Era da sei mesi che non lo vedeva. Dopo la finale del Grand Prix, da cui era uscito vincitore, lo aveva sentito soltanto una volta. Un messaggio che lo avvisava del suo rientro in Kazakistan: freddo, distaccato. Una singola parola sul display del suo telefono era riuscita a colpirlo più di cento pugnalate alla schiena, facendo cadere i castelli in aria che aveva costruito. Una parola che non ricevette alcuna risposta da Yuri Plisetsky, ferito profondamente nell'orgoglio. Cosa si aspettava? Che Otabek avesse provato le sue stesse emozioni nelle settimane passate assieme, forse? Un idiota: ecco cos'era stato. Tra loro c'era stato solo sesso, nato probabilmente per sfogare lo stress della competizione. Di certo non poteva aspettarsi che per così poco sarebbe nata una grande storia d'amore, per di più a distanza.

Ed ora che era appena atterrato ad Astana si sentiva anche peggio. Aveva passato gli ultimi sei mesi ad allenarsi con Lilia e Yakov, per arrivare al meglio della sua forma al nuovo torneo. Ogni maledetto giorno lo aveva passato in quella dannata palestra, cercando di fermarsi il meno possibile per evitare di rimuginare su quello che era successo. Era arrivato a lavorare talmente tanto sul suo fisico che addirittura un giorno Lilia gli disse di rallentare, di prendersi una pausa. Quella vecchia stregaccia che lo aveva sempre spronato a dare il meglio, addirittura lo aveva visto affaticato. Ovviamente non lo fece, una pausa avrebbe voluto dire una sola cosa: pensare.

Adesso che mancava una sola settimana all'inizio della nuova stagione, aveva deciso di prendere il primo aereo disponibile, solo ed esclusivamente per vederlo. Cosa gli avrebbe detto, semmai sarebbe riuscito a trovarlo, ancora non lo sapeva. Probabilmente avrebbe improvvisato qualcosa, in quel momento non era importante. Prese un taxi, chiedendo di essere portato al centro della capitale. Il tassista era una vera e propria persona molesta, decisamente di troppe parole, una di quelle persone che Yuri meno sopportava. Ovviamente lo riconobbe subito e, dopo qualche chiacchiera di convenienza, gli chiese se era lui quel ragazzo che aveva visto danzare sul ghiaccio alla tv. Arrivati a destinazione, lasciò al conducente una generosa mancia, scendendo dal veicolo.

-Questa è Indipendence Square ragazzo, una delle piazze più belle e grandi della città!- gli aveva detto l'uomo, salutandolo e ringraziandolo per l'autografo che gli aveva lasciato. Yuri non poteva che essere d'accordo, quello era sicuramente lo spazio più ampio che avesse mai visto. Gli pareva di essere stato catapultato nel futuro, tanto erano particolari i palazzi che lo circondavano. Quest'effetto veniva reso anche dall'utilizzo dei marmi bianchi, in netto contrasto con le vetrate azzurre. Si prese un momento per scattare qualche foto, quelle si che avrebbero fatto un figurone sui Instagram. Si fermò appena un attimo prima di selezionare il comando "pubblica", ricordandosi che era andato lì in incognito e che non aveva avvisato assolutamente nessuno della sua gita fuori programma. Sbuffò sonoramente al pensiero delle ramanzine che lo aspettavano a San Pietroburgo da parte di Yakov e il doppio carico di esercizi che Lilia gli avrebbe assegnato per punirlo della sua fuga una settimana prima della gara.

Improvvisamente si ricordò di essere in terra straniera e di non avere la minima idea di come rintracciare quell'idiota di Otabek. Non poteva fargli semplicemente una chiamata, sarebbe sembrato ancora più stupido.Prese a guardarsi intorno, cominciando a prendere in considerazione l'idea di chiedere indicazioni per la pista di pattinaggio dalla città, dove sapeva che il kazako si allenava.

-Mamma guarda lì! Quello non è Yuri Plisetsky, il pattinatore russo vincitore del Grand Prix dell'anno scorso?- esclamò una ragazzina, puntando il dito contro di lui.

Merda. L'ultima cosa di cui aveva bisogno: essere riconosciuto e perseguitato dai fan. Questa volta non ci sarebbe stato nessuno che, a cavallo di una moto sportiva, lo avrebbe portato in salvo. S'infilò gli occhiali da sole e alzò il cappuccio del giubbotto sul capo. Si voltò, fingendo di non aver sentito, ma dopo appena due passi si ritrovò altre due donne, più o meno sulla quarantina, che gli stringevano la mano esaltate. La gente intorno a lui prese a crescere in maniera esponenziale, impedendo a lui e al suo borsone di passare. Era sicuro che almeno il sessanta per cento di quelle persone riunite attorno a lui, nemmeno sapeva chi in realtà fosse. La cosa importante per quegli idioti era avere una fotografia assieme ad una persona apparsa in tv, da collezionare come uno stupido trofeo e da mostrare ad amici e parenti per vantarsi. Tre uomini, armati di enormi macchine fotografiche, si fecero largo tra la folla a spintoni.

