Prologo - L'ultima estate
Paesi Bassi, Amsterdam.
Settembre, 2007.
Si fece rigirare quella carta tra le dita. La passò sopra l'indice e poi abilmente sotto il medio, aiutandosi con il pollice. Ripetè quel movimento ad onda per un paio di volte, mentre teneva lo sguardo fisso sulla costruzione che aveva davanti.
Un piccolo castello di carte.
Lo aveva costruito lei, le era sempre piaciuto farlo. Impilava quelle strisce sottili e colorate di carta spessa, innalzandole il più possibile, facendole restare, contro ogni prospettiva, in equilibrio.
Passava il tempo così, erigendo fortezze di carte da gioco. E poi, quando aveva completato la sua opera, che richiedeva una grande quantità di pazienza, la distruggeva.
Con un solo movimento deciso della mano, con un soffio dalle labbra, lei, rompeva quel precario equilibrio.
Aveva creato una sua visione dietro a tutto ciò. Dietro allo sforzo che serviva per creare quei castelli e all'estrema facilità con cui essi poi potevano cadere.
Osservò la carta che ancora aveva tra le mani, assottigliando gli occhi a fessura.
Un Joker.
Quello che poteva rappresentare un colpo di fortuna o una grande condanna. Così era nel gioco, come nella costruzione di quei castelli ed anche nella vita.
Scrutò i particolari dell'immagine che vi era stampata sopra. La faccia appuntita e dal colore pallido, in netto contrasto con il trucco da clown che gli illuminava occhi e labbra. Alla base della testa partiva un colletto dalle punte triangolari, colorato di blu e rosso, abbinato al cappello a sonagli che portava sul capo.
Aveva un'espressione furba, con quel sorrisetto a metà tra il sadico e il divertito.
La stessa espressione che anche in quel momento aleggiava sul suo viso, mentre pensava a quando avrebbe distrutto anche quell'ennesima costruzione. Farlo, le regalava un cento senso di potere e le piaceva il fatto che quel suo hobby, nato per noia, potesse regalarle anche tali sensazioni.
«Jourdan» la voce di quell'uomo la richiamò, ma lei non lo degnò minimamente della sua attenzione, continuando a giocare con le sue carte.
L'uomo sbuffò leggermente, spostando il peso da un piede all'altro. «Jourdan, è ora di andare» disse, iniziando già a sentire la sua pazienza svanire.
La bambina serrò la mandibola, alzando lo sguardo su di lui e fissandolo con disprezzo. Non le stava simpatico, non le era mai piaciuto e proprio non riusciva a capire cosa ci avesse visto sua madre in lui, per farsi abbindolare così facilmente e permettere che una singola notte insieme cambiasse la vita ad entrambi e la condannasse a vivere in una famiglia completamente disfunzionale.
Gli occhi azzurri non facevano altro che rendere il suo viso più meschino. E i capelli biondi, con il suo incarnato pallido, rispecchiavano perfettamente i canoni fisici nordici del paese dal quale proveniva. Fisicamente, lei non aveva preso niente da lui e ne era alquanto grata.
«Devo finire il castello» parlò, per poi tornare a concentrarsi sulle sue carte. Odiava essere interrotta mentre stava facendo qualcosa che le piaceva.
Il padre si avvicinò a quel tavolo di qualche passo. «È tardi, Agnes ti sta aspettando di sotto» l'avvisò, ricordandole che ormai il tempo in quella casa fosse giunto al termine per lei.
La sua famiglia era complicata, tutte quelle dinamiche la confondevano parecchio, perché tante cose non era proprio in grado di comprenderle e ciò la faceva arrabbiare parecchio, sia con se stessa che con loro. Non sapeva se non fosse in grado di capirle perché mancava di acume o perché non aveva abbastanza informazioni per farlo, dal momento che nessuno le diceva mai la verità su come stavano le cose.
Era nata nella caoticità di una città enorme come New York, da una madre canadese e un padre olandese. Lauren, la sua mamma, al tempo era una delle cosiddette: "grid girls", ovvero, quelle ragazze che avevano il compito di partecipare ai Gran Premi, con striminziti costumi o tutine attillate. Non avevano un vero e proprio scopo, se non quello di attirare l'attenzione maschile e fare scalpore.
Durante quel weekend di gara, nel circuito di Montreal, aveva incontrato e conosciuto Jos Verstappen, un pilota di Formula 1 con la fama di essere un po' troppo impulsivo e rabbioso, sia dentro che fuori dalla pista.
