Capitolo 3 - Appartenere


Australia, Melbourne.
Circuito Albert Park.

Osservò il panorama dal finestrino dell'aereo privato sul quale stava viaggiando. L'oceano si scontrava con quell'imponente pezzo di terra quasi dispersa tra le sue acque dalle mille sfumature di blu. Mano a mano che scendeva di quota, poteva notare come sempre più particolari fossero visibili nonostante l'altezza. Alberi, parchi, montagne e natura incontaminata erano in netto contrasto con quelle case e i grattacieli moderni. Eppure, sembravano convivere pacificamente.

Quella era l'Australia.
Un luogo capace di mettere alla prova chiunque, pieno di cose da scoprire e indimenticabile per ogni persona che avesse la fortuna di visitarla.

Era un vantaggio del suo lavoro, avere la possibilità di viaggiare in giro per il mondo. Durante tutti quegli anni aveva scoperto città mozzafiato, luoghi incontaminati e qualsiasi tipo di bellezza che la terra in cui abitava avesse da offrire.

«Stiamo per atterrare» lo avvisò Toto, toccandogli una spalla e facendolo sussultare. Lo aveva colto alla sprovvista mentre era completamente assorto dalla musica che stava sentendo e da ciò che, con tanta attenzione, stava osservando sul suo cellulare.

Annuì, recuperando le sue cose, che aveva sparso sul tavolino davanti a sé, togliendosi poi le cuffiette dalle orecchie. La musica era una parte fondamentale della sua vita, senza la quale non sapeva stare. Gli dava carica, gli trasmetteva emozioni e lo faceva viaggiare con la mente. Era anche un modo per distrarsi da tutto quello che lo circondava, quando aveva bisogno di staccare la spina e rilassarsi.

Ogni tanto componeva anche qualcosa, gli piaceva creare melodie, mettendo assieme i suoni e gli era capitato anche di registrare qualcosa, anche se per la maggior parte erano canzoni rimaste solo nella memoria del suo computer, eccetto una. Aveva provato a tenere segreto il fatto che fosse lui a cantare quelle poche strofe assieme ad un'altra cantante famosa, ma le persone lo avevano scoperto in poco tempo e ogni cosa era caduta.

«Questo fuso orario mi destabilizza» commentò George, lasciandosi ricadere sul sedile davanti a lui. «Che ore sono?» chiese, passandosi una mano nei capelli castani, sempre perfettamente in ordine.

Lewis osservò l'orologio che teneva al polso, che aveva già impostato sull'orario australiano. «Le cinque e dieci di mattina» disse, stiracchiandosi leggermente.

L'altro sbadigliò. «Fortuna che oggi abbiamo solo le conferenze stampa e le riunioni da fare» si consolò.

Angela sorrise ad entrambi, passando dal corridoio per tornare al suo posto. Aveva un cuore grande lei e le piaceva donarne un pezzetto a chiunque lo meritasse. Lewis, senza dubbio, ne aveva una buona parte. Provava un affetto sincero nei confronti di quel ragazzino ormai uomo che nella vita non si era mai arreso. Lui che non aveva mai permesso a nessuno di dirgli cosa potesse o cosa non potesse fare. Che, nonostante tutto e tutti, aveva sempre seguito la sua strada.

Aveva fatto tanto per lui, lo aveva reso una persona migliore, aiutandolo anche in molte occasioni. Da quando Angela era nella sua vita, Lewis si sentiva più leggero, sapendo di avere sempre qualcuno al suo fianco su cui poter contare. Senza di lei, non avrebbe potuto realizzare tante cose.

Nonostante l'aereo stesse perdendo sempre più quota, ormai prossimo all'atterraggio, l'inglese comunque non riuscì ancora a staccarsi dallo schermo del suo cellulare. Stava ben attento a non far vedere a nessuno cosa stesse facendo, soprattutto perché lui stesso era imbarazzato dal fatto che stesse curiosando sui profili social di quella modella. Ma era la sua determinazione che non gli permetteva di restare con tutte quelle domande senza risposta riguardo la ragazza.