-Yuri, come mai è ad Astana?- fece uno scattando una fotografia e accecandolo con il flash.

-Non dovrebbe essere a San Pietroburgo per gli allenamenti?- disse allora un altro.

-Crede che riuscirà a vincere anche quest'anno il primo posto?- ancora scatti, i paparazzi sapevano essere dannatamente insistenti.

-Ci dica signor Plisetsky, è qui per incontrare il campione del Kazakistan, Otabek Altin?- insistenti e fastidiosi. Esasperato da quella situazione, senza rispondere ad alcuna domanda, Yuri si fece spazio fra la folla, prendendo a correre. Non si era reso conto che il numero di giornalisti e fotografi era aumentato: adesso erano una decina, sarebbe stata dura per lui seminarli, soprattutto correndo per le vie di una città a lui del tutto sconosciuta. Dopo aver girato in un vicolo stretto, sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni per cercare sul navigatore la posizione dell'hotel dove avrebbe alloggiato. Nel punto in cui era arrivato il cellulare non prendeva, ovviamente il fato si stava prendendo gioco di lui. Sbirciò dietro l'angolo, intravedendo ancora qualche paparazzo, intento a cercarlo.

Quindi, ricapitolando la sua situazione: era partito alla ricerca di una persona nella capitale del Kazakistan, si era ritrovato in una città a lui del tutto sconosciuta con una banda di giornalisti alle calcagna, si era nascosto in un vicolo dimenticato dal mondo, il suo dannato telefono aveva cominciato a fare i capricci e ora il suo stomaco aveva preso a brontolare per la fame.

Imprecando silenziosamente, prese a camminare lungo la stradina, sperando di non trovare altri fastidi allo sbocco opposto. Non appena arrivò alla fine di questa, vide che due di quelle maledette zecche l'avevano intravisto e avevano preso a corrergli dietro.

-Dannati parassiti.- bisbigliò, ma poi la sua attenzione fu catturata da una voce.

-Yuri?- una moto si era fermata a pochi passi da lui e il conducente non gli staccava gli occhi di dosso, con la bocca semiaperta per lo stupore. Avrebbe dovuto prenderlo a schiaffi e se non si fosse trovato in una situazione tanto fastidiosa l'avrebbe fatto sicuramente. Questione di tempo, pensò, avvicinandosi al kazako che, visibilmente sconvolto seguì ogni suo movimento. In un balzo saltò a bordo della moto e vide chiaramente uno dei fotografi scattar loro una fotografia.

Yakov lo avrebbe ammazzato.

-Che cazzo aspetti? Parti.- gli urlò, aggrappandosi ai suoi fianchi e facendolo sobbalzare. E così fece senza proferire parola mise in moto, sfrecciando per le strade, aumentando gradualmente la velocità così da sentire un po' più forte la stretta del biondino che, ormai ancorato a lui quasi con prepotenza, affondò il viso contro la sua schiena. Quanto tempo durò il percorso, Yuri proprio non riuscì a capirlo. Gli era mancata talmente tanto la presenza dell'altro da non riuscire più a distinguere le ore dai secondi.

La corsa si arrestò sotto un palazzo abbastanza alto, Otabek sfilò via il casco, voltandosi verso il ragazzo ancora aggrappato alla sua schiena.

-Che ci fai qui?- chiese allora il kazako, provando vanamente a celare un sorriso. Yuri non rispose, non subito. L'unica cosa che fece fu lanciargli un'occhiata gelida che come unico effetto sortì di trasformare del tutto il sorriso del più grande in una fragorosa risata.

-Che diavolo hai da ridere, brutto idiota.- urlò, nero dalla rabbia, colpendolo con un pugno alla schiena.

-Mi era mancato il tuo faccino incazzato, кішкентай мысық- sentendo quel soprannome l'ira di Yuri arrivò dritta alle stelle, si stava prendendo gioco di lui. Prima che riuscisse a formulare una risposta abbastanza acida da zittirlo, Otabek scese dalla moto, afferrandolo per un braccio.

-Coraggio andiamo, ti offro un caffè.- esordì, trascinandolo attraverso l'enorme portone e fin dentro casa sua. Perché non riusciva mai a reagire quando si trattava di Otabek? Avrebbe dovuto prenderlo a schiaffi per tutto il giorno, invece si era lasciato trasportare come una bambola di pezza all'interno del suo appartamento. Doveva reagire, se avesse aspettato ancora non ne avrebbe avuto più la forza. Approfittò del momento in cui il più alto stava chiudendo la porta di casa per avvicinarsi ulteriormente a lui e bloccandolo contro questa, puntò gli occhi in quelli scuri e impassibili, che dall'alto lo scrutavano indecifrabili. Cosa avrebbe dato in quel momento per sapere cosa passava per la testa al ragazzo che gli si parava di fronte.

-Io ti odio.- disse, la voce carica di rabbia.

-No, non è vero.- rispose subito l'altro, sicuro di se.

-Posso giurartelo.-

-E sei venuto da San Pietroburgo fin qui solo per dirmi questo?- un sorriso ironico prese forma sul suo volto, facendo arrivare il sangue al cervello di Yuri.

-No, sono venuto fin qui per prenderti a calci in culo.- sputò acido, picchiando il muro con un pugno per enfatizzare i suoi sentimenti.

-Yuri...-

-Sarebbe stato così assurdo chiamarmi almeno una volta?- urlò il più piccolo, a pochi centimetri dal volto del kazako, paonazzo dall'imbarazzo e allo stesso tempo troppo orgoglioso per abbassare lo sguardo. No, così non andava bene, stava cedendo alle emozioni rendendosi maledettamente ridicolo, Da quella situazione non avrebbe tratto nulla di buono, ma ormai era partito e non avrebbe potuto fermarsi neppure volendolo. Artigliò con una mano la t-shirt scura di Otabek, assottigliando gli occhi per il rancore.

-Perché? Dimmi perché sei sparito nel nulla.- l'unica persona, oltre suo nonno, con cui credeva di aver stabilito un vero legame d'affetto l'aveva abbandonato. Le dita lunghe e affusolate di Otabek, si posarono sul pugno ancora stretto attorno al colletto della sua maglietta: un gesto delicato, quasi rassicurante. Con una lentezza calcolata, intrecciò le sue dita a quelle del pattinatore russo, lasciandolo senza fiato. Questa distrazione costò cara al giovane Yuri che, non sapendo bene come, si ritrovò tra il muro e il petto di Otabek. Il kazako afferrò il sottile mento del biondino, facendogli alzare il volto e sfiorandogli il naso con il suo.

-Quando non mi hai risposto, ho pensato che non volessi saperne più niente di me.- sussurrò allora flebile, con gli occhi colmi di sincerità. Il suo viso affondò quindi nell'incavo del collo del più piccolo, inalando il profumo dello shampoo al cocco che utilizzava. Yuri cercò di mantenere il controllo, tenendo ben a mente la rabbia provata negli ultimi mesi.

-Stai mentendo...- provò, risultando meno convinto di quanto realmente avrebbe voluto. Otabek non si diede per vinto, anzi, portò la mano del più piccolo fino al suo petto.

-Batterebbe così forte se ti stessi mentendo?- domandò, premendo sul suo cuore. -Mi sei mancato così tanto, Yura.- aggiunse poi, avvicinandosi pericolosamente al suo orecchio. Il suo punto debole. Dio solo sapeva quanto gli era mancato il respiro di Otabek contro la sua pelle.

-Sei un idiota.- asserì, cercando di lottare contro le mani del più grande, ormai ancorate ai suoi fianchi. Ma quella era una lotta persa in partenza. Il suo orgoglio era stato distrutto, polverizzato e il suo cuore aveva ormai spodestato la ragione, cominciando a prendere da solo le decisioni.

-Ed io, ti sono mancato? Dimmelo Yura, ti prego.- ma Yuri non rispose, nessuna parola sarebbe bastata ad esprimere i sentimenti provati negli ultimi mesi, così circondò il collo del più alto con le braccia, ancorandosi ad esso come se ne andasse della sua stessa vita e lo baciò. Nello scontrò che avvenne tra le loro labbra c'era di tutto: la rabbia, la mancanza, la passione. Le loro lingue s'incontrarono in una danza feroce e allo stesso tempo dannatamente passionale. Le dita di Otabek risalirono lungo la spina dorsale di Yuri, percorrendola e studiandola come un prezioso reperto, fino a giungere ai suoi morbidi capelli dorati, tenuti su con un elastico. Non fu molto difficile per il kazako rimuovere quell'accessorio, gesto compiuto unicamente per stringere nel pugno quelle ciocche che ormai, assieme ai meravigliosi occhi verdi, tormentavano i suoi sogni. Il più piccolo strinse tra i denti il labbro inferiore del suo amante che, ringhiando in risposta, afferrò il più giovane per le cosce, sollevandolo di peso contro il muro. Per stabilizzarsi, le sottili gambe di Yuri si avvolsero in automatico attorno ai fianchi dell'altro e tra un bacio e l'altro, si lasciò trascinare in camera da letto. Otabek lo adagiò sul materasso, stando ben attento a non schiacciarlo col suo peso e posizionandosi tra le sue cosce. Il gemito che sfuggì dalle pallide labbra di Yuri quando le loro intimità, ormai gonfie d'eccitazione, si scontrarono, fu musica per le orecchie del moro. Fu questione di secondi ed entrambi si ritrovarono senza maglietta, pelle contro pelle. La lingua del kazako prese a percorrere la mascella del più giovane, fino ad arrivare nuovamente al suo orecchio, il cui lobo venne morso, strappandogli nuovamente un fremito.

-Sei perfetto, sei dannatamente perfetto.- affermò contro la sua pelle, prendendo a baciarne ogni punto scoperto fino al centro del petto, senza staccare gli occhi da quelle meravigliose gemme verdi. -Allora, ti sono mancato Yura?- chiese nuovamente con occhi languidi.

-No!- ringhiò allora in risposta, affondando la testa nel cuscino. Otabek abbozzò un sorriso malizioso, prendendo a torturargli con le dita un capezzolo roseo, facendogli così mancare l'aria. Come si faceva a respirare? Quando stava con lui anche un atto tanto naturale gli risultava difficile.

-Ne sei davvero sicuro?- domandò, risalendo fino alla sua clavicola, dove lasciò un morso. Con una mano scese tra i loro corpi, prendendo a tastare l'eccitazione del più piccolo da sopra la costrizione dei jeans. -Eppure a me non sembra.-

-B-Beka...- ansimò allora in risposta, mordendosi un labbro e coprendosi gli occhi con un braccio. Questo subito venne spostato e bloccato dietro la sua testa.

-Tu nemmeno immagini quante volte ho immaginato di averti tra le mie braccia e sentirti ansimare il mio nome.- ma Yuri lo sapeva, lo sapeva eccome visto che, se tutti giorni degli ultimi sei mesi li aveva passati ad allenarsi, tutte le notti le aveva passate a fantasticare sulla medesima cosa. In risposta il biondo alzò i fianchi, spingendosi contro l'inguine del compagno.

-Sempre così impaziente... mi farai diventare pazzo.- disse roco, trattenendo appena un gemito.

-Stai aspettando un invito scritto, per caso?- imprecò nervosamente. Lo voleva, era troppo tempo che non lo sentiva su di lui, troppo tempo che non lo sentiva in lui e diamine, se ne sentiva la mancanza. Le mani di Otabek scesero con una calma studiata all'altezza della cintura leopardata. Solo Yuri Plisetsky poteva indossare un accessorio del genere senza risultare minimamente un cafone.

-Ringhi e graffi in continuazione, кішкентай мысық, ma ogni tanto sai fare anche le fusa- bisbigliò, spogliandolo dei pantaloni, talmente stretti da poterli considerare illegali, lasciando solo lo strato di stoffa dei boxer a coprirlo. Yuri si abbandonò del tutto al suo tocco, ormai reso gelatina tra le mani del più grande, incapace di pensare. In poche semplici mosse, anche l'ultimo indumento fu rimosso ed assieme adesso anche tutte le sue difese scivolarono via. A stento riuscì a trattenere un gemito quando le labbra del moro avvolsero la sua erezione.

-Non trattenerti. Voglio sentire tutto.- bisbigliò, lasciandolo andare.

-Non fermarti. Beka cazzo, non osare fermarti.- ringhiò allora artigliando i suoi capelli con una mano e le lenzuola con l'altra. Con un sorriso sornione stampato in volto, Otabek appiatti la lingua e, senza farselo ripetere due volte, tornò a succhiare l'eccitazione pulsante di Yuri. Ad ogni affondo, accolse sempre più in profondità il suo ragazzo, facendogli patire le pene dell'inferno e allo stesso tempo le gioie del paradiso.

-A-ancora... ti prego.- lo spronò aprendo un po' di più le gambe, pronto a subire la più dolce di tutte le torture. Incitato da quei gesti e da quelle movenze, il kazako prese a massaggiare con le dita l'apertura del biondo che in risposta tese i muscoli. Quando sentì il piccolo anello rosa rilassarsi sotto il suo tocco esperto, proseguì con l'inserire una falange che venne accolta con un gemito stridulo. Otabek si sentì fremere dall'impazienza, Yuri reagiva sempre così bene al suo tocco che gli sarebbe bastato star lì ad osservalo ansimare per venire. Presto le dita divennero due, poi tre e il russo accolse quella piccola nota di dolore come la più appagante delle esperienze.

-Fallo, ti prego... non ne posso più.- annaspò, contorcendosi tra quelle mani esperte che bramava da mesi. Il moro allora si sporse verso il comodino, aprendo un cassetto alla ricerca di una bustina argentata, ma il più piccolo lo fermò.

-No. Voglio sentirti...- bisbigliò, pregando di essere capito dal compagno. Otabek allora tornò su di lui, carezzandogli il viso, fino a scendere con le dita sul suo torace, per poi stringergli i fianchi. Maneggiandolo come una bambola, lo fece voltare mettendolo a caproni ed entrando il lui con un solo affondo. Un urlo strozzato si levò dalle labbra di Yuri che, con la schiena inarcata, ansimava ormai senza ritegno alcuno. Si sentì come quando si ritorna a casa dopo un lungo viaggio: felice, in pace con se stesso.

-Sei stretto da morire, Yura.- sospirò al suo orecchio, affondando nuovamente in lui, questa volta più lentamente, come a volersi godere ogni istante di quell'amplesso. Pian piano aumentò il ritmo, spingendosi sempre più in profondità, fondendo i loro corpi in un unico essere. Sentiva il corpo ardere in ogni punto che veniva sfiorato.

-Oddio... Beka si, proprio lì.- sospirò il più piccolo con gli occhi gonfi di lacrime, nel momento in cui il moro colpì per la prima volta la sua prostata. Un ghignò trionfante si materializzò sul volto del kazako che, con estrema precisione, martellò la piccola ghiandola del piacere del suo amante. Più stimolava quella zona, più i muscoli di Yuri si contraevano in risposta, donandogli se possibile ancora più piacere. Il primo a venire fu proprio Yuri, del tutto devastato da quelle emozioni che da troppo tempo non provava. L'orgasmo arrivò prepotente e il giovane russo sentì chiaramente le braccia cedergli ma fu sostenuto dall'amante che in seguito ad altre due scoccate poderose, venne con un gemito roco, accasciandosi poi sfinito contro il più piccolo.

- сен менің бүкіл өмірімсің,Yura- bisbigliò, con gli occhi socchiusi, ancora appannati dal piacere.

Sei tutta la mia vita.

Si guardarono negli occhi per lunghi istanti senza proferire parola alcuna, non c'era alcun bisogno di parlare. Loro sapevano, Yuri sapeva e improvvisamente si sentì uno sciocco. Era stato lui l'idiota, proprio lui che l'aveva evitato per sei mesi, per via di uno stupido messaggio.

-Mi dispiace.- disse solamente, affondando il volto contro il petto dell'unica persona al mondo che era stata in grado di amarlo, nonostante il suo carattere discutibile. Si lasciò abbracciare, cullare e baciare da lui, provando a rimediare a quei mesi passati senza alcun contatto.

-Yakov lo sa che sei qui?- chiese improvvisamente il più grande, senza smettere di carezzargli i capelli.

-Secondo te?- bofonchiò alzando gli occhi al cielo.

-Non vorrei essere nei tuoi panni quando rimetterai piede in Russia.- sorrise allora.

-Non m'interessa.- fece scrollando le spalle. -Per quanto mi riguarda, potrei anche morire qui, tra le tue braccia.- disse serio. Dopo qualche attimo di silenzio, Otabek scoppiò a ridere.

-Sei così drammatico, Yura.- disse, stringendolo ancora più forte.

-Non ridere di me, brutto stronzo!- esclamò, ma ormai stava sorridendo anche lui.

In quel momento, nessuno dei due pensò a niente. Non importava la distanza, non importava il fatto che fossero rivali, non importava il giudizio che le persone avrebbero espresso. Quelle erano cose futili, in confronto all'amore.

~

Dal kazako all'italiano
кішкентай мысық = micetto
сен менің бүкіл өмірімсің = sei tutta la mia vita

Angolo autrice
Ancora non riesco a credere di essere riuscita a scrivere di un universo diverso da quello di Attack on Titan. Questa per me è una piccola conquista che, non esagero, mi emoziona tantissimo. Scrivere di Yurio e Otabek mi ha fatto divertire tantissimo e spero di poter scrivere ancora di loro in futuro. Spero tanto che questa storia venga apprezzata e che, almeno un po',
vi faccia sorridere.
❤️

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