Capitolo 3
La luce del tardo mattino filtrava dalla finestra, fili sottili che illuminavano il rotolo.
Rui guardava fuori, ammirando i prati e le dolci colline che si allungavano a perdita d'occhio. Non si vedevano altre costruzioni, oltre il muro di cinta. Solo terre incolte fin dove riusciva a vedere.
Ancora dopo due giorni, le sembrava strano tutto quel terreno incolto. Nessun palazzo, nessun tempio, nessuna costruzione a cui era abituata. Nemmeno lei capiva se era più eccitata o spaventata all'idea. Un sommesso bussare la richiamò alla realtà. Si affrettò ad aprire la porta scorrevole, trovando suo padre in piedi
«Grazie ai Cieli sei qui!» disse, caracollando nella stanza, il volto paffuto arrossato, le maniche della veste blu piene di pieghe per come le stropicciava
«Cosa succede, padre?» domandò lei, chinando il capo ed accennando al piccolo tavolino
«Tua sorella» la voce dell'elfo era fin troppo acuta, mentre i suoi occhi guizzavano nella stanza «dov'è? Dove si è cacciata Harumi?»
«Credo sia nel cortile, padre» Rui trattenne un sorriso «volete che la chiami?»
«Ma certo! Ma certo!» si affacciò alla finestra, quasi a voler sfondare il muro.
Rui, lottando contro le labbra che si piegavano verso l'alto, domandò in tono più neutro possibile
«Posso chiedere, padre, cosa succede?»
L'altro si voltò verso di lei, gli occhi stravolti, prossimi a cadere dal volto. Respirava a fatica, le mani che cercavano di strapparsi la veste
«Il padrone di questa casa, Masato!» disse, deglutendo a fatica «sta tornando! Dobbiamo presentarci a lui, chiedergli il permesso di rimanere sotto il suo tetto!»
«Padre, il principe Hideaki vi ha offerto asilo» iniziò lei, piegando le labbra in un sorriso incoraggiante «dubito che vorrà recargli offesa, mettendovi alla porta»
«Tu credi?» il labbro dell'elfo tremolava
«Ma certo, padre» Rui si alzò, afferrando il braccio del genitore e scortandolo alla porta «andrò subito a chiamare Harumi, e la condurrò nelle stanze del principe così potremo presentarci tutti insieme; voi intanto raggiungete sua altezza, sono certa gradirà la vostra compagnia»
L'altro non se lo fece ripetere due volte, e si affrettò lungo il corridoio, quasi travolgendo un servitore. Rui si concesse di sorridere, scuotendo il capo.
Chiudendo la porta, si preparò per incontrare il signore di quella casa. Non che avesse molto tra cui scegliere, e per quanto ne sapeva, essendo Masato un guerriero dell'est, avrebbe fatto ben poco caso a gioielli e vesti elaborate. Sospirando, optò per un lungo kimono blu scuro, decorato da piccoli fiori sulle maniche e sull'orlo; si acconciò i capelli neri in uno chignon, e li coprì con un cuffietta bianca.
Decise di non perdere tempo con un trucco elaborato, ma scelse un largo ventaglio bianco e blu. Preparò un cambio per Harumi e si diresse nel cortile posteriore, sperando di trovare in fretta la sorella.
La parte complessa era convincerla a seguirla.
Si mosse più veloce che poteva, percorrendo i corridoi e schivando i pochi servitori. Rui li aveva contati, una sera a cena, e non si capacitava di come potessero essercene così pochi. Tra maschi e femmine, c'erano forse una ventina di persone adibite alle varie mansioni. Ricordava case di semplici mercanti, nobili di basso rango e piccoli templi con oltre il doppio del personale. Sommando i dieci guerrieri che erano nella casa, e quelli che erano con lui in quel momento, gli uomini alle dipendenze di Masato dovevano essere una quarantina al massimo.
