Capitolo Quarto

Era notte fonda quando ebbero la possibilità uscire.

Non avevano molta scelta. Gli abitanti di Lamuna a malapena si ricordavano di loro, nonostante credessero fermamente nella loro promessa di protezione, inoltre mettere all'erta l'intero paese sarebbe stato rischioso.

Sapevano a cosa stavano andando incontro, Diantha li aveva avvisati che lui sarebbe tornato. Per questo motivo Wiha era uscito quel pomeriggio, ma dopo che non lo videro più tornare compresero che doveva essergli accaduto qualcosa.

Si erano organizzati nel migliore dei modi, facendo sì di avere la possibilità di liberare il loro capitano senza attirare troppo l'attenzione, né del villaggio, né tantomeno del loro nemico.

Conoscevano alla perfezione il castello e sapevano esattamente dove si trovavano le celle in cui molto probabilmente era stato imprigionato il loro compagno.

Lo scalpitare degli zoccoli parve quasi un rumore assordante nel silenzio della cittadina, ma fortunatamente, vista l'ora tarda, nessun abitante si azzardò ad affacciarsi alla finestra per vedere cosa stava accadendo.

«Sicuro sia lì?»

«Dove altro potrebbe essere? Non ci sono molti posti dove Maduit può tenerlo prigioniero.»

«Se è così allora dobbiamo sbrigarci.»

A quell'ultima frase Bered lo superò, allungandosi in avanti e poggiando le mani a terra come fossero zampe anteriori, mentre lui fu l'ultimo ad arrivare davanti alle mura bianche del castello, dal lato opposto all'entrata.

Erano usciti solo in tre, lasciando Isati nel loro rifugio, in attesa. Sapevano bene che era quella che ci teneva di più a Wiha, ma sapevano anche che era la più irruente del gruppo e, in quel momento, non era proprio il caso di farsi notare troppo.

«Nifasi, l'hai trovato?» domandò, il fiato un po' pesante per la galoppata.

La giovane ragazza dai capelli dorati e dalle ali piumate e candide, fece un cenno con la testa.

«È questa... – disse indicando una finestrella a grate, oltre cui aveva guardato poco prima – Dobbiamo... dobbiamo fare in fretta... Lui sta... sta...» le tremava la voce e non riusciva nemmeno a parlare.

L'immagine del corpo esanime e disidratato del loro capitano era ancora fin troppo vivida nel suo sguardo verde e quello che voleva significare la terrorizzava.

Sbatté un paio di volte le ali, poggiando poi i piedi nudi a terra.

A lei si avvicinò Bered, scostandola di lato e puntando il suo palmo della mano destra verso la finestra da lei indicata.

«Sthabdha!» disse a mezza voce.

A quell'incantesimo, le sbarre di metallo, che bloccavano la finestra, si congelarono. Solo in quel momento intervenne Alet, estraendo il suo mazzafrusto dalla cintura e colpendole con forza, mandandole così in frantumi.

La ragazza si risollevò in volo, tuffandosi dentro la cella e afferrando il capitano da sotto le ascelle per poi sollevarlo con un po' di fatica.

«Cielo... Wiha, come ti hanno ridotto...» disse a mezza voce Alet, quando vide il corpo privo di sensi e secco di quello che, prima di tutto era un amico e un compagno e poi il suo capitano.

Il colpo, però, attirò l'attenzione delle guardie dall'altro lato della cella, perché, in poco tempo, i tre iniziarono a sentir vociare in modo molto concitato.

«Andate! Portate il capitano via di qui. Appena li blocco vi raggiungo.» li incitò Bered, muovendo nervosamente una mano come volesse cacciarli.

Nifasi strinse tra le braccia il corpo del guerriero svenuto e si mise in groppa all'altro compagno, che le porse una mano, in modo che si potesse reggere.

Quando fu sicuro che entrambi fossero ben sistemati, Alet ripartì al galoppo.

«Se non torni tra dieci minuti ti vengo a cercare!» disse, prima di allontanarsi.

Bered rimase da solo, con la sua velocità avrebbe potuto anche fuggire e far sparire completamente le sue tracce, ma non voleva nemmeno che inseguissero anche i suoi compagni rischiando così di portare il nemico al loro rifugio. Quel rifugio che Diantha aveva scelto per loro.

Con un balzo si aggrappò alla sporgenza dell'unico varco che dava verso l'interno della cella, quello che avevano rotto poco prima. Si issò, facendo sporgere appena la testa e puntando lo sguardo azzurro ghiaccio verso l'interno.

«Maledizione, è sparito!» inveì una delle due guardie che erano appena entrate dentro, aprendo la porta per controllare il prigioniero che, ovviamente, non c'era più.