Sapeva che, qualsiasi cosa facesse, non fosse affar suo. Eppure non riusciva proprio a lasciare perdere, dal momento in cui tutto ciò che la riguardava sembrava così strano. Non si era mai interessata alla Formula 1, lo sapeva bene e la conferma gli era arrivata anche dai suoi profili, perché mai era apparsa una foto di una gara, con un pilota o qualsiasi altra cosa che riguardasse quello sport. E non perché fosse una persona riservata, anzi, un po' per il suo lavoro e un po' perché tante volte non aveva potere decisionale su quello che poteva o non poteva uscire su di lei, si sapeva bene qualsiasi cosa facesse nella vita.

Le sfilate, gli eventi, le feste, i ristoranti lussuosi o hotel da capogiro, questi erano i luoghi che frequentava. Non i circuiti. E mai una volta era stata a Monte-Carlo, da prima del suo ritiro dai social e dalla sua vita pubblica. Ma, ormai da qualche settimana a quella parte, lui l'aveva vista sia su una pista che in quella città. Insomma, non era lui ad essere impazzito da un momento all'altro, c'era qualcosa che non quadrava in tutta quella storia. Qualcosa di cui, però, sembrava comunque l'unico a curarsi.

Osservò le foto di alcuni servizi fotografici che aveva postato, nelle quali posava con indosso vestiti di grandi marchi della moda. Gli scatti delle sfilate e dei dietro le quinte di esse, appariva tutto così perfetto dal suo profilo. Completamente diversa da quella che era la realtà dei fatti. Perché lui ricordava bene tutte le volte in cui, ritrovandosi nel suo stesso luogo, l'aveva vista litigare con altre persone, bere troppo e andarsene mandando chiunque a fanculo.

Lewis notò come, ogni volta in cui aveva pubblicato una foto assieme a qualcuno, quelle fossero sempre persone diverse. Non vi era nessuno che appariva in più di uno scatto, che fosse in vacanza, sul set di lavoro, a cena fuori o in qualsiasi altra occasione. Era sempre assieme a persone diverse, come se non avesse nessuno di fisso nella sua vita. E lui non poteva saperlo, ma in effetti era esattamente così. Prima di lasciare il mondo dei riflettori, Jourdan non aveva nessuno su cui contare, era sola e riempiva la solitudine con troppo alcol, alcune pasticche e persone trovate per caso. Che per una sera o per una giornata diventavano suoi amici, solo per poi, finita la festa o la vacanza, tornare ad essere dei perfetti sconosciuti.

L'ultima foto che compariva sul suo profilo, risaliva ormai a quasi due anni prima. La vedeva ritratta prima di un'importante sfilata, alla quale avrebbe preso parte come volto principale di tutta la linea della famosissima stilista che l'aveva scelta. E poi più nulla, quella era l'ultima cosa che aveva postato sul profilo, prima che lo scandalo su di lei uscisse e lei sparisse dai riflettori per tutto quel tempo.

Ma era ricomparsa e lui lo sapeva bene. Era ricomparsa assieme a Max in quell'hotel in Bahrein e poi l'aveva vista di nuovo in quella caffetteria a Monte-Carlo. Niente di tutto ciò aveva un senso. Tramite quel suo curiosare sui suoi social, non era comunque arrivato ad avere nessuna risposta e la sua mente iniziava a tormentarlo.

L'aereo atterrò sulla pista, ponendo fine a quell'interminabile viaggio durato ore e mettendo un freno ai suoi pensieri impazziti. Salutarono la crew di bordo e poi, mano a mano, iniziarono a scendere. Raggiunsero la struttura dell'aeroporto, recandosi a fare gli ultimi controlli che poi gli avrebbero permesso di entrare ufficialmente nel paese.
Fuori, alcune auto li stavano aspettando. Era molto presto e per questo l'affluenza di fan e giornalisti scarseggiava decisamente. Salirono sulle rispettive macchine, diretti in hotel.

In quello stesso albergo, che sarebbe stata la loro meta, alcuni ospiti si stavano già svegliando. E tra questi, vi era anche Jourdan, anche se non proprio per volontà sua. Se fosse stato per lei, avrebbe dormito ancora per un bel po', ma qualcuno la pensava diversamente.

