Capitolo 4 - Sketch
-Oh oh, benvenute signorine e... Fustaccio! E' un immenso (dis)piacere vedervi riuniti nelle fogne, ma così vuole il destino. Divertitevi, bon bon alla crema!-
GABRIEL POV
... Ma che cazz— ?! Mi guardo intorno, e il mio letto è letteralmente sparito. E di chi cavolo era quella voce? Dove diavolo sono finito?!
Poco a poco inizio ad abituarmi alla penombra di questo dannato posto, e... Porca troia, è una dannata fogna?! Mi alzo da terra, e la camicia mi scende dalle spalle, ancora aperta. Quella dannata non aveva finito di vestirmi. Cerco di abbottonarmi in qualche modo l'indumento, ma incespico a causa della ferita alla gamba, e devo appoggiarmi da qualche parte. Non ce la posso fare.
... Chissà se anche lei è finita qui. Tendo l'orecchio, cerco di carpire altri rumori, respiri, voci... Ma niente. Di chiunque fosse la voce prima, sembra essersi allontanato.
Ma cosa cavolo stava dicendo, prima? Signorine...? Cazzo, quindi davvero c'è anche lei. Devo trovarla, potrebbe scappare, potrebbe—... Non ci voglio anche pensare. Un piano di una vita andato in fumo in un attimo. Cazzo, no.
Stringo i denti, e lascio fuggire qualche imprecazione. Tenendomi ben saldo con una mano avanzo lentamente lungo la fogna, lascio perdere la camicia, che ad ogni passo strascicato che faccio mi pende sempre di più da una spalla. All'ennesimo, mi scivola del tutto. Decido di togliermela, e mi stringo le maniche in vita, giusto per non perderla, e continuo la mia andatura lenta e sofferente. Cazzo. Fa un male cane, non ne posso più. Questo dannato condotto sembra non avere una fine, ma devo continuare, o quella dannata ragazza se la svignerà prima che possa raggiungerla.
... Sempre che sappia orientarsi, qui dentro. Qui sotto. Qui—... Ovunque cazzo siamo. Ci sono aperture e svincoli ovunque, credo di essermi perso anche io, nonostante abbia percorso poche decine di metri.
La febbre sento che è ancora lì. Inizio a sudare freddo e ho un giramento di testa. Cerco un appoggio, la mano incontra il vuoto e cado all'indietro all'interno di un altro cunicolo. Finisco a gambe all'aria, e alzo gli occhi al cielo. Al soffitto. Insomma, dai. E incontro un paio di occhi che mi guardano curiosi.
Non è lei.
«Chi cazzo sei?»
ANITA POV
«S-sono Anita. Come mai sei qui?» chiedo spaventata. Sono capitata qui dal nulla... com'è possibile tutto ciò? Ho una paura terribile del buio. Fortuna ora non sono sola...
«Ho l'aria di uno che abita qui sotto, cazzo?» Che figura. Ma... ma... è ferito?
«Cos'hai alla gamba?» chiedo sorpresa.
Prima che lui possa rispondermi, sento rumori dal cunicolo. Sussulto per lo spavento. I battiti aumentano come il fiatone. Guardo il nuovo arrivato, li guardo spaventata. Non riesco a dire una parola. Sono terrorizzata.
«Alessia?»
Non risponde nessuno. «Sarà stato un animale» dico con la voce tremolante. Guardo la ferita di... «Come ti chiami?» mi guarda negli occhi dolorante. Risponde poco dopo.
« ... Gabriel.»
«Anita» dico senza aspettare che chieda anche lui «Chi è Alessia? Tua sorella?» sentiamo un altro rumore. Un altro ancora... c'è sicuramente qualcun'altro. Sento dei passi.
«Chi è!?» chiedo io, questa volta. Una figura femminile si avvicina lentamente, scrutando bene sia me che Gabriel.
«Il mio nome è Diciotto.» La ragazza è alta all'incirca come me... sul metro e settanta. I capelli biondi le ricadono morbidi sulla schiena. Indossa dei vestiti sbiaditi; un po' sgualciti.
Anche lei è spaventata. Lo vedo bene dai suoi occhi di un nero profondo. Sta... tremando?
«Io sono Anita e lui... lui è Gabriel. Per caso tu sai come sei o da dove sei arrivata?»
«Conosco questo luogo, ma non sono qui per mia volontà. Non so dirvi altro.»
Cavolo. Nemmeno lei lo sa. Un tonfo mi fa sobbalzare. Guardo dietro Gabriel e noto un'altra sagoma rannicchiata sul terreno della fogna, stranamente pulita. Solo ora l'ho notato.