«Adesso chi glielo dice al sovrano?» domandò, quasi terrorizzato l'altro uomo.

In pochi secondi pensò a un modo per bloccarli e la soluzione più ovvia gli si parò davanti, nel mentre che i due discutevano ingenuamente dentro quella cella, non accorgendosi di ciò che stava succedendo attorno a loro.
«Bīgagaḷa!» pronunciò, puntando la mano verso l'apertura che separava la cella dal corridoio del castello.
«Ehi!» gridò una delle guardie, buttandosi verso la lastra di ghiaccio che li aveva appena chiusi dentro e prendendola a pugni, ma fu tutto inutile. Non solo il ghiaccio creato dai suoi incantesimi era il più resistente in assoluto, ma era anche molto spesso. Solo un potente incantesimo oscuro, o i poteri di Isati, potevano scioglierlo, perciò finché il finto sovrano non fosse sceso nelle segrete, nessuno si sarebbe accorto di loro.

«Tu!» inveì contro di lui l'altra guardia, notandolo e correndo nella direzione della finestra.

Bered si lasciò cadere e lanciò l'incantesimo anche a quell'apertura.

Dopodiché si mise a quattro zampe e cominciò a correre, allontanandosi da quel luogo.


Nel mentre gli altri tre guerrieri arrivarono ai piedi del monte Sabì. Giunti in quel luogo, Alet sollevò la mano verso il cielo.

«Tereda svarga!» disse e davanti a loro la roccia, che componeva quel mostruoso spettacolo della natura, cominciò a luccicare e sparire.

Attraversano la soglia di quella specie di grotta che si era creata e in un attimo furono nell'enorme cava che era il loro rifugio.

La giovane ragazza alata, senza aspettare nemmeno un secondo issò nuovamente il capitano, per poi lasciarlo andare in una piccola pozza d'acqua in un angolo della caverna.

Proprio in quel momento, da una zona nascosta arrivò una donna o meglio, sarebbe stata una donna se i suoi capelli fossero stati normali e non fiamme vive e rosse che scalpitavano e crepitavano come un piccolo falò acceso sulla sua testa.

«Ci siete riusciti? L'avete salvato?» domandò, il suo tono di voce altalenava tra il preoccupato e l'esigente, come volesse rimproverarli di qualcosa.

«Tranquilla Isati, siamo arrivati in tempo.» la rassicurò il centauro, scrollandosi dalla testa fino alla coda, nel tentativo di allentare la tensione.

«Ah sì? Allora per quale motivo non esce?!» domandò lei mettendosi le mani sui fianchi.

«Dagli un po' di tempo. In fin dei conti è stato fuori dall'acqua per parecchio tempo.» ribatté di nuovo lui.


Gli sembrò quasi di rigenerarsi pian piano. Una normale creatura poteva sentirsi a disagio percependo addosso la sensazione dell'acqua che avvolgeva il corpo, ma lui non era una creatura normale.

L'acqua era il suo elemento. Da tritone che era poteva tranquillamente respirare sia fuori che sott'acqua, ma non poteva starci lontano per troppo tempo, altrimenti si sarebbe disidratato, esattamente come era successo qualche ora prima. La respirazione, invece, era tutta un'altra questione. Quando stava all'aria aperta, respirava dalle narici e dalla bocca, come gli esseri umani o gli altri esseri viventi terreni, mentre nel momento in cui andava a fondo, un paio di branchie all'attaccatura delle orecchie, si aprivano, permettendogli così di respirare come facevano i pesci.

Attese parecchio tempo, prima di tornare a galla. La mancanza dell'acqua e la sensazione della sua pelle di nuovo umida, era stata quasi insostenibile e voleva riprendersi del tutto prima di affrontare i suoi compagni e soprattutto i doveri che aveva nei loro confronti come capitano della squadra.

Percepiva le loro voci concitate e preoccupate, parlare della sua situazione. Bered fu l'ultimo ad arrivare, a quanto aveva capito aveva rallentato i soldati di Maduit in modo che non li seguissero fino al loro nascondiglio.
Il bello di rimanere lì, nella sua polla d'acqua era proprio quello. Grazie ai canali sotterranei, lui riusciva a sentire tutto ciò che veniva detto all'interno della caverna, in qualsiasi angolo si trovasse la persona che voleva ascoltare. Una particolarità che non aveva, ancora, rivelato a nessuno dei suoi compagni. Non tanto perché non si fidasse di loro, anzi, avrebbe affidato a loro la sua stessa vita e sapeva che ognuno dei suoi compagni avrebbe fatto lo stesso. Non gliel'aveva detto, semplicemente perché non l'aveva ritenuto necessario e perché, comunque, tra di loro, non c'era mai stato nessun segreto, almeno non da quando erano diventati i famosi guerrieri leggendari.

