Never Again

Sans p.o.v.

«L'Umana sarà già morta da un pezzo, Sans.» Disse Papyrus, seduto su una sedia vicino a me. Quante volte ero stato io quello che osservava un prigioniero da quel punto di vista... Ora il collare e le catene erano addosso a me. Il cuoio mi stringeva il collo, attaccato ad una impiantata nel muro al quale cercavo di non appoggiarmi: degli spunzoni di metallo arrugginito mi avrebbero bucato interamente. Dovevo restare inginocchiato in equilibrio, nonostante la mancanza più totale di forze, e nonostante il dolore delle botte ed alla testa mi martoriasse.

Conoscevo fin troppo bene la stanza in cui mi trovavo. Era la "stanza degli ospiti sfortunati", battezzata da me in persona. Fino a quel giorno, non avevo mai messo piede in quella stanza come "ospite sfortunato", ma evidentemente i tempi cambiano.
Era buia, tremendamente umida e fredda, con solo un minuscolo lampadario al centro del soffitto. Tutti gli attrezzi da lavoro erano appesi ed ordinati a dei ganci alla parete di granito scuro, puliti e lucidi. Riflettevano la debole luce in modo sinistro.

"Piccolo appunto per un'eventuale sopravvivenza: devo finirla con questo lavoro. Se esco vivo di qua mi compro una casa nel Maryland, facciamo a Washington. Chissà se Frisk vorrà venire con me...?" pensai, temporaneamente illuso dalla mia immaginazione. Ero così immerso nella mia fantasia che il dolore sembrò affievolirsi.
Ma era tutto falso e ridicolmente impossibile.

"Certo, testone, credici pure che soppravviverai. E continua pure a illuderti che Frisk sia ancora viva, sola in una villa con duecento Mostri, più le guardie, con l'ordine di farla a pezzetti minuscoli. Ti conviene pensare le tue ultime parole, almeno per fare una fine decente per i tuoi standard" sibilò la parte pessimista (o realista) della mia mente.
Ma non potevo smettere di credere che la ragazza che amavo respirasse ancora. Alcuni gangster con cui facevamo, la nostra felice famigliola, accordi e compravendita di droga, si ostinavano a dire che Frisk Nichols potesse ammazzare da sola tutti i boss rimanenti in città. Cosa la teneva al guinzaglio? Russian Roulette e la vita dei cittadini di Ebott City.

Frisk Nichols veniva spesso soprannominata "l'immortale". Si diceva che avesse fatto esplodere una raffineria di eroina tutta da sola, che fosse un incrocio tra un Mostro e un Umano. Che avesse un macete che compariva e scompariva a piacere, che fosse una strega. Circolava la voce che fosse figlia di una prostituta, la quale era stata assassinata, e proprio questo fatto l'abbia fatta diventare il demone che è adesso.

Un demone, la sorellina cattiva di Satana. L'immortale.

Frisk non avrebbe neanche potuto lasciarsi ammazzare, neanche volendo. Lei avrebbe vissuto, ma io no.
Sarei morto lì dentro, ucciso dal mio fratellino, per ordine di mio padre.
Bella fine.

«No, tu non la conosci. Non sai di cosa è capace.» Replicai, preparandomi a ricevere un calcio in faccia che non tardò ad arrivare. Cacciai un urlo e caddi sul fianco, ansimando. Sentii delle ulteriori schegge di osso abbandonarmi il cranio, per poi diventare polvere. Il sangue colava, formando delle piccole pozze per terra.

"Sanguino, proprio come Frisk..."

Che male, che male, che male assurdo.
Ma non avrei pianto, non gli avrei dato quel piacere, quel piccolo trionfo. Mai più. Mai più.

«Oh, non lo so? Cazzate. Nessuno può uscire vivo da lì. Quella troia è una dura, si dice, ma non perderti in inutili speranze. Morta, quella puttana è morta, mi capisci?»

Disse lui, un po' sconcertato dal fatto che gli avessi risposto a tono. Di solito lo pregavo e piangevo, lo imploravo.
Povero ragazzo, d'altronde non era abituato.
Mi prese per la collottola della camicia e mi tirò su alla sua altezza. Aspettai di essere abbastanza vicino a lui, poi tirai all'indietro la testa e gli diedi una potente testata con la rincorsa.

«NON CHIAMARLA TROIA, BASTARDO!»

Urlai, sputandogli una mistura di sangue e polvere in faccia. Venni scaraventato per terra, per poi ricevere un calcio nelle costole. E un altro. E un altro ancora.
Ripresi ad urlare, ma non lo pregai di smettere. Non gli chiesi pietà.

