Destino
Fin dall'alba dei tempi si racconta che la vita è una, che bisogna saperla sfruttare.
Mio fratello lo sapeva fare, lui era portato per il caos, era una cosa incredibile, non importava come o dove, lui era sempre in giro, lui sì che la vita l'ha saputa sfruttare. Io, dal canto mio, non ho mai avuto la sua stessa vena incredibilmente spensierata. L'unica cosa che il destino mi riservava era una vita tranquilla come uomo di chiesa, ma ero felice di ciò.
Il sangue, la guerra e le armi non hanno mai fatto per me, sempre troppo taciturno per avere le giuste capacità oratorie, troppo magro per avere il giusto fisico e troppo ligio alla morale per poter uccidere.
La mia unica grande ambizione era poter diventare prete, triste? Forse un po', ma sono cresciuto con questa consapevolezza, mi sono adattato e ho fatto mio quel destino, l'ho fatto divenire l'unico motivo per cui valeva la pena vivere e, alla fine, ho imparato velocemente ad amarlo. Insomma, un destino tranquillo per una persona tranquilla.
Mio fratello, lui sì che era portato per essere un cavaliere, combinaguai, privo di morale o del senso del pericolo, quante volte da piccoli ho dovuto metterlo in guardia sulle sue azioni.
Lui, però, si definiva baciato dalla fortuna, perché in un modo o nell'altro se la cavava sempre.
Chissà cos'è successo quel giorno, magari la fortuna si è stancata di dover agire sempre per riparare i danni di mio fratello, magari quelle precedenti erano solo coincidenze, oppure il destino ha semplicemente fatto il suo corso, ma lui non è più tornato.
Mi ha condannato, si è dimostrato nuovamente l'egoista che era, eppure gli volevo così bene. Ho sofferto tanto per la sua morte, ma l'ho anche odiato terribilmente. È sempre stato troppo irresponsabile, non ha mai pensato che le sue azioni avrebbero potuto ripercuotersi sugli altri ed ecco che ora sono io a scontare le sue pene.
Mio fratello amava il giorno, diceva che voleva essere diverso da tutti gli altri e, stando a quello che diceva, tutti amano la notte; quindi, lui voleva distinguersi. Io, sempre molto monotono, avevo una spiccata preferenza per la notte, ma da quando lui non c'è più...io mi sento terribilmente fuori posto illuminato solo dalle stelle. È come se il sole fosse in grado di trasmettermi una sensazione di sicurezza solo splendendo. Perché mi ricorda di andare avanti, che la vita continua anche senza mio fratello. Quella sfera infuocata splende e io capisco che sono sopravvissuto un altro giorno.
«Non amo aspettare.» esordisce lei. Mentre ero immerso nelle mie considerazioni, sicuramente non mi aspettavo di avere a che fare con la principessa in persona, la quale, a quanto pare, preferisce così tanto la notte da ricevere i suoi ospiti quando ormai le stelle sono luminose nel cielo.
«Mi scusi, ma, se mi permette, non è usuale venire a bussare alle porte delle persone a quest'ora della notte.» Cerco di dire nel modo più elegante ed educato possibile.
«Suvvia, cavaliere, pensi davvero che io possa fare caso a queste piccolezze.» come se niente fosse, si fa spazio
nel mio modesto appartamento ed entra, portando la sua imponente figura al centro della stanza.
«Cavaliere?» dentro di me prego di essermi sbagliato, ma alla fine sapevo che sarebbe andata così.
Cosa non mi aspettavo dalla principessa del villaggio? Che scoppiasse a ridere di gusto, come se non fosse appena piombata in casa di uno sconosciuto, come se io fossi una specie di giullare. Però, per un secondo, in quella risata posso sentire mio fratello.
«Certo, piccolo burlone. Tu sarai a breve un cavaliere, uno dei tanti presenti nella mia schiera, ma tieniti pronto, potrebbe esserci qualcosa di diverso in programma, anche se per ora sarai un semplice cavaliere.» dette queste parole, se ne va con la stessa velocità con cui è arrivata.
Che sia un modo di mio fratello per scusarsi? Ha forse capito di avermi rovinato la vita e ha deciso di spedirmi uno strano personaggio per tenermi allegro.
A questo pensiero mi nasce uno sbilenco e impacciato sorrisino, odio ammetterlo, ma mio fratello potrebbe aver fatto centro per una volta. Sarà divertente, anche se la storia del cavaliere mi infastidisce ancora.
Che cosa non mi sarei mai aspettato dal mio futuro? Molte cose, ma se mi avessero detto qualche anno fa che sarei finito in questa situazione, probabilmente avrei riso fino al giorno dopo. Questa era sicuramente l'ultima cosa che mi sarei mai aspettato, nonché anche l'ultima che avrei mai voluto vivere, ma sono qui, davanti al castello della principessa, pronto ad entrare perché convocato da lei. Ovviamente, le stelle sono già splendenti nel cielo. A quanto pare, la cara principessa di questo regno si diverte a ricevere i suoi sudditi solo di notte, oppure si diverte solo a infastidire me, ancora devo capire quale sia l'ipotesi più giusta delle due, perché, anche da come mi ha trattato ieri, ho il fondato presentimento che per lei io sia una specie di gioco. Spero che non sia così, non vorrei ritrovarmi a spezzare la sua perfetta reputazione.
Mi armo di tanto coraggio e varco la soglia del portone, consapevole di essere appena entrato nella casa del nemico.
Guidato da quella che sembra essere una cameriera vengo portato da una stanza all'altra, come se stessi vagando da un posto all'altro senza senso. Che sia davvero così?
Tutto, però, acquista razionalità quando, finalmente, la ragazza si ferma, si gira e mi osserva. Poi, parla: «Da qui in poi devi proseguire da solo, a me non è permesso entrare nella sala del trono.»
Nella sala del trono?!
Penso che la mia espressione lasci trapelare tutto il mio sgomento, ma decido di farmi forza ed entrare. Preferisco indubbiamente la principessa a mio padre e al suo, stronzo, tirapiedi sadico.
Un'altra cosa che non mi aspettavo? Ritrovare la principessa in vestaglia nella sala del trono, per l'amor del cielo, un po' di decoro.
Lei, però, dal canto suo pare così tranquilla, così a suo agio nel leggero pigiama di seta che indossa, composto da una tanto elegante quanto trasparente canottiera e un paio di pantaloncini molto svolazzanti.
Pare così incurante dell'etichetta. Per qualcuno come me, nato e cresciuto nell'alta nobiltà, è quasi una mancanza di rispetto il suo vestiario, come se per lei non valessi neppure la pena di cambiarsi.
Quando si gira, mi regala un sorriso talmente splendente da farmi dimenticare tutto, perché capisco dalla sua espressione, rilassata e gioiosa, che non è una mancanza di rispetto, semplicemente la dimostrazione più pura di un animo spensierato come il suo. Quanto vorrei esserne capace anch'io...
«Dunque, cavaliere, quando mi è stato riferito della tua riluttanza agli allentamenti, non avrei mai pensato che fosse una cosa così seria. Mi vuole spiegare da cosa deriva questa tua inadempienza al dovere? Dov'è finito il comportamento ligio al dovere che giurerai di mantenere durante il Giuramento del Cavaliere?»
Già, il Giuramento del Cavaliere...la mia condanna.
«Mi scuso enormemente per il mio comportamento scortese, ma non posso prometterle di rimediare, per quanto vorrei, non è una cosa che sono in grado di fare, perché non so se o quando mi abituerò mai al mio triste destino.»
La principessa sembra perplessa, come se non si aspettasse queste parole. Forse, pensava che mi sarei prostrato ai suoi piedi chiedendo infinitamente perdono finché lei non avrebbe avuto pietà di me, lasciandomi andare con un'ammonizione, ma non posso mentire. Non voglio rinnegare me stesso.
Contro ogni razionale aspettativa, l'unica reazione della donna dai capelli biondi è un leggero sorriso e una scossa di capo.
«Quindi era tutto vero...» è solo un mormorio, ma con il silenzio della notte tutto è amplificato. In ogni caso, non ho il tempo di chiederle maggiori informazioni che mi rivolge un sorriso di quelli mozzafiato e mi tende una mano, che io guardo incerto, non sapendo che fare.
«Che fai? Non vieni? Voglio saperne di più.» Così, lasciandomi convincere dalla sua espressione angelica, mi lascio portare nel giardino principale, quello che già si poteva osservare dalla vetrata della sala del trono.
Il mio primo pensiero è rivolto a lei. Come farà a non avere freddo? È notte e sicuramente l'abbigliamento che ha addosso non promette di tenere molto al caldo.
«Non farà freddo?»
«Da dove vengo io, a queste temperature si considera arrivata l'estate, ma non è di me che voglio parlare.»
Non posso fare a meno che incuriosirmi, in fondo, non si sa nulla di lei, se non che è arrivata un giorno, ha preso questo regno che era alla deriva e l'ha reso un paradiso terrestre.
Vorrei tanto perdermi nelle mille considerazioni che la mia mente sta producendo, ma so che la ragazza al mio fianco è in attesa e non posso farla aspettare ancora per molto.
«Faccio parte di una famiglia nobile, sono il secondo genito, nato e cresciuto per diventare monaco, mi sono presto adattato al mio futuro, l'ho reso parte integrante del mio presente, fino ad arrivare a non vedere l'ora di dare i voti e diventare un eremita. Non sono mai stato un amante della società e tutte le sue strane convenzioni, preferisco stare da solo con i miei pensieri. Ero felice del mio destino e di ciò che la vita mi avrebbe riservato.
Mi ricordo tutti quei pomeriggi con mio fratello che voleva solo giocare e io dovevo studiare, mi piaceva farlo. Invece, mio fratello era tutto il mio opposto. Da sempre uno spericolato, abituato a fare tutto ciò che gli passava per la mente. Si metteva sempre in situazioni assurde, ma ne usciva piuttosto facilmente, amava l'avventura, amava il pericolo. Lui sarebbe dovuto essere il cavaliere della famiglia, il titolo più importante è riservato sempre al primo genito e, nella nostra cultura, non ci sono titoli più importanti di questo. Però, eccomi qui, al posto suo. Perché? Beh, perché ha giocato con la vita una volta di troppo, non sappiamo neppure com'è morto. Era uscito per fare una nuotata, era solito a nuotare quando aveva qualche pensiero scomodo per la testa, ma non è mai tornato. Abbiamo lanciato l'allarme dopo diverse ore, quando un pastore ha ritrovato il suo corpo in un bosco mentre andava al pascolo. Era una zona del regno che siamo sicuri non avrebbe mai visitato. Mio fratello era tutto ma non uno stupido, sapeva quali erano i suoi limiti e dove non sarebbe dovuto andare e, nonostante tutto, alla fine diventare cavaliere era davvero il suo sogno, non avrebbe mai fatto nulla che avrebbe potuto metterlo in pericolo.
Quand'è morto, mi sono ritrovato sballottato nella sua realtà. Improvvisamente sarei dovuto diventare io il cavaliere della famiglia.
Ho perso un fratello e con lui anche la possibilità di realizzare il mio sogno più segreto.
Ho lottato con mio padre per lasciarmi essere chi volevo io, ma ho sempre perso.
Un'altra qualità tipica di mio fratello, la capacità comunicativa. Ci credi se ti dico che questo è in assoluto il discorso più lungo che io abbia mai avuto modo di pronunciare.
Lotto per i miei sogni, ma mi manca sempre un qualcosa per essere decisivo. Così, eccomi qui, a subire un destino non mio, a provare ribrezzo per le armi, la guerra e il sangue, mentre riesco solo a pensare a quanto vorrei essere andato con lui. Forse, adesso sarei morto con lui, ma non sono del tutto sicuro che sarebbe stato un destino peggiore.»
Do sfogo a tutte le mie paure, le mie ansie e i miei segreti come se fossi in fiume in piena.
La sua domanda ha rotto i miei argini e ora la investo con parole nuove, che non avevo mai avuto realmente il coraggio di pronunciare.
Per questo, ho bisogno di qualche minuto per riprendermi.
Io lascio cadere il silenzio tra di noi e lei non fa nulla per portare avanti la conversazione, come se fosse rimasta folgorata dalle mie scoperte.
Così, pensando che non abbia più nulla da dirmi, mi alzo e faccio per avviarmi verso i dormitori.
«Devi lasciar andare il passato per poterti costruire un futuro.» Le sento dire e, quando mi volto, la trovo ad osservare il cielo, anche se poi volta la testa per lanciarmi una breve occhiata.
«Non posso, sarebbe come rinnegare una parte di me.» ribatto io, convinto delle mie parole.
«Oppure ti fa paura l'idea di scoprire una parte di te inaspettata? Sai, caro, ognuno è artefice del proprio destino.»
«Come fai a dire una cosa del genere dopo ciò che ti ho rivelato!» Esclamo abbastanza arrabbiato. Con una frase ha appena distrutto e minimizzato tutte le mie parole, come se non avessero avuto importanza.
«Quella notte il cielo formicolava di stelle, i gufi cantavano alla luna, il vento scuoteva delicatamente gli alberi, producendo un suono leggero, le gocce cadevano dagli alberi, reduci dal temporale appena avvenuto, inumidendo il terreno, il lago era tranquillo, sembrava uno specchio. Già...lo specchio di una realtà falsata, perché, da qualche parte, durante quella tranquilla notte estiva c'era una ragazza che si accingeva a dire addio per sempre al suo unico grande amore, morto nel silenzio di un paesaggio incantevole. Attorno a lei tutto trasmetteva pace, tutto era in armonia, ma dentro di lei ogni cosa era fuori posto e anche in quel paesaggio da mozzare il fiato la ragazza si sentiva così sbagliata.
Quando ci ripensa, quella fanciulla rimane sempre affascinata da come la vita e la morte possano convivere così in pace, nello stesso scenario, nello stesso momento, nello stesso istante in cui vita e morte si incontrano e tutto acquista una bellezza eterna, immortale e sublime.
Forse, a ripensarci, le gocce cadenti dagli alberi erano in realtà le sue lacrime, il vento era il preludio di una tempesta terribile, il lago in agitazione e la notte buia, senza neanche le stelle ad illuminare il cielo.
Forse, anche la natura si stava preparando a dire addio a quell'anima pura strappata dalla vita troppo presto. Quella stessa natura che poco prima l'aveva ucciso quasi in modo fulminante. Era bastata una mossa sbagliata, un terreno po' più scosceso, un passo fatto con leggerezza e tutto era finito.
Il ragazzo era precipitato nel lago che era pronto ad accogliere quella vita spezzata.
Sì, decisamente quel paesaggio di apparente tranquillità iniziale era solo un'illusione. Perché in quel momento tutto era in pace, ma ormai il ragazzo era andato a fondo e tutto pareva essere tornato uguale. Ancora una volta, l'unica nota stonata era quella ragazza, piangente.»
Il silenzio cade di nuovo, la leggerezza e, allo stesso, la complicatezza di queste parole mi ha lasciato senza parole. Solo una domanda mi ronza insistentemente nella mente.
«Cosa c'entra con me?»
La principessa sorride, in modo appena accennato, mentre pensa a come rispondere.
«Sono passati anni, ma lei ha finalmente trovato il suo posto, capito la sua missione; quindi, se la vedi, dille che può stare tranquilla, c'è ancora qualcuno che può comprenderla.»
Sono perplesso, più di prima. Questa spiegazione non ha alcun senso...
«Come faccio a sap-» Non riesco a finire la frase che lei mi interrompe prontamente.
«Ora, però, si è fatto tardi, ti conviene avviarti, tra un po' inizierà la tua prima missione. Troverai sul cammino il tuo compagno.»
Missione? Eh? Cosa? Quando? Ora? Ma di che sta parlando.
«Continuo a non capire...»
La ragazza si alza dall'erba, si passa una mano sui pantaloncini, mi rivolge uno sguardo gentile e mi dice: «È stato un piacere parlare con te, Étienne.»
Se ne va, lasciandomi solo e con mille domande in testa, ma su tutte, una spicca particolarmente. Come fa a sapere il mio nome?
Per continuare questa storia leggere il capitolo:...
Prossima storia: Francis Bauer.
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