24. Compleanno
Mi svegliai confusa. Non mi ero assolutamente accorta di essermi addormenta.
Dalle grandi finestre trapelava la luce del giorno ed io ero ancora sul divano bianco panna del salotto.
Da quanto tempo stavo dormendo?
Mi stropicciai gli occhi, ancora leggermente assonnata.
«Oh, finalmente il cane si è degnato di svegliarsi» bofonchiò Rosalie. Era seduta su una sedia con Renesmee in braccio.
Notai subito -e con piacere- che il sangue della notte prima era stato ripulito.
«Rose, quando capirai che sono anche un vampiro?» le chiesi mettendomi a sedere.
Carlisle mi si avvicinò «Come va?» mi chiese.
«Mh, bene. Il morso di Brady si è richiuso» risposi.
«Le costole?»
Provai a fare un respiro profondo, cosa che il giorno prima non riuscivo a fare senza provare un intenso dolore. Constatai che non mi faceva male.
«Bene» dissi «Non mi fa più male, però sento quella parte indolenzita»
«È normale, le ossa ci mettono più tempo a guarire. Cerca di non fare movimenti bruschi durante la giornata e, soprattutto, non trasformarti almeno fino a questo pomeriggio»
Annuì «Ok» non ero per niente entusiasta della situazione, era difficile non trasformarsi e non fare movimenti bruschi. «Posso togliere la fasciatura?» era veramente scomoda.
«Sì, purché tu stia attenta»
«Tranquillo» dissi a Carlisle «Non farò il minimo sforzo»
«Bella come sta?» chiesi poco dopo. Sentivo ancora il battito accelerato del cuore in trasformazione, ma volevo sapere se c'erano notizie più precise.
«Abbastanza bene» rispose Carlisle «La trasformazione sta avvenendo. Ancora due giorni, o forse un po' meno, e sarà una vampira»
Annuì pensierosa. Jake non sarebbe stato molto contento di vederla tramutata in un vampiro.
«Una domanda: che ora è?» chiesi.
«L'ora di ieri a quest'ora» rispose Rosalie acidamente.
«Le sette e mezza» rispose Carlisle nel mentre che si dirigeva verso le scale.
Andrea sarebbe arrivato alle 7.40. Perfetto, ero pure in ritardo...
Mi alzai, andai in cucina il più in fretta possibile e presi tre biscotti: la mia colazione.
Tornai in salotto solo per salire le scale e andare in camera mia. Dovevo sbrigarmi, i minuti passavano velocemente e, a breve, Andrea sarebbe arrivato.
Mi cambiai in fretta la maglia e i pantaloni, soprattutto perché erano sporchi di terra e sangue. Finalmente potei togliere la benda che Carlisle mi aveva avvolto sopra le costole, doveva essere stretta per permettere la "riparazione" delle ossa e questo la rendeva terribilmente fastidiosa.
Scelsi -completamente a caso- un paio di pantaloni del classico colore blu che avevano i jeans ed una maglia a maniche corte verde e li indossai, poi andai in bagno per potermi lavare i denti e pettinare i capelli lievemente lunghi che si spettinavano sempre da soli.
Presi la cartella, stranamente leggera, e scesi le scale, sentendo il rumore della moto di Andrea nel giardino.
Corsi fuori e lo raggiunsi.
«Ciao» dissi fingendo di avere il respiro affaticato per la breve corsa. Avevo una resistenza fin troppo maggiore rispetto agli umani e spesso mi toccava fingere su questi minimi dettagli.
«Ciao» mi rispose. Era davanti alla moto e sorrideva. Teneva le mani dietro la schiena e ciò mi incuriosì.
Mi avvicinai a lui e provai a sporgermi a destra per guardare cosa mi stesse nascondendo.
«Ehi!» disse ridendo e spostandosi leggermente, in modo da non farmi cosa c'era.
Lo guardai confusa. Avrei potuto leggere nei suoi pensieri cosa nascondeva, è vero, ma non volevo entrare nella sua mente.
«È una sorpresa» mi spiegò «E come tale deve rimanere nascosta finché lo decido io»
«Una sorpresa? Per chi?»
Sospirò rassegnato «Per te...»
Ero ufficialmente confusa.
Vedendo che non ci stavo capendo nulla continuò come avrebbe fatto senza le mie interruzioni: «Buon compleanno!» disse porgendomi un regalo che nascondeva dietro la schiena.
