Capitolo Nono
La mattina successiva, Liam venne svegliato al sorgere del sole da Nifasi. Al contrario del solito, non si lamentò dell'orario così mattutino, aveva avuto un sonno parecchio agitato di cui ricordava solo qualche stralcio di sogni riguardanti suo padre e quell'uomo dallo sguardo glaciale che lo uccideva davanti ai suoi occhi. Era sicuro che non fossero andati proprio così i fatti, visto che lui aveva a malapena un anno a quel tempo, forse nemmeno, ma ritrovarsi nel suo presente insieme alla guerriera dell'aria che lo chiamava dolcemente, gli fece quasi tirare un sospiro di sollievo, nonostante sapesse bene che quel giorno sarebbe stato parecchio significativo e che era finito il momento di esercitarsi e giocare con il suo potere.
Si diede una sciacquata al volto, utilizzando la ciotola d'acqua che la donna alata gli aveva portato, proprio per quell'utilizzo; mentre lei lo osservava con quella sua espressione dolce e paziente. Indossò una delle camiciole che teneva al fondo del letto e, dopo averla tirata per bene, passandoci le mani sopra si rivolse alla ragazza.
«Sono pronto!»
Uscirono entrambi dalla loro zona, trovando tutti gli altri guerrieri svegli e in attesa. Sulla zona liscia vicino alla vasca di Wiha, vi era la colazione e notando le porzioni minime, Liam ne dedusse che era solo per lui. Si avvicinò lentamente al gruppo, mentre un assurdo e pesante silenzio regnava nell'intera grotta, e non gli era stato rivolto nemmeno un buongiorno. Si sedette sulla pietra, a gambe incrociate, afferrando un grappolo d'uva e cominciano a spizzicare un acino alla volta.
Fu Alet, dopo qualche minuto, a non resistere più a quella tensione e rompere così il silenzio.
«Sei riuscito ad avvisare Brianna? Tra quanto partiamo?» domandò, rivolgendosi al capitano.
«Sì, sta bene. Non le ho spiegato tutto, non ancora, non volevo allarmarla troppo prima che fosse qui al sicuro. Comunque le ho detto che saremmo passati in mattinata.» rispose il tritone alzando la mano e passandosela tra i capelli neri, bagnati come al solito.
Solo in quel momento, Liam si accorse che era l'unico dei guerrieri, che indossava già l'armatura. Era sicuro che, come quella che aveva visto parecchio tempo prima indosso ad Alet, gli copriva solo la parte superiore, ma aveva una tonalità completamente diversa: sembrava quasi fosse fatta di acqua limpida, ma forse era semplicemente il metallo azzurrino che rifletteva la polla in cui si trovava. Era rimasto un po' più del dovuto ad osservarlo, ne era sicuro, non solo perché sentiva la sensazione strana ai polpastrelli di tenere il chicco d'uva da troppo tempo rispetto al normale, ma anche perché lui gli sorrise.
«Avrai anche tu la tua armatura oggi.» disse con tono calmo, quasi affettuoso.
«Oh sì! – esclamò Alet – Abbiamo forgiato tutto il tuo equipaggiamento. Devi sapere che sfruttando i nostri poteri abbiamo parecchi talenti anche noi.» concluse, regalandogli un occhiolino, mentre il suo sguardo s'illuminava, incrociando uno ad uno i volti sorridenti di quelli che ormai da tempo poteva definire i suoi compagni. Era come se, finalmente, l'atmosfera si fosse allentata, tornando leggermente più gioiosa.
Mentre il ragazzino finiva la sua colazione, gli altri si ritiravano nelle loro zone, uscendone poco dopo ognuno con la propria armatura addosso, notando che alla fine dei conti, tutti avevano solo la parte superiore ben strutturata.
Quella di Alet era l'unica che già conosceva, di un caldo color bronzo, anche se era sicuro fosse molto più resistente. Anche quella di Isati, probabilmente, era dello stesso metallo, ma per merito delle fiamme che aveva al posto dei capelli, sembrava emettere essa stessa delle lingue di fuoco; la sua arma, era una frusta, fissata alla cinta di cuoio dei pantaloni.