Eppure non sembravano così indaffarati, cosa che Rui trovava difficile da credere. Anche nelle residenze più piccole, lei ricordava di aver visto sempre i servitori affannati, mentre correvano da un lato all'altro, nel tentativo di anticipare i desideri dei loro signori.
Invece, quando arrivò al cortile posteriore, un terzetto di ragazze guardavano ridacchiando Harumi. Rui si accostò a loro, facendo segno di non dire nulla.
Sua sorella era intenta in uno dei suoi allenamenti. E, a giudicare da come era vestita, aveva accolto del tutto la semplicità della campagna. Aveva i corti capelli sciolti, vestiva una semplice giacca e delle hanaka corte.
Scalza, saltellava per il cortile, mulinando in ampi cerchi un naginata trovato nell'armeria. I capelli le svolazzavano dietro il capo, simili ad un nastro di seta nera, imitando i movimenti dei nastri attaccati all'arma.
Il ventaglio a nascondere il sorriso, Rui riconobbe fin troppi passi delle danze che avevano studiato nel tempio. Anche un paio di guerrieri, seminascosti sotto un porticato, sembravano trovare l'esibizione molto divertente.
Finalmente, Harumi si decise ad attaccare i bastoni di bambù fissati a terra. Urlando, sua sorella menò un fendente verso il bastone centrale, tagliandolo quasi a metà. Nel tirar fuori il naginata, per poco non finì a terra. I due guerrieri si misero le mani davanti alla bocca, mentre Rui non riusciva più a trattenere una risata
«Direi che per oggi basta» disse, uscendo da sotto il porticato. Le altre ragazze le vennero dietro, ridacchiando
«Oh andiamo!» fece Harumi, scostandosi i capelli dagli occhi «finisco con questa e arrivo»
«Temo oggi abbia vinto il bambù» Rui si piazzò davanti ai bastoni «accordagli misericordia, o abile samurai»
Harumi arricciò il naso, togliendo la mano dal naginata. Lanciò un'occhiata obliqua alle servitrici, cosa che almeno le fece abbassare la voce
«Ridi, ridi, ma un giorno sarà meglio saper maneggiare un'arma!» Harumi incrociò le braccia, voltandosi verso i due guerrieri, che ancora sorridevano
«Per il momento, meglio che tu sappia indossare un kimono» Rui sorrise, al vedere le orecchie di sua sorella arrossarsi «nostro padre vuole che ci presentiamo al padrone di casa»
«Ma non era andato in guerra?» chiese Harumi, attenta di colpo. Al vederne il volto illuminato, Rui sentì insieme il suo sorriso allargarsi ed il suo cuore perdere un battito. La passione della sorella per le armi ed i guerrieri non le era mai piaciuta, e tra quelle mura aveva fin troppi stimoli
«Pare che stia tornando vittorioso, un'ottima occasione perché il principe ci introduca a lui» prima che potesse dir qualcosa, Rui piazzò il ventaglio sulle labbra di Harumi «per questo adesso fili a lavarti, indossi gli abiti che ti ho preparato e ti fai truccare»
«Non ci pensare!» rispose Harumi, già mezza ghermita dalle servitrici
«Su su, sarò buona» Rui non trattenne più le risate, annuendo alle ragazze che trascinavano via la sorella, ancora intenta a sbuffare e lamentarsi
«Anche lei interessata alla spada?» uno dei guerrieri si era avvicinato per recuperare il naginata
«No, mi dispiace» rispose lei, atteggiando le labbra ad un sorriso di cortesia.
Nessuno avrebbe mai alzato un dito sui protetti di un principe, ma meno confidenza dava più si sentiva sicura. Forse erano solo storie, forse gli elfi dell'est non erano i selvaggi che venivano descritti nella capitale. Ma, per sicurezza, lei preferiva usare tutta la cautela necessaria per una belva feroce
«Peccato, se volesse provare noi siamo qui» disse il guerriero, accennando alla lama al suo fianco.
Rui ringraziò, poi si mosse per andar dietro alla sorella. Meglio accertarsi che entrasse nella tinozza.
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