✨55. La nuova routine

E così il fidanzamento era stato tacitamente suggellato e il segreto mantenuto, almeno in apparenza. Il resto della famiglia fu messo al corrente del passaggio di testimone che Jaqueline avrebbe dato a Isabelle, cedendole temporaneamente l'incarico di educatrice nella famiglia Gaumont. I preparativi al suo trasferimento furono fatti, mantenendo il riserbo sulle reali ragioni dello spostamento, mente Jules in prima persona si rivolse all'istituto femminile per la sua richiesta.

Assumere una ragazza del lower district era possibile, ma solo per chi apparteneva a un rango superiore. Avveniva frequentemente che la classe borghese avanzasse una simile richiesta, poiché i Dominers avevano diritto alla servitù, garantita dal loro status, mentre gli appartenenti al Middle district dovevano, se desideravano fruire di tale servizio, farlo a proprie spese. Le giovani potevano scegliere di accettare o meno tali proposte di lavoro, unicamente per i tre anni che le separavano dal loro destino. Parte del loro stipendio veniva trattenuta dall'istituto, ma una buona percentuale rimaneva a loro disposizione per le frivole spese che non erano mai state loro concesse. Tante giovani, allettate all'idea di poter avere per la prima volta del denaro da spendere, accettavano. L'istituto vedeva in tali occupazioni una sorta di preparazione pratica al ruolo che in futuro le ragazze avrebbero svolto, oltre a un ulteriore introito che andava ad aggiungersi ai sussidi statali e ai vari finanziamenti, ed era quindi solitamente ben disposto ad accettare.

Quanto alla richiesta del signor Gaumont, essa si diversificava da tutte le precedenti per l'occupazione che veniva offerta alla signorina in questione. Nessuno mai, infatti, aveva desiderato assumere una giovane del Lower district come istitutrice. Furono necessarie una buona dose di argomentazioni sulla preparazione di Isabelle nonché, soprattutto, la garanzia di introiti economici sufficientemente sostanziosi per l'istituto, per portare ad un accordo favorevole per entrambe le parti. E così, alla fine, Isabelle fu ufficialmente assunta da Mr Gaumont, come insegnante per due delle sue sorelle minori. La notizia fece non poco scalpore, e si iniziò ovviamente a sparlare nella cittadina sia della giovane e che della famiglia stessa. In effetti, le speranze di rimanere nell'ombra, per Jaqueline e per Jules, fallirono alquanto miseramente. Se già la famiglia Gaumont aveva la nomea di essere strana e poco dignitosa per il discutibile comportamento in società dei suoi componenti, ora di certo la sua reputazione non poteva giovare da quel recente cambiamento. Comunque, ormai la decisione era stata presa e fu portata avanti con determinazione e costanza.

Dopo un periodo di affiancamento, Isabelle si mise personalmente in gioco, sotto gli occhi attenti del suo datore di lavoro e della sua insegnante. Preparò con loro i programmi, decise quali nozioni impartire alle sue studentesse nelle varie materie, quali letture consigliare, come seguire la loro curiosità, e si imbarcò in quell'impresa del tutto nuova con irrefrenabile entusiasmo. Approvata a pieni voti da entrambi, Isabelle fu presto lasciata libera di operare in piena autonomia e, sebbene alle prime armi, il suo successo fu evidente nella continua crescita culturale e personale delle sue alunne.

Nel giro di qualche mese Jaqueline, sicura di lasciare le sue studentesse in buone mani, si trasferì nel piccolo cottage di campagna che Jules le aveva mostrato. Iniziò ad arredare quelle pareti spoglie con elementi semplici e poco costosi, cui dava un tocco di originalità con le sue mani creative. Felicemente occupata in quell'attività, osservava insieme a Jules la piccola casa che aveva sempre desiderato prendere forma a poco a poco, mentre lui si occupava del giardino, che diventava più rigoglioso ogni giorno che passava.

Isabelle, a sua volta, non poteva essere più felice della sua nuova routine quotidiana. Ogni mattina, puntuale come un orologio svizzero, bussava alla porta di casa Gaumont. Salutava Jules e sua madre, incrociava il sorriso benevolo di Claire e gli occhi astiosi di Lydie e poi si dirigeva dalle sue alunne. Alcune lezioni erano comuni, altre differenziate. Marie aveva da poco compiuto sedici anni, mentre Ginnie era vicina ai quattordici. Era strano insegnare a due sue quasi coetanee, ma quelle ragazze avevano un rispetto e un'ammirazione del tutto speciale nei suoi confronti, che andava oltre l'età. Belle, d'altronde, era molto matura per i suoi diciotto anni, sia grazie gli insegnamenti ricevuti, che per le esperienze vissute nella sua giovane vita. Questo la rendeva, agli occhi delle sue alunne, un esempio da emulare e, al tempo stesso, un'amica capace di comprenderle nel profondo.

