò il viso: stranamente era sincera, lo capii dai suoi pensieri.
«Non ho commesso il crimine per il quale sei venuto a punirmi».
«Allora fatti da parte e lasciami punire chi ne è responsabile. Sul serio, Carlisle, nulla mi farebbe più piacere che risparmiarti la vita, oggi».
«Nessuno ha infranto la legge, Aro. Lasciami spiegare». E Carlisle gli porse di nuovo la mano.
Prima che Aro riuscisse a rispondere, Caius arrivò veloce al suo fianco.
«Quante regole inutili, quante leggi superflue ti crei, Carlisle» sibilò l'anziano canuto «Com'è possibile che difendi la violazione dell'unica che conti davvero?».
«La legge non è stata violata. Se solo mi ascoltassi...».
«Vediamo la bambina, Carlisle» rispose Caius con un ringhio. «Non prenderci per stupidi».
«Lei non è affatto un'immortale. Non è una vampira. Te lo posso dimostrare facilmente in pochi attimi di...».
Caius lo interruppe. «Se non è una dei proibiti, allora perché avete raggruppato un battaglione per proteggerla?».
«Sono testimoni, Caius, proprio come quelli che avete portato voi». Carlisle accennò all'orda furiosa appostata al limitare del bosco. Alcuni di loro ringhiarono in tutta risposta. «Uno qualsiasi di questi amici può dirti la verità sulla bambina. Oppure puoi guardarla con i tuoi occhi, Caius. Guarda la vampata di sangue umano che ha sulle guance».
«È un espediente!» gridò Caius in tono aspro.
«Col trucco si può fare tutto, ma così sarebbe esagerato» commentò Leah acidamente.
«Dov'è l'informatrice? Portatela qui!» ordinò Caius. Scrutò con impazienza attorno a sé, finché non individuò Irina che indugiava dietro alle mogli. «Tu! Vieni!».
Irina lo fissò sconcertata, con l'aria di chi non si è ancora svegliato da un incubo funesto. Caius schioccò le dita con impazienza. Una delle enormi guardie del corpo delle mogli al fianco di Irina la spinse rozzamente sulla schiena. Irina battè le palpebre un paio di volte, poi, stordita, si avviò lenta verso Caius. Si fermò a vari metri da lui, fissando ancora le proprie sorelle.
Caius le si avvicinò e con uno schiaffo la colpì in pieno viso.
Era impossibile che le avesse fatto male, ma in quell'azione c'era qualcosa di davvero umiliante. Era come guardare qualcuno che prendeva a calci un cane. Tanya e Kate sibilarono all'unisono.
Il corpo di Irina si irrigidì e infine fissò lo sguardo su Caius, il cui dito rapace indicò Renesmee, che si strinse a Bella, stringendo ancora convulsamente con una mano un ciuffo del pelo di Jacob.
Mi spostai un po' e le leccai l'altra mano, per provare a tranquillizzarla.
Jacob guardò Caius e ringhiò.
«È quella la bambina che hai visto?» chiese perentorio il vampiro. «Quella che, evidentemente, era più che umana?».
Irina ci guardò con attenzione, esaminando Renesmee per la prima volta da quando era entrata nella radura. Inclinò il capo da un lato e sul suo viso si dipinse una certa confusione.
«Ebbene?» chiese Caius con acredine.
«Io... non ne sono sicura» disse con tono perplesso.
Caius ebbe uno spasmo alla mano, come se volesse schiaffeggiarla di nuovo. «Cosa vuoi dire?» le chiese in un sussurro inflessibile.
«Non è uguale, ma credo sia la stessa bambina. Cioè, è cambiata. Questa bambina è più grande di quella che ho visto, ma...».
Il rantolo furioso di Caius crepitò fra i suoi denti improvvisamente scoperti e Irina s'interruppe senza finire. Aro svolazzò al fianco di Caius e gli posò una mano sulla spalla per bloccarlo.
«Stai calmo, fratello. Abbiamo tutto il tempo di risolvere la questione. Non c'è fretta».
Con un'espressione astiosa, Caius voltò le spalle ad Irina.
«Dunque, tesoruccio» disse Aro con un mormorio caldo e insinuante. «Mostrami quello che stai provando a dirci». Porse la mano alla vampira sconcertata.