«Forza, il sole sta sorgendo e correre con l'alba che colora il cielo è impagabile» la voce di Charles la destò del tutto dal suo sonno e il modo in cui la liberò della coperta la fece mugugnare arrabbiata.

La ragazza aprì lentamente gli occhi, individuando la figura del ragazzo, non molto lontano dal letto. Afferrò il cuscino accanto a lei, lanciandoglielo addosso e riuscendo anche a colpirlo. «Ti dò due minuti per uscire dalla mia stanza, prima che ti tiri anche l'altro» lo avvisò.

Charles rise, facendo comparire sulle sue guance due fossette. «No, io non credo che lo farai» disse, avvicinandosi furtivamente al letto e strappandole il cuscino da sotto la testa.

Jourdan si mise a sedere di scatto, fulminandolo con lo sguardo. «Pierre ci sta già aspettando di sotto» la informò poi, indicando la finestra dietro di lui. La ragazza alzò gli occhi al cielo, emettendo un gemito frustrato, per poi dirigersi verso il bagno. Ne uscì alcuni minuti dopo, con i capelli legati in una coda alta e l'espressione ancora assonnata. Un semplice top nero le fasciava perfettamente il seno non molto prosperoso e dei pantaloncini aderenti coprivano la parte inferiore del suo corpo.

«Non capisco perché debba allenarmi con voi. Io non devo gareggiare nei weekend» lo fissò con sguardo ovvio, recuperando una felpa con la cerniera dalla valigia.

«Hai deciso tu di seguirci durante i Gran Premi» le fece presente, alzando un sopracciglio.

«Ho detto che avrei provato per vedere come andava» puntualizzò, ricordando il modo in cui aveva ceduto davanti alle insistenti richieste di Skye e del pilota monegasco, di essere presente alle gare. Aveva accettato, volendo essere fiduciosa del fatto che, se fosse stata attenta, le cose sarebbero andate bene, doveva solo evitare di attirare l'attenzione su di lei e poi si sarebbe potuta godere molti weekend in paesi diversi con i suoi amici.«E comunque, la mia idea era più quella di girare per il mondo, alloggiando in hotel di lusso e passando le mie giornate in piscina con un cocktail in mano» prese una bottiglietta d'acqua, bevendone un sorso.

«Ah, sì, capisco. Questo sarebbe accaduto nel caso in cui non ci fossimo stati noi a darti fastidio» dopo quelle parole, persino la ragazza faticò a trattenere una risata.

«Inizia a correre, Perceval» Jourdan aprì la porta della stanza, incitandolo ad uscire con un finto sguardo minaccioso. Arrivati nella hall, notarono subito come quell'ambiente fosse calmo, segno che ancora la maggior parte degli ospiti dell'hotel stessero dormendo. Uscirono dalle porte a vetri, raggiungendo l'altro ragazzo, che li stava aspettando seduto sul muretto dalla parte opposta della strada.

Pierre li notò, alzandosi in piedi e sistemandosi i pantaloncini bianchi, che gli arrivavano fino al ginocchio. «Era ora» commentò.

«Occhio a quello che dici, potrebbe minacciarti con un cuscino, come ha fatto prima con me» la prese amichevolmente in giro Charles, guadagnandosi un'occhiataccia.

«No, a lei piace farmela pagare in un altro modo» ammiccò l'altro.

«Almeno oggi, risparmiami i dettagli di quello che fate sotto le coperte» tagliò corto il monegasco.

Jourdan si avvicinò a lui, poggiandogli un braccio sulla spalla. «Non dirmi che ti scandalizzeresti a sentire che io e il tuo migliore amico ci divertiamo a fare dei giochetti di-» la stoppò prima che potesse continuare.

«No!» esclamò, mettendole un dito davanti al volto. «Non le voglio sentire le vostre fantasie, è mattina anche per me» aggiunse, per poi iniziare a correre. Gli altri due si scambiarono uno sguardo complice. Iniziarono a seguirlo, mantenendo il suo passo.