Gabriel si gira verso quell'ombra domandando chi fosse.
«Chi siete voi?» chiede decisa la nuova presenza.
«Chi cazzo sei tu, invece.» chiede Gabriel con il suo solito Charme.
«Tranquillo, non c'è bisogno di essere così scortese, penso di essere nella tua stessa situazione» risponde a tono l'ombra. Non sembra intimorita dal brutto carattere dell'unico ragazzo in questa fogna (come, invece, lo sono io).
CASSANDRA POV
Sento una goccia di acqua sporca cadere e scivolare dal mio naso sulla guancia.
Mi pulisco velocemente il volto e noto dove ero stata trasportata : è una fogna.
Inizio a camminare in modo lento, inizio a sentire il mio corpo e la testa pesanti come se fossi qua da giorni. Continuo incessantemente a guardarmi intorno; chissà come ci sono finita qui e soprattutto come ne uscirò.
Non mi sembra esserci alcuna forma di vita qui sotto o meglio nessun essere della mia specie, molto probabilmente sto invadendo l'habitat naturale di moltissimi animali che di certo non si possono in alcun modo definire domestici.
Se mia madre mi vedesse in questo posto di certo mi diserederebbe.
Percorro un altro tratto di strada e di colpo cado e inciampo su una superficie dura, provocando un tonfo rumoroso. Inizio a sentire tutte le ossa doloranti e con movimenti piccoli mi racchiudo su me stessa , poi di colpo sento una voce maschile parlare da lontano che domanda chi sono.
«Chi siete voi?» rispondo sulla difensiva.
«Chi cazzo sei tu, invece» inveisce contro di me una voce da uomo.
«Tranquillo, non c'è bisogno di essere così scortese, penso di essere nella tua stessa situazione» esclamo con una punta di acidità nella voce.
«Quindi non sai neanche tu, in che razza di situazione ci ritroviamo, presumo, di grazia?»
Ma tu vedi sto arrogante «Ti sembra che mi diverta a frequentare posti del genere, caro?»
«Ok basta ragazzi. Non mi sembra un buon momento per battibeccare!» intervenne una ragazza mora.
«lo so hai ragione, scusatemi mi sono fatta prendere dalla paura, odio stare in uno spazio chiuso. Comunque, sono Cassandra.»
ALICE POV
Sono vestiti strani, parlano in modo scurrile... ma sopratutto parlano. Parlano troppo. Niente torna, non dovrei essere qui e neanche loro. Se solo lo venissero a scoprire... Mi porto una mano al volto, mi sfrego la pelle. Devo trovare una soluzione, o almeno un senso. Interagire ulteriormente potrebbe essere utile, ma non regolamentare. Li vedo guardarsi negli occhi e sfidarsi a parole come se nulla fosse. La cosa non mi piace.
«Allora...» intervengo senza troppa enfasi «Direi che questa non è una situazione ottimale per nessuno di noi. Vogliamo dire i nostri numeri indicativi, giusto per organizzare questa condizione di totale caos?»
«Che numeri intendi?» Mi volto a guardare la ragazza che ha parlato; è quella dagli occhi verdi. Verdi... No. Niente va bene.
«I numeri indicativi. Credevo di essere stata abbastanza chiara.» replico increspando le labbra «I numeri di nascita, quelli attribuiti dalla Società.»
Guardo quei tre ragazzi dall'alto in basso, vorrei essere da tutt'altra parte.
«Ascolta, non ne so un cazzo di numeri di nascita, di società o altro. Io sono Gabriel. Ti basta?»
«Io Anita, lei è Cassandra» È il ragazzo ferito a parlare per primo, -occhi glauchi, noto con dispiacere- seguito dalla ragazza dagli occhi verdi e quella con l'iride più normale, ambrata. Ma qui di normale non c'è niente. Proprio niente. Questi individui credono davvero di avere dei nomi.
«Da dove vieni? Come mai hai un numero al posto del nome?» La ragazza dagli occhi verdi mi si avvicina timidamente. Muovo un passo indietro per evitare la vicinanza.
«Piuttosto, vedete di darmi una mano. C'è un uomo ferito, qui, donne!» È Gabriel a interrompere il nostro gioco di disciplinata distanza corporea, Anita si volta a guardarlo.
«Non fare il melodrammatico Gabriel! Ehm... perché sei in mutande?»
