A Lovely Partner

Fu la morte di Don Findus la causa di tutti i guai.
Forse sarebbe più opportuno dire che la sua lunga vita da malavitoso era finita in modo consono ad un assassino del suo rango.
Se il vecchio bastardo fosse stato a guardare quel grande pasticcio, si sarebbe messo a ridere e avrebbe goduto della scena come la gente godeva dei film di Stanlio e Ollio.
Era l'unico che avrebbe potuto essere divertito da una situazione simile.

Fu Hans a darmi la notizia. Mi stavo giusto sistemando per uscire, quando il mio collega aveva aperto la porta senza bussare, come quel maleducato faceva sempre, e mi aveva riferito della "terribile sfortuna". Il sindaco era morto. Ero ancora mezza svestita, senza camicia e senza scarpe.
Chiesi, con un certo stupore, se qualcuno fosse finalmente riuscito ad accopparlo.

L'odioso biondino rispose che era morto per cause naturali, così aveva detto il medico che aveva fatto l'autopsia. Hans si strinse le spalle come per dire: "è la vita".

Pochi criminali avevano la fortuna di morire tranquillamente nel loro lettino, a casa loro, rompendo le scatole con le loro continue lagne. Le persone, ad Ebott City, crepavano nei modi peggiori. Accoltellate, soffocate nel sonno, sparate in ogni parte del corpo.
Per quelli come me, un proiettile nel cranio sarebbe stata una morte abbastanza semplice e per questo molto desiderata.

Tuttavia, il pensiero che quel vecchio avesse sofferto il dolore e la consapevolezza della vicinanza della morte mi rese improvvisamente allegra. Dopo ottantadue anni di morti a causa sua, era finita.

《Gli Italiani hanno chiesto la presenza di tutte le bande per decidere il da farsi. Hanno mandato una lettera e vogliono che partecipiamo all'incontro.》Disse Hans, mostrandomela.

Detti un'occhiata disinteressata e continuai a vestirmi, impaziente d'essere lasciata sola.

《E allora?》

《E allora, Frisk, tu andrai a parlare con i mangiaspaghetti.》

《Io non vado proprio da nessuno. Queste sono faccende di cui si deve occupare Annika ed io oggi sono occupata.》

《Cos'avrai mai da fare?》

《Ieri è morto un giornalista, l'hanno ammazzato per strada e l'hanno trovato stamattina. Rose mi ha chiamato, devo essere in centrale entro mezz'ora.》

《Beh, dille di non rompere le palle e di restare al suo posto, cioè tornare nel ruolo di assistente e segretaria.》

《Senti, io non prendo certo ordini da te-》

《Te lo ordina Annika, perciò adeguati di conseguenza.
È troppo pericoloso per andarci tutti, perciò se vai tu abbiamo la certezza che non ti fai uccidere. A dopo, Frisk.》

《Brutto bastardo...!》Ringhiai frustrata, dirigendomi verso di lui.

Ma Hans mi chiuse la porta in faccia, lasciandomi sola. Sbuffai e mi misi a cercare la cravatta. Mentre me la stringevo attorno al collo, lanciai un'occhiata alla lettera che il mio collega aveva appoggiato sul comodino prima di andarsene.
Con un sospiro irritato, l'afferrai e lessi il luogo e l'ora di incontro.

9:30 Equality Street 86, Ebott City

Buongiorno, Frisk.

Chara si era svegliata e la sua voce sonnolenta invase la mia mente, le diedi il buongiorno mentre mi pettinavo i miei capelli castani, rigorosamente a caschetto.

《Hai sentito che Findus è morto?》

...Ah. Mi sono persa qualcosa d'importante?

Feci un sorriso divertito.
《Ci siamo perse una bella chicca, compagna. Findus che muore terrorizzato come mai lo è stato in vita sua.》

Un peccato davvero, compagna.

《Già. Non puoi immaginare quanto mi stia sulle palle non essere stata io a portarlo all'inferno...ma fa niente.》

Sarà per un'altra volta, immagino. Ora ci rimane solo il figlio scemo, se non è già morto.

《Non darei per scontato quest'ultimo
fattore. Forse è migliorato dall'ultima volta che l'abbiamo visto.》

Le persone sceme restano sceme, al massimo peggiorano.

《Hai ragione, in effetti...》
Presi il ricevitore e chiamai il centralino.
La centralinista mi rispose quasi subito.

《Salve, come posso aiutarla?》

《Sono Frisk Nichols, vorrei contattare l'ufficio di polizia di Nyarang Town, grazie.》

La ragazza si spaventò al sentire il mio nome, ma non osò togliermi la linea.

《C-certo, provvedo subito!》Balbettò passando velocemente la mia chiamata al telefono dell'ufficio. Aspettai per una ventina di secondi che qualcuno si decidesse a rispondere, finché non sentii delle voci nel ricevitore.

《Pronto, Rose?》Chiesi, sperando di trovarla.

《No, sono Jack. Te la devo passare?》Disse la sottile voce maschile del mio sottoposto.

