13|Uccidimi
Non urlare, Jane.
Se lo era ripetuto così tante volte nella testa che a momenti avrebbe lasciato che quel pensiero sfuggisse dalla sua mente e raggiungesse le sue labbra, ancora chiuse a sigillare l’urlo che non aveva emesso.
La donna, ancora di fronte a lei, non si muoveva. Sembrava che il tempo si fosse fermato di colpo per poter permettere a Jane di osservarla nei minimi dettagli.
Il viso magro era tendente verso il basso, spigoloso e pallido. Sembrava quasi non respirasse, da quanto la sua figura era immobile. Gli occhi a mandorla erano fissi su di lei, e in qualche modo a Jane sembrò familiare. Come se l’avesse già vista, come se quegli stessi occhi, gli occhi della notte più buia, l’avessero già guardata così.
La ragazza esaminò ogni suo lineamento, dal naso piccolo e lungo alla bocca ridotta a una linea dura. Notò che, per un momento, la donna aveva alzato l’angolo del labbro superiore, esprimendosi in un ghigno spaventoso.
Non osava muoversi, spaventata da una sua possibile reazione.
Sentì il rumore che emise il rivolo di vento che le passò sul viso, accarezzandola e sussurrandole che la Morte era arrivata a farle visita. Jane rimase ammaliata dalla delicatezza mortale che traspariva da quella figura. I lunghi capelli neri rilucevano come il corpo di un serpente onice. Il corpo slanciato si stagliava in mezzo a tutte quelle macerie, mentre Il lungo cappotto nero che indossava sembrava raccoglierla e proteggerla.
O proteggere gli altri da lei.
Formulare quel pensiero provocò a Jane una serie di piccoli brividi che le si sparsero sull’epidermide. La donna era ancora lì, immobile e racchiusa in quell’odore di morte che le pizzicava le narici. Jane chiuse gli occhi e li riaprì, ma la sua figura non andò via.
“Non sei reale.” Se lo ripeté, convinta che fosse un subdolo gioco della sua mente. Non è reale. Non poteva esserlo.
Ma lei era ancora lì.
E stava camminando verso di lei. Piano, un passo avanti all’altro, lasciandosi dietro un muto silenzio. Jane non riuscì a muoversi. I piedi piantati a terra, incapaci di rispondere a quell’urlo disperato che Jane non riusciva a pronunciare.
Scappa.
Corri, Jane. Prima che ti uccida.
Ma, anche provandoci con tutta se stessa, le sue gambe non decidevano a ubbidire.
Nemmeno quando le arrivò a un palmo dal naso. Nemmeno quando sollevò vicino a lei l’arma bianca.
Stretta dall’impugnatura a due mani, composta da fili di corda bianca intrecciati fra loro in un motivo geometrico, scorse un rilievo dorato, un drago avvolto su se stesso e minuziosamente impreziosito da squame che portavano gemme rilucenti di un riflesso vermiglio. La dolce sinuosità della lama luccicante di ferro acciaioso piegata a pochi millimetri dal suo volto. Poté quasi sentire la freddezza che emanava. Ai lati dell’impugnatura, ghirigori neri e circolari si intrecciavano fra loro, rincorrendosi e incontrandosi a ogni curva, terminando poi nell’appoggiarsi alla lama, in un lento e delicato tentativo di soffocarla.
Jane sentì il respiro della donna arrivarle addosso, e nel guardarla dritta in faccia notò quelle sporadiche efelidi che le ricoprivano il viso. Quei puntini che sembravano spruzzi di sangue invecchiato nel tempo. Erano così vicine da potersi toccare, sfiorare in qualche modo quello che le sembrava quasi proibito, un peccato che segnava la sua morte.