Non faccio in tempo a notare quell'ulteriore sregolata aggiunta che una voce nella mia testa rimbomba poderosa:
-Scusatemi donzelle, se permettete, vorrei rendere la situazione più interessante... Magari smuoviamo anche il cuore di pietra di Diciotto, oh oh.-
GABRIEL POV
La febbre deve essere altissima, e faccio fatica a comprendere che la ragazza sta parlando di me. Dei miei pantaloni misteriosamente scomparsi. Delle mie mutande. Strabuzzo gli occhi, mentre l'eco di quell'odiosa voce scompare lentamente dalla mia testa, e abbasso lo sguardo.
«... Dove cazzo sono finiti i miei pantaloni, merda?!»
Cerco di alzarmi in piedi, ma la ferita è sempre più dolorosa, e cado di nuovo a terra. Alzo lo sguardo sulla tizia timida, e cerco di farle capire con un'occhiata veloce che ho bisogno di aiuto per alzarmi in piedi.
«Non chiederlo a me... vuoi una mano?»
Ho l'istinto di roteare gli occhi al cielo. E non ho problemi a farlo.
«No, guarda, sto così comodo qui. Merda, ragazza, si che ho bisogno!» sbotto, esasperato. La situazione inizia a darmi parecchio sui nervi. Sono qui solo da neanche dieci minuti, e già rimpiango casa. Ci sono tre ragazze con me, una più fuori di testa dell'altra. Una che sembra un robot venuto chissà da dove. L'altra così timida che diventa rossa per un nonnulla. L'ultima che mi risponde a tono e mi prudono pericolosamente le mani.
... Non sono lei.
Alessia. È... È la prima volta che la chiamo per nome. Abbasso gli occhi sulla fede che porto al dito.
«Non l'avete vista, vero?» sussurro.
«Alessia?» sussurra Anita. Mi allunga la mano, e la prendo, tentando di reggermi in piedi. La camicia si muove appena sulle gambe e rabbrividisco. Perché cazzo sono in mutande, devo ancora capirlo.
«Sì. È... È una. Devo trovarla.» le spiego. Che cazzo mi prende? Devo trovarla, ma non perché io... No. Non in quel senso. «Devo solo trovarla.» ripeto, in un vano tentativo di rettificare il significato di quel devo. «Ehi, bionda, vuoi dare una mano qui? Magari se ci incamminiamo, troviamo l'uscita, genio?» chiamo l'altra assieme all'ultima ragazza.
«Mi chiamo Diciotto. E hai davvero intenzione di camminare a vuoto con quella ferita?» mi dice.
«La gamba è mia, ci faccio quel cazzo che mi pare.» Sono fatto così. Non le vado di certo a dire che non è una ferita fresca. Almeno, non così fresca. I punti sono di tre giorni, no? «Muoviti, Sedici.» la prendo in giro. La sua anaffettività mi irrita sempre di più.
ANITA POV
«Si chiama Diciotto...» c'è o ci fa? Ancora lo devo capire.
Questa è davvero l'esperienza più strana di tutta la mia vita fino ad ora.
Sono in una fogna pulita con un ragazzo volgarissimo, un robot e una ragazza completamente diversa da me.
Dopo aver aiutato ad alzare Gabriel, lo abbiamo trascinato verso un "muretto" così da poterlo far sedere decentemente.
«Hai una brutta ferita» noto osservando bene la gamba.
«...ho avuto ferite ben peggiori, credimi.» risponde il tipo.
«Non oso immaginare» riesco a rispondere io... mi guardo intorno. Niente. Neanche il deserto. Solo che qui è peggio. Non possiamo sapere cosa ci aspetta quando andremo avanti.
«Avete un cellulare, per caso? Non serve la connessione, ma una torcia. Il mio è quasi scarico... non durerà a lungo» chiedo quasi disperata.
«No. Io... Ehm. Non ne possiedo uno» dice Gabriel imbarazzato. Cheee!?
«In che senso? Non hai un cellulare?»
«Cosa è un cellulare?» ma siamo impazziti? Dove sono finita!?!?
«È un mini "robot" che ci aiuta a chiamarci velocemente. Si tiene in mano e puoi mandare messaggi tramite quello.» Spero abbia capito... perché non so come spiegarlo in altro modo. Non risponde. Bene.
«Ritorniamo a te. Come fai a non avere un cellulare?» chiedo a Gabriel
«Semplicemente non posso possederne uno. Mi è vietato, d'accordo? E non guardarmi così, cazzo. Lo detesto. Mi fai incazzare. E per te, non sarebbe un bene.» Ridacchio. È sempre così sgarbato...