Irina gliela prese, esitante. Lui la tenne solo per cinque secondi.
«Vedi, Caius?» chiese «È un modo semplice per ottenere quello di cui abbiamo bisogno».
Caius non gli rispose. Con la coda dell'occhio, Aro lanciò un'occhiata fugace al suo pubblico, la sua orda, poi tornò a rivolgersi a Carlisle.
«E così, a quanto pare, dovremo farci carico di un mistero. Si direbbe che la bambina è cresciuta. Eppure il primo ricordo di Irina era chiaramente quello di un bambino immortale. Curioso».
«È proprio quello che sto cercando di spiegare» rispose Carlisle un po' più sollevato.
Iniziai ad ascoltare i pensieri di Caius. Avevo paura che facesse una qualche mossa avventata, mi sembrava molto più pericoloso di Aro.
Carlisle porse di nuovo la mano.
Aro esitò per un attimo: «Preferirei avere una spiegazione da una persona più coinvolta nella storia, amico mio. Mi sbaglio a pensare che questa infrazione non sia stata opera tua?».
«Non c'è stata alcuna infrazione».
«Sia come sia, io voglio conoscere ogni sfaccettatura della verità». La voce morbida di Aro si indurì. «E il modo migliore per ottenerla è chiedere le prove al tuo abile figliolo». Inclinò il capo in direzione di Edward. «Dato che la bambina sta aggrappata alla compagna neonata di Edward, immagino proprio che lui sia coinvolto».
Lanciai un'occhiata a mio fratello e sospirai. Era ovvio che volesse Edward. Una volta che fosse riuscito a leggergli nella mente, avrebbe conosciuto tutti i nostri pensieri. Tranne quelli di Bella.
Edward si girò per dare un rapido bacio sulla fronte alla moglie e alla figlia. Poi attraversò a grandi passi il prato innevato, dando una pacca sulla spalla a Carlisle quando gli arrivò di fianco. Sentii un debole lamento dietro di me: era il terrore di Esme che faceva breccia.
Decisi di seguirlo, ma quando arrivai di fianco a Carlisle, il vampiro mi bloccò.
Abbassai le orecchie ed il muso e sospirai.
Vidi Jane sorridere, mentre Edward oltrepassava la metà della distanza che ci divideva, trovandosi così più vicino a loro che a noi.
Ringhiai di frustrazione. Non potevo sopportare di vederlo lì, da solo, vicino a loro; così come non avrei sopportato di vedere chiunque altro dei nostri vicino a quei mostri assassini.
Bella emise prima uno sbuffo di affaticamento e poi una strana risatina. Tutti ci voltammo a guardarla per un istante, come se fosse impazzita.
Edward si fermò a qualche passo di distanza da Aro. Quello era il punto cruciale di tutti i nostri preparativi: far sì che Aro ascoltasse la nostra versione della storia.
Edward alzò il mento con arroganza e porse la mano ad Aro come se gli stesse concedendo un grande onore. Aro inizialmente parve divertito dalla sua grinta, ma ciò non valeva per tutti. Renata svolazzava nervosa all'ombra di Aro. E il cipiglio di Caius era talmente profondo da far sembrare la piega una ruga definitiva sulla pelle traslucida come pergamena. Jane mostrava i denti e al suo fianco Alec stringeva gli occhi per la concentrazione. Dai suoi pensieri e atteggiamenti capii che, come me, era preparato ad agire in meno di un secondo.
Aro coprì la distanza senza pause: dopotutto, cosa aveva da temere? Le sagome massicce con i mantelli di un grigio più chiaro -i combattenti muscolosi, come Felix- erano a pochi metri di distanza. Jane e il suo diabolico dono avrebbero potuto scagliare a terra Edward, lasciandolo in preda a spasmi di sofferenza. Alec avrebbe potuto renderlo ceco e sordo ancor prima che potesse fare un passo in direzione di Aro.
Aro, con un sorriso imperturbabile, prese la mano di Edward. Chiuse gli occhi immediatamente, poi curvò le spalle sotto il peso di tante informazioni.
