0.0 Byrjaðu Söng - Blóð

0.0 Canto Iniziale - Sangue

Illusion di passati or sono,
fantasie di futuri mai venturi;
un rincorrersi lento di vite frantumate,
su teatri intessuti nelle ombre di una crescente
bramosia,
che brucia, consuma, accende,
l'anima dissolta mia.
Un quadro di morte dipinto di mille soli scarlatti,
morenti,
ove un cielo di cremisi piangente
impregna di purezza la terra dal bianco
inaridita.

Lybvium - Per ogni dove, in ogni tempo.

Clang.

Crack.

Clang.

Un dolce e delicato tintinnio di vetri incrinati – percorsi da crepe nere su lattiginoso sfondo – proruppe in un silenzio che troneggiava in ogni luogo, spezzando la coltre di fasulla tranquillità che dovunque albergava; era quello, un suono fievole e appena udibile, ma nella sua soave leggiadria celava uno scricchiolio sinistro, come di un'anima infranta.

Eppure, nonostante la sua fragilità carezzevole, si diffuse dove fosse possibile, in onde d'un mare candido e placido, rimbalzando mestamente su confini di un bianco nulla e disperdendosi in un cielo eterno d'avorio.

Al passaggio dei rimbalzanti echi – sempre più numerosi e forti –, la luce accecante di cui lo spazio circostante sembrava esser bagnato si attenuò: a ogni fragore più imponente, i raggi di purezza sembravano diradarsi, scolorendo a poco a poco. E con essi, anche la nebbia luminosa che avvolgeva le creature si sbaragliò, risvegliando in loro un alito di speranza, alimentata dall'essenza di vita che spandeva dappertutto il suo profumo afrodisiaco, nutrendo pian piano ciò che ancora di loro rimaneva.

Solo brandelli di tenebra, intrecciati a dense trame d'oblio.

L'occhio dell'essere si aprì su un mondo sporco di un chiarore bianco, macchiato da limpide chiazze di oscurità che sembravano assumere tonalità sempre più scure e nitide.

Sveglia la tua mente. 

Combatti. 

Unisciti ai tuoi fratelli. 

Nutriti di vita.

Quei pensieri bruschi e fermi, in netto contrasto con la confusione che dominava in lei e che intorpidiva le sue membra incorporee, rimbombarono nella mente svuotata di tutto.

Si risvegliò da quel coma, ma la tentazione di assopirsi e chiudersi in un guscio di illusioni laboriosamente intrecciate era forte, molto forte. Si sentiva soggiogata da istinti che nemmeno l'incoscienza poteva limitare, incatenata con nodi che nulla poteva sciogliere; la monotonia del Tempo le era diventata fatale tanto quanto il nulla che dentro la divorava, invadendo cellule, tessuti, organi. La Sete le bruciava insistente la gola, le corrodeva l'anima, inaridendola delle poche forze ancora rimaste. 

Unicamente un proposito, ridestato da quel rumore improvvisamente diffuso nella sua realtà, illuminava il buio che era la sua mente, un faro in una notte privata della sua luna; una sola immagine alimentava la sua fievole resistenza: coriandoli di carne umana, martoriata, dispersi su uno sterile suolo pregno di un liquido cremisi, su fiumi di sangue scarlatto che scavavano nella terra le sue copiose e amare lacrime.

Devi nutrirti. 

Devi nutrirti

Devi nutrirti. 

Devi nutrirti. 

Devi nutrirti. 

Devi nutrirti.

La lenta litania le risuonò tra le membra, talmente tante volte da perdere significato, svanendo nei meandri della sua coscienza ormai arrugginita.

Un vento imperioso le attraversò il corpo fragile come un fuscello, disperdendo i pochi tentacoli di Morte che portava ancora avviluppati alla sua anima infranta: erano vampate di un fuoco maligno che alimentavano la sua ira immonda verso un creato altrettanto immondo. Si fece trascinare da quella sensazione di pienezza datole dal furore, fino ad annegare ogni sensazione nella furia, fino ad affogare ogni briciolo di coscienza nella follia. 

Tanto soffocata si sentiva dalle emozioni improvvise, da credere che l'unico modo che avesse per non sbriciolarsi in mille pezzi d'ombra fosse annullare ogni sua volontà, lasciando che una minacciosa quiete avvolgesse in un mortale abbraccio i suoi sensi intorpiditi e impotenti, gelando finanche la sua rabbia verso quella prigione fatta di fasci iridescenti, inviolabili.

Erano mere illusioni e false speranze a recitare nel palco dei suoi pensieri incorporei, marionette infrante sulla cruda realtà. Oscuri desideri scheggiati, frammentati, com'anche era la sua inesistente anima. 

Risvegliati.

Una singola, austera, parola frantumò il torpore in cui era caduta, tagliando i veli di fantasie intessute per celarsi da ciò che era la sua unica verità.

Osservò, senza davvero posare gli occhi su alcunché, i suoi fratelli piegati anch'essi da quella forza più potente della Morte stessa: era l'energia distruttrice del Vuoto, eterno e tuttavia mortale.

Lo stesso Vuoto che prepotente dilagava in lei in ogni istante, divorando sempre più tutto ciò che era, ciò che era stata. Solo allora, con la consapovelezza tangibile di non essere che una mera goccia di fronte all'orizzonte di un diluvio, il suo sguardo vacuo – vitreo – corse alle ombre in debole movimento attorno a lei, ancorandosi a esse come per non volersene più separare; sembravano tutti improvvisamente alimentati da una forza che lei non riusciva a comprendere, o perfino immaginare: il Tempo le scorreva accanto come nemico, tendendole la mano inguantata di futuri sfumati, per trascinarla nel tedioso baratro di passati dimenticati.

Scivolò ancora una volta inesorabilmente via, trascinata da riflessioni dissipate nell'insufficienza, e dispersa in una luce tanto abbagliante che nemmeno i tentacoli d'oscurità più intesa sarebbero riusciti a celare, mentre tutta la foschia sbiadiva in pennellate sempre più attenuate, tanto da parere soltanto scene sfuggevoli di uno spettacolo perduto.

Non le restava molto altro tempo, no.

Devi sbrigarti. 

La Sete avanza. 

Il Vuoto avanza.

Volute lente, sospese in aria unicamente da quell'istinto primordiale di sopravvivenza, la animavano ancora – sebbene per poco –, quand'invece correnti di pura energia attanagliavano i suoi fratelli a quell'immagine infinita di nauseabondo splendore, uno sfolgorio percosso da rapidi lampi di tenebra. 

Un olezzo vomitevole di vita, però, pareva iniziare a diffondersi anche in lei, spingendosi quasi a forza tra i suoi tentacoli bui e divenuti ormai immateriali; era un odore disgustosamente familiare e piacevole, a tal punto dolce da mostrarsi quasi amaro.

Una sensazione vorace parve all'improvviso scoppiarle dentro, trascinandola in quell'oblio di beatitudine inattesa. 

E nella confusione della sua mente accecata da un'alba scarlatta, da un sole color del sangue, scorse una crepa dipinta di notte in quel mare di tempestoso candore.

Il sangue ti reclama.

Il sangue ti reclama.

Crash.

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