«Ti incavoli per cosi poco...» scuoto la testa. «Almeno spiega perché.»
«Senti, ragazza troppo curiosa, al momento non è la cosa più importante scoprire perché non posso avere un cellulare, non credi?» Cavolo...
«Scusa. Hai ragione...» abbasso la testa e gioco con le dita. Mi vergogno... non so perché. Cavolo...
Rimaniamo in un silenzio assordante.
Dopo qualche secondo sentiamo un tonfo profondo provenire da destra, da dove nessuno di noi è arrivato. Sto tremando. Di solito in questo momento c'è sempre qualcuno che mi abbraccia... ma ora anche se volessi un abbraccio non potrei... non mi stanno molto simpatici questi... tizi.
Siamo tutti immobili, in silenzio, per ascoltare i passi lenti di un qualcosa che non credo sia terrestre... o forse è un animale, dico. Forse più per convincere me stessa. Un grido rauco e lontano rimbomba tra le mura di quella che noi chiamiamo fogna. Una lacrima scende sulla mia guancia.
Il rumore cessa di colpo, quando poi sentiamo passi veloci di un qualcosa di indescrivibile divenire divenire sempre divenire sempre più rumorosi e vicini....
Prendo per un braccio Gabriel, così da farlo alzare «Nascondetevi!» dico sottovoce.
Ci mettiamo nel canale dove dovrebbe scorrere l'acqua di fogna...
Tremo, ma voglio capire cos'è.
Una iena-fantasma di color verde trasparente, si guarda intorno, percependo, probabilmente, il nostro odore. Ne arriva un'altra... oddio. Forse c'è un branco!
«Strisciamo per il canale» consiglio sottovoce. Così facciamo.
ALICE POV
La decisione unanime è quella di nasconderci e allontanarci in silenzio, o almeno il più silenziosamente possibile, fatto assai improbabile dati i singhiozzi sommessi delle ragazze e le imprecazioni. Creature di cui non ho neanche un dato o una minima conoscenza sono la causa di tanto scompiglio, il motivo per cui strisciamo incuranti delle norme igieniche e della distanza corporea.
-Oh oh... Serpentelli di liquirizia, vi piacciono i miei tesorini?-
La voce eterea rimbomba nelle nostre teste, ancora. Con una manica mi sposto i capelli dalla fronte, stringo i denti; che situazione anomala.
-State tranquilli, sono innocue... Più o meno.-
Innocue? In un attimo sono ferma, sento i ragazzi sbattermi sulla schiena uno dopo l'altro.
«Cosa cazzo ti fermi a fare!? Muovete quel culo e ignorate la voce!»
Stizzita mi volto e pongo una mano tra me e il ragazzo dagli occhi glauchi.
«Non mi toccare, prima di tutto, grazie.» dico «In secondo luogo, avete sentito anche voi cosa ha detto la voce?»
«Sì, e non voglio sapere di che cosa sta parlando.»
Guardo Gabriel e inclino la testa.
«Ha detto che sono innocue. Perché stiamo scappando?» faccio un passo avanti, esattamente nel verso opposto a quello della nostra fuga «Non lo avrebbe detto se non fosse stata la verità. Nessuno mente.»
«Hai presente che cosa sia l'ironia, ragazza? Come ti è suonato, quel più o meno?»
«Ironia suonerebbe come falsa realtà in questo caso, quindi menzogna...» rispondo, ma le mie parole suonano vuote, è la voce a interrompermi:
-Sashimi in salsa di soia, per quanto mi diverta vedervi scappare e agitarvi come cavie da laboratorio... Credo sia meglio metter fine a questo strazio. La piccola ingenua è palesemente confusa. Gabriel, ti sembra il modo di rivolgerti a una ragazza? Oh oh... Anita, Cassandra, tizia stramba e stronzetto, è arrivato il momento delle interviste. Salutate i miei cuccioli fantasma e preparatevi alle mie domande!-
*****
Riconoscimenti:
- GABRIEL
Storia di provenienza: The Way - Quando l'unica via è quella che non ti aspetti
Autrice: Alexene_
- ANITA
Storia di provenienza: Alla Ricerca Di Un Raggio Di Sole
Autrice: AngelicaLepretti
- CASSANDRA
Storia di provenienza: The Dark Side of the Moon
Autrice: Nimue_98
- ALICE
Storia di provenienza: Essere umano
Autrice: ChocoBondurant
Ambientazione Sketch:
Sotterraneo/Fogna
Storia di provenienza: Essere umano
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