8|Birmingham non è Risskov

Dal primo momento in cui Grace aveva messo piede fuori dall'ospedale una domanda le era sorta spontanea: perché i suoi le avevano fatto credere di essere in Danimarca?

L'Ospedale psichiatrico di Risskov, avevano detto.

Eppure il grande cartello blu della metropolitana con scritto sotto, a caratteri abbastanza grandi da esserne sicuri, Birmingham, diceva il contrario.

Mentre correva a perdifiato per le strade senza una meta precisa, osservava la grande città prendere vita sotto i suoi occhi inesperti.

Nonostante le facessero male i polpacci per lo sforzo a cui non era abituata, nonostante l'inesperienza l'avesse fatta respirare dalla bocca e non dal naso, risultando quindi doppiamente faticoso resistere e continuare, lei correva comunque.

Sentiva il rumore dei suoi passi dentro le orecchie, insinuarsi dentro la sua testa.

Corse anche quando le sembrò di vedere il Dr. Scott, corse anche quando le sembrò di morire.

Solo dopo aver percorso un bel pezzo di strada ed essersi assicurata che nessuno la seguisse iniziò a camminare, seppur velocemente. Il fiatone le scuoteva il petto.

Per la prima volta da quando ne aveva memoria, osservava delle case, dei centri commerciali e dei saloni di bellezza. Guardava con occhi di chi ha riacquistato la vista dopo anni di cecità la carta da parati colorata, i muri decorati da artisti esperti e l'interno dei cafè o dei bar.

E un occhio come il suo, non abituato a tante cose insieme, si chiedeva se fosse reale.

Per anni aveva vissuto rinchiusa in quell'ospedale senza finestre, circondata dall'asettico e dal bianco. Non c'era nessun accenno al mondo al di fuori, e nemmeno Sam gliene aveva mai parlato.

E mentre in quella città la vita continuava frenetica com'era sempre stata, quella di Grace si era appena sconvolta nel giro di pochi minuti.

Le persone camminavano vicino a lei tranquillamente, inconsce di avere vicino una paziente di un ospedale psichiatrico che era appena scappata.

Grace osservava tutti, indipendentemente da chi fossero. Erano un sacco di persone, tutte amalgamate con le loro diversità in una metropoli comune.

C'era chi, vicino ai cartelli o posteggiato all'entrata di un negozio, distribuiva fogli pubblicizzando feste o eventi, con indosso degli stracci vecchi probabilmente di anni e un sorriso finto stampato in faccia.

C'erano studentesse che si muovevano a zig-zag tra la folla per riuscire ad arrivare in tempo a lezione.

Grace avrebbe voluto tanto completare gli studi una volta uscita da quella struttura, ma la permanenza all'ospedale si era protratta per molto tempo e lei non aveva potuto farci niente. I primi anni era stata istruita privatamente, fino a raggiungere una buona preparazione ma non perfetta.

E Grace odiava non poter disobbedire alle scelte che le imponevano.

Scacciò quel pensiero dalla mente, cercando di concentrarsi in altro, non volendo portare a galla quei ricordi.

Andò a sbattere con qualcuno vestito di tutto punto che non la guardò nemmeno. Passeggiava a testa bassa, attaccato al cellulare senza badare alla strada o al fatto che avesse iniziato a piovigginare. Solo quando una piccola, misera, goccia caduta dal cielo oscurato dalle nuvole cadde sullo schermo abbagliante del suo dispositivo, alzò la testa in su, quasi spaventato da un po' d'acqua.

Grace si sentì come quell'uomo.

Era spaventata da una goccia che senza preavviso le era caduta in mano. Tutte le certezze con cui, in quegli anni di prigionia forzata che mai le erano sembrati tanti come in quel momento, aveva costruito fortezze alte e forti, erano crollate a terra.

Sbriciolate come sabbia bianca in una giornata d'estate. E i rimasugli erano stati portati via da una raffica di vento. Grace era rimasta in balia di tutte quelle emozioni senza essere capace di reagire, di pensare.

Ancora non ci credeva.

Vedere il Dr. Scott, l'uomo in cui aveva riposto la sua fiducia per anni, l'aveva tradita.

Grace non capiva perché l'avesse fatto; aveva lei, e questo avrebbe dovuto bastargli.

Aveva la dolce, piccola, Grace Langford.