"Mai più. Non lo farò mai più" pensai, mentre il dolore mi intontiva, mi torturava e mi toglieva le ultime speranze di sopravvivenza.

«Quella sgualdrina ti ha proprio cambiato, eh? Non montarti la testa, Sans. Solo perché sei riuscito a fottere una puttana simile non vuol dire che sei diventato un essere vivente. Ricordi? Tu sei solo polvere. Te lo mostrerò fra pochissimo.»
Detto questo, fece materializzare nella sua mano destra un osso terribilmente appuntito. Mi sentii morire.

Sarei crepato lentamente ed alla sua mercé. Grazie, Dio.

Ma non piansi. Riuscii a non versare una singola lacrima, persino quando mi infilò un'altro osso nell'occhio sinistro, girandolo come una trivella. Il sangue era diventato un lago e sia io che Papyrus ne eravamo completamente imbrattati.

«Mi domando... quanti riuscirai a sopportarne prima di morire?» Mormorò lui. La singolare seduta di agopuntura continuò per una decina di minuti. Poi crollai in avanti, respirando appena per colpa del collare.

"Scusami Frisk, scusa. È tutta colpa mia. Dimmi che sei viva Frisk, ti prego- CHEMALECHEMALECHEMALESMETTILAAAA!!"

Frisk p.o.v.

L'edificio era davanti a noi, alto e allungato, come una torre di una fortezza. Eravamo fermi, a luci spente, parcheggiati insieme alle altre macchine. Eppure, ebbi l'inquietante sensazione che l'intero palazzo ci guardasse, truce e sbilenco.
«Non riusciremo nemmeno ad attraversare il cancello prima di essere scoperti e uccisi.» Notai, guardando l'imponente cancello dell'entrata.

Il mio complice turchino non sembrava affatto nervoso, mentre io dovevo sforzarmi per non mettermi a piangere dall'ansia, dalla stanchezza e dalla paura per Sans. Chara cercava disperatamente di rincuorarmi, ma i suoi erano vani tentativi. Finché non l'avessi portato via con me non sarei stata nemmeno sicura di ciò che i miei occhi mi facessero vedere. Ma forse, non sarei neanche riuscita a portarlo via.

Lui era così sottomesso, così fragile. Certe volte avevo avuto paura di spezzarlo in mille pezzi, sia dal punto di vista fisico che mentale.
Come avrebbe potuto resistere a quello che i due Gaster avevano previsto per lui?

Frisk, vedrai che lo troverai vivo. Un po' ammaccato, ma dotato di respiro.

"Vedrò se né io ne lui muoriamo" pensai seccamente.

«Lascia fare a me, Cleaver Girl.» Disse il coniglio, detto questo mise in moto la macchina e tornò indietro verso l'inizio della via.

«Cosa stai facendo?» Lui girò il volante e fece un'inversione ad u. Si fermò.

«Ti sto facendo entrare senza qualche orifizio in aggiunta.» Spiegò lui, con un grande sorriso.

«Randy...» Non sarebbe sopravvissuto all'impatto. Un Mostro più forte avrebbe potuto farcela, ma non quel ragazzo mingherlino. Era spacciato, per di più completamente folle. Ma non potevo fermarlo, lui aveva già deciso da sé di morire per aiutarmi e non avrebbe nemmeno percepito un rifiuto da parte mia. Aveva gli occhi enormi, di un giallo frizzante, con le pupille minuscole nonostante il buio.

Droga. Si è strafatto prima di morire, così sentirà meno male. Concluse Chara.

«Appena siamo dentro, in quel secondo, salta fuori dalla macchina e trova un'entrata. Buona fortuna, Frisk.» Mi diede una lieve pacca sulla spalla, cordiale come se stessi per mandare giù un bicchiere di vodka.

«È stato bello conoscerti, Andy.» Mormorai, affranta ma decisa.

«Per me è stata una gran figata, ci si vede all'inferno!» Detto questo fece una gran risata, come impazzito. Poi spinse sull'acceleratore. La macchina sfrecciò per la via deserta e prese velocità. Mi tenni pronta per saltare giù dal veicolo.

L'impatto fu caotico.

Il cancello fu trascinato via istantaneamente dall'automobile ed io mi lanciai il più lontano possibile da quest'ultima, rotolando sulle piastrelle del cortile esterno. Ci fu un rumore che squarciò il cielo, così seppi anche senza guardare che l'auto era esplosa e che il cuore di Andy aveva appena finito di battere. Mi rialzai e feci apparire il mio macete, sentendo il suono di decine di passi dietro il portone principale. Si aprì lentamente.

Guarda che pensiero carino, ci hanno persino aperto la porta. Andiamo a ringraziarli?

