44. Ti sembra un buon momento per andare a pattinare?!

«No, aspetta. Ripetimi tutto con più calma e magari anche più dettagliatamente» mi disse Andrea continuando a fare su e giù per la sua camera.
Io, seduta sul suo letto, sospirai. «Andre, ti ho già detto tutto due volte...».
«Sì, lo so, però...».
«Però cosa?».
«Però se non so tutto tutto, non posso minimamente aiutarti».
«Anche se sapessi ogni minima parte di ogni cosa non potresti aiutarci».
«Ehi, non sottovalutarmi così!» disse fingendosi offeso.
«Non posso dirti più di quello che ti ho già detto».
«Ok, ma capisci che capire qualcosa di questa faccenda è impossibile se cataloghi tutti come "tizi"?».
Lo guardai confusa.
«Tu mi hai detto: "siamo in pericolo perché dei tizi vogliono attaccarci a causa della testimonianza errata di una tizia che ha catalogato Renesmee come pericolosa", eccetera eccetera. Giusto?».
Ridacchiai imbarazzata «Sì, hai ragione».
«Ecco...».
«Ma non posso farci nulla».
Andrea si sedette vicino a me sospirando.
«Scusa» mormorai «Ti sto rovinando la giornata».
«Tu non mi stai rovinando nulla» rispose guardandomi e sorridendo «Preferisco impazzire con te per capirci qualcosa piuttosto che andare a scuola».
Ridacchiai.
Andrea mi avvolse le spalle con il braccio e mi fece appoggiare a lui.
Chiusi gli occhi e presi un bel respiro. Notai che aveva cambiato profumo, non era più quello che sapeva di aghi di pino o cose simili, questo era diverso. Inizialmente era pungente, ma dopo un attimo diventava più tenue e dolce. Era strano, ma dovevo ammettere che mi piaceva.
Inconsciamente mi allontanai ed annusai l'aria.
«Sì, ho cambiato profumo, lo so» disse il ragazzo «Quando finirà ricomprerò quello vecchio».
«No, questo mi piace. Anzi, anche più dell'altro».
«Ok, allora terrò questo» rispose ridacchiando.
Ridacchiai.
«Beh, comunque, facciamo il punto della situazione. Voi siete in pericolo perché una ha visto Renesmee e l'ha scambiata per una cosa pericolosa».
Annuii.
«Come si fa a scambiare una bimba per una cosa pericolosa?!».
«Lascia stare, è meglio che tu non lo sappia».
«Ok, va bene... comunque, ha scambiato Renesmee per una cosa pericolosa ed è andata da delle autorità particolari a dirglielo, giusto?».
«Sì, beh, non sono proprio delle autorità. Non per voi, almeno».
«Queste autorità si sono arrabbiate e stanno venendo qui...»
Annuii.
«Per uccidervi».
Annuii di nuovo.
«Ed Alice e Jasper sono scappati».
«Sì».
«Ok... non potete parlargli a fargli vedere che 'sta qui ha sbagliato?».
«Non vengono qui per parlare».
«Non possono uccidervi! È un reato!».
«Possono, nel nostro mondo».
«Possono un corno!» urlò alzandosi in piedi e mettendosi di fronte a me «Siete nel nostro mondo! Vi sono delle autorità!» poi abbassò il tono di voce «Non permetterò che ti uccidano. Troverò una soluzione».
Abbassai lo sguardo «Non ci sono soluzioni».
Si inginocchiò di fronte a me e prese a giocherellare con una ciocca dei miei capelli. «Troverò una soluzione. Non ti uccideranno».
«Se decidessero di risparmiarmi mi porterebbero con loro, probabilmente insieme ad Edward, a Bella, magari anche con Renesmee. Se fosse ancora qui prenderebbero pure Alice e forse Jasper».
«È per questo che sono scappati...».
«Non sono scappati!» lo aggredii alzandomi di scatto e facendolo cadere a terra. «Alice e Jasper non sono dei codardi. Non sono scappati». O almeno così speravo.
«Sì, scusa. Non... non avrei dovuto dirlo».
Mi sedetti di nuovo sul letto e Andrea si mise accanto a me.
«Potete... non so... avvertire la polizia?» chiese guardando a terra.
«No, non servirebbe a nulla».
«Scappare?».
«Neanche. C'è un tizio che saprebbe ritrovarci anche in capo al mondo».
«È un serial killer? Un mafioso? Uno stalker? Un...».
«No. Niente di tutte queste assurdità».
«Oh...»
Rimasi in silenzio.
«Non puoi rifugiarti qui?».
«Io non scappo» ribadii seccamente.
«Ok, ok».
«Non so nemmeno perché te ne abbia parlato».
«No, dai, mi ha... fatto piacere, diciamo».
Scossi la testa «Tu sei strano».
«Tu lo sei molto più di me» rispose ridendo.
«Lo so, hai ragione».
«Dai, stavo scherzando» rispose continuando a ridere.
«Sì, lo so».
«Dai, davvero, scusa» mormorò.
«Tranquillo, sto pensando ad altro».
«Alice e Jasper?».
Annuii.
«Ok, forse questo è un momento un po' difficile, ma credo che tu dovresti distrarti».
«E come?».
«Andiamo a fare un giro!».
«No, grazie».
«Dai, ti porto a pattinare a Port Angeles!».
«Ti sembra un buon momento per andare a pattinare?!».
«Decisamente sì!» rispose raggiante.
«Beh, comunque non so pattinare».
«Ti insegnerò io».
«Perché proprio a Port Angeles?».
«Ci lavora un mio amico. Probabilmente ci farà entrare gratis».
Sospirai «Non mi lascerai mai stare, vero?».
«Già. Ti farò superare questo momento nel migliore dei modi. Vedrai che si risolverà tutto».
«Dobbiamo proprio?».
«Sì. Tanto hai detto che i tuoi genitori e i tuoi fratelli si stanno occupando di tutto, no?».
Annuii.
«Bene, quindi puoi venire con me».
«Se devo proprio...».
«Assolutamente, però, se vuoi restiamo qui o andiamo a casa tua, non ci sono problemi».
«No, a casa mia assolutamente no!».
«Perché?».
Perché non voglio che gli amici di Carlisle ti usino come antipasto...
«Perché stiamo facendo venire delle persone per testimoniare che Renesmee non è pericolosa» risposi sinceramente.
«E allora?».
«Questi non apprezzano gli umani e, se queste... "autorità", come le chiami tu, venissero a sapere che frequento un umano, sarebbe ancora peggio».
«Ehm... ok, non andremo a casa tua per un po'».
Annuii «Meglio».
«Andiamo a pattinare?» chiese dopo pochi secondi di silenzio.
«Ok, almeno sarai felice».

Dopo un'interminabile ora giungemmo alla pista di pattinaggio.
Era una pista al chiuso, da quanto potevo notare. Sembrava una specie di gigantesca cupola, le pareti esterne erano piene di volantini che pubblicizzavano qualsiasi cosa e la grossa porta era chiusa.
«Sei sicuro che sia aperto?».
«Certo, perché non dovrebbe?» rispose e il suo fiato caldo formò una piccola nuvoletta bianca davanti al suo viso.
«Perché è mattino e non c'è nessuno... e la porta è chiusa».
Il ragazzo si avvicinò ridacchiando alla porta. «Sai, hanno inventato le maniglie» disse e l'aprì.
«Oh, ops» mormorai imbarazzata.
«Prima le signore» disse con una sorta di mezzo inchino.
Sorrisi ed entrai.
Le pareti interne erano bianche e il pavimento rivestito da una strana moquette nera.
Di fronte a noi, qualche metro più in là, vi era un bancone di legno chiaro.
Andrea mi prese per mano e mi condusse fino a lì.
Il bancone era largo e vi erano vari volantini disposti in ordinate colonne.
«Ehi, Ty, ci sei?» chiese Andrea a voce alta.
Un ragazzo alto e biondo uscì da una stanza dietro al bancone e ci raggiunse. Appena vide il mio ragazzo sgranò gli occhi sorpreso e felice.
«Andre!» esclamò raggiungendolo.
I due si abbracciarono.
«Tyler, lei è Chiara» mi presentò Andrea guardandomi raggiante. «È la mia ragazza» aggiunse. «Chiara, lui è Tyler, un mio grande amico».
Il ragazzo mi strinse la mano sorridendo «Molto piacere».
«Piacere mio» mormorai imbarazzata.
«Cosa ci fate qui?» ci chiese Tyler «Non avete scuola?».
«Sì, ma ogni tanto saltarla fa bene» rispose Andrea prendendomi per mano.
Tyler iniziò a ridere «Dov'è finito il bravo ragazzo che conoscevo?».
«Eh... storia lunga».
«Cosa non si fa per amore» mormorò Tyler e tornò dietro al bancone.
«Lei non c'entra, sono cambiato io».
«Da' ad un uomo la giusta motivazione e potrà fare l'impensabile» mormorò il ragazzo biondo, facendomi ridacchiare.
«Vedi? È d'accordo con me» disse facendomi l'occhiolino.
«Non flirtare con la mia ragazza!» disse Andrea fingendosi offeso e scoppiando subito dopo a ridere.
Tyler rise. «Sai che non è il mio tipo». Poi si rivolse a me «Senza offesa, penso comunque che tu sia una bella ragazza».
Arrossii lievemente.
«Comunque, è troppo piccola per me» concluse guardando Andrea. «Dai, finiamola di parlare dei miei gusti personali, dopotutto siete venuti qui per pattinare, non per fare salotto. Giusto?».
«Giustissimo» rispose Andrea.
Tyler ci trovò molto in fretta un paio di pattini. «Divertitevi» ci disse sorridendo dopo che ci ebbe dato due caschi.
«Andre... non so pattinare» dissi poco prima di mettere un piede sull'enorme lastra ghiacciata.
Avevo notato subito il cambio di temperatura. L'ingresso era abbastanza caldo, ma qui faceva freddo come fuori, se non poco di più.
«Fidati, è facile» disse Andrea camminando normalmente sul ghiaccio.
Mi allontanai dall'ingresso della pista e mi sedetti su di una specie di sediolina blu. Vi erano varie panche riempite da piccole sedioline di plastica blu. Sembrava una tribuna.
«Dai, pigrona, alzati e vieni» mi prese in giro Andrea «O hai paura?».
«Non ho paura. Ma già è difficile camminarci qui, figuriamoci lì, su quel coso scivoloso e freddo».
«Che si chiama ghiaccio».
«Lo so, grazie, ma non ci ho mai pattinato con questi» dissi indicando i due pattini blu ai miei piedi.
«Ti insegno io, muoviti».
Sospirai e lo raggiunsi.
Stranamente non sembrava così difficile stare sul ghiaccio, anzi riuscii anche a muovermi senza problemi.
«Beh, è facile» dissi ridendo.
«Sì, beh, solitamente non si impara così in fretta...».
Oh, questo non me lo aveva detto nessuno... pensai.
Probabilmente il perfetto equilibrio che avevo grazie al fatto che non ero umana mi stava aiutando anche lì.
«Beh, io posso» dissi avvicinandomi a lui. Mi muovevo perfettamente, ma, quando dovetti frenare, misi male il piede e riuscii a cadere, trascinando con me Andrea.
Il ragazzo si mise a ridere «Stai bene? Ti sei fatta male?».
«Sì, sto bene» risposi provando ad alzarmi.
Caddi di nuovo a terra.
«Vuoi che ti spieghi come si faccia?» mi chiese Andrea, il quale si era già alzato.
«No, faccio da sola».
Alla fine, dopo vari e vani tentativi riuscii ad alzarmi.
Rimanemmo lì per un bel po', sinceramente non sapevo per quanto, avevo perso la cognizione del tempo. Infine decidemmo entrambi di uscire e raggiungere Tyler, il quale ci propose di rimanere per un po' con lui.
Ci accomodammo nella piccola stanza dalla quale era uscito Tyler la prima volta che lo avevamo visto. Le pareti erano bianche e vi era la moquette nera, come nell'ingresso. Una finestra che dava sulla strada era posizionata proprio sul muro di fronte alla porta e, sotto ad essa, vi erano due divanetti messi uno di fronte all'altro. I due divani erano "foderati" con un telo verde argilla e sopra di essi erano posizionati ordinatamente dei cuscini rossi. Vicino a loro c'erano dei piccoli mobiletti di legno scuro. Di fianco rispetto a noi si apriva un'altra stanza con una macchinetta simile a quelle delle scuole che poteva fornire caffè, cioccolata calda e tutto il resto. Oltre a quella macchinetta vi era anche un'altra porta con un cartello che recava la scritta "Toilette".
Ci accomodammo sui divani e chiaccherammo per molto tempo; ascoltando gli aneddoti divertenti dei due ragazzi capii che si conoscevano fin da quando erano piccoli visto che la famiglia di Tyler abitava vicino a quella di Andrea a Forks.
In quel tempo che passammo insieme potei osservare quel ragazzo biondo che mi stava già molto simpatico. I capelli formavano una specie di cresta e gli occhi erano azzurri. Indossava dei vestiti neri. Notai che era molto muscoloso, anche grazie al fatto che la maglia -senza maniche- metteva ben in evidenza i muscoli del torace e delle braccia.
Ad un certo punto, il rumore della porta di ingresso che si chiudeva attirò la nostra attenzione.
Un ragazzo entrò nella piccola stanza. Tyler si alzò e si avvicinò a lui.
«Ciao» lo salutò e i due si diedero un veloce bacio sulle labbra.
Rimasi sbalordita a fissarli. Non mi interessava del fatto che si fossero baciati e che quindi fossero probabilmente gay. No, no, assolutamente. Ero rimasta stupita da quel tipo. Perché nessuno mi aveva detto che c'era un vampiro a Port Angeles?!
Anche Andrea salutò quel ragazzo e poi me lo presentò. «Ehi, Chiara, lui è Max. È il ragazzo di Tyler».
Lo avevo capito che fosse il suo ragazzo, grazie. Ma perché cavolo c'è un vampiro?! Mi chiesi istericamente.
«Molto piacere» mormorai stringendogli la mano che era fredda e dura come una pietra.
Lui mi rispose con un flebile "ciao" e poi si sedette sul divanetto rosso vicino a Tyler.
Nel mentre che parlavamo con gli altri ci lanciavamo occhiate fugaci. Anche lui aveva capito che non ero umana.
Lo osservai attentamente: aveva carnagione molto simile a quella di Laurent e i capelli erano corti e neri.
Guardai i suoi occhi. Erano di uno strano marron fango scuro. Feci una smorfia. Erano lenti a contatto colorate mischiate agli occhi rossi.
Dopo circa un'ora io e Andrea decidemmo di tornare a casa, quindi salutammo i due ragazzi e ci dirigemmo nel parcheggio, verso la moto rossa.
Avevo appreso dai pensieri del vampiro molte cose ma volevo sapere qualcosa di più, però, per fare ciò, sarei dovuta essere da sola....
«Ehi, Andre?» attirai la sua attenzione.
«Sì?».
«Io... dovrei andare un attimo in bagno, non è che ti dispiacerebbe aspettare qui qualche minuto?».
«Ehm... no, certo che no».
Ritornai nel palaghiaccio e vi trovai Max che stava appoggiato al bancone.
Notai che era troppo immobile, non sapeva comportarsi da umano bene quanto i miei familiari.
«Dovevi andare davvero in bagno oppure volevi parlarmi?» chiese a voce bassa per non farsi sentire dal ragazzo nella sala affianco.
«Volevo parlarti» risposi mantenendo anch'io un tono basso.
«Ok, cosa c'è?».
«Volevo chiederti come sei stato trasformato in vampiro».
«Qualche tempo fa, a Seattle, un ragazzo biondo, alto, muscoloso ed estremamente pallido mi ha raggiunto e mi ha morso. Aveva un clan insieme ad altri giovani vampiri; volevano uccidere un gruppo di vampiri anziani considerato pericoloso. Non mi piaceva quella vita, così un giorno sono scappato e ho sono venuto qui a Port Angeles. Non so che fine abbiano fatto, ero uno fra i primi ad essere stato trasformato e ad essermene andato».
Riley, era stata sicuramente opera sua. Mi ricordavo molto bene di lui, di Victoria, dell'esercito di neonati e anche della povera vampira che i Volturi avevano ucciso a sangue freddo.
Annuii e feci per andarmene, sapevo che sapeva controllarsi e che non avrebbe mai fatto del male a Tyler, sembrava che lo amasse davvero.
«Aspetta, voglio sapere una cosa» mi fermò il vampiro.
«Cosa?».
«Tu cosa sei? Non hai l'odore dei vampiri ma nemmeno quello degli umani».
«Sono una specie di licantropo. Sono metà vampiro e metà licantropo; non so come sia possibile, non conosco i miei genitori».
Max annuì pensieroso e poi, sorridendo urlò: «Ty! Vieni! Ti faccio vedere che avevo ragione!».
Tyler ci raggiunse nel mentre che io osservavo tutto completamente confusa.
«Esistono i licantropi!» esultò il vampiro indicandomi.
«Sei un licantropo?» mi chiese il ragazzo biondo.
«Sa tutto?!» domandai al vampiro.
«Sì» mi rispose.
Rimasi in silenzio.
«Andrea non sa nulla?» chiese Tyler.
Scossi la testa.
«Hai paura che si spaventi?» mi domandò il vampiro.
«No. Beh, forse un po'. Soprattutto ho paura che i Volturi lo scoprano e lo uccidano. Tu... sai chi sono, vero?».
«Sì, per questo teniamo un basso profilo» rispose Max.
«Come hai fatto a dirglielo senza che si spaventasse?» chiesi, magari poteva tornarmi utile qualche consiglio.
«L'ho conosciuto in un locale, abbiamo fatto amicizia e abbiamo iniziato a frequentarci.
Una sera stavo aspettando poco distante da qui che lui uscisse da lavoro, per fargli una sorpresa. Era tardi e, ad un certo punto, tre tizi lo hanno aggredito. Da lontano ho sentito le urla e l'ho raggiunto.
Erano soltanto dei ladruncoli umani, ma li ho scacciati usando la mia forza da vampiro. A quel punto, gli ho detto tutto e ci siamo messi insieme seriamente».
«Secondo me Andrea ti accetterebbe per quello che sei» disse Tyler.
Annuii «Forse». Poi abbassai il tono di voce per rivolgermi soltanto al vampiro. «Lui sa che tu ti nutri degli umani?».
«Sì, lo sa» rispose con un tono di voce normale.
«Cosa?» si intromise il ragazzo biondo.
«Sai di cosa mi nutro» gli spiegò il vampiro «Anzi, mi ha pure visto con gli occhi rossi più di una volta».
«Fai attenzione ai Volturi. Non vorrei mai che vi uccidessero».
«Tranquilla, non ci faranno nulla» rispose il vampiro.
A quel punto Andrea ci raggiunse, interrompendoci.
«Ah, sei qui» disse «Iniziavo a preoccuparmi».
«Ehm, no, tranquillo, sto bene. Stavo solo parlando con loro» risposi.
«Lo vedo, lasciandomi fuori a congelare».
«Ops» mormorai sia imbarazzata che divertita e lo seguii fino alla sua moto.
«Di cosa avete parlato?» mi chiese.
«Di noi due».
«Ah, davvero?».
«Sì, mi hanno chiesto come va e tutto il resto».
Andrea sorrise e mi diede il mio casco.
Non sapevo se avesse creduto o meno a quella bugia, ma decisi di lasciar perdere.
«Ti riporto a casa?» mi chiese, la voce attutita dal casco.
«Sì, grazie, ma fermati all'inizio del viale, potremmo avere ospiti».
Lo sentii ridere «Ok».

Appena arrivammo a casa mia fece come gli avevo detto: si fermò all'inizio del viale che si inoltrava in mezzo agli alberi e conduceva alla villa.
Scesi dalla moto, gli diedi il casco e lo salutai.
«Ehi, aspetta» disse lui attirandomi a sé e baciandomi dolcemente.
«Domani vengo a prenderti qui?» mi chiese allontanandosi di poco.
Annuii e mi diressi verso casa.
Dall'odore e dalle voci che sentivo, potevo dedurre che fossero arrivati quelli del clan di Denali.
Avevo paura di scoprire se ci avrebbero aiutati o meno, temevo in una risposta negativa.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top