Infine vi erano le armature di Bered e Nifasi, fatte di un materiale che non aveva mai visto, sicuramente era metallo, ma era di un'anormale colore bianco latte, che riluceva appena, forse era stato solamente dipinto, eppure qualcosa gli diceva che non era così. Le loro armi erano un boomerang per il mezzo lupo e una fionda per la ragazza alata, entrambe appuntate alla cintura del proprio possessore.
Quando tutti furono pronti ed anche Wiha ebbe recuperato il suo arco azzurrino ed una faretra carica di frecce, entrambi tenuti in spalla, fu il suo turno.
Dovette trattenersi dal saltellare dall'eccitazione, come quando aspettava il regalo da parte di sua madre per il compleanno, anzi forse il batticuore che sentiva in quel momento era decisamente più emozionante rispetto all'attesa di quel momento. Strinse i pugni, nel tentativo di mostrarsi più serio e in qualche modo meno infantile, mentre Nifasi e Alet, portavano il suo equipaggiamento.
La ragazza aveva un'armatura della sua taglia, di un abbagliante colore ocra, quasi dorato, ma leggermente più opaco; mentre il centauro aveva in mano quella che aveva tutta l'aria di essere una spada, anch'essa perfettamente adatta alla sua età e alla sua altezza.
Lo aiutarono ad indossare tutto l'armamento, chiudendogli bene le cerniere laterali e fissandogliele, il tutto mentre lui li osservava con attenzione cercando di imparare, per poterlo così fare da solo la volta successiva che si sarebbe dovuto preparare per una missione. Dopodiché gli fissarono il fodero con la spada sulla schiena, sostenuto da una cinghia in cuoio chiaro, che sembrava quasi confondersi col colore dell'armatura.
«Prova a prendere la spada.» gli suggerì Wiha, mentre lui ancora si stava ammirando, con gli occhi che quasi brillavano di quella luce magica che aveva imparato ad usare.
Allungò la mano destra verso la schiena, percependo subito il pomolo dell'elsa, dopodiché avvolse le dita sull'impugnatura e con uno strattone la estrasse, facendola sibilare leggermente. Quando la ebbe davanti rimase a fissarla per parecchio tempo, con lo stesso sguardo ammirato che aveva rivolto all'armamento. Sembrava una normalissima spada, come quelle che immaginava al posto dei bastoni quando giocava con Drake e i suoi amici, ma era quasi luminescente e sembrava emanare leggeri bagliori dorati. Passo le dita della mano sinistra sulla lama, stando attento a stare lontano dal filo, cercando di seguire quelle venature che si muovevano in continuazione come scie dorate.
«Ogni arma è intrisa del potere di Diantha, in modo che possa catalizzare i nostri poteri. Quei bagliori che vedi sono la manifestazione della tua luce, che viene assorbita dalla spada attraverso la gemma viola di Diantha sul pomolo.» spiegò Isati, incrociando le braccia al petto. Solo in quel momento, il ragazzino si accorse della particolarità del pomolo della sua arma, una piccola gemma viola, opaca e perfettamente levigata.
«Bene, direi che siamo pronti. – disse Wiha con tono duro, interrompendo quel suo momento di completa ammirazione. Tutti i guerrieri si voltarono verso il loro capitano, attendendo le istruzioni. – Faremo il più in fretta possibile, nessuna distrazione. Alet e Nifasi passeranno dalla via principale, mentre Bered e Isati, faranno il giro da dietro il villaggio. Io terrò sotto controllo la via dalle acque del Seraph, mentre tu Liam dovrai rimanere qui.»
«Cosa? No! Voglio venire anch'io!» protestò il ragazzino.
«Non fraintendere le mie parole Liam, non ti sto dando il ruolo meno pericoloso, abbiamo bisogno che qualcuno rimanga a guardia di questo posto e se Maduit ti vedesse al villaggio il nostro unico elemento sorpresa sfumerebbe.» spiegò il tritone, il suo sguardo era duro, serio, ma allo stesso tempo talmente carismatico da non dare alcuna possibilità al ragazzino di resistere al suo volere.