Compleanno? Era il 12 di settembre? Con tutti gli avvenimenti che erano accaduti avevo perso la cognizione del tempo.
Era molto strano che nessuno e soprattutto Alice non mi avesse fatto gli auguri. Era strano e preoccupante il fatto che Alice non avesse fatto una festa. Molto preoccupante. Lei faceva feste per tutto, adorava organizzarle.
«Non dovevi...» mormorai imbarazzata.
«Non discutere. Apri il regalo. Scommetto che ti piacerà»
Ridacchiai e presi il pacchetto. Era "molle" quindi era sicuramente un qualcosa da indossare.
Il "regalo misterioso" era dentro ad una busta di uno strano rosso scuro che rifletteva i raggi del sole, come uno specchio. Anche l'interno faceva "effetto specchio", però era argentato.
«Questa è una carta con i colori di Natale» constatai.
«Non badare ai colori e guarda il regalo» rispose fingendosi scocciato.
«Che cos'è?» gli chiesi curiosa.
«Aprilo e vedrai. È qualcosa che, in questo momento, ti serve»
Lo guardai confusa.
Cosa mi serve? Mi chiesi.
Decisi di aprire il pacchetto. All'interno della busta c'era una felpa di un azzurro tenue ripiegata con cura. La tirai fuori.
«Wow è bellissima» dissi seriamente stupita.
Mi accorsi in quel momento di essermi dimenticata di prendere una felpa o una giacca. Quella mattina di settembre era lievemente fredda per gli umani.
La felpa -a maniche lunghe e con il cappuccio- era di un tenue azzurro e, al centro, vi era un disegno che conoscevo bene: i quattro lupi che avevo fatto il mio primo giorno di scuola di quell'anno scolastico.
I quattro lupi avevano i colori corrispondenti a quelli del nostro piccolo branco e ululavano. Quello rossiccio era su di una roccia ed era lievemente più grande rispetto agli altri. Poi c'erano due lupi affiancati, uno color sabbia e l'altra con la pelliccia argentea. Infine, la lupa più piccola era quella che possedeva il miscuglio di colori che assumeva la mia pelliccia quando mi trasformavo.
Fra i lupi scorreva un fiumiciattolo, era notte e, attorno a loro, vi erano dei pini né troppo alti, né troppo bassi.
«Questo disegno mi ricorda qualcosa...» dissi fingendo di osservarlo meglio.
Andrea si mise a ridere «Sì, è tuo. Sai che io i disegni a mano libera li faccio peggio di una capra. Mi serviva un bel disegno da mettere e, visto che ti piacciono i lupi e che sei un fenomeno a disegnare, ho preso in prestito il tuo bellissimo disegno. Se vuoi te lo restituisco, ce l'ho in cartella»
«Nah, tienilo pure, non mi serve. In camera ho fin troppi disegni»
«Davvero?»
Annuì «Se lo vuoi, tienilo»
«Grazie!»
Indossai la felpa per vedere come mi stava. Era perfetta: calda e comoda.
«Allora? Ti piace?» mi chiese curioso.
«Mi chiedi se mi piace? È stupenda!» esclamai avvicinandomi per abbracciarlo.
«Alt, alt, alt» disse alzando le braccia per fermarmi.
Lo guardai confusa.
«Guarda nelle tasche. Mi ringrazierai dopo»
Misi le mani nelle tasche della felpa e trovai un biglietto piegato accuratamente in quattro. Lo aprì e lessi ciò che c'era scritto.
"Oggi si conosce il prezzo di tutto e il valore di niente.
Per me è diverso.
Per me non hai prezzo e vali più di ogni altra cosa al mondo.
Buon compleanno
❤ I love u ❤
❤ (o "you", come preferisci 😉) ❤"
Sorrisi leggendo quelle belle parole. E, soprattutto ridacchiai leggendo le ultime due righe. Si ricordava sicuramente di quando ero arrivata in America e non capivo per niente le abbreviazioni che facevano gli americani quando scrivevano; me le aveva insegnate lui insieme a Brian ed Alexis.
Lo abbracciai di getto, facendogli fare un passetto indietro per non perdere l'equilibrio.
«Grazie» dissi colpita in senso positivo dalla sua dolcezza.
Si mise a ridere e mi abbracciò anche lui. «Prego, piccola» sussurrò al mio orecchio.