L'opportunità offertale di uscire da quelle pareti di cemento in cui era stata così a lungo rinchiusa era per Belle come ossigeno da respirare a pieni polmoni. Tenere la mente impegnata, ma soprattutto dedicarsi con tutta sé stessa al suo amore per la conoscenza, per trasmetterlo a ogni costo alle persone a lei più care, era una vera liberazione. Quel diversivo insperato le dava una gioia immensa sebbene, purtroppo, non fosse alla portata di Jane che, per il momento, rimaneva priva di occupazioni. Quell'angelo dai capelli dorati non si era mai dato per vinto. Aveva gioito con l'amica del suo successo, incapace di provare nel suo buon cuore alcun sentimento di gelosia o invidia. Ciò nonostante, Belle non poteva smettere di pensare a quanto le giornate dell'amica, all'istituto, dovessero essere pesanti. Le giovani che non avevano alcuna occupazione, infatti, si prendevano cura delle più piccole, pulivano le stanze, facevano il bucato e le altre faccende necessarie. Avevano, certo, del tempo libero, ma non potevano uscire dal distretto, se non erano dotate di un permesso speciale. Quanto a questo, Jane poteva per lo meno muoversi liberamente per raggiungere casa Gaumont, perché Jules non si era affatto dimenticato di lei. E quelle poche ore di libertà sembravano bastarle: il privilegio di poter suonare il pianoforte della famiglia Gaumont e di conversare di musica insieme a Marie, la liberava di ogni peso. Parte delle sue ore libere era poi dedicata alla piccola Anne e alla famiglia Blythe, cui era legata ormai come una figlia e una sorella. Le tanto attese lettere di Gilbert arrivavano ogni mese, puntuali quanto le poste potevano garantire, ed erano il suo più grande conforto. Jane lo aggiornava sempre, su ogni novità, a costo di scrivere pagine e pagine per ore intere, e lui imprimeva sulla carta le reazioni che quelle notizie causavano al suo animo sensibile. Si era rallegrato del fidanzamento segreto di Mademoiselle e del signor Gaumont, che poi così segreto non era affatto. Aveva condiviso la gioia di Belle nell'apprendere del suo nuovo lavoro. Era commosso, soprattutto, dalla lealtà della sua bellissima Jane, che nessuna distanza e nessuna attesa, per quanto lunga, avrebbero mai potuto corrodere. Gli ammiratori non erano mancati, ma il cuore di riccioli d'oro era determinato a rifiutarli tutti.

Nel numero di corteggiatori, Belle non raggiungeva di certo il primato dell'amica. Mr Wickham era scomparso nell'oblio; quanto a Darcy, non lo aveva più incontrato, per sua somma gioia, dopo quell'ultimo litigio così animato. Non sapeva se sarebbe riuscita a trattenersi dall'insultarlo pubblicamente, nel caso in cui avesse nuovamente incrociato la sua faccia nefasta e insopportabile, e sperava vivamente, per l'incolumità di entrambi, che quell'eventualità non dovesse affatto verificarsi.

C'era, però, uno sventurato essere del genere maschile dal cervello tarlato che si era tristemente illuso di poter conquistare quegli occhi da cerbiatto e quel fascino che sorgeva spontaneo dall'apparente altezzosità di una giovane tanto bella quanto riluttante ad accettare le sue attenzioni. Nei limiti della decenza, Isabelle continuava a cercare di rendergli chiare le sue intenzioni in ogni modo, ma il povero Mr De Vide proprio non voleva capire. Trovava sempre le occasioni per passeggiare nel Middle District, in parte per farsi ammirare e per mantenere alta la sua nomea di buon partito, in parte per incrociare nel suo cammino quella donna che aveva ormai scelto come sua. Poteva avere qualsiasi altra ragazza, perché le galline pronte a cadere ai suoi piedi erano innumerevoli, ma a lui non importava. Amava essere adulato, accerchiato da melliflue creature dalla risata facile ad alzare la sua autostima già di per sé indicibilmente elevata. Ma niente gli dava tanta soddisfazione quando l'idea di conquistare quell'unica capace di rifiutarlo. Si adoperava con ogni mezzo per piegare le labbra di Belle anche solo in un sorriso sprezzante, convinto che alterare per un istante quell'espressione austera fosse di per sé un successo. In quella mente contorta e pressoché vuota, ogni chiaro segnale di rifiuto veniva ignorato, mentre il più piccolo accenno di sopportazione era considerato come un grande passo verso il raggiungimento del suo fine ultimo. E a ogni negazione, il suo animo si infervorava ancor di più, convinto che quel capriccio supremo dovesse essere esaudito, più di tutti gli altri.

Il desiderio a lungo coltivato fa ammalare il cuore e, se mai ne avesse avuto uno, Gaston trascurava quel cuore irreparabilmente malato, cullandosi nei suoi sentimenti feriti, fortificando la sua convinzione che un giorno sarebbero stati ricambiati. Nel frattempo, il divertimento di libertino era assicurato da tutte quelle donne che lo accerchiavano, nella vana speranza di conquistare la sua mano. Le sue arti adulatorie si affinavano di continuo, crescendo quanto i suoi bicipiti nel continuo allenamento del corpo a svantaggio della mente, e aumentando la sua convinzione che tutto avrebbe contribuito ad accrescere il suo fascino già indiscusso. Quella ragazza, in fondo, ne era sicuro, era incredibilmente attratta da lui. Sicuramente le piaceva crogiolarsi nelle sue attenzioni, che rifiutava al solo scopo di aumentare l'attesa e, con essa, il desiderio.

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