Ma a Lauren, quei tratti caratteriali, sommati al fascino nordico europeo, erano bastati per colpirla, perché, ancora troppo giovane per capire, aveva un debole per quel tipo di ragazzi. Anche se ciò che, sin dalle prime parole che si erano scambiati, l'aveva convinta a seguirlo in hotel per quella notte, era stato semplicemente il fatto che guidasse una monoposto nella massima categoria di quello sport. I piloti erano affascianti anche solo per il fatto che girassero ad altissime velocità su quei circuiti. Il loro lavoro, la loro temerarietà, stregava praticamente tutte le ragazze. E sua mamma non era stata un'eccezione.
Dopo averla incontrata su quella pista, il primo giorno di prove, Jos era rimasto subito colpito dalla sua bellezza, da quel viso angelico e quel corpo con tutte le forme al posto giusto. Ciò era stato decisivo per farlo presentare il giorno dopo senza fede al dito e per fargli dimenticare che a casa, nei Paesi Bassi, ci fossero sua moglie e suo figlio di appena un anno ad aspettarlo.
La sera dopo la gara, avevano lasciato quel circuito assieme e a seguito di una cena veloce e decisamente qualche drink di troppo, erano finiti nell'hotel dove alloggiava il pilota. Complice l'alcol, nessuno dei due aveva fatto molto caso alle protezioni e si erano semplicemente lasciati prendere dal momento. Comportandosi, sotto ogni punto di vista, da completi irresponsabili.
La mattina successiva, Jos ripartì, in vista di una nuova gara. E Lauren lasciò quell'albergo, tornando a casa sua. Entrambi credevano che non si sarebbero mai più rivisti, era stata solo l'avventura di una notte, niente di più. Ne erano davvero certi. Ma quel test di gravidanza, che la ragazza teneva tra le mani, qualche tempo dopo, infrangeva in mille pezzi tutte le loro convinzioni.
Fissava quelle due lineette, seduta sul pavimento del suo bagno, con gli occhi increduli e colmi di lacrime. Non poteva crederci, non voleva crederci.
Era bastata una sola notte a mettere in discussione ogni cosa nella sua vita, ogni piano che si era prefissata.
Si chiese cosa avrebbe dovuto fare. Avrebbe dovuto rintracciare Jos? Avrebbe dovuto tenere quel bambino senza mai fargli sapere niente? O avrebbe dovuto semplicemente porre fine a quella gravidanza del tutto inattesa, finché era in tempo e fingere che nulla fosse mai successo?
Ci aveva pensato, notte e giorno, per più di una settimana. Ed era arrivata alla conclusione che avrebbe potuto farcela da sola. L'avrebbe tenuto e se ne sarebbe occupata, andando anche avanti con la sua vita. Un'altra convinzione che, dopo la nascita di quella che si era rivelata essere una bambina, era sfumata del tutto.
Nulla stava andando come si era immaginata durante quella gravidanza. Non era affatto semplice, si era resa conto di voler proseguire con la sua carriera lavorativa e con una figlia non poteva farlo, dal momento in cui era completamente sola ad occuparsi di lei. In più, quando guardava quella bambina dagli occhioni chiari, proprio come quelli di Jos, non riusciva a provare quell'amore incondizionato che si era immaginata. In essi rivedeva solo il ricordo sfocato di una notte che le aveva per sempre cambiato la vita, distruggendo i suoi piani e tutto ciò per cui aveva duramente lavorato. Era andata via di casa, rompendo i rapporti con la sua famiglia, per evitare di sottostare alla loro volontà, che la vedeva solo come moglie e madre. E ora sembrava che l'universo si fosse preso gioco di lei, invertendo tutte le carte in tavola ed era stata Lauren stessa ad agevolarlo.
Non voleva crescerla in quel modo. Non voleva rovinarla per colpa delle sue scelte sbagliate. Lei non avrebbe potuto darle l'amore che si meritava ogni vita in quel mondo e non era giusto. Ecco perché decise di rintracciare Jos. Non l'aveva più visto né sentito da quella notte insieme, ma le sembrava la scelta migliore. Lo raggiunse ad Amsterdam, dove abitava e gli confessò di avere una figlia. Il pilota restò alquanto scioccato davanti a quella verità, non aspettandoselo minimamente e non credendoci nemmeno all'inizio.
Ma, dopo vari accertamenti, dovette accettare il fatto di avere per davvero una bambina.