La guardò negli occhi. Erano neri, oscurati da un peccato che bramava sangue colpevole. Il suo sangue. Riuscì a percepire su di sé tutto l’odio che traspariva da quei pozzi scuri. Un odio viscerale, ancestrale, un odio che si prolungava da anni e che non sarebbe mai cessato fino a che lei non fosse morta per mano sua, fino a che lei non l’avesse uccisa una dannata volta.
Jane sentì il suo sguardo percorrerle il viso scheletrico, seguirne le linee e scavarle dentro in cerca di una qualsiasi emozione.
Non le troverai.
“Sono vuota.”
Jane accolse quel dolce sussurro a occhi chiusi, quella vera e unica verità che era uscito dalle sue labbra, sfuggita al suo controllo.
Sono un involucro vuoto che contiene una farfalla dalle ali spezzate.
Che senso aveva vivere una vita se si è lo spettro di se stessi?
Cosa la teneva ancorata alla vita?
“Uccidimi.”
Sapeva che lo avrebbe fatto. Non le importava più nulla, né dei suoi genitori e né della sua vita, voleva solo mettere la parola fine. Fine a quella vita che non aveva mai iniziato, fine a quella sua esistenza inutile. Respirò un’ultima volta, aprendo gli occhi per guardare in faccia la Morte.
Avanti, fallo.
Uccidi una ragazza che non ha avuto nulla e che non si aspetta nulla, uccidi una bambina che ha vissuto nell’oblio e nei cancelli di un orfanotrofio. Non l’aveva voluta nessuno prima, perché avrebbero dovuto volerla ora?
Era insignificante.
Uccidimi.
La pregò, perché tutto ciò che voleva era non sentirsi così sola, così vuota e incolmabile.
Ma la donna non si mosse.
“Uccidimi” ora la voce era più alta, in un disperato tentativo di aggrapparsi all’unica consapevolezza che aveva. Lei l’avrebbe uccisa. “Ti prego…”
Alzò il braccio piano e cercò di afferrarle la mano ma, nel toccarla, lo sentì. Arrivò come il rivolo di vento che l’aveva sfiorata poco tempo prima, debole e delicato, solo che portava il nome del ricordo.
Si ritrovò immersa nel buio più totale.
In tutto quell’ammasso di oscurità non v’era alcun segno di rumore. Era tutto immerso in una bolla di silenzio opprimente. Davanti a sé una camera che le portò uno strano senso di malinconia.
Jane percorse con lo sguardo i numerosi cuscini che sembravano proteggere una piccola creatura immersa nella coltre di coperte. Il letto matrimoniale non faceva che accentuare la sua piccolezza in mezzo a quella stanza enorme in cui si trovava.
Stretto tra le braccia stringeva un piccolo peluche a forma di orso su cui affondava il viso che, per questo, a Jane rimaneva nascosto. Rimase ferma a guardarla, come rapita da quella bambina che non sapeva il perché la attirava. Era qualcosa che emanava, come se avesse un particolare da cui Jane non riusciva a staccare gli occhi, rapita e ammaliata. E forse fu il suo viso nascosto e sconosciuto a spingerla a muovere un passo verso quella minuta creatura, ma Jane si ritrovò subito dopo accanto a lei.
Sentì un rumore ovattato che bastò a farle gelare il sangue. Si voltò di colpo, gli occhi spalancati a incontrare quella scia d’ombra che sembrava essere appena entrata. Era quella donna. Era immobile, ai piedi del letto guardava la piccola dormire beatamente. Jane non si mosse, ma ebbe la sensazione che lei non la vedesse, invisibile e spettatrice di ciò che stava succedendo.
Si avvicinò alla bambina per proteggerla, ma lei non batté ciglio.
Jane fissò per un tempo indefinito la figura imponente della donna, cercando di captare una sua mossa, di indovinare le sue intenzioni. E poi lo vide. Vide il liquido scarlatto che dalla lama di quella katana scendeva lentamente fino alla punta e poi si raccoglieva per un attimo, prima di cadere inesorabile in una goccia che racchiudeva l’urlo della vittima a cui aveva strappato la vita.