Non era la prima volta che si allenava con loro, certo, Jourdan non faceva gli stessi esercizi dei piloti, essendo molto impegnativi e fini alle gare. Però, quando si trattava di correre o fare altre cose leggere, capitava spesso che si aggregasse a Charles e qualche suo amico, quando erano a Monte-Carlo.

Osservò l'oceano alla sua sinistra, notando il sole sorgere all'orizzonte e colorare il cielo di calde sfumature arancioni. Le onde si infrangevano gentili sulla spiaggia deserta, donandole una piacevole sensazione di calma. Continuò a correre ancora per qualche metro, prima di rallentare un po' il passo rispetto agli altri due ragazzi.

«Sei già stanca J?» la voce di Pierre la risvegliò da quello stato di trance, nel quale era entrata fissando l'oceano.

Trattenne un sorriso. «No» affermò poco convinta. «Ma, per curiosità, fino a dove pensavate di arrivare?» domandò poi, sforzandosi di raggiungerli, così da poter sentire la risposta.

Charles lanciò una veloce occhiata all'orologio sportivo che portava al polso. Notò che ormai fosse passata già mezz'ora da quando avevano iniziato quella corsa e decise di fermarsi. Jourdan tirò un sospiro di sollievo, passandosi il dorso della mano sulla fronte sudata e liberandosi poi velocemente della felpa, che in quel momento la teneva fin troppo al caldo.

«Ci fermiamo già?» chiese Pierre, sistemandosi il ciuffo di capelli scuri che gli ricadeva sulla fronte in modo disordinato.

«Non so cosa vogliate fare voi due, ma, per oggi, io ho finito» proclamò Jourdan, sedendosi sul muretto che costeggiava la camminata sopra la spiaggia, cerando di riprendere fiato.

«E come pensi di tornare fino in hotel?» il francese si posizionò davanti a lei.

La ragazza ci pensò su per qualche secondo. «Con un taxi, o sulle tue spalle» rispose, alzando un sopracciglio.

Pierre rise, scuotendo la testa e sedendosi accanto a lei. «A che ora dovete essere al circuito per le conferenze stampa?» si rivolse poi a Charles, sapendo che se lo avesse chiesto all'altro, sicuramente non avrebbe saputo risponderle.

«Alle dieci. Non so Pierre, ma io poi pranzo lì con Carlos e gli ingegneri, perché dobbiamo discutere di alcune cose» la informò. Jourdan portò lo sguardo verso l'altro ragazzo, aspettando anche una sua risposta.

«Anche io non ci sono per pranzo, il team ha chiesto a me e a Yuki di fermarci più del previsto» rivelò.

«Bene, vorrà dire che mangerò con Skye» constatò lei, ringraziando il fatto che almeno la sua amica non avesse impegni.

«Non passi dal circuito nemmeno dopo?» Pierre la osservò da dietro le lunghe ciglia.

Jourdan scosse la testa. «È il giorno delle conferenze stampa, ci saranno fin troppi giornalisti in giro e sai che io e loro non andiamo per niente d'accordo» gli ricordò.

«Ma sono lì per fare tutt'altro» replicò lui, riferendosi al fatto che la maggior parte di loro fossero dei giornalisti sportivi e si trovassero sul circuito per intervistare piloti e team principal.

«Anche in Bahrein erano lì per occuparsi di Formula 1, eppure questo non li ha fermati dallo scrivere l'articolo inventando una relazione tra me e Max, solo perché mi hanno vista assieme a lui» gli fece notare. «Ci vediamo stasera a cena, in ogni caso» cambiò discorso, non volendo continuare a parlare della stampa e della situazione che c'era tra lei e suo fratello.

Rimasero ancora per qualche minuto a conversare e poi i due riuscirono a convincere la ragazza a ritornare in hotel di corsa. Jourdan, in quei momenti, si sentiva leggera, come se tutti i suoi problemi smettessero improvvisamente di pesarle sul petto. Dopo una vita passata in solitudine, circondarsi di persone a cui interessasse per davvero qualcosa di lei, le faceva semplicemente bene.