Come mai è lui a rispondere se il telefono è sulla scrivania di Rose?

Ignorai il commento di Chara e ci pensai un attimo.

《No, va bene. Dovresti venire qui a prendere dei documenti per portarli a lei.》

《Adesso?》

《Adesso.》 Confermai.
《Te li lascio sulla mia scrivania e... ah, dì a Rose che arrivo tra un'ora o forse più.》

《Ma lei ha bisogno ora.》

《Mi dispiace, mi hanno dato un'incarico.》A questa frase, lui sembrò fare una lunga pausa.

《...Okay, glielo riferisco.》

《A dopo.》

Di quale incarico stai parlando?

《Di questo.》Dissi indicando la busta.

Seriamente?

《Non ci posso fare niente, è Annika che lo ordina.》

Ma fanculo quella bionda, è il terzo in una settimana. Non il primo, non il secondo, il terzo, Dio pagano!

《Lo so.》

Frisk, sono stufa.

Feci spallucce, leggendo la lettera nell'inglese sgrammaticato degli Italiani. Dopo una vita vissuta negli Stati Uniti d'America, non avevano ancora imparato a scrivere gli articoli nel modo corretto.
《Non è così un problema. Devo solo arrivare in ufficio un po' in ritardo, purché non scateni una guerra.》

Allora cerchiamo di non scatenarne una oggi. Andiamo?

《Subito.》Risposi mettendomi portafoglio e documenti in tasca. Uscii chiudendo la porta e iniziai ad avventurarmi per i numerosi corridoi della casa. Mi rimanevano trenta minuti per arrivare in Maggiolina, il quartiere di Tommaso Rizzo.
Era una zona... particolare. Sarebbe stato impensabile per una persona normale andarci di notte o verso tarda sera. I ristoranti italiani chiudevano, e tutti i clienti ubriachi tiravano fuori le pistole.
Era un quartiere problematico, pieno di traffici di armi e di cocaina, ma soprattutto con uno numero di bordelli nettamente maggiore di qualsiasi altra zona della città, persino di più del quartiere colombiano. Persino più di Nyarang Town.

Alla fine del corridoio, arrivai alla porta di Annika Kalashnikov e bussai.
La donna russa mi aprì velocemente e mi chiese con il suo solito tono secco cosa volessi. Come sempre, mi ritrovai praticamente impietrita dai suoi occhi di ghiaccio che mi scrutavano dall'alto al basso, pronta a farmi prediche su qualcosa. Era snervante essere ai suoi ordini, per questo cercavo in tutti i modi di evitarla.

《Volevo solo chiarire che se Tommaso Rizzo ci chiedesse aiuto, rifiuterò categoricamente di alzare un solo dito per lui.》

《E c'era bisogno di venire a dirmi una cosa così ovvia?》Replicò freddamente lei, mentre la mia irritazione ricominciava a farsi strada dentro di me.

Stronza. Ringhiò Chara.

《Accumula più informazioni possibili sui loro piani in modo che potremo restarne fuori senza difficoltà. Nessun accordo, nessuna promessa. Gira intorno all'argomento se ti chiedono aiuto e di' loro di doverci pensare su, se non riguarda il nostro territorio è inutile discutere. Non uccidere nessuno.》Aggiunse chiudendomi la porta del suo ufficio in faccia.

Senza aspettare un secondo mi allontanai dal suo ufficio, sentendo la mia rabbia che ribolliva. Quando fui abbastanza distante, dissi a denti stretti:《Io uccido chi mi pare.》

Cosa non farei per farla morire.

Disse Chara, con un sospiro frustrato. Sbuffando come un treno, mi diressi verso la terrazza che dava sul cortile interno.
Da lì iniziava una fila di condomini di media altezza, di un colore tra il beige e il grigio.

Ma lì fuori, su una sedia per esterni, sedeva Mauricio Dos Santos, con un giornale tra le mani. L'uomo mi salutò con un cenno. I suoi capelli ricci, ora raccolti in un codino, erano cresciuti di dismisura. Con la sua solita camicia color sabbia ed i suoi soliti pantaloni marroni, leggeva il Quotidiano di Ebbott City.

《Perché sei qui?》Chiesi sorpresa dalla sua presenza. L'ultima volta che l'avevo visto era due mesi prima.

《Sono en ferie. Que tal, señorita?》

《Bien, gracias... Com'è andata con quella bambina?》Sembrò rabbuiarsi alla mia domanda.

《Non ce l'ha fatta.》Rispose con un tono malinconico.

《Mi dispiace.》Dissi semplicemente. Non era la prima volta che succedeva.

Ci mancano venti minuti.
Mi avvertì la ragazzina la cui anima si era fusa con la mia.

Sperai di avere tempo per fare colazione con un buon caffè napoletano e un cornetto al cioccolato, che mi aspettavano in una delle tante torrefazioni in Maggiolina.

Presi la rincorsa e mi lanciai dal balcone, sentendo il vento mattutino scompigliarmi i capelli. Mauricio ricominciò a leggere il suo giornale, con la foto dell'ormai defunto Findus in prima pagina.

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