Tutti i pensieri segreti, tutte le strategie, tutte le intuizioni, tutto ciò che Edward aveva sentito nelle menti che aveva avuto intorno durante l'ultimo mese, ora appartenevano ad Aro. Per un attimo mi sentii mancare la terra sotto le zampe e la testa iniziò a girarmi. Chiusi gli occhi. Ora Aro sapeva anche di Andrea: tutto ciò che avevo raccontato ad Edward o che lui aveva sentito nella mente mia e del ragazzo, era proprietà di Aro.
Bella sibilò irritata per qualche motivo.
«Tranquilla, Bella» le sussurrò Zafrina.
Aro continuò a concentrarsi sui ricordi di Edward. Anche Edward chinò il capo, i muscoli contratti nel mentre che leggeva tutto ciò che Aro gli aveva sottratto e la reazione che provocava in lui.
Questa conversazione bidirezionale ma non reciproca durò abbastanza a lungo da far spazientire il corpo di guardia. Fra le file serpeggiarono mormorii a bassa voce, finché Caius non abbaiò l'ordine di stare in silenzio. Jane si sporgeva in avanti come se non riuscisse a trattenersi e Renata aveva il viso rigido per la preoccupazione. Capii immediatamente che lei non era una guerriera: il suo compito non era combattere, ma solo proteggere.
Ad un tratto Aro si raddrizzò e riaprì gli occhi in preda ad un'espressione sbigottita e sospettosa. Non lasciò la mano di Edward, il quale allentò i muscoli in modo impercettibile.
«Vedi?» disse con tono calmo.
«Certo che vedo» concordò Aro e, sorprendemente, il suo tono era quasi divertito. «Mi chiedo se un'altra coppia di divinità o di mortali abbia mai visto con tanta chiarezza».
I volti disciplinati del corpo di guardia dimostravano la stessa incredulità che provavamo noialtri.
«Mi hai dato molti elementi su cui riflettere, giovane amico» Aro continuò «Molti più di quanti me ne aspettassi».
Edward non gli rispose.
«Posso conoscerla?» chiese Aro, improvvisamente interessato e quasi supplice. «Per tutti i secoli in cui ho vissuto, non ho mai nemmeno immaginato che potesse esistere qualcosa del genere. Che splendida aggiunta ai nostri annali!».
«Che storia è mai questa, Aro?» chiese aspro Caius, prima che Edward potesse rispondere.
«Qualcosa che non ti sognavi nemmeno, mio pratico amico. Prenditi un attimo per valutarla, perché la giustizia che intendevamo ristabilire non è mai stata infranta».
A quelle parole, Caius sibilò sorpreso.
«Pace, fratello» lo mise in guardia Aro con tono conciliante.
Poteva essere una buona notizia: quelle erano le parole in cui tutti speravamo, la tregua che non avremmo mai immaginato possibile. Aro aveva ascoltato la verità e ammesso che la legge non era stata infranta. Individuai subito il tranello: come Edward stavo ascoltando attentamente i pensieri di Aro, il quale aveva detto valutare e capii il doppio senso.
«Mi presenti tua figlia?» chiese di nuovo Aro a Edward.
Caius non fu l'unico a sibilare sentendo questa nuova rivelazione.
Edward annuì, riluttante.
«Se Ness conquista anche Aro, come ha fatto con gli altri vampiri, è nostra: abbiamo vinto» disse Seth.
Aveva ragione. Aro sembrava essere il capo degli anziani, se lui fosse stato dalla nostra parte, nessuno avrebbe fatto nulla.
Aro teneva ancora stretta la mano di Edward e rispose ad una domanda che lui aveva solo pensato.
«Credo che sia accettabile un compromesso su questo punto, viste le circostanze. Incontriamoci a metà strada».
Gli lasciò andare la mano. Edward si voltò verso di noi e Aro lo seguì cingendogli naturalmente un spalla, come se fossero stati due amiconi, ma in modo da non perdere il contatto. Si diressero verso di noi.
Tutto il corpo di guardia si mise in marcia dietro di loro. Aro alzò una mano con aria incurante, senza guardarli.
«Fermi, miei cari. Davvero, non ci faranno del male se siamo pacifici».
Il corpo di guaria ebbe una reazione molto più schietta di prima, con ringhi e fischi di protesta, ma restò al suo posto. Renata, aggrappata sempre più vicina ad Aro, gemette per l'ansia.
«Signore» sussurrò.
«Non agitarti, tesoro» rispose lui «Va tutto bene».
«Forse è meglio se porti con te alcuni membri della guardia» suggerì Edward «Li farai sentire più a loro agio».
Aro annuì, come se fosse una saggia osservazione cui avrebbe dovuto pensare lui per primo. Schioccò due volte le dita. «Felix, Demetri».
I due vampiri lo affiancarono subito.
I cinque si fermarono al centro della radura.
«Bella» esclamò Edward «Porta Renesmee... e qualche amico».
«Jacob? Emmett?» chiese piano Bella.
Entrambi annuirono. Emmett ghignò.
Uggiolai. Volevo andare anch'io; sapevo che Jacob era molto agitato e non volevo che commettesse delle imprudenze.
Da lontano, Edward annuì e quindi seguii anch'io Bella.
Il corpo di guardia borbottò: non si fidavano di me e, soprattutto, di Jacob. Aro sollevò la mano, liquidando, di nuovo, la protesta con un gesto.
«Hai proprio delle compagnie interessanti» mormorò Demetri ad Edward.
Il vampiro non rispose, ma dai denti di Jacob uscì un basso ringhio.
Ci fermammo a qualche metro di distanza da Aro. Edward si sottrasse all'abbraccio di quest'ultimo e si unì rapido a noi, prendendo Bella per mano.
Per un attimo ci guardammo in silenzio. Poi Felix salutò Bella.
«Ci si rivede, Bella». Rise impudente, senza smettere di controllare ogni movimento di Jacob con la coda dell'occhio.
Bella fece un sorriso sardonico al vampiro. «Ciao, Felix».
Ridacchiò. «Stai benissimo. L'immortalità ti sta d'incanto».
«Grazie mille».
«Prego. Peccato che...». Interruppe il commento a metà, ma non dovetti leggergli i pensieri per capirne la conclusione: "peccato che dovremo uccidervi tutti".
«Eh, sì, è proprio un gran peccato» mormorò Bella.
Felix le fece l'occhiolino.
Aro non prestò alcuna attenzione al loro scambio. Teneva la testa inclinata da una parte, affascinato. «Sento battere il suo strano cuoricino. Mi arriva il suo strano profumo». Poi i suoi occhi annebbiati si spostarono su Bella. «In verità, giovane Bella, l'immortalità ti dona in modo straordinario. È come se fossi nata apposta per questa vita».
Bella fece un cenno di riconoscenza per la lusinga del vampiro.
«Ti è piaciuto il mio regalo?» chiese ancora Aro, guardando il ciondolo che Bella portava al collo -e del quale io mi ero appena accorta-.
«È bello ed è stato molto, molto generoso da parte tua. Grazie. Avrei dovuto mandare una bigliettino di ringraziamento».
Aro rise divertito. «È solo una schiocchezzuola che avevo da parte. Ho pensato che avrebbe potuto fare pendant col tuo nuovo viso, e così è stato».
Jane, seccata dal fatto che Aro avesse fatto un regalo a Bella, sibilò irritata.
Aro fece finta di nulla. «Posso salutare tua figlia, adorabile Bella?» chiese dolcemente.
Bella e Renesmee si avvicinarono ad Aro.
«Ma è incantevole» mormorò il vampiro «Assomiglia così tanto a te e ad Edward».
Sai, è loro figlia... commentai acida.
«Ciao, Renesmee» la salutò Aro.
La bambina guardò Bella, che le fece un cenno affermativo.
«Ciao, Aro» rispose formale con la sua voce acuta e squillante.
Aro aveva l'aria perplessa.
«Cos'è?» gli chiese Caius sibilando da dietro. Sembrava scoppiasse dal bisogno di chiederglielo.
«Mezza mortale, mezza immortale» annunciò Aro «Concepita nello stesso modo e partorita da questa vampira neonata quand'era ancora umana».
«Impossibile» lo schernì Caius.
«Allora pensi che mi abbiano preso in giro, fratello?». Aro aveva un'espressione molto divertita, ma Caius trasalì. «E il cuore che senti battere è un trucco, secondo te?».
Caius fece una smorfia, con l'aria mortificata, come se le domande gentili di Aro fossero stati colpi in piena faccia.
«Calma e pazienza, fratello» lo mise in guardia Aro, che sorrideva ancora a Renesmee. «So bene quanto tieni alla giustizia, ma non c'è nessuna giustizia nell'agire contro l'origine di questa piccolina unica al mondo. E poi abbiamo così tanto da imparare, così tanto! So che non hai il mio stesso entusiasmo per accogliere storie, ma sii tollerante con me, fratello, mentre vi aggiungo un capitolo talmente improbabile che ne sono sbalordito. Siamo venuti con l'unica aspettativa di far rispettare la giustizia e di assistere alla triste fine della falsa amicizia, e guarda invece cosa abbiamo guadagnato! Una nuova e fulgida conoscenza di noi stessi e delle nostre potenzialità».
Porse la mano a Renesmee in segno d'invito. Ma non era questo che lei voleva. Si allontanò da Bella, tendendosi verso l'alto per posare le dita sul volto di Aro.
Lui non reagì con lo sconvolgimento tipico di chiunque altro a quel gesto da Renesmee: era abituato a ricevere il flusso di pensieri e ricordi di altre menti e, grazie ai ricordi di Edward, sapeva già cos'era in grado di fare la bambina.
Il suo sorriso si allargò e sospirò di soddisfazione. «Fantastico» mormorò.
Renesmee tornò fra le braccia di Bella, con un'espressione molto seria sul visino.
«Lo farai, per piacere?» chiese.
Il sorriso di Aro diventò gentile. «Ma certo che non ho la minima intenzione di fare del male ai tuoi cari, carissima Renesmee».
Aro aveva una voce così consolante e affettuosa che per un attimo riuscì quasi ad ingannarmi, ma mi ripresi subito sentendo i suoi pensieri, Edward che digrignava i denti e Maggie che sibilava di fronte a quella menzogna. Ripiegai all'indietro le orecchie, appiattendole sulla testa.
«Mi chiedo se...» disse cauto Aro, apparentemente ignaro della reazione scatenata dalle sue parole. In modo inaspettato, spostò lo sguardo verso Jacob e, invece del disgusto con cui lo avevano guardato gli altri Volturi, osservò il grosso lupo rossiccio con gli occhi bramosi.
Ringhiai.
«Non funziona così» disse Edward con tono aspro.
«Era solo un pensiero come un altro» disse Aro, soppesando attentamente Jacob, poi guardò me e con lo sguardo si spostò pian piano a guardare le file di licantropi dietro di noi.
«Non appartengono a noi, Aro. Non eseguono i nostri ordini in quel modo. Si trovano qui unicamente per volontà loro».
Jacob ruggì minaccioso.
«Però sembrano piuttosto affezionati a te» disse Aro «Alla tua giovane compagna e alla tua... famiglia. Sembrano fedeli». Con la voce accarezzò piano quell'ultima parola.
«La loro missione è proteggere vite umane, Aro. Questo ne facilita la coesistenza con noi, ma non con voi. A meno che non mettiate in discussione il vostro stile di vita».
Aro rise, allegro. «Era solo un pensierino come un altro» ripetè. «Sai bene come vanno le cose. Nessuno di noi è in grado di controllare del tutto i desideri inconsci».
Edward fece una smorfia. «So bene come funziona. Conosco anche la differenza fra quel tipo di pensiero e quello che nasconde un secondo fine. Non potrebbe mai funzionare, Aro».
Jacob guardò Edward e dai denti gli sfuggì un debole lamento.
«È molto affascinato dall'idea dei... cani da guardia» spiegò Edward mormorando.
Ci fu un attimo di silenzio, poi l'enorme radura si riempì del suono dei ringhi furiosi che salivano dai branchi.
Ci fu un latrato secco di comando -lanciato da Sam- e quelle rimostranze vennero tacite, facendo calare un silenzio inquietante.
«Immagino che ciò risponda alla mia domanda» disse Aro ridendo «Questo gruppo ha scelto da che parte stare».
Edward emise un sibilo e si sporse in avanti.
Ringhiai e lo affiancai.
Felix e Demetri si rannicchiarono all'unisono, in guardia. Con un nuovo cenno Aro li tranquillizzò. Si rilassarono, così come Edward. Mi costrinsi a fare lo stesso.
«Ci sono così tante cose di cui parlare» disse Aro «Così tante cose da decidere. Se voi e i vostri protettori pelosi mi volete scusare, cari Cullen, devo conferire con i miei fratelli».
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