«E va bene...» sospirò e subito dopo quel suo consenso, in pochi secondi, si allontanarono tutti dalla grotta.
Anche lui uscì fuori, appostandosi davanti alla montagna nel punto esatto dove, pronunciando la formula, si sarebbe aperto l'ingresso.
Rimase per parecchio tempo sull'attenti, all'erta. Saltando ad ogni minimo rumore della vegetazione e della fauna che lo circondava, scoprendo che poi era semplicemente il vento che muoveva le foglie degli alberi, o qualche animale selvatico che zampettava tra i cespugli.
Man mano che il tempo passava, però, cominciava ad abituarsi a quei rumori e quella stessa brezza che faceva vibrare le fronde cominciò a cullarlo. Nemmeno se ne accorse, quando, sentendo improvvisamente le palpebre pesanti, scivolò verso il basso, sedendosi sul terreno, con la schiena poggiata contro la roccia del monte.
Non sapeva con esattezza quanto fosse passato, ma ad un certo punto, nel bel mezzo di quello stato di dormiveglia, sentì un vociare indistinto. Lentamente aprì gli occhi verdi e la luce intensa del sole lo costrinse a tenerli socchiusi ancora per un po'.
«Ehi, credo di averlo trovato!» esclamò qualcuno.
«Chi... chi sei?» domandò il ragazzino con la voce impastata dal sonno.
L'uomo però si era avvicinato senza rispondere, e poco dopo fu raggiunto da altri due.
Quando finalmente Liam riuscì a rimettere a fuoco ciò che lo circondava, si rese subito conto che quelli non erano sicuramente alleati. I loro occhi erano opachi, come spenti, mentre le armature nere rilucevano di una strana luce al sole. Si tirò subito su, estraendo la spada, ma quelli furono più veloci di lui e lo accerchiarono, disarmandolo con un paio di colpi serrati che lui, non avendo mai tirato di scherma seriamente, non aveva nemmeno potuto prevedere.
L'arma dalle striature dorate cadde a terra con un sonoro clangore, mentre uno degli uomini afferrava il ragazzino dalla vita, tirandolo su, mentre lui scalpitava muovendo braccia e gambe nel disperato tentativo di liberarsi.
«Lasciami, lasciami... Maledetto lasciami andare!» gridava.
«Che ne facciamo della spada?» chiese uno dei due che erano rimasti a mani vuote.
«Prendetela, portiamo anche quella al sovrano.» rispose quello che lo teneva in braccio, scuotendolo leggermente nel tentativo di farlo stare zitto.
L'uomo avvicinò la mano all'elsa della spada, ma appena la sfiorò, la ritrasse seduta stante, con un grido, come se si fosse scottato.
«Che succede?» domandò confuso l'altro di fianco a lui.
«È incandescente, non so come potesse tenerla il bambino, ma non la si può prendere.» protestò l'uomo in armatura.
«Va bene, lasciatela lì. Portiamo solo il ragazzino. Muovetevi.»
Liam continuò a gridare, fino quasi a perdere la voce, mentre si allontanavano dal monte Sabì.
Non so con esattezza quale sia stato il motivo: forse semplicemente per il fatto che questo intero capitolo, nella mia vecchia storia (quella cosa oscena scritta a dieci/undici anni) erano a malapena tre quattro righe scritte alla veloce. Sta di fatto che ho dovuto metterci tutto il mio impegno per scrivere questo capitolo, ed è stata una fatica immensa.
Perciò spero davvero che vi sia piaciuto, anche se non dice molto di trama ed è più descritto. Avete la mia parola, però, che dal prossimo capitolo, finalmente, ci sarà un po' di azione.
Concludo ricordandovi di seguirmi sulla mia Pagina Facebook "Black Lady's Shadow" (dedicata solo alle mie originali), sul mio account Instagram dedicato alla scrittura, sempre "blackladyshadow" e sul forum "Time To Free" in cui chiunque può postare le loro original story e parlare di libri.
Grazie mille per aver letto questo capitolo.
Kiaretta
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top