E solo in quel momento notò la striscia di sangue che aveva formato un lungo percorso dietro alla figura della donna. Smise di respirare.
Cercò con lo sguardo la bambina e vide i suoi occhi.
Le mancò un battito.
Non poteva essere vero.
Jane sentì la testa più leggera, la gola secca e quel groppo in gola che le graffiava le pareti dell’esofago. Le gambe sembravano non riuscire a sopportare tutto quel peso e si riconobbe. Si sentì morire, come se l’avessero pugnalata più e più volte allo stomaco.
Come se le avessero preso tutto l’ossigeno in corpo, racchiudendolo in una bolla che lei guardava mentre cadeva a terra, esanime.
Come se la Morte in persona le avesse riservato il dono più prezioso, il suo tocco caldo prima di portarla via dalla vita.
Erano i suoi occhi.
Era lei.
Quella bambina era lei.
Jane si svegliò d’improvviso. Riprese fiato con il petto che le bruciava, le costole che sembravano essersi spezzate, come se fosse appena annegata in quell’intricato ricordo che la sua mente le aveva cucito davanti. Non era possibile. Il passato l’aveva strappata dalla realtà, accogliendola nelle sue spire per poi stringerla fino a farla soffocare. Aveva rivissuto un momento che aveva completamente rimosso, un ricordo di cui non aveva mai avuto il sapore. Qualcosa che aveva cercato di tenere a sé. Perché era lei, per quanto fosse stato spaventoso era un pezzo di lei. E Jane non aveva potuto fare nulla, rimanendo vittima di una realtà che le si era posata addosso come un velo scuro e pesante, che le impediva di respirare.
Ancora tremante, cercò di mettersi seduta. Quando cercò di alzarsi, una stilettata di dolore alla guancia la portò a ingoiare un grido.
Alzò lentamente una mano, paurosa di cosa avrebbe potuto trovare. Sfiorò lo zigomo, quasi fosse fatta di vetro, andando a incontrare il liquido che percepiva scenderle dal volto. Sentì il calore propagarsi fino all’incavo del collo. Tra le dita s’appoggiava piano, il sangue, seguendo i solchi della pelle e scivolando fra le nocche sporgenti. Lo guardò percorrerle l’epidermide, disegnare percorsi immaginari e cadere a terra come era caduta la goccia della lama di quella donna. Sentì le lacrime arrivare piano, inaspettate. Le accolse, lasciando che le solcassero il volto smunto e pallido, lasciando che le scavassero dentro e che riportarono a galla uno dei tanti pezzi in cui era spaccata.
Uno dei tanti pezzi nascosti chissà dove, nella sua mente, e di cui aveva trovato solo un coccio.
Uno dei tanti che componevano un puzzle che ancora doveva scoprire.
E lo sussurrò ancora una volta, perché il pensiero che la donna l’avesse risparmiata per l’ultima volta non sembrava andarsene via.
“Uccidimi.”
N/A
Se sono riuscita a pubblicare vuol dire che sono wonder woman.
Dunque, andiamo al capitolo.
Non ne sono pienamente convinta, vi dico la verità. Almeno però quella sfigatella di Jane inizia ad avere problemi, che per me era fin troppo tranquilla la situazione.
Giusto, Jane? Non ti dispiace fare amicizia con l'Umbrae Donum, vero?
Mhm, qualcosa mi dice di no xD
Detto questo: parliamo del personaggio già conosciuto nel prologo? *-*
Non ce la posso fa', io la amo. Tranquilli che tornerà, non è scomparsa per sempre.
Nessuno scompare per sempre in questa storia, tranne i morti. Ma sanno sempre come comparire, state tranquilli
Nel prossimo capitolo abbiamo una Grace un po'... aggressiva?
(un grazie speciale a Selethit-Vyra che ha corretto il capitolo a quest'ora. Love you u.u)
A presto,
Neb
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