Sentì una voce che annunciava gli orari del treno, e fu costretta a fermarsi per captare da dove venisse. Cercò di seguirla in quel labirinto umano che si ritrovava di fronte, mentre un'idea si faceva largo nella sua mente.

La Birmingham New Street si ergeva davanti a lei con tutta la sua imponenza. Era una struttura possente, dalle linee sinuose che si amalgamavano perfettamente con il cielo che ormai aveva preso un colore quasi bluastro.

Grace si accorse solo in quel momento di essersi bagnata completamente. Troppo presa dai suoi pensieri si era lasciata cadere, una alla volta, migliaia di piccole gocce d'acqua. Si sentì stanca mentre a passi lenti raggiungeva l'interno della stazione, e mentre arrancava verso le sedie posizionate al centro.

Solo in quell'istante realizzò di non avere del denaro con sé.

Si diede della stupida per aver pensato di potersene andare. Senza rendersene conto, piccole gocce di acqua salata iniziarono il loro esodo dai suoi occhi fino a percorrerle il volto che aveva raggiunto un colore quasi diafano.

Non piangere, Grace, si disse.

Stava piangendo per cose senza importanza e lei non era una persona debole.

Alzò un braccio per togliersi le lacrime, quando pensò a qualcosa. Chiuse gli occhi e li riaprì, prese la maglia bianca che indossava e la tirò fuori per metà dalla gonna e si scompigliò i capelli.

Guardò attentamente tutti i passanti che le erano davanti. Scartò subito gli uomini adulti e i ragazzini, concentrandosi sulle donne. Trovò una potenziale vittima che stava donando dei soldi a un barbone e aspettò.

Era una signora sulla sessantina forse, con un copro magro e dall'aspetto cagionevole. Portava un eccesso di strati a coprirla, anche se a vederla sembrava del tutto tranquilla.

Grace aveva una misera maglia adatta solo al caldo avvolgente dell'ospedale, nulla in confronto a cosa portava la donna.

Tirò sul con il naso, iniziando a camminare verso la donna. Le arrivò davanti di colpo, per essere più credibile. La faccia della signora assunse un'espressione preoccupata quando vide la ragazza piangere disperata.

"S-scusi se la disturbo ma mi hanno appena derubata, devo tornare a casa prima... prima che mettano mano sulla carta e non ho i sodi. La prego..."

Rimase in silenzio, sperando con tutte le sue forze che fosse lei a parlare.

Gli occhi di un marrone caldo e avvolgente la studiarono, prendendo una piega allarmata. La donna le mise una mano sulla spalla e Grace dovette sforzarsi per non toglierla in modo brusco.

"Certo, cara. Vuoi che ti porti dalla polizia?" le chiese, seriamente preoccupata.

"No. Io... devo solo tornare a casa. Solo i soldi del biglietto..."

La donna si fermò.

Grace pregò in silenzio.

Doveva funzionare.

-

In poco meno di mezz'ora era comodamente seduta sul sedile del treno, con il riscaldamento ad asciugarle i vestiti umidi e un sorriso colmo di colpa dipinto sul volto.

Mettendo la mano nella tasca della gonna sentì qualcosa.

Pastiglie.

Le pastiglie che da anni il Dr. Scott le prescriveva. Pensò che, data la patologia di cui era afflitta, dovesse prenderle.

L'idea che le avesse mentito anche su quello le sfiorò la mente.

Ma perché avrebbe dovuto farlo?

Non ne avrebbe avuto motivo.

Si sentì invadere dalla tristezza e dai ricordi di quegli occhi magnetici, la barba ispida e il sorriso perfettamente bianco che le riservava.

"Vieni, tesoro, sei bella come Alice in un paese di matti"

Sorrise istintivamente. Lo diceva sempre.

Bella come Alice.

Peccato che lui non era altro che lo Stregatto che l'aveva ingannata dal primo giorno.

Senza che se ne rendesse conto, le buttò via, lasciandosi trascinare dalla stanchezza accumulata e sperando di svegliarsi, proprio come Alice, sotto l'ombra di un albero, senza che fosse successo nulla.

N/A

Allooooooooooooooooora

È un capitolo un po' di passaggio, ma necessario perché il prossimo sarà colmo di eventi che lasceranno Grace sconvolta e la sottoscritta divertita.

Quindi, spero che il capitolo sia stato leggere e non noioso!

E, volevo chiedervi: notate che le frasi del cast si stanno via via palesa do tra i capitoli?

A presto,
Neb

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