Una figlia fatta al di fuori del suo matrimonio e che avrebbe potuto metterlo nei guai con la moglie. Le aveva detto di non poterla tenere, che gli dispiaceva, ma non poteva aiutarla, se non con dei soldi per poter mantenere la piccola. Lauren si era mostrata restia davanti a quella proposta, però, alla fine, aveva accettato. O cosi gli aveva fatto credere.
Il giorno dopo, Jos si era trovato davanti alla porta di casa quella bambina e di Lauren non vi era stata più alcuna traccia. Era scappata, probabilmente tornata in America o in Canada e gli aveva lasciato lì sua figlia. Non era più riuscito a rintracciarla, era come sparita nel nulla, e lui si era visto costretto ad affrontare sua moglie, che da subito aveva iniziato a riempirlo di domande.
Litigarono per giorni, urlando e accusandosi, arrivando poi alla conclusione che quel matrimonio era finito già da molto tempo prima dell'arrivo inaspettato di quella bambina. Ma la loro relazione faceva comodo ad entrambi, per svariati motivi. In più, non volevano creare uno scandalo, tutti e due volevano che la loro reputazione non si macchiasse con quella notizia. Così, decisero di andare avanti come se niente fosse, crescendo quei due bambini e proseguendo con i loro lavori.
Purtroppo però, anche se all'apparenza potevano sembrare una famiglia perfetta, dentro le mura di casa la verità era molto diversa.
«Io non voglio andare» ammise la bambina. Sapeva che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno lì, perché aveva sentito le parole di Jos e Agnes, qualche tempo prima.
Il padre aveva detto che il rapporto tra lei e Max era diventato una distrazione troppo grande per il figlio, che aveva bisogno di concentrarsi sulla sua carriera sportiva, senza farsi distrarre dalla sorella che lo seguiva ovunque o che gli chiedeva di giocare con lei. E la donna gli aveva risposto che non avrebbe dovuto preoccuparsi, perché presto loro due se ne sarebbero andate, pronte per cogliere al volo quell'opportunità che Agnes aveva trovato per entrambe.
Suo fratello Max aveva iniziato a correre sui kart sin da piccolissimo, spinto dal padre a seguire le sue stesse orme e diventare un pilota. Lo sport che faceva portava via tanto tempo, richiedeva parecchi sacrifici e a quanto pareva, lei non rientrava in alcun modo nei piani della loro vita. In più, sembrava che Agnes avesse tutta un'altra idea in mente, che riguardava solo loro due.
«Torneai la prossima estate» mentì Jos, avvicinandosi ancora di più a lei ed esortandola ad alzarsi.
Jourdan assottigliò lo sguardo, provando un profondo senso di rabbia nei confronti di quell'uomo. «Bugiardo» disse a denti stretti, riuscendo però a farsi sentire.
Agnes le aveva detto che sarebbero andate a passare l'inverno in America, da una sua zia, per permetterle di proseguire con la fin troppo precoce carriera da modella che le aveva già fatto intraprendere. Era quello che sognava per se stessa, ma che non era mai riuscita a realizzare. E ora, quella bambina le stava dando un'opportunità per svoltare, per vivere il suo sogno attraverso di lei.
Nei mesi precedenti l'aveva portata spesso a fare dei casting, facendola conoscere ad alcune piccole case di moda, che da subito erano rimaste affascinate dalla bellezza tanto particolare di quella bambina. E poi, era arrivata quella chiamata dall'America, per un provino che avrebbe davvero potuto svoltare la vita di entrambe. Agnes non poteva farsela scappare e senza nemmeno parlarle con Jourdan, aveva deciso quale sarebbe stato il suo futuro.
«Forza! Sta diventando tardi» esclamò Jos, perdendo definitivamente la pazienza. Compì una mossa brusca e fece crollare il castello di carte che lei aveva quasi finito di costruire.
La bambina scattò in piedi. «Hai distrutto tutto» piagnucolò, guardando quelle carte sparse ovunque sul pavimento.
«Sarebbe caduto in ogni caso» tagliò corto, afferrandola per un braccio. Lo sapeva che sarebbe accaduto, ma era diverso quando era lei a scegliere di farlo crollare. In quel modo, lui aveva deciso di rompere ogni cosa prima del tempo.
Jourdan ci rivide una parte del suo presente, rendendosi conto che, proprio come per quel castello, Jos e Agnes avevano deciso di distruggere anche il più piccolo barlume di famiglia, per quanto imperfetta, che le restava. Così come quel castello, da lì a poco, anche la sua vita sarebbe stata destinata a fare la stessa fine e anche la sua mano sarebbe stata colpevole di ciò, non solo la loro.