Spesso ripensava a tutte le scelte sbagliate che aveva preso e si diceva che se fosse tornata indietro, ora che aveva visto le conseguenze, avrebbe fatto tante cose in modo diverso. Purtroppo però non poteva cambiare il passato, poteva solo concentrarsi sul presente e cercare di prendere il meglio da ogni situazione. La sua carriera lavorativa era appesa ad un filo, un filo estremamente sottile, che avrebbe potuto spezzarsi da un momento all'altro. E la sua vita privata era un disastro, tra relazioni andate male e rapporti occasionali gestiti nel modo sbagliato.

Per il momento, quel piccolo accordo di divertimento tra lei e Pierre stava andando bene, ma per quanto sarebbe durata? E l'amicizia che aveva creato con Charles e altri piloti, che fine avrebbe fatto? Stava nascondendo a tutti parte della verità su di lei e la sua famiglia. Li aveva presi in giro, sotto alcuni punti di vista e stava continuando a farlo. Era sempre tutto più grande di lei, ogni situazione che aveva dovuto affrontare nella vita era sempre stata più complicata di quello che potesse gestire.

Continuava a dirselo: era solo questione di tempo prima che anche quella piccola parentesi felice venisse spazzata via sotto i suoi occhi. Era già successo, quando l'avevano separata da Max e tutto aveva cominciato ad andare a rotoli. Sarebbe stato solo come rivivere il passato. Quando sarebbe capitato, almeno non si sarebbe fatta trovare impreparata. La sua unica consolazione era questa.

Arrivarono davanti all'hotel, che aveva iniziato ad animarsi, con ospiti che entravano e uscivano. Fuori da quelle porte, con il cellulare tra le mani, vi era anche una faccia ormai familiare a Jourdan.

«Ciao, Lewis» Charles non perse tempo, avvicinandosi subito a lui. «Siete appena arrivati?» gli domandò poi, non avendolo ancora visto durante i due giorni precedenti.

L'altro ricambiò il suo saluto, con un sorriso e una pacca sulla spalla. «Sì, dovevamo fare alcuni meeting a Brackley, perciò siamo arrivati solo oggi» spiegò, mentre lo sguardo ricadeva involontariamente su Jourdan.

La ragazza era rimasta un po' più distaccata, accanto a Pierre, che le teneva un braccio attorno alle spalle. Il pilota francese non aveva mai stretto particolari rapporti con Lewis, non sapeva dire perché, ma nessuno dei due aveva mai provato a cercare un'occasione per avvicinarsi di più, ampliando la loro conoscenza rispetto a quelle poche parole che ogni tanto si scambiavano durante le gare. Ecco perché entrambi si limitarono a sorridersi e farsi un cenno del capo.

«Vai già al circuito?» Charles continuò a parlare con lui.

«Sì, Angela sta facendo il check-in e poi andiamo» rispose, indicando la donna che attendeva con pazienza al bancone della hall.

«E George?» l'altro cercò il ragazzo con lo sguardo, non vedendolo però da nessuna parte.

«Carmen era già qui, quindi, da quello che ho capito, è andato direttamente al circuito» gli spiegò, informandolo del fatto che la fidanzata di George fosse presente anche in quel weekend.

Nel frattempo che i due continuarono con il loro discorso, Pierre e Jourdan si allontanarono per qualche minuto, andando a prendere un caffè al bar esterno dell'hotel, avendone davvero bisogno. Lo sguardo di Lewis non mancò nemmeno in quel momento di osservare furtivamente la figura della ragazza. C'era qualcosa in lei che continuava ad attirare la sua attenzione, al di fuori di quelle domande senza risposta. E questo nonostante il suo cervello gli ricordasse costantemente dei guai che era capace di combinare.

Già quando l'aveva incontrata alle sfilate o a qualche evento, era sempre rimasto affascinato dalla sua bellezza, ma frenato dal suo carattere autodistruttivo. Chiunque aveva fatto delle scelte sbagliate nella vita e aveva commesso degli errori, nessuno era un santo e lui per primo non aveva mai avuto la presunzione di pensarlo di se stesso. Però, perseverare nello sbaglio era tutta un'altra storia.