«Seriamente, sto cominciando a preoccuparmi, ormai è là dentro da più di due ore.» sentì la voce ovattata di Isati.

Decise perciò che non aveva più nessun motivo per rimanere là sotto e far preoccupare a quel modo i suoi compagni. Con un paio di vigorosi colpi di coda, nuotò fino alla superficie per poi sbucare fuori, schizzando acqua un po' ovunque.

A quell'improvvisa comparsa, la guerriera del fuoco gridò, facendo un balzo all'indietro.

«Maledizione Wiha, stai tentando di uccidermi?!» protestò, controllando che i suoi capelli infuocati, fossero ancora accesi e scoppiettanti.

Lui sorrise divertito, senza dire però nulla, fu invece il giovane centauro a intervenire.

«È incredibile come tu riesca a passare dal preoccupato all'arrabbiato in dieci secondi netti.»

Lei, in risposta, tirò fuori la lingua, come fosse una bambina.

«Wiha, come ti senti?» domandò la ragazza alata, attirando l'attenzione su di sé.

«Molto meglio Nifasi, grazie.» la rassicurò il capitano, guardandola quasi con fare paterno.

La guerriera dell'aria, non solo era la più giovane del gruppo, ma era anche la nuova arrivata. Lei non aveva affrontato tutto ciò che era accaduto vent'anni prima, ma anzi era stata scelta quando il precedente guerriero che deteneva quel potere, era morto proprio durante quello scontro.

«Cosa è successo? Sei riuscito a parlare con il ragazzo?» questa volta fu Bered a intervenire.

Lui scosse la testa, affranto.

«Purtroppo no. I soldati mi hanno catturato prima che potessi anche solo avere un contatto con lui.» rispose, omettendo dove l'aveva trovato.

Certamente non era il momento di rivangare il passato, aveva già fatto l'errore di pensarci lì al fiume, portando così alla sua cattura, non ci sarebbe caduto di nuovo.

«Quindi adesso come agiamo?» chiese la giovane donna coi capelli fiammeggianti, incrociando le braccia al petto.

«Potremmo attendere che sia pronto.» commentò Alet.

«Attendere?! Non possiamo attendere! – intervenne nuovamente Isati – Prima o poi Maduit scoprirà tutto. Vi ricordo che ha pure lui la capacità di percepire un potere nascosto e quello del ragazzino è praticamente immenso.»

«Non puoi...»

«No... – intervenne il capitano, bloccando qualsiasi risposta di protesta – Isati ha ragione. Dobbiamo intervenire il prima possibile. Stanotte proverò a connettermi nuovamente con il bambino. Dovremmo prepararci ad accoglierlo, tra non più di un paio di giorni. Prima agiamo e meglio sarà.»

A quell'ultimo intervento, tacquero nuovamente tutti e nella caverna tornò il silenzio più assoluto, solo a quel punto si immerse nuovamente in acqua, isolandosi. Quando fu nuovamente nel suo mondo dalle sfumature azzurrine, fu sommerso non solo dal liquido, ma anche dai pensieri.

Ben presto avrebbe avuto a che fare con un ragazzino, un bambino molto più giovane di quanto lo era Nifasi quando si unì a loro. Un bambino che gli avrebbe ricordato ogni giorno per chi e per cosa stava lottando. Era quasi sicuro che quei sentimenti, li poteva provare solamente Bered che, come lui, nella sua vita precedente, aveva avuto una famiglia. Anche se le differenze tra la sua storia e quella del guerriero del ghiaccio erano parecchio evidenti.

Finalmente sono riuscita a presentarvi tutti e cinque i guerrieri, chissà se avete riconosciuto tutti i vari tipi e le razze, anche se ci saranno comunque altre occasioni per esaminarli per bene, sia nell'aspetto che nel carattere. Qui, in particolare, già scopriamo parecchi dettagli interessanti.

Io li adoro tutti, comunque, sono stati in assoluto le mie prime creazioni fantasy e ci tengo particolarmente, soprattutto per come appaiono di aspetto, perché quello (forse ancora più dei loro caratteri) l'ho studiato nei minimi dettagli per ognuno. 

Concludo ricordandovi di seguirmi sulla mia Pagina Facebook "Black Lady's Shadow" (dedicata solo alle mie originali), sul mio account Instagram dedicato alla scrittura, sempre "blackladyshadow" e sul forum "Time To Free" in cui chiunque può postare le loro original story e parlare di libri.

Grazie mille per aver letto questo capitolo.

Kiaretta

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