«Sei cattivo» gli disse, dimenandosi di tanto in tanto, cercando di liberarsi dalla sua presa.
«Smettila di fare i capricci» rispose lui, trascinandola fuori da quella stanza.
Percorsero le scale che portavano al piano terra, attraversando il salotto dall'arredamento minimalista, per poi arrivare nel giardino. Vivevano in una bella casa, grande e abbastanza moderna, immersa nel verde di un piccolo bosco che contava alcuni ettari di terreno di loro proprietà. Era piacevole, perché d'inverno gli alberi innevati creavano un paesaggio mozzafiato e d'estate li riparavano dal caldo. In più, a pochi minuti di distanza, c'era anche un laghetto dove poter fare il bagno. Nonostante l'atmosfera assieme a loro due non fosse il massimo, le sarebbe comunque mancato stare lì.
Il sole splendeva alto nel cielo terso e ci mise più del dovuto ad abituare i suoi occhi chiari e sensibili a quella luce decisa. Dall'altra parte della staccionata scorse Agnes, stava caricando le sue cose nel taxi che era andato a prenderle.
Avvicinandosi all'uscita di quel giardino, passarono davanti al garage. La serranda era alzata e lei spostò subito il suo sguardo all'interno, sperando di trovarci suo fratello. Max, con indosso dei vestiti sporchi di olio, stava pulendo attentamente alcune parti del suo kart.
«Maxie! Maxie!» urlò, per attirare la sua attenzione, dimenandosi ancora per cercare di sfuggire alla presa del padre e correre da lui. Jos non si curò di nulla, continuando a camminare, portandosela dietro.
Il bambino alzò lo sguardo, osservando la scena. Lasciò ricadere subito gli stracci a terra e corse verso di lei.
«Jourdan!» la richiamò a sua volta. «Papà, aspetta! Aspetta! Voglio salutarla prima che parta» gridò. Il padre non sembrò prestargli la minima attenzione però.
Jos raggiunse il cancello. Max continuò a correre, ma quando arrivò a quel punto, lui lo aveva già oltrepassato, chiudendoselo alle spalle.
«Maxie» la sentì ancora richiamarlo, la voce ormai rotta dal pianto. Il bambino batté le mani sul cancello in legno, troppo alto per lui per poter vedere al di là.
Jourdan guardò la donna con risentimento, rifiutandosi di rivolgerle la parola e salendo in macchina, sbattendosi la portiera alle spalle, non salutando neanche suo padre. Al sicuro in quell'abitacolo, la bambina si lasciò andare ad un pianto sommesso, cercando di fare meno rumore possibile, per non farsi notare dal conducente.
Agnes si sedette accanto a lei. «Non riesci davvero a capire che tutto questo è per il tuo bene?» chiese con tono incredulo.
«No» rispose, passandosi il dorso delle mani sugli zigomi, per asciugarsi le lacrime. Non era affatto per il suo bene, era solo per il bene di quella donna. Era quello che voleva lei, non la bambina. Jourdan odiava prendere parte a quei casting, sorridere sempre, indossare improbabili vestiti e sentire delle assurde critiche da persone arroganti, che non sembravano curarsi minimamente della sua tenera età.
«Smettila di piangere» insistette, non avendo alcuna voglia di stare dietro alle sue lamentele. Jourdan non rispose più, evitando persino di guardarla. Non le interessava osservare quegli occhi chiari, fin troppo simili ai suoi come colore, fissarla con impazienza. Ma nella sua testa sapeva a cos'erano dovute quelle lacrime e che non si sarebbero fermate tanto facilmente.
Le sarebbe mancato Max.
Il suo Maxie, come lo chiamava lei. Il suo fratello maggiore, che sembrava essere l'unico in quella famiglia a capirla e a volerle stare vicino per davvero.
Il bambino, dal canto suo, aveva sentito l'auto partire e la sua testa si era poggiata alla superficie dura del cancello. Sentiva gli occhi pizzicare e uno strano nodo alla gola. Prese un lungo respiro, stringendo le mani in due pugni, imponendosi di non piangere. Avrebbe voluto farlo, perché era sinceramente triste di non aver potuto salutare per l'ultima volta Jourdan. Gli avevano detto che sua sorella sarebbe stata via solo per qualche mese, ma lui sapeva bene che non era vero, lo aveva letto negli occhi di Jourdan quando Jos era andato a comunicarglielo la settimana prima,
Avrebbe tanto voluto lasciarsi andare, far fuoriuscire le sue emozioni naturalmente. Però, suo padre gli aveva sempre detto che quelli come loro non piangevano, che solo i deboli mostravano la tristezza.
Ecco perché ricacciò indietro le lacrime e si fece forza, quando Jos rientrò in quel giardino. «Che c'è?» gli chiese l'uomo, notando l'espressione arrabbiata che dominava il suo viso tondeggiante e dalle guance arrossate.
«Volevo salutarla» disse, serrando la mandibola.
L'uomo fece aleggiare una mano, sminuendo ogni sua parola. «Non preoccuparti, tua madre e Jourdan non saranno più un problema per noi. Adesso potrai concentrarti per davvero sullo sport» sorrise soddisfatto.
Max avrebbe voluto urlargli che lei non era affatto un problema. Lui le voleva bene e non era vero quello che sosteneva, che Jourdan fosse una distrazione per la sua carriera nel mondo delle corse. Gli piaceva quando sua sorella andava assieme a lui sui circuiti, quando lo vedeva gareggiare e fare il tifo perché vincesse. Gli dava forza. Era l'unica che sembrava credere nelle sue capacità e che lo sosteneva. L'unica che lo consolava e che era sempre fiera di lui.
Lei non si arrabbiava quando perdeva una gara, a differenza di suo padre. Jourdan gli diceva che andava bene lo stesso, che la prossima volta avrebbe vinto. Jos gli diceva che non sarebbe mai arrivato da nessuna parte, che era una delusione e che confrontarsi con gli altri padri dopo una sconfitta era umiliante per la famiglia.
E adesso non avrebbe più potuto vederla. E come ogni volta, suo padre non avrebbe sentito ragioni.
Mentre Agnes, sua madre, era sempre stata zitta davanti alle strane idee di Jos. In più, non ci aveva pensato su due volte a prendere tutto e lasciarlo lì, solo con lui, portandogli via anche sua sorella.
Jourdan gli voleva bene, amava passare il suo tempo con Max. E le piaceva tanto lavorare con lui al suo kart, quando la notte sgattaiolavano di nascosto nel garage. Le piaceva anche guardarlo correre, c'era qualcosa in quel mondo che la affascinava oltre ogni dire. Me era un mondo che ormai non avrebbe più potuto fare parte della sua vita, così come il fratello.
Salita su quell'aereo che l'avrebbe portata in America, prese sempre più coscienza del fatto che nulla sarebbe stato più come prima. Soprattutto dopo aver sentito le parole di Agnes. «Una mia collega ha un amico che gestisce questa famosa agenzia di modelle» così aveva iniziato quel discorso, rifilandole un falso sorriso rassicurante. «Ha visto una tua foto e ha detto che saresti perfetta per essere il volto della campagna pubblicitaria della collezione bambini di un famoso marchio di moda» aveva poi concluso.
Non le piaceva per niente quella premessa, era come se un sesto senso stesse cercando di avvisarla e metterla in guardia da un qualcosa che sarebbe stato inevitabilmente più grande di lei.
C'erano tante cose che non sapeva, tante cose che sarebbero rimaste un segreto per lei, per molto tempo.
L'innegabile bellezza di quella bambina era ciò su cui Agnes aveva scommesso. E ancora non lo sapeva, ma quella scommessa l'avrebbe vinta. Così come Jos avrebbe vinto scommettendo sul talento di Max.
E quei due bambini non avrebbero nemmeno avuto il tempo di capire cosa stesse accadendo nelle loro vite, trascinati dalle decisioni altrui e costretti a crescere troppo in fretta.
🌟🌟🌟
Non dimenticatevi di lasciare una stellina🙏🏻
Ecco a voi il prologo di questa nuova avventura che ho deciso di intraprendere🤍
Spero che possa incuriosirvi e farvi venire voglia di proseguire con la lettura (quando inizierò effettivamente con la pubblicazione della storia).
Come potete aver visto, in questo prologo, ho scelto di concentrarmi solo su uno scorcio del passato della protagonista e di suo fratello Max. Questo perché amo la suspense e i drammi😈
Ma non temete, nei capitoli successivi il nostro Lewis ovviamente farà il suo ingresso👀
Nel frattempo, fatemi sapere qui nei commenti cosa ne pensate🫶🏻
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XOXO, Allison💕
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