Non la conosceva, non sapeva le sue ragioni e per quello che vedeva all'apparenza non riusciva nemmeno a comprenderle. Eppure, nonostante ciò, il fascino che quella ragazza si portava dietro continuava a colpirlo.

Jourdan, dal canto suo, non si era lasciata scappare l'occasione per guardarlo anche lei di sottecchi, ricordando il loro ultimo incontro. Le era sembrato gentile e disponibile all'inizio, quando le aveva offerto quella bevanda calda, ma poi si era rivelato tutto un trucco per porle domande da lei considerate troppo personali, con lo scopo di scoprire cose che non lo riguardavano.

Non ricordava molto, o meglio, non voleva ricordare di tutte le volte in cui l'aveva incontrato in passato, perché sapeva che probabilmente l'aveva vista dare il peggio di sé. Ma quegli eventi, quelle feste e le sfilate la mettevano davvero a dura prova e affrontarle a mente completamente lucida risultava impossibile per lei. Ecco perché finiva sempre per combinare qualche casino.

Durante l'anno vissuto a Monaco, non l'aveva però mai visto. Questo perché Lewis non era solito stare lì in quel periodo di pausa dalle corse. In più, dopo aver passato una brutta stagione, colpa di alcuni errori fatti nel costruire la macchina, che non gli avevano permesso di competere come aveva sempre fatto da quando aveva iniziato a correre in Formula 1, aveva avuto bisogno di staccare un po' da tutto e da tutti.

Esattamente come aveva fatto anche la stagione ancora prima, quando aveva perso il mondiale perché la direzione gara aveva scelto di reinterpretare i regolamenti, lasciandolo così fottuto. Dopo quell'episodio doloroso, affrontare il fatto di non potersi prendere subito la sua rivincita, non era stato semplice da mandare giù. Ecco perché aveva deciso, anche quell'anno, di non tornare per niente a Monaco durante quei mesi invernali e di passare un po' di tempo lontano, prendendosi cura di se stesso, riordinando bene tutte le idee.

Charles e Lewis conclusero il loro discorso e mentre il primo riprendeva a camminare per la sua strada, Jourdan lasciò andare avanti anche Pierre, fermandosi difronte all'inglese. «Tieni, questa volta te lo offro io e ricambio il favore» gli porse il caffè d'asporto in più che aveva preso. «Ma ti risparmio l'interrogatorio» gli rivolse un sorriso beffardo, prima di andarsene senza nemmeno dargli possibilità di ribattere.

Le labbra di Lewis si incresparono in un sorriso, non riuscendo a capire se fosse divertito o stizzito dal suo gesto. Era stata un'ottima frecciatina, che gli aveva permesso di comprendere come lei in realtà avesse capito da subito le sue intenzioni in quel bar di Monte-Carlo. Era più furba di ciò che credeva e il suo carattere schietto la portava a non farsi alcun problema davanti a nessuno. La guardò andarsene, fino a quando non fu del tutto scomparsa dalla sua visuale, per poi bere un sorso di quel caffè amaro.

La giornata per lui iniziò per davvero dal momento in cui arrivò al circuito di Albert Park. Una schiera di giornalisti e fotografi erano già posizionati appena dopo i tornelli dell'entrata, pronti a catturare ogni pilota e team principal che avesse fatto il suo ingresso. Angela scansionò i pass di entrambi, fecero così il loro ingresso nel paddock e i fotografi non persero tempo, iniziando ad immortalare il modo impeccabile con cui Lewis si era vestito.

Era stato il primo a portare un vero cambiamento nell'abbigliamento dei piloti, il primo a non presentarsi sempre con abiti casual o rappresentanti del team per cui correva. Lewis amava la moda e amava vestirsi bene, rispecchiando il suo stile e ad un certo punto non aveva più capito perché dovesse fingere che non fosse così quando si presentava ai circuiti. Ecco perché aveva deciso di cambiare quelle regole non scritte, iniziando ad indossare ciò che più preferiva.

Camminò nel paddock, seguito sempre dai fotografi, sorpassando alcuni motorhome degli altri team e fