48. La speranza è l'ultima a morire
Ormai l'enorme casa dei Cullen conteneva più ospiti di quanti sembrava poter alloggiare. La situazione era gestibile soltanto perché nessuno dei nuovi arrivati aveva bisogno di dormire. I pasti, però, erano rischiosi. La nostra compagnia collaborava al meglio. Gli ospiti stavano alla larga da Forks e da La Push e cacciavano solo al di là dei confini dello Stato; Edward era un padrone di casa impeccabile e, senza battere ciglio, prestava le sue automobili a chi ne aveva bisogno. Anche se ero abbastanza sicura che tutti avrebbero rispettato i patti, ero comunque a disagio e in ansia per gli umani di Forks e dintorni, soprattutto per i miei amici.
Jacob era ancora più sconvolto. I licantropi esistevano proprio allo scopo di evitare perdite di vite umane, ma ora dovevamo chiudere un occhio di fronte al dilagare degli assassinii appena al di fuori dai confini territoriali dei nostri branchi. Ma date le circostanze, con Renesmee in grande pericolo, Jake tenne la bocca chiusa e guardò in cagnesco il pavimento invece dei vampiri.
Ero stupita dalla facilità con qui i vampiri in visita tolleravano me e Jacob: i problemi che Edward aveva previsto non si erano mai concretizzati. Jacob sembrava più o meno invisibile ai loro occhi: non proprio una persona vera, ma neanche una potenziale fonte di cibo. Lo trattavano come la gente che non ama le bestie tratta gli animali dei loro amici. Io, al contrario, ero accettata un po' di più, probabilmente perché, per metà, ero un vampiro proprio come loro.
Leah, Seth, Quil ed Embry si erano temporaneamente ricongiunti al branco di Sam e Jacob avrebbe fatto volentieri lo stesso, se fosse riuscito a sopportare la lontananza da Renesmee, impegnata nella conquista dello strano gruppo di amici di Carlisle. Appunto di questo Jacob aveva voluto parlarmi, qualche giorno prima, ma io avevo rifiutato categoricamente di cambiare branco. Innanzitutto non volevo lasciare da solo Jacob e poi non avevo voglia di tornare nel branco di Sam poiché non mi piaceva assolutamente come Alpha. Io e Jacob avevamo discusso a lungo e, alla fine, ero riuscita a fargli capire che per me sarebbe stato più comodo restare nel suo branco, considerando che non abitavo a La Push insieme agli altri licantropi.
La scena della presentazione di Renesmee al clan di Denali era stata ripetuta almeno cinque volte. Prima per Peter e Charlotte che, sebbene conoscessero le regole riguardanti i bambini immortali, non ebbero una reazione negativa decisa quanto quella del clan di Denali e accettarono la "spiegazione" di Renesmee sia per curiosità che per devozione e fiducia in Jasper ed Alice.
Bella mi disse che Clan Irlandese, convocato da Carlisle, era stato estremamente facile da convincere. Siobhan e il suo compagno Liam erano abituati da tempo a fidarsi ciecamente del giudizio dell'ultimo acquisito del loro clan. Maggie, che dimostrava di avere la mia età, non possedeva un fisico massiccio come loro, ma aveva il dono di capire quando qualcuno le mentiva, perciò i suoi verdetti non venivano mai messi in discussione. La vampira decretò che Edward aveva detto la verità, quindi Siobhan e Liam accettarono la nostra versione ancora prima di toccare Renesmee.
Venni anche a sapere che Amun e gli altri vampiri egizi furono più difficili da convincere. Persino dopo che due membri del suo clan, Benjamin e Tia, erano stati convinti dalla spiegazione di Renesmee, Amun si rifiutò di toccarla e ordinò ai suoi di andarsene. Benjamin convinse Amun a restare con l'astuzia, minacciando di sciogliere il loro sodalizio. Amun rimase, ma continuò a rifiutarsi di toccare Renesmee e non permise neanche a Kebi, la sua compagna, di sfiorarla. Sembrava una combriccola davvero male assortita, anche se gli egizi, con quei capelli corvini dai riflessi blu e il pallore della loro pelle olivastra, si assomigliavano a tal punto da sembrare una vera famiglia. Amun era il membro più anziano e capo dichiarato; Kebi non si allontanava mai da lui più della lunghezza della sua ombra e non la udii mai proferire una sola parola; Tia, la compagna di Benjamin, era a sua volta una donna silenziosa, però, quando parlava, faceva spesso dei discorsi molto profondi e risolutivi. Eppure, tutti ruotavano intorno a Benjamin, come se possedesse un magnetismo invisibile da cui dipendeva l'equilibrio degli altri.
Io, personalmente, trovavo molto simpatico Benjamin. Aveva un forte senso di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Mi piacevano il suo modo di vedere e la sua indipendenza. Infatti, anche se Amun cercava di trasformarlo in un'arma, poiché poteva manipolare gli elementi, Benjamin era troppo indipendente, non avrebbe mai permesso di farsi usare.
Intanto, tutti noi speravamo che il ritorno di Carlisle riuscisse a stemperare le tensioni con Amun.
Emmett e Rosalie ci avevano mandato persone isolate: tutti gli amici nomadi di Carlisle che erano riusciti a rintracciare.
Fra i primi arrivarono Mary e Randall, che erano già amici, anche se non viaggiavano insieme. Ascoltarono la storia di Renesmee e, proprio come gli altri, rimasero a fare da testimoni.
Dopo di loro arrivò Garrett, che ero andata io stessa a cercare insieme a Rosalie ed Emmett. Era un vampiro alto, slanciato, con occhi bramosi color rubino e lunghi capelli biondi che teneva raccolti in un laccetto di pelle; si capiva subito che era un avventuriero. Pensai che, solo per il gusto di mettersi alla prova, avrebbe accettato qualunque sfida gli avremmo proposto. Cominciò presto a frequentare le sorelle di Denali e a fare domande infinite sul loro insolito stile di vita. Probabilmente voleva provare a diventare vegetariano, giusto per vedere se era in grado di non bere sangue umano.
Man mano che arrivavano altri vampiri, i licantropi diventavano sempre più tesi e scontrosi. Soprattutto Jacob. Infatti, si teneva a distanza se poteva ma, quando non ci riusciva, si lamentava con Renesmee che avrebbero dovuto fornirgli un elenco, se credevano che sarebbe riuscito a ricordarsi i nomi di tutti i nuovi succhiasangue.
Carlisle ed Esme rientrarono una settimana dopo la loro partenza, seguiti a distanza di pochi giorni da Emmett e Rosalie, e quando furono a casa ci sentimmo tutti meglio. Carlisle portò con sé una persona a me familiare. Come dimenticarsi di quel vampiro alto, snello, con i capelli lievemente lunghi e dello stesso colore della barba, ovvero di uno strano biondo rossiccio?
Avevo appena salutato Andrea, che mi aveva accompagnata a casa dopo la scuola, e mi stavo dirigendo verso l'entrata della villa. Nel portico, davanti alla porta d'ingresso, sostavano Carlisle, Edward e questo vampiro. I tre parlavano abbastanza animatamente e mio fratello cercava di introdurre l'argomento riguardante Renesmee.
Appena arrivai smisero subito di parlare e si voltarono a guardarmi. Il vampiro in questione mi scrutò con i suoi occhi rossi e sorrise. Era vestito come quando lo avevo visto a New York e non mi sembrava neanche che avesse qualche nuova cicatrice.
Ero decisamente stupita. Avevo smesso di pensare a quel vampiro perché pensavo che fosse morto e ora, invece, me lo ritrovavo davanti.
«Beh, allora ho fatto bene a salvarti» commentò.
«Già... e non sei morto, fortunatamente» risposi.
«So combattere abbastanza bene».
«Salvata? Da cosa?» si intromise Carlisle.
«Chiara, perché non ce lo hai detto?» disse, nel mentre, Edward che aveva letto i miei pensieri.
«Stavo facendo un giro un po' fuori New York e ho avvertito la traccia di un vampiro mio rivale, Philip. Decisi di seguirla fino a raggiungerlo; stava parlando con lei. Sono rimasto nascosto fra gli alberi fino a che i due licantropi che erano con lui non l'hanno attaccata. Ammetto di non essere intervenuto subito, ma per un po' è riuscita a cavarsela egregiamente da sola».
«Che fine hanno fatto il vampiro e i due licantropi?» chiesi.
