Two Monsters in One Bed

Sans p.o.v.

«Ti credevo più interessato al corpo umano, Sans.»

«...»

«Suvvia, ora potrai parlare con gli altri Mostri di come funzionano le mestruazioni. Non sei contento?»

«...No. Se vuoi sentire il mio parere, fa abbastanza schifo.»

«Se vuoi sentire il mio parere, anche tu, quando sbavi, fai schifo.»

«Un conto è sbavare, un'altra cosa è avere un'eruzione vulcanica di sangue dalla vagina-»

«Guarda che tutto 'sto casino serve ad avere figli, un po' di rispetto. Voi uomini siete stati graziati dalla natura a non sopportare queste sofferenze.»

«I Mostri non hanno complicazioni simili.»

«Così se una vostra bambina fa sesso anche a due anni, può rimanere incinta? Ora che ci penso, come fate voi Mostri a fare sesso...?»

«Sei troppo chiacchierona stasera. Forse faresti bene a smettere di bere quel whisky...»

«Non sono come te, Sans. Tu al primo bicchiere sei ubriaco marcio, mentre io sono al quarto e sono pienamente sobria. Forse un po' ciarliera, ecco tutto.»

«Non è vero, non mi ubriaco così facilmente.»

«Vogliamo scommettere?»

«...No, ripensandoci.»

«Vedi? Lo sai anche tu!»

«...Non hai sonno? Sono le undici passate e domani dovremo uccidere un tostapane che cammina e parla...»

«Hai cambiato argomento? In ogni caso, devo uccidere un tostapane che cammina e parla. E dovrò pure andare a letto con lui, come se non bastasse.»
Fece una smorfia di disgusto, fissando il bicchiere colmo di liquido ambrato. Sospirò.
«Sono caduta proprio in basso. Se vuoi andare a dormire, vai. Io resto ancora qui un altro po'.» Erano le undici di sera, ma lei sembrava ancora sveglia come un grillo. Mentre sorseggiava il suo whisky, leggeva un libro rilegato dalla copertina completamente nera.

"Amleto".

«Soffri d'insonnia?» La domanda mi sembrava così inutile da fare, ma mi sfuggì di bocca. Lei alzò gli occhi dal libro, con uno sguardo sarcastico.

«Ce l'ho scritto in faccia?»

Un'altro pensiero mi venne in mente. Quando la stanza era buia, lei...

«...Hai paura del buio. Prima ti sei lanciata sulla lampada-» Prima che potessi finire, percepii un frullio d'aria di fianco alla mia testa e un rumore metallico. Frisk, col braccio ancora teso, mi aveva lanciato il suo macete, ormai incastrato nel muro a pochi millimetri dal mio cranio. Era furente.

«Vattene, prima che ti riorganizzi la struttura della tua colonna vertebrale.» Sibilò lei, tremando di rabbia.

Quanto potevo essere idiota?

«N-non ci vedo niente di male, in realtà. Pensa, io ho paura del mio fratellino, sono messo p-peggio di te.» Balbettai, restando immobile e cercando di non farla arrabbiare ulteriormente.
Frisk non rispose, probabilmente d'accordo con la mia affermazione, ma continuò a fissarmi irata con quei suoi occhi rossi.

Forse l'altra ragazza dentro di lei aveva ragione. Era meglio far perdere la pazienza a lei che a Frisk Nichols. Ma non volli andarmene come mi aveva ordinato, sentendo che quello che avevo toccato era un punto debole per lei. Chi ha ancora le paure di un bambino non ha passato un'infanzia spensierata, nella maggior parte dei casi si tratta di un trauma ricevuto in quella fascia d'età. L'assassinio di sua madre, forse? Il pensiero che nel profondo della sua forte anima determinata si celasse una paura che gli anni non avevano cancellato... Mi fece sentire male per lei. Troppo male, quando fino a pochi secondi prima per me Frisk era solo una leggera cotta con cui mi ero atteggiato da stronzo. C'era qualcosa di più, nella gelosia di quella mattina e dell'imbarazzo che mi coglieva ogniqualvolta si avvicinava troppo a me.

Io...

Improvvisamente, sentii i primi sintomi della crisi di astinenza fare la propria comparsa. Imprecai mentalmente mentre il respiro si inondava di aria bollente e un leggero tremore si faceva strada nelle mie ossa. "No, non ancora davanti a lei..." pensai disperatamente, mentre Frisk si accorgeva di quello che stava succedendo. Ancora poco ed il dolore avrebbe colto la mia anima, come succedeva ogni volta. Le miei mani si mossero da sole.

«Cosa vuoi fare con quella bustina?» La voce stentorea di Frisk si levò di scatto. Mi guardai le mani dove la piccola porzione di cereulanina sembrava attrarmi magneticamente verso di lei. Mi voltai di nuovo verso di lei, non sapendo minimamente cosa dirle. Mi uscii un mormorio patetico.

«Tra poco... Mi farà male...»

«Sans.» Il libro le cadde dalle ginocchia. Si era alzata in piedi di scatto e si stava dirigendo lentamente nella mia direzione, con una mano aperta davanti a sé. Voleva che le dessi la bustina.

«Io devo farlo... Non posso...» Cercai di convincerla invano, ma lei non si fermò.

«Sans!» Mi chiamò lei, truce. Scossi la testa velocemente, non potevo dargliela. Frisk si piazzò di fronte a me, guardandomi negli occhi e con un'espressione grave.

«Non puoi ucciderti in questo modo. Catty mi ha detto che potresti morire se continui con quella roba. » Disse lei, incrociando le braccia al petto. La sua espressione si addolcì.

«Heh, hai una passione nel consigliare di fare le cose più ardue. Tu non capisci...»

«Devi smetterla. Con la droga si muore-»

«CHE IMPORTA ORMAI?!» Gridai, mentre sentivo la testa scoppiare. Lei sbarrò gli occhi.

«SONO INUTILE, DEBOLE, UN PESO PER TUTTI E PER IL MONDO! MI FACCIO PICCHIARE OGNI SERA DAL MIO FRATELLO PIÙ PICCOLO, VENGO CRITICATO E GIUDICATO IN OGNI MOMENTO, PERCHÉ NESSUNO SI ASPETTA CHE L'EREDE DEL GRANDE WINGDING GASTER SIA UN TALE SPRECO DI OSSIGENO! SE ANCHE MORISSI, CHI PIANGEREBBE?! IO...Io non...» Feci una pausa, prendendo fiato. Mi sembrava di soffocare.

«Io non so come andare avanti, non lo so più, Frisk! Che senso ha preoccuparsi di morire quando non vali niente? Tu non... Io ti...» Volevo dirglielo, volevo togliermi quel peso dal petto. Volevo rivelare di tutto l'affetto e l'ammirazione che provavo per lei, di quanto la sentissi lontana da me.

Ma lei non mi fece finire, si avvicinò tranquillamente e mi prese per i polsi, guidandomi verso di lei. Con un rapido movimento della testa, le nostre due fronti fecero contatto all'improvviso, ma non bruscamente.

Non mi fece male, nonostante il mio corpo sembrasse una bomba ad orologeria pronta a esplodere e spazzarci via entrambi. I suoi occhi erano a pochi centimetri dai miei, la sua fronte era calda, piacevolmente liscia. Malgrado la tremenda vicinanza, quel contatto mi calmò.
Ripresi a respirare normalmente, la mia temperatura corporea si abbassò ed un senso di profonda stanchezza mi assalì all'improvviso.

I sintomi della crisi di astinenza non mi affliggevano più, ma ero troppo spaesato per pensarci, troppo concentrato in quelle due pupille rosse a pochi centimetri dalle mie. Aveva usato la magia ed aveva fatto qualcosa di miracoloso, seppure non sapessi cosa.

«Io e te non siamo poi tanto diversi, lo sai. Anch'io sono un Mostro, proprio come te.»

«Non è vero. Tu non...» Il mio corpo ondeggiò pericolosamente, ma lei mi afferrò e mi appoggiò contro di sé. Il mio peso non sembrò essere un problema per lei. Ma cosa dico, niente era un problema per lei ed era quella la differenza tra Frisk e me.
Allungò le braccia e mi circondò la schiena, dandomi delle lente carezze.

«Non piangere più, va bene?»

«Cosa...»