«Facciamolo come Dio comanda, compagna

=)


«Dov'è Sans?»

«Non te lo dirò mai, maledetta!» Gli pestai la zampa, udendo il piacevole scricchiolio delle ossa che si fratturano in mille pezzi. Il cane ululò dal dolore.

Iniziò a balbettare, ma un altro urlo si levò. Una grossa cagna bianca, che credevo di aver già finito pochi secondi prima, distesa per terra a poca distanza dall'altro, gridò: «Chiudi quella fogna, Doggo! Chiudi quella-»

Statti zitta tu, Chihuahua troppo cresciuta.

Le spaccai la testa in due con il macete. Il sangue schizzò per tutto il salone.

«Nel sotterraneo, due piani sotto terra...! Ti prego non mi uccidere!» Strillò l'ultimo sopravvissuto.
Lo decapitai senza troppe cerimonie.

«Grazie dell'informazione, amico.»

Vai a sinistra, percorri tutto il corridoio. Le scale sono di là.

«Sei stata anche qui dentro?»

Certamente. Ora muoviti.

Non feci altre domande e seguii le sue indicazioni. Arrivarono altre guardie, ma non furono un problema: erano grosse, lente e impacciate tra di loro. Una di esse riuscì a rifilarmi un notevole pugno sul naso, ma anche quella diventò polvere come tutte le altre. Mi leccai il sangue che mi scendeva sotto le labbra, gustandolo come una bibita fresca all'arancia. Scesi le scale, saltando quattro gradini alla volta, fino alla meta indicata dal mio vecchio amico canino.

Dietro questa porta c'è il tuo fidanzatino, e potenzialmente anche Papyrus o WingDing. Pronta?

"Ucciderò chiunque sia lì dentro con lui" pensai, asciugandomi il liquido che mi gocciolava dal naso.

Con un calcio, la porta fece la stessa fine del cancello d'entrata. Alzai il macete, all'erta, ed entrai.
Sans era lì, per terra, ad una decina di metri da me. Era ridotto così male che il primo pensiero che mi venne in mente fu: "Santo cielo, avrei quasi preferito averlo trovato morto".

Tutto il suo corpo era incrinato, rotto, scheggiato. Il cranio presentava un abnorme buco dove riuscivo a scorgere l'interno della sua scatola cranica. Dalla camicia strappata intravedevo decine di costole rotte e sbriciolate; sembrava ciò che restava di una macabra bambola voodoo: decine di ossi appuntiti erano infilzati qua e là, nella mano destra, nell'occhio sinistro, nello sterno e in entrambi i piedi.
E il sangue. Era dappertutto e continuava a sgorgare come una fontana. I suoi vestiti ne erano inzuppati, ed anche quelli di Papyrus, che indossava un grembiule da lavoro un tempo forse stato nero, ma in quel momento color dei rubini.

Madre di Dio. Disse Chara.

Il bastardo infatti era di fianco allo scheletro più minuto, in piedi. Mi fissava, stupefatto, ma si ricompose subito.
Sans tirò su la testa, faticosamente, e mi vide. Delle lacrime gli solcarono il viso. Si protese verso di me, ma fu bloccato dalle catene che lo tenevano per il collo ed i polsi.

"Sono qui, stai tranquillo" pensai, facendogli un sorriso di triste ed insicuro incoraggiamento.
"Vengo a prenderti, Sans."

Resisti, Sans Gaster.

Presi per prima io la parola, rivolta a Papyrus, scandendo bene ciò che dicevo.

«Senti, carissimo pezzo di merda. Non mi sembri affatto un tipo intelligente che capisce quando è meglio levarsi dai coglioni, ma voglio darti una chance perché sono una stronza generosa. Spostati dalle palle ed allontanati da Sans, ORA!»

Lui non sembrò spaventarsi dal mio tono omicida, come avevo immaginato.
Per tutta risposta, imbracciò un mastodontico osso che poteva far una certa invidia ad un giocatore di baseball. Fece una risatina odiosa.

«Nye he he, hai carattere, troietta. Peccato che non abbia proprio intenzione di lasciare vivere né lui né te.»

«Ti farò piangere e urlare dal dolore, testa d'osso.» Sibilai, sentendo tutto l'odio e la rabbia uscire dal mio corpo e riversarsi fuori. Ora i maceti erano due, con le loro lame leggermente ricurve, saldi nelle mie mani. Digrignai i denti, come un mastino.

«Lo vedremo, donna.»

Con gesto del braccio, lo scheletro fece apparire delle ossa simili a quelle infilate in tutto il corpo di Sans intorno a me, circondandomi. Schioccò le dita, e queste si mossero tutte contemporaneamente.

Si balla, Frisk.

Le schivai tutte, oppure deviai la loro rotta con i maceti. Erano veloci, ma non abbastanza. L'ultima si diresse verso il mio viso, ma la bloccai di piatto con la lama. L'osso scomparve, incapace di scalfire la mia arma.

Lo scheletro si slanciò in avanti, mentre ero ancora alle prese con i suoi frammenti di magia, e roteò la sua clava ossea sopra la mia testa. La evitai facilmente, facendola sbattere contro il pavimento. Approfittai per direzionare il mio macete verso la sua testa, ma lui fu altrettanto agiato a spostarsi lontano dalla traiettoria della lama. Ci fermammo per mezzo secondo, poi balzammo nuovamente all'attacco.

Papyrus era veloce, ma impacciato dalla sua altezza, la quale mi creava non pochi problemi a colpirlo. Cercava continuamente di distogliere la mia attenzione dalla lotta, attraverso quei maledetti ossi che cercavano di beccarmi nei punti vitali: testa, petto e ghiandole linfatiche.

Frisk, attenta alla testa! Schiva a sinistra, abbassati!

Ma tanto Chara strillava avvertimenti, perciò riuscivo sempre ad evitare quei dardi. Ma stava diventando sempre più difficile schivare la sua clava, ero a corto di stamina ed i miei movimenti erano diventati sempre più ampliati in ordine di non morire con il cranio spaccato.

Frisk, fai dei movimenti più ordinati, non durerai un'altro minuto così!

"Grazie dell'aiuto, non potevo proprio capirlo da sola, guarda" pensai sarcastica, evitando per un soffio un osso vagante. Diedi un calcio sullo stinco a Papyrus, che indietreggiò e si allontanò.

Allora lascia fare a me. Hai fatto un lavoro splendido, Frisk.

Chara subentrò e gli saltò addosso, con i due maceti tesi avanti a lei. Si abbassò giusto in tempo per evitare la clava di Papyrus, che in quell'istante era scoperto da ogni difesa e scudo.

Un fendente gli tracciò una lunga linea sul petto, tagliò il tessuto e l'osso, ma non profondamente.
Il secondo macete invece andò a segno e recise le costole di netto, il sangue schizzò sulla mia faccia.

Ripresi il controllo del mio corpo.

Ancora prima che lo scheletro crollasse al suolo, era già morto. Lo avevo decapitato.
La sua testa cadde e rotolò fra le mie gambe, ma io la fermai con il piede e pigiai. L'osso si fratturò ed il cranio esplose in mille pezzi, con un rumore vetrato.

Mi precipitai da Sans, segando le catene che lo tenevano attaccato al muro pieno di spunzoni appuntiti. Lui cadde pesantemente tra le mie braccia, agonizzante e piangente, ed io lo strinsi a me, in ginocchio di fronte a lui.

«Frisk... Frisk...» Mormorava fra le lacrime, ripetendo il mio nome come se non credesse a quello che stesse succedendo.

«Sono qui, Sans. Eccomi.» Dissi io, quasi cullandolo. Sentivo i miei occhi bruciare, sul punto di far sgorgare tutte le lacrime che mi ero tenuta dentro. Stava per morire, ed io non potevo fare nulla per aiutarlo e consolarlo. Solo Hawa era capace di far guarire le persone. Io potevo solo ucciderle.

«Sei... stata un mito, Frisk... sei stata bravissima...» Alzó la mano insanguinata e la poggiò sul mio viso, sporcandomi del suo sangue. Gliela afferrai, stringendola. Le lacrime vennero fuori a fiumi, mischiandosi a quel liquido rosso.

«Non lasciarmi da sola...» Lo pregai scossa dai singhiozzi, aggrappandomi a lui e non accennando a staccarmi. Non volevo rimanere sola di nuovo, volevo che lui stesse con me come aveva fatto in quelle ultime ventiquattr'ore. Volevo stare in salotto a leggere con lui vicino, dormire nello stesso letto e svegliarmi tutte le mattine fra le sue braccia, fare una bevuta post-lavorativa e riportarlo a casa mezzo ubriaco...

Ma la vita di Sans terminava lì. Niente più litigi, niente più momenti dolci e imbarazzanti. Mai più.

«Mi dispiace... volevo dirti... quella cosa... Frisk...» Disse lui, facendomi un'ultima carezza sul viso per togliermi le lacrime invano. Continuavano a scendere ininterrottamente.
Si sarebbero mai fermate?

«Io ti amo, ti voglio troppo bene, perciò tu non devi andartene, non puoi lasciarmi qui, Sans...»





















«Sans?»

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