I can Be a Proxy: com'è nato?
Questa è la domanda che una mia amica mi ha fatto qualche mese fa, alla quale però non ho dato una risposta, ma ora che la storia sta giungendo al termine, sono pronta a rispondere a questo difficile quesito.
Ci ho pensato molto prima di cominciare a scrivere questo non-capitolo, e penso che non lo rileggerò per evitare di modificarne il contenuto, quindi perdonate le incongruenze.
Per sapere com'è nato 'I can Be a Proxy' dobbiamo andare a scavare molto a fondo nella mia memoria, che ha custodito quel giorno come se fosse la mia ragione di vita.
Non ricordo esattamente la data, ma ricordo che era un lontano giorno d'estate.
Ero piccola, sia mentalmente che fisicamente, ma sapevo cos'era il dolore, l'ho sempre saputo.
È una cosa che all'inizio si può nascondere, si può sopportare, si può sopprimere, ma che poi esplode, distruggendoti e schiacciandoti come se fossi una formica.
Spesso mi davano della "perfettina" a scuola, questo solo perché tenevo molto sia all'aspetto, che al carattere: dovevo essere perfetta nella mia imperfezione, dovevo sembrare perfetta anche se ero la persona più sbagliata che potesse esistere.
Il dolore si accumulava, ma io lo nascondevo sotto un sorriso estremamente forzato, che col passare degli anni si trasformò in un'espressione fredda ed impassibile.
Mia madre fu la persona che mi fece conoscere questo mostro, lei voleva che tutto fosse perfetto, voleva che io fossi perfetta.
"La tua vita è perfetta" mi dicevano sempre, questo solo perché sorridevo sempre, fingevo di essere felice, quando in verità non sapevo nemmeno cosa significasse esserlo.
La mia vita non è mai stata perfetta, io odio ogni cosa che riguarda la felicità per colpa di essa, per colpa sua io sono quello che sono oggi: una persona estremamente chiusa e fredda.
Mi dicono spesso che faccio amicizia molto facilmente, ma chi posso chiamare "amico"? Di chi mi posso fidare? Chi può amare ogni mia sfaccettatura?
"Nessuno, nessuno lo può fare" pensavo sempre, in ogni singolo momento delle mie monotone giornate.
Spesso ho pensato di suicidarmi solo per vedere se sarebbe dispiaciuto a qualcuno, spesso ho pianto per colpa di mia madre, che inconsapevolmente, cancellò la vera me stessa, e giuro che nemmeno io, in questo momento, so davvero chi sono.
Odiavo davvero stare con la mia famiglia, forse mi piaceva stare solo con mio fratello maggiore, non è che mi capiva, ma mi faceva piacere parlare con lui, mi piaceva quando mi abbracciava, perché sapevo che lui, come me, non amava stare tra la gente, e questo mi faceva sentire apprezzata, qualcuno apprezzava la mia esistenza, anche se poi questo suo riguardo nei miei confronti sfumò lentamente.
E ricordando questi momenti felici, ora sto piangendo in silenzio guardando questo schermo, sto piangendo vergognandomi della mia debolezza, vergognandomi di me stessa.
Io ho sempre mangiato poco, ma regolarmente, tuttavia sono sempre stata sotto la media riguardo a peso e altezza.
Tutti mi vedevano magrissima, io mi vedevo grassa come un porco.
Cos'è che non andava in me? Cosa c'era di sbagliato nell'essere semplicemente me stessa?
Cominciai ad odiarmi, ogni notte piangevo dicendomi "nessuno mi vuole bene", finché un giorno mio fratello maggiore mi rispose: "io ti voglio bene".
Non so perché sto scrivendo tutto questo, so che ricordando questi frammenti di felicità mi sento sempre più abbattuta, eppure continuo a scrivere incessantemente.
E poi arrivò quel giorno, il giorno in cui nacque Akemi, in cui nacque la storia che, non so come, alcuni di voi adorano, e vi ringrazio per questo, perché voi mi avete letteralmente salvato la vita, senza di voi sarei andata in contro al suicidio, e questo non è uno scherzo.
Ero da sola, a piangere ancora una volta nella mia monotona stanza, avevo imparato a piangere in silenzio, così nessuno mi avrebbe scoperto.
Avevo appena scoperto le Creepypasta, questa cosa dell'Operatore e dei suoi Proxy, stavo soffrendo davvero molto a causa dei miei genitori, non c'era nessuno a supportarmi, ma c'era qualcosa: la mia fantasia.
Questa mi trasportò nel mondo della morte, della pazzia, nel mondo delle Creepypasta, Akemi infatti è l'incarnazione di tutta la mia sofferenza, quindi credo che sarà immortale.
Credo che Akemi sia molto magra e agile anche perché anche io in un certo senso lo sono, infatti in molti mi avete detto che io ed Akemi ci somigliamo, e questo mi rende sia felice che triste, ma non so nemmeno io il perché.
Mi immaginai in un angolo della Creepyhouse a piangere, e poi l'Operatore che mi tendeva la sua mano, vidi Ticci Toby, Clockwork, Laughing Jack e Laughing Jill, Jeff, Jane e Nina the killer(s).
Tutti.
Vidi tutte le Creepypasta attorno a me, per sostenermi.
Ancora sorrido pensando a come è nata questa patetica storia.
È nata quasi per scherzo, quando ho pubblicato il primo capitolo pensai che nessuno avrebbe letto questa cagata, ed invece no: quasi dodici mila persone hanno apprezzato quello che scrivo, mi hanno apprezzata.
Ogni volta che guardo quel semplice numero, che indica quante persone mi hanno notato, mi sento felice, sento come se una minuscola parte dell'ormai sfumata me stessa fosse tornata da me... E questo mi rende felice.
È come se ogni volta che qualcuno vota e commenta le mie storie la piccola formica che sono provasse a rialzarsi, provasse a combattere il dolore con un vero sorriso, come se finalmente la felicità intorno a me potesse raggiungermi, e questo è solo grazie a voi.
Quindi ora vorrei ringraziare tutte le persone che hanno votato e commentato "I can Be a Proxy".
Ora non sto a citarvi tutti, poiché voglio farlo nel capitolo dedicato ai ringraziamenti, quindi ora vi saluto, perché devo ancora scrivere l'ultimo capitolo!
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