22. Imprinting
Jacob entrò nella casa. Lo seguì anch'io. Non poteva, non doveva farlo.
Entrai nella sua mente per convincerlo a fermarsi, ma lui non mi ascoltava, svariati pensieri lo perseguitavano, ma, soprattutto, voleva uccidere Renesmee.
Jake, aspetta. Rifletti. Non puoi uccidere una bambina. Jake, ascoltami!
Cercai di bloccarlo, ma non volevo ferirlo attaccandolo seriamente.
I ricordi di ciò che era appena avvenuto gli ronzavano ancora in testa: le urla, il sangue, lo schiocco insopportabile mentre la bambina -o, come la definiva lui, "il mostro neonato"- faceva a pezzi Bella dall'interno.
Voleva correre via, uscire dalla porta dalla quale era appena entrato e trasformarsi, correndo velocemente come solo un licantropo sapeva fare, ma i suoi piedi erano pesanti come il ferro e il suo corpo più stanco che mai. Si fermò all'entrata del salotto che c'era al primo piano, dove era avvenuto tutto.
Rosalie era seduto sulla parte pulita del divano, di spalle rispetto a noi e alle scale. Mormorava smancerie alla bambina che teneva fra le braccia, avvolta in una copertina gialla.
Doveva averci sentiti, ma ci ignorò, troppo occupata a fare la mamma. Probabilmente adesso era felice, aveva tutto quello che voleva: una bella casa, un marito amorevole, la bellezza e una figlia che Bella non sarebbe mai tornata a prendere. Ci aveva sperato fin dall'inizio. Era ancora superficiale come quando era umana, gli interessava solo quello che faceva piacere a lei. Non gli interessava che Bella fosse morta per questo e che Edward, presto o tardi, sarebbe andato dai Volturi.
Pian piano la rabbia e le altre emozioni che svolazzavano nei pensieri di Jacob diventarono le mie e iniziai a pensare come lui, governata dall'ira. Era un problema che avevano quelli con un'abilità come quella mia e di Edward, c'era il rischio di immedesimarsi troppo nei pensieri di chi stavamo ascoltando e iniziare pensare come quella persona.
Chissà se anche a Jasper succedeva. Forse, a volte, veniva travolto anche lui dalle emozioni di chi gli stava intorno.
Rosalie teneva qualcosa di scuro fra le mani e udimmo un succhiare ghiotto provenire dalla piccola assassina fra le sue braccia. Il profumo del sangue era nell'aria. Sangue umano. Rosalie le stava dando da mangiare. Ovviamente, la creatura aveva bisogno di sangue. Di cos'altro poteva nutrirsi una specie di mostro che aveva brutalmente mutilato la sua stessa madre? Avrebbe bevuto anche il sangue di Bella. Forse lo stava già bevendo, c'era l'odore di diversi tipi di sangue, non sapevo dire se ci fosse anche quello dell'umana.
Jake, sentendo il rumore del mostriciattolo che beveva, iniziò ad accumulare le forze per attaccare e finirla lì.
La forza, l'odio, il calore... calore rosso che divampava nella sua testa e infiammava tutto, senza bruciare niente. Le immagini nella sua mente erano come combustibile infinito: scatenavano l'inferno ma non volevano consumarsi. Iniziò a tremare sempre più violentemente.
"Allontanati" pensò, rivolgendosi a me. Non voleva ferirmi trasformandosi.
Rosalie non ci prestava la minimo attenzione, troppo assorbita dalla creatura. Distratta com'era, non poteva fare in tempo a fermarlo.
Uscì per un attimo dai pensieri di Jacob, per schiarirmi le idee.
Stavamo facendo la cosa sbagliata!
Stava facendo una cosa sbagliatissima!
Non poteva uccidere Renesmee.
Rientrai nella mente del licantropo, per provare, ancora invano, a convincerlo a fermarsi.
Secondo Jake, Sam aveva ragione. La creatura era un'aberrazione, un'esistenza contro natura. Un demone nero, senz'anima. Qualcosa che non aveva il diritto di vivere.
Qualcosa che andava distrutto.
La strana attrazione che sentiva provenire da Bella, adesso lo tirava verso la creatura. Secondo lui, lo spingeva a farla finita, a purificare il mondo da quel abominio.
Rosalie avrebbe provato ad ucciderlo se la creatura fosse morta, ma si sarebbe difeso. Non era sicuro di finirla prima che arrivassero gli altri, ma ci avrebbe provato, non era importante.
Non gli importava quale posizione avrebbero preso il nostro branco o quello di Sam. Se l'avremmo vendicato o se avremmo approvato la giustizia dei Cullen.
L'unica cosa che in questo momento gli interessava era la sua giustizia. La sua vendetta. La creatura che aveva ucciso Bella non sarebbe vissuta un minuto di più.
Se Bella fosse sopravvissuta lo avrebbe odiato a morte, avrebbe voluto ucciderlo con le sue mani. Ma non gli importava.
Secondo lui neanche Edward sarebbe stato un problema. Era troppo impegnato a cercare di rianimare un cadavere per poter prestare ascolto ai suoi pensieri.