Mi allontanai un po', feci scivolare lentamente le braccia dietro il suo collo e lo baciai. Chiusi gli occhi per cercare di assaporare al meglio il momento, ma ero anche molto imbarazzata, non sapevo cosa fare.
Dopo un attimo di sbalordimento dovuto al mio gesto, Andrea prese in mano le redini della situazione e trasformò quel bacio impacciato in un vero bacio.
Fu come un fuoco d'artificio, le scintille si irradiarono per tutto il mio corpo, dalla testa ai piedi. Sentì il suo profumo avvolgermi e le sue mani appoggiate delicatamente sulle mie guancie.
Quando mi allontanai, con il fiato corto, arrossì e abbassai lo sguardo, guardando il terreno. Ero imbarazzata soprattutto per tutti i commenti -pensati e detti- che sentivo provenire dai vampiri all'interno della casa e dai licantropi all'esterno di essa.
Emmett e Jasper commentavano fra loro con battute divertenti e, certe volte, con svariati doppi sensi; Alice e Seth erano esultanti; Rosalie e Leah erano acide come al solito; Carlisle ed Esme erano molto felici, ma cercavano di farsi i fatti loro; Edward e Jacob, invece, non commentavano più di tanto la mia scelta, più che altro erano preoccupati per Bella.
Andrea mi sorrise, senza staccare gli occhi dai miei, e appoggiò la sua fronte contro la mia.
«Ti amo» sussurrò.
Sentì il mio cuore sciogliersi e battere all'impazzata. Sorrisi, non ero imbarazzata o divertita, ero semplicemente felice. Bastavano davvero solo due parole, due semplici parole, per farti provare quella felicità così pura, così viva?
"Ehi, piccioncini" pensò Emmett, attirando la mia attenzione "Sarebbe meglio che andaste a scuola, è un po' tardi"
Jasper guardò l'orologio appeso in cucina.
Erano le 7.55. Perfetto, eravamo in ritardo.
«Merda!» sibilai.
«Che succede?» mi chiese Andrea allontanandosi di pochissimo.
«Siamo in ritardo, sono le otto meno cinque»
«Cosa?! Oh... no» si allontanò, mi passò il mio casco e prese il suo «Dai, andiamo»
Mi sedetti dietro di lui e lo strinsi, allacciando le braccia attorno alla sua vita. Appena mi fui sistemata, accese la moto e partì sgommando.
Dopo circa mezz'ora arrivammo nel parcheggio della scuola. Era già suonata da dieci minuti. In quel momento rimpiansi la guida spericolata e super-veloce dei miei fratelli e delle mie sorelle.
«Dai, forse arriviamo in classe prima del prof» disse Andrea dirigendosi verso la classe correndo.
Lo seguì ridendo insieme a lui.
Arrivammo insieme al professore che non ci disse assolutamente nulla, ma bastò Jeremy a rovinarmi la giornata.
«Ehi, siete in ritardo» ci fece notare quello sbruffone quando entrammo in classe.
«Lo avevo notato, grazie, Jeremy» risposi acida dirigendomi verso un posto libero in prima fila, sfortunatamente l'altro libero era dalla parte opposta della classe, quindi non sarei potuta stare con Andrea.
«Cosa stavate facendo voi due, da soli?» ci chiese Jeremy con uno sguardo da pervertito, facendo ridacchiare l'intera classe.
Mi preparai ad avventarmi su di lui, ma Andrea, con un riflesso fulmineo, mi prese la mano, bloccandomi. Mi voltai a guardarlo e lui scosse lievemente la testa.
Aveva ragione: picchiare Jeremy sarebbe stato inutile, non avrei migliorato nulla. Cretino era, cretino rimaneva.
Il fatto che Andrea mi avesse presa per mano scatenò altri risolini. Non avevano mai visto un ragazzo ed una ragazza tenersi per mano? Che problemi avevano?
«Sì, ok. Basta, ragazzi» il professore richiamò all'ordine la classe «Tutti ai propri posti. Non mi interessa perché siete in ritardo: sono fatti vostri e non è un ritardo enorme. Iniziamo la lezione, coraggio»
Mi sedetti nel banco in prima fila. Avevo ancora voglia di uccidere Jeremy.
Di fianco a me c'era una ragazza con i capelli lunghi e di un rosso acceso -erano chiaramente tinti-, aveva gli occhi di un bel azzurro e indossava degli occhiali viola scuro. Era molto timida, ma sembrava simpatica.
Mi ricordai di lei solo quando notai le occhiatine che lanciava ad Andrea, il quale stava fissando me. Era la ragazza che, insieme ad altre tre, il primo giorno di scuola considerava il mio un bel ragazzo. E, a quanto pareva, continuava a pensare così.
Non potei non provare una punta di gelosia verso questa ragazza. Certo, non la conoscevo nemmeno, ma amavo Andrea e temevo che qualcuna potesse portarmelo via.
La prima ora passò lentamente, troppo lentamente. Un secondo sembrava essersi tramutato in un'ora e un minuto nell'eternità.
Finalmente la campanella suonò dopo lunghissimi sessanta minuti.
Il più velocemente possibile ritirai il mio materiale e raggiunsi Andrea alla porta.
«C'è storia, giusto?» gli chiesi nel mentre che ci incamminavamo verso l'aula.
Lui annuì e mi prese per mano, facendomi rabbrividire lievemente.
Non sapevo se, per una, come me, abituata al gelo dei vampiri, era normale rabbrividire per il contatto di una mano umana, calda.
Quando entrammo nella classe la professoressa ci salutò allegramente nel mentre che prendeva un libro da un armadio.
La lezione sembrò durare pochissimo, non perché ero seduta vicino ad Andrea, ma perché la prof sapeva spiegare benissimo, coinvolgendo tutti gli studenti negli avvenimenti. Raccontava le vicende come se fossero una favola e ci dava larghi appigli per intervenire, fare domande e riflessioni.
Dopo storia c'era l'intervallo e, questa volta, non intendevo starmene chiusa in classe, così seguì Andrea verso la mensa. Il caos che c'era era insopportabile, sembrava di essere alle elementari, altro che alle superiori.
«Andre, perché andiamo in mensa?» gli chiesi.
«Ci sono le macchinette e, molto probabilmente, Brian ed Alexis»
Quando raggiungemmo la mensa, Alexis si fiondò su di me, abbracciandomi. «Buon compleanno!» urlò.
«Ehm, grazie» risposi sciogliendo l'abbraccio.
«Auguri!» disse Brian porgendomi un pacchetto.
Guardai male Alexis, l'artefice di ciò «Ho detto che non volevo nulla»
Lei ridacchiò «Lui» disse indicando Andrea «Ti ha dato la felpa, noi qualcosa di più piccolo»
La fulminai con lo sguardo e presi il pacchetto incartato con una carta di un intenso blu scuro.
«È qualcosa di piccolo, in due non abbiamo speso tanto» mi rassicurò Brian.
Tolsi la carta che avvolgeva una scatolina nera che sembrava fatta di cuoio, ma dall'odore capì subito che non si trattava di cuoio.
Aprì la scatolina e vi trovai un braccialetto che sembrava fatti di Swarovski, ma sperai che fossero finti.
«Wow, è molto bello» dissi.
«Sapevamo che ti sarebbe piaciuto» disse Brian.
«Non sono realmente diamanti, vero?» chiesi.
I tre umani si misero a ridere.
«No, tranquilla» disse Alexis.
«Volevamo prendere quello vero...» continuò Brian.
«Ma sapevamo che ci avresti ucciso sapendo che erano Swarovski veri» concluse Alexis che mi aiutò ad allacciare il braccialetto attorno al polso destro.
«Grazie» dissi e li abbracciai entrambi.
Sfortunatamente la campanella rovinò quel momento e ci toccò andare nelle rispettive classi.
«Ci vediamo a palestra» disse Andrea salutandoli e dirigendosi con me verso l'aula di inglese.
La professoressa aveva all'incirca cinquant'anni ma ne dimostrava molti di più. Era molto seria e severa, durante l'ora voleva il più assoluto silenzio e non permetteva neanche di fare domande su eventuali dubbi. Era più o meno alta, indossava delle scarpe marroni con il tacco, una gonna marrone, una giacchetta -anch'essa marrone- aperta che lasciava vedere una maglia verde. I capelli biondi con qualche sfumatura bianca erano raccolti in una crocchia perfetta, le spalle ed il viso erano rigidi.
«Sembra una strega...» sibilò Andrea.
Fortunatamente eravamo in terza fila, dove la donna non poteva sentirlo o lo avrebbe ucciso.
«Caratterialmente o fisicamente?» chiesi.
«Entrambe le risposte»
Non risi solo per non scatenare l'ira della prof «Già, è troppo severa» dissi «È ingiusto che non lasci fare domande se abbiamo dei dubbi»
Dopo la soporifera ora di inglese mi diressi in palestra insieme ad Andrea.
«Ah, a proposito» gli dissi nel mentre che ci dirigevamo verso l'edificio «Oggi sto a riposo, non faccio palestra»
«Perché?» mi chiese preoccupato, non saltavo mai quella materia.
«Ehm... non potrei dirtelo» risposi arrossendo lievemente.
Mi guardò confuso e curioso «Dai, cosa succede? Sono il tuo ragazzo, puoi dirmi tutto»
«Ehm, fai finta che non ti abbia detto nulla, ok?»
«C'entrano "le cose" che le ragazze hanno una volta al mese?»
Scoppiai a ridere sentendo la sua affermazione «No!» dissi piegandomi in due dalle risate.
La cosa bella di essere licantropi è che quelle "cose", come le chiama lui, non vengono. Pensai.
«Allora cos'hai? Mi stai facendo preoccupare»
«Nulla, Andre, fai finta che non ti abbia detto nulla»
Mi bloccò con le spalle al muro del corridoio che portava alla palestra, imprigionandomi con le sue braccia. «Chiara, per favore» disse abbastanza serio.
Sospirai «Ok, ok, però andiamo verso la palestra, non voglio che girino strani pettegolezzi»
Mi lasciò andare e riprendemmo a camminare.
«Ti ricordi di ieri sera?» gli chiesi.
«Mi pare ovvio! Avevi un brutto taglio sulla gamba»
«Ecco, ora è guarito con la guarigione accelerata, però...»
«Però? Cos'hai?!» chiese sempre più agitato.
Ecco, temevo proprio una reazione come questa. Perché gliel'ho detto?
«Mi sono fatta male di nuovo, a casa»
Mi guardò allarmato.
«Nulla di che, tranquillo. Mi sono giusto rotta due o tre costole..»
«Cosa?!» urlò interrompendomi «Nulla di che?! Quando credevi di dirmelo?! Chiara, è una cosa seria! Come ti sei fatta male?»
«Calmati, dai, non è nulla. Con la guarigione accelerata sono già guarita del tutto. Carlisle mi ha solo detto, per precauzione, di astenermi da compiere movimenti strani, nulla di che»
Andrea fece un profondo respiro per calmarsi «Stai bene? Non ti fa male?»
Scossi la testa «Tranquillo, nulla di grave, per questo non volevo dirtelo»
«Come hai fatto a farti male?» mi chiese guardandomi negli occhi.
«Ti ricordi i lupi giganti del matrimonio?»
«Certo»
«Ecco, un piccolo litigio con loro, ma adesso è tutto a posto»
«Perché avete litigato?»
«Per la gravidanza di Bella... i lupi non la accettavano e volevano uccidere i Cullen, dicendo che i va..» mi bloccai di scatto. Stavo per dirgli tutto! No, non potevo.
«I va... come finisce la spiegazione?» chiese Andrea.
«Che... secondo loro... i, ehm, i.. i.. i vaccari andavano uccisi»
«I vaccari? Allevate mucche?»
«No, ovvio. Però, credo che per i lupi fosse una parola usata in un contesto dispregiativo. Non ho nulla contro i vaccari, non so cosa significhi per loro»
Il ragazzo sospirò «Ok, lasciamo perdere, tanto non ti fidi abbastanza per dirmi la verità»
«No, non è vero, mi fido, ma... non posso dirti alcune cose»
«Sì, ok...» rispose concludendo il discorso.
Passai il resto dell'ora a parlare con Alexis che aveva finto di stare male per farmi compagnia. Come scusa per stare a riposo mi ero inventata di aver avuto nel corridoio un giramento di testa e che non me la sentivo di fare palestra.
Oltre a chiacchierare con la mia amica, rimasi a fulminare con lo sguardo le due tipe che ronzavano attorno ad Andrea.
«Se solo gli sguardi potessero uccidere, Jennifer e Kate sarebbero già morte e sepolte» disse Alexis vedendo come guardavo le due ragazze.
Entrambe erano piuttosto carine, né troppo alte né troppo basse, indossavano dei pantaloncini abbastanza corti e due canottiere da ginnastica che, ai lati, lasciavano intravedere i reggiseni. Le catalogai subito come "oche" al pari di Sharon, Jessica e Martha.
Quando una delle due, bionda con una ciocca di capelli blu scuro e gli occhi cerulei, si avvicinò ad Andrea e gli spettinò i capelli, ridendo insieme a lui per un errore che quest'ultimo aveva fatto, venni assalita da un istinto omicida nei confronti della ragazza. Misi le mani nelle tasche della felpa, per evitare di far vedere il tremore che le percorreva.
Ero gelosa, sì.
Dopo la fine dell'ora mi diressi da sola nella mesa e, quando arrivarono anche Brian, Alexis e Andrea, parlai solo con i primi due, ignorando il ragazzo che non capiva cosa avesse fatto di male.
Quando ebbi finito di mangiare andai nell'aula di matematica, senza aspettare Andrea.
Mi sedetti in un banco all'ultima fila, ancora ingelosita dal comportamento del mio ragazzo con quelle due oche. Per provare a liberarmi la testa da quelle immagini presi a guardare fuori dalla finestra, di fianco a me.
«Ehi, ciao» mi salutò qualcuno.
Mi girai a guardarlo. Era il tizio con i capelli biondo platino e gli occhi di un bellissimo azzurro tendente al blu.
«Ehm, ciao... Tyler, giusto?»
«Giustissimo» rispose sorridendo, felice che mi ricordassi il suo nome.
Lo guardai per un attimo, non sapendo cosa dire.
«Andrea sta bene?» mi chiese lui.
«Certo, perché?»
«Boh, l'altra volta era qui con te. Visto che Nathan, il mio amico, quello con gli occhi e i capelli marroni...»
«Sì, mi ricordo»
«Ecco, visto che lui ha l'influenza, pensavo che Andrea avesse qualcosa di simile, visto che sei qui da sola»
«Sarà a mensa con dei nostri amici, adesso arriva»
«Ok...» si guardò un attimo attorno «Posso sedermi vicino a te?»
Alzai le spalle «Fa come vuoi»
Tyler, abbastanza felice, si sedette di fianco a me.
Iniziammo a chiacchierare di molte cose e, pian piano, la classe si riempì.
Dovevo ammettere che Tyler era molto divertente e simpatico.
Quando Andrea entrò in classe e mi vide seduta di fianco ad un altro mi guardò con uno sguardo indignato. Sicuramente aveva capito -o Alexis gli aveva detto- che cosa avessi e pensava che mi stessi vendicando. Molto arrabbiato, si sedette in seconda fila, lontano da me e da Tyler.
«Non sembra molto felice di vedermi qui» constatò il ragazzo dai capelli biondo platino «Non vorrei trovarmi a litigare con lui...»
«Non ha nessun motivo per dover litigare con te, tranquillo» gli dissi.
Io e Tyler passammo l'ora a chiacchierare a bassissima voce, nel mentre che sentivo lo sguardo furioso di Andrea fisso su di me.
Perlopiù il dialogo fra me e Tyler era la mia spiegazione riguardo ad alcune cose che non aveva capito.
Quando suonò la campanella salutai il mio nuovo amico ed uscì dall'aula.
«Chiara, aspetta» mi richiamò Andrea, prendendomi per un braccio, in modo da fermarmi.
Mi girai a guardarlo «Che vuoi?» chiesi ancora arrabbiata con lui.
«Scus» mormorò «Non credevo che ti ingelosissi perché ridevo e scherzavo con un'altra ragazza»
«Un'oca» lo corressi.
«Ok, vedile come vuoi, ma sappi che, se vogliono, sanno essere abbastanza sveglie. Non paragonarle a Sharon, Martha e Jessica»
Alzai gli occhi al cielo. «Se, sveglie, come no» risposi acida.
Andrea ridacchiò e, di colpo, mi baciò.
Per un attimo ricambiai il bacio, ma poi mi allontanai.
«Perché lo hai fatto?» gli chiesi stupita.
§§§§§§Nota dell'autrice§§§§§§
Ciauuu! Come va?
Beh, so che avrei dovuto aggiornare ieri, ma ho avuto problemi con internet... :-\
*inizia ad insultare il wi-fi che aveva deciso di non funzionare e i giga sul telefono finiti*
Ho interrotto così il capitolo un po' per creare suspence (?) e un po' perché stava venendo un capitolo lunghissimissimo (3'604 parole, senza contare la nota dell'autrice).
Ok, ho detto tutto quello che dovevo dirvi e colgo l'occasione per augurarvi un felice anno nuovo ^.^
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