«Stai piangendo da quando mi hai incontrato. Hai paura che me ne vada e ti lasci solo, non è così?»

Non risposi. Le mie palpebre si facevano sempre più pesanti ed era difficile per me restare sveglio. Le carezze continuarono, lievi e confortanti.

«Siamo in due, okay? Quando avrai bisogno di me, io verrò da te e so che nel momento in cui avrò bisogno tu verrai.» La sua voce iniziò a sfocarsi, ma prima di chiudere gli occhi riuscii a sussurrare con l'ultimo filo di voce che mi era rimasto.

«Anche se entrambi... Abbiamo bisogno adesso?»
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Frisk p.o.v.

"Oggi Chara non si è fatta sentire..."

I miei pensieri venivano di volta in volta interrotti dalle parole che Sans mormorava nel sonno, mentre con le sue braccia mi stringeva il busto. Il letto era troppo piccolo per due, c'era poco spazio.
Lo scheletro aveva ragione: dovevo avere una vera passione per le cose difficili.

"Frisk, ti sei completamente ammattita. Cosa stai facendo? Fino a due secondi fa stavi a dire che ti serviva vivo, il tuo scheletro."

Era strano poter affermare di essersi appena innamorati di qualcuno, nonostante fosse esattamente quello che era successo. Più che strano, sembrava quasi impossibile. Non riuscivo ad accettarlo, non potevo accettarlo.

"L'amore non esiste. Come posso dire di essermi innamorata nel giro di qualche minuto? Tutto questo non ha senso!"

Eppure, non riuscivo ad allontanarmi da lui. Non volevo andarmene, volevo solo che mi stringesse tra le sue braccia, fortemente, in modo da farmi capire cosa stesse succedendo dentro di me. Una tristezza opaca e gelida mi bloccava come una statua, rendendomi impossibile il movimento. Volevo piangere. Ma non lo feci, non osai.

Tendevo a perdere il controllo quando mi lasciavo andare.

Con una fatica che mi sembrò immensa e con il nodo alla gola, mi girai verso di Sans, addormentato come un ghiro. Avevo sbagliato, il mio sbaglio si ripeteva all'infinito in ogni frase cattiva che gli avevo detto.

Non meritava una persona così insensibile. Che scemo, innamorarsi di me...

Lo sapevo con certezza, era chiaro come la luce del sole. Sebbene il nostro rapporto non era facile, lui aveva maturato quella piccola cotta per me e l'aveva fatta diventare una cosa seria.

"Sans, ti credevo più intelligente" pensai sconsolata.

E io? Non mi ero mai accorta di avere sentimenti per lui fino al momento in cui aveva urlato in preda alla disperazione che lui non contava niente, che era una nullità e che non gli importava più di morire.

"Io piangerei se tu morissi", pensai guardando il suo volto tranquillo, illuminato solo dalla luce della lampada che tenevo ancora accesa. Non dormivo mai nel buio più totale ma forse prima o poi la luce lo avrebbe svegliato.

Con estrema lentezza mi allungai e spensi la luce. Il buio si fece strada, facendomi venire la pelle d'oca e istintivamente mi voltai, trovandomi testa a testa con lo scheletro addormentato. Riuscivo a vedere solo i contorni della sua figura, grazie alla tenue luce dei lampioni fuori dalla finestra, ma vidi chiaramente un piccolo rivolo di bava sotto i suoi denti da squalo.
"Sembra un bambino" pensai, provando un filo di tenerezza per lui.
Senza dire una parola, mi infilai fra le sue braccia, sentendo le sue costole contro il mio busto ed il tessuto della camicia da notte strisciare contro la mia pelle.

«Forse ho una minuscola cottarella per te. O forse sono una deficiente assurda e mi sono innamorata.» Sussurrai, sperando che mi sentisse dal suo sogno.
Non ce l'avrei fatta a dirlo il giorno dopo, con il disgustoso atto che mi aspettava.

Mi allungai e gli stampai un piccolo bacio sul naso. Non si svegliò.

Mi ritrassi, e sentii una piccola fiammella prendere spazio dentro di me. Sbuffai.

«Dannazione, mi deve venire proprio adesso la voglia di fare sesso?»

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