«Philip l'ho ucciso, finalmente» rispose in tono freddo «Odiavo la sua mania per il potere. Era molto simile ai Volturi. I due licantropi, invece, sono scappati e ho deciso di lasciarli in vita».
Fortunatamente il fatto che i Volturi potessero arrivare da un momento all'altro, mi salvò da dare spiegazioni sull'accaduto ai miei familiari e potei continuare tranquillamente la mia vita sapendo che il vampiro che mi aveva salvata non era morto a causa mia.
Alistair era un vampiro inglese misantropo che riteneva Carlisle il suo conoscente più intimo, anche se sopportava a malapena una visita più di una volta ogni cento anni. Preferiva vagabondare per proprio conto e Carlisle gli aveva promesso ogni sorta di favori pur di trascinarlo fin da noi. Respingeva ogni compagnia ed era chiaro che non aveva nessun ammiratore in questa congrega.
Il cupo vampiro prese in parola Carlisle sulle origini di Renesmee e, come Amun, si rifiutò di toccarla. Potendo leggere i pensieri di Alistair sapevo che si comportava così perché aveva paura di trovarsi fra noi, e ancor più paura di non sapere come sarebbe andata a finire. Nutriva profondi sospetti verso qualsiasi autorità, e quindi anche nei confronti dei Volturi. Ciò che stava accadendo sembrava confermare tutti i suoi timori.
«Ovvio, ora sapranno che sono stato qui» lo sentimmo mugugnare fra sé in soffitta, il suo luogo preferito per andare a tenere il broncio. «A questo punto non ha nessun senso nasconderlo ad Aro. Per colpa di questa faccenda mi toccherà darmi alla macchina per secoli e secoli. Metteranno sulla lista nera chiunque abbia parlato con Carlisle nell'ultimo decennio. Come diavolo ho fatto a farmi trascinare in questo pasticcio? Bel modo di trattare gli amici!».
Dovevo ammettere che, con tutte quelle lamentele, Alistair mi risultava simpatico e divertente, oltre che un gran brontolone asociale.
Però bisognava dire che aveva ragione su una cosa: avremmo dovuto scappare tutti dai Volturi e lui aveva sicuramente più probabilità di noi di riuscirci. Infatti, Alistair era un segugio, sebbene non preciso ed efficiente quanto Demetri. A lui capitava di sentire soltanto un'attrazione fuggevole verso l'oggetto delle sue ricerche, però sufficiente a dirgli in quale direzione correre: quella opposta rispetto a Demetri.
Pochissimi giorni dopo arrivò un'altra coppia di amiche: inattese, poiché né Carlisle né Rosalie erano riusciti a mettersi in contatto con le amazzoni. Io non ero a casa quando arrivarono, ma Emmett mi disse che Senna e Zafrina -così si chiamavano le due vampire- ascoltarono il racconto con molta calma, poi permisero a Renesmee di dargliene dimostrazione e, come tutti gli altri vampiri, rimasero molto colpite dalla piccola.
A quanto pareva era stata Alice a mandarle da noi, anche se le aveva fatte dividere da Kachiri, una componente del loro clan.
Appena le vidi trovai quelle vampire alquanto strane ed... inquietanti. Sembrava che qualcuno avesse stirato le membra ad entrambe: avevano braccia e gambe lunghe, dita lunghe, lunghe trecce nere e lunghi visi con lunghi nasi. Indossavano solo abiti in pelle: gilet di cuoio e pantaloni aderenti allacciati sui fianchi con legacci di pelle. Non erano solo i loro vestiti eccentrici a farle sembrare selvagge, ma tutto ciò che le riguardava, dagli occhi cremisi ed inquieti ai movimenti subitanei e guizzanti. Non avevo mai conosciuto vampiri meno civilizzati. Senna stava sempre vicina a Zafrina, senza mai parlare, ma non aveva lo stesso rapporto di Kebi con Amun. Kebi sembrava mantenere un atteggiamento di obbedienza, mentre Senna e Zafrina erano più simili a due arti di uno stesso organismo, di cui solo per caso Zafrina fungeva da portavoce.
Le due vampire ci raccontarono qualcosa riguardo ad Alice e capimmo che era impegnata in una qualche missione tutta sua, che l'avrebbe tenuta lontana da qualsiasi cosa Aro avesse in serbo per lei.
Edward era entusiasta della presenza delle amazzoni, perché Zafrina era dotata di un talento enorme, un dono che poteva costituire un'arma molto pericolosa. Non che Edward intendesse chiederle di prendere le nostre parti nello scontro, ma se i Volturi non si fossero fermati vedendo i nostri testimoni, forse un paesaggio diverso sarebbe riuscito a trattenerli. Infatti, Edward mi aveva detto che Zafrina aveva una talento molto particolare: era in grado di mostrare tutto ciò che voleva. Per esempio, per testare lo scudo di Bella, le aveva mostrato una parte di foresta pluviale, ma solo io, Edward e Renesmee avevamo potuto vedere quel magnifico scenario, così nitido e reale. Dopo quell'episodio fu difficilissimo tenere la bambina lontana da Zafrina e dalle sue belle foto, come chiamava la piccola quelle immagini.
Intanto, in quei giorni, Bella cercò anche di imparare a combattere, ma non andò sempre a buon fine, soprattutto perché non riusciva a trovare un maestro. Infatti, Edward non voleva allenarla poiché gli dava fastidio vedere come avrebbe potuto ucciderla facilmente. Emmett fu più che felice di aiutarla, ma i suoi insegnamenti erano più una sorta di vendetta per tutti gli incontri di allenamento persi e il suo stile di lotta era più adatto ad un neonato inesperto oppure ad un vampiro con una grande forza, di sicuro non ad una come Bella. Anch'io provai ad aiutarla, riutilizzando i vecchi insegnamenti di Jasper, ma persi la pazienza dopo poco tempo. Al contrario, Rosalie, Tanya ed Eleazar furono tutti più che pazienti ed aiutarono egregiamente Bella. Certi ospiti trovavano l'istruzione di Bella una cosa molto divertente e alcuni di loro si offrirono persino di darle una mano. Il nomade Garrett si accollò qualche turno e mi ritrovai a chiedermi perché non avesse mai trovato un clan, visto che interagiva molto bene con chiunque. Anche Zafrina combattè una volta contro Bella e notai che era davvero molto brava ed agile.
Inoltre Bella provava a espandere il suo scudo per proteggere gli altri, come le aveva suggerito Kate. A mio parere tutte quelle ore di lavoro erano tempo sprecato, poiché non faceva nessun miglioramento, ma spesso assistevo curiosa.
Soltanto Edward era disposto a prestarsi come cavia e riceveva un trauma dopo l'altro da Kate mentre Bella si cimentava inutilmente con quello che aveva dentro la testa. In realtà, alcune volte Bella riusciva a proiettare il suo scudo, ma era molto debole e durava così poco che il povero Edward riceveva comunque una "piccola scossa a bassa intensità", come la definiva Kate.
«Affascinante!» sentii sussurrare da Edward.
Raggiunsi gli altri nel giardino sul retro. Ero appena tornata da scuola e volevo vedere che cosa mi ero persa.
«Come uno specchio unidirezionale» continuò il vampiro rivolgendosi sia a Bella che a sé stesso. «Posso leggere tutto quello che pensano, ma qui dietro sono irraggiungibile. E sento Renesmee, mentre da fuori non ci riuscivo. Immagino che Kate potrebbe mandarmi una scarica elettrica adesso, perché anche lei è sotto l'ombrello. Però continuo a non sentire te...». Poi iniziò a parlottare fra sé con una serie di frasi e parole senza senso, quindi smisi di ascoltare e cercai di capire qualcosa riguardo a quella situazione.
Renesmee era dietro la schiena della madre ed Edward era vicino a loro; Kate era circa a tre metri di distanza da Bella e teneva una mano alzata; gli altri vampiri, più o meno in una fila ordinata, sembravano impauriti e avevano lo sguardo vacuo, solo Senna sembrava tranquilla. Inoltre, non riuscivo a sentire i pensieri di Renesmee, Edward e Kate.
Garrett sorrise e alzò la mano, a quel punto non potei più leggere neanche il suo pensiero.
«Ottimo» si congratulò Zafrina «Ora...».
Bella rantolò, Kate, Garrett, Edward e Renesmee assunsero lo sguardo vacuo degli altri e Nessie iniziò a tremare per la paura di fronte a quella cecità improvvisa.
«Mi date un minuto di pausa?» chiese Bella, sembrava affaticata.
«Certo» disse Zafrina e gli spettatori si rilassarono non appena restituì loro la vista.
«Kate» gridò Garrett nel mentre che gli altri si allontanavano un po' infastiditi da quel momento di cecità: i vampiri non erano abituati a sentirsi vulnerabili e odiavano esserlo.
«Fossi in te non lo farei, Garrett» l'ho ammonì Edward ed io ridacchiai sedendomi su di una roccia.
Il vampiro nomade proseguì verso Kate nonostante l'avvertimento, con le labbra corrucciate dai pensieri. «Dicono che sei in grado di stendere un vampiro».
«Sì» confermò lei. Poi, con un sorrisino astuto, gli fece un cenno scherzoso con le dita. «Sei curioso?».
Garrett alzò le spalle. «È una cosa che non ho mai visto. Mi sembra un po' un'esagerazione...».
«Forse» rispose Kate, diventando improvvisamente seria. «Forse funziona solo con i deboli o i giovani. Non sono sicura. Però tu mi sembri forte. Forse riusciresti a resistere al mio potere». Stese la mano aperta verso di lui a palmo in su: un chiaro invito. Ebbe un fremito delle labbra, e i suoi pensieri mi fecero capire che la sua gestualità solenne fosse solo un tentativo di fregarlo.
Garrett rispose alla sfida con un sorriso.
«No, no, no. Non farlo» mormorai spaventata. Non sapevo quanto potesse essere forte Kate con le sue scariche elettriche, ma dai suoi pensieri non coglievo nulla di buono.
Il vampiro, molto fiducioso, le toccò il palmo con l'indice.
Poi, con un rantolo sonoro, le ginocchia gli cedettero e stramazzò all'indietro. Con la testa colpì un pezzo di granito e si sentì un crepitio secco.
Trattenni il respiro di fronte ad uno spettacolo così sconvolgente. Poteva un immortale essere ridotto in quel modo? Era una cosa profondamente incoerente.
«Te l'avevo detto» borbottò Edward fra i denti.
A Garrett tremarono le palpebre per qualche secondo, poi spalancò gli occhi. Alzò lo sguardo verso Kate, che sogghignava compiaciuta, e un sorriso di stupore gli illuminò il volto.
«Perbacco!» esclamò.
«Ti è piaciuto?» chiese lei scettica.
«No, non sono mica pazzo» rispose ridendo, e scosse il capo mentre si rialzava piano fino a mettersi in ginocchio. «Ma di sicuro era qualcosa di speciale!».
«Così si dice in giro».
Io ed Edward alzammo gli occhi al cielo.
Poi dal giardino anteriore arrivò del trambusto. Sentii Carlisle parlare sopra un brusio di voci sorprese.
«Vi ha mandati Alice?» chiese lui a qualcuno, con voce malferma, vagamente turbato.
Altri ospiti inattesi?
Edward si precipitò in casa e la maggior parte degli altri, compresa me, lo imitò.
Entrammo in salotto. I due nuovi vampiri sulla soglia erano smilzi e bassi al tempo stesso; uno aveva i capelli scuri e l'altro, invece, talmente biondi da sembrare grigio chiaro. La pelle aveva lo stesso aspetto polveroso di quella dei Volturi, anche se mi sembrava un po' meno pronunciato. Gli occhi penetranti erano di un bordeaux scuro, senza pellicola lattiginosa. Indossavano vestiti neri molto semplici che potevano passare per moderni, ma riprendevano motivi antichi.
«Non ci ha mandati nessuno» rispose, in un sussurro, il vampiro con i capelli scuri. Aveva una voce molto profonda che assomigliava alle voci antiche di Aro, Caius e Marcus. Un brivido mi percosse la schiena.
Carlisle rispose con voce guardinga: «Allora cosa vi porta qui proprio adesso?»
«La gente mormora» rispose l'altro «Abbiamo sentito dire che i Volturi stavano per attaccarvi. Girano voci segretissime sul fatto che non siete soli. Ovviamente le voci sono vere. Avete radunato una brigata notevole».
«Non stiamo sfidando i Volturi» rispose Carlisle con voce tesa. «C'è stato un equivoco, tutto qui. Un equivoco molto grave, certo, ma speriamo di riuscire a chiarirlo. Quelli che vedete sono testimoni. Vogliamo solo che i Volturi ci ascoltino. Non abbiamo...».
«Non ci importa di cosa vi accusano» lo interruppe il primo vampiro che aveva parlato. «Non ci importa se avete infranto la legge».
«E quanto sia madornale la vostra infrazione» si intromise l'altro.
«Da millecinquecento anni aspettiamo che qualcuno sfidi quella feccia di italiani» disse il primo «Se c'è la minima possibilità che vengano sconfitti, staremo qui ad assistere».
«Oppure, persino ad aiutarvi a stroncarli» aggiunse il secondo. Parlavano l'uno dopo l'altro in tono sommesso e le voci si assomigliavano talmente tanto che qualcuno con un udito meno sensibile li avrebbe scambiati per un'unica persona. «Se riteniamo che abbiate qualche possibilità di riuscita».
«Bella?» chiamò Edward con voce brusca «Porta qui Renesmee, per favore. Forse dovremo mettere alla prova le affermazioni dei nostri visitatori rumeni».
Non mi fidavo molto di quei vampiri, dei loro strani sorrisetti, del suono della loro voce e del tono di oscura minaccia delle loro parole.
Mentre Bella entrava nella stanza, vidi che non ero l'unica a pensarla così. La vampira teneva in braccio Renesmee ed Edward si avvicinò protettivo a loro. La maggior parte dei vampiri immobili fissava i rumeni con sguardo ostile e alcune, cioè Carmen, Tanya, Zafrina e Senna, senza averne l'aria, si erano piazzate in atteggiamento difensivo fra i nuovi arrivati e Renesmee.
Quello scuro di capelli sorrise quando vide la bimba e Bella. «Bene, bene, Carlisle. Hai fatto proprio il briccone, vero?».
«Lei non è affatto quello che credi, Stefan».
«In ogni caso non ce ne importa niente» rispose il biondo «Proprio come abbiamo detto prima».
«Quindi restate pure ad osservare, Vladimir, ma sta' sicuro che non abbiamo in programma di sfidare i Volturi, come abbiamo detto prima».
«Allora ce ne staremo qui con le dita incrociate» iniziò la frase Stefan.
«E speriamo di avere fortuna» concluse Vladimir.
Alla fine avevamo radunato diciassette testimoni: gli irlandesi Siobhan, Liam e Maggie; gli egizi Amun, Kebi, Benjamin e Tia; le amazzoni Zafrina e Senna; i rumeni Vladimir e Stefan; e i nomadi Peter, Charlotte, Garrett, Alistair, Mary e Randall; oltre ai dodici membri della nostra famiglia. Tanya, Kate, Eleazar e Carmen insistevano perché le considerassimo tali.
A parte i Volturi, si trattava probabilmente della più grande adunata amichevole di vampiri adulti nella storia degli immortali.
In più, potevamo contare sull'appoggio dei dieci licantropi: Jacob, Leah, Seth, Quil, Embry, Sam, Jared, Paul, Collin e Brady; senza contare tutti i nuovi ragazzini che si stavano trasformando a causa dell'arrivo di tanti vampiri.
Stavamo cominciando a nutrire un po' di speranza, contagiava persino me. Renesmee aveva attirato dalla propria parte così tanta gente in un tempo così breve. Sarebbe bastato che i Volturi la ascoltassero anche solo per un millisecondo...
Gli ultimi due rumeni superstiti, tutti concentrati sull'acre risentimento per coloro che avevano rovesciato il loro impero millecinquecento anni prima, se la presero con molta calma. Non toccavano Renesmee, ma non le dimostravano alcuna avversione. Sembravano misteriosamente deliziati dall'alleanza fra vampiri e licantropi. Guardavano me e gli altri licantropi trasformarci facilmente e combattere fra di noi per gioco, studiavano Bella esercitare il suo scudo con Kate e Zafrina, osservavano Edward rispondere a domande silenziose, vedevano Benjamin scatenare geyser nel fiume e folate di vento dall'aria immobile con la sola forza del pensiero ed un movimento impercettibile delle mani o della testa, e a entrambi brillavano gli occhi per la violenta speranza che i Volturi avessero finalmente trovato pane per i loro denti.
Non speravamo tutti le stesse cose, ma speravamo tutti.
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