Perciò Jacob non avrebbe potuto mantenere la promessa che gli aveva fatto, a meno che non avesse sconfitto Jasper, Alice e Rosalie, che avrebbero provato a salvare la bambina, in uno scontro tre ad uno. Comunque non provava tanta compassione per farlo. Perché mai avrebbe dovuto liberargli la coscienza uccidendolo? Non sarebbe stato più giusto, più appagante, lasciarlo vivere senza niente, senza più niente? Immaginando questo, Jacob, pieno d'odio com'era, sorrise. Comunque non avrebbe perso tempo a bruciarli. Edward, o chiunque altro, avrebbe potuto rimetterli insieme, al contrario di Bella che, ormai, era morta. Invece la bambina, stando al battito veloce del suo cuore, sarebbe stata uccisa e basta, aveva qualcosa di umano, dopotutto.
Jake aveva impiegato pochi secondi a prendere queste decisioni.
Il suo tremore si fece più intenso e veloce. Si rannicchiò, pronto a lanciarsi su Rosalie e strapparle di mano, con i denti, la bambina.
La vampira bionda fece un risolino alla creatura, mise da parte il contenitore metallico vuoto e la sollevò in aria, per accarezzarle la guancia con il viso.
Quella posizione era perfetta, troppo perfetta. Rosalie, involontariamente, stava aiutando Jacob.
Renesmee ci guardò da dietro la spalla della vampira, con lo sguardo più concentrato che una creatura appena nata avesse mai avuto. Gli occhi erano caldi e marroni, come il cioccolato al latte, come quelli di Bella.
Quando i suoi occhi incontrano quelli di Jacob, accadde una cosa strana in lui. Qualcosa che non sapevo spiegare precisamente.
Il suo tremore si fermò all'improvviso e, in lui, si espanse un nuovo calore, più intenso. Non bruciava, anzi, splendeva.
Cadde in ginocchio con gli occhi fissi in quelli di Renesmee.
Tutto si sciolse dentro di lui e rimase immobile davanti al visetto di porcellana della bambina, metà umana, metà vampira.
Tutti i lacci immaginari che lo stringevano alla vita si spezzarono in un attimo, come lo spago di un grappolo di palloncini. Tutto ciò che lo rendeva ciò che era -l'amore per la ragazza morta al piano di sopra, l'amore per suo padre, la fedeltà al nostro nuovo branco, l'affetto quasi fraterno che provava per me, l'affetto per gli altri licantropi, l'odio per i suoi nemici, per la sua casa, per il suo nome, per sé stesso- si staccò in quell'istante -zac, zac, zac- e fluttuò nello spazio.
Ma non andò alla deriva. Un nuovo laccio lo teneva dov'era.
Non uno: un milione. Non di corda, ma d'acciaio. Un milione di cavi d'acciaio che lo legavano ad una cosa sola; al centro esatto dell'universo.
Il licantropo capì che l'universo ruotava attorno a quel punto. Non aveva mai colto la simmetria dell'universo, ma adesso gli era chiara.
Non era più la forza di gravità a tenerlo ancorato al suolo.
Era la bambina fra le braccia della vampira bionda.
Renesmee.
Rimasi meravigliata da ciò. Non avrei mai pensato di poter vivere, quasi in prima persona e "in diretta", l'imprinting di un altro licantropo, attraverso i suoi pensieri.
«Alice, Jasper, Chiara!» sentì urlare da Edward che interruppe il mio stupore.
Mi voltai a guardare verso le scale da dove il vampiro ci aveva chiamati. Alice e Jasper arrivarono nel salone, non badando al licantropo inginocchiato e sotto shock.
Annusai l'aria e capì cosa voleva Edward.
Erano arrivati.
Mi voltai verso Jake. Era ancora imbambolato a guardare la bambina.
«Jake?» lo chiamai.
Non mi rispose. Era ancora perso negli occhi di lei, negli occhi della bambina che fino a poco prima voleva uccidere e che adesso avrebbe protetto a qualsiasi costo.
Questo era l'imprinting. Un amore involontario, strano, che ti sconvolgeva la vita. Eri costretto ad amare quella persona, ma, oltre a questo, c'era qualcosa di più. Qualcosa di più profondo, qualcosa che ti faceva sentire completo.
L'imprinting è come la gravità, il tuo baricentro si sposta. Improvvisamente non è più la terra a tenerti attaccato qui. Faresti qualunque cosa, saresti qualunque cosa di cui lei ha bisogno: un amico, un fratello, il suo difensore.
«Jake? Vieni?» lo chiamai di nuovo, ma lui non si mosse.
Ok, avrei preso io il comando, avrei parlato io con Sam.
Non avrebbero osato attaccare nessuno, li avrei fermati a qualsiasi costo!
§§§§§§Nota dell'autrice§§§§§§
Lo so che il capito è corto e ci ho messo secoli ad aggiornare, però ci hanno riempiti di verifiche ed interrogazioni... non mi sembra ancora giusto avere 2 miliardi di verifiche prima di Natale...
Comunque, torniamo alle cose più divertenti: so che potrei continuare il capitolo, però in questo volevo concentrarmi maggiormente sull'imprinting e sulle emozioni di Jake utilizzando il talento di Chiara.
Che ne pensate dell'immagine del capitolo? L'ho trovata su Internet e devo dire che mi è piaciuta un sacco! *^*
E, in più, c'è la descrizione dell'imprinting che mi piace molto e che, ovviamente, ho anche inserito verso la fine del capitolo...
Beh, domani dovrei già pubblicare il prossimo capitolo (per scusarmi del ritardo e della cortezza di questo e anche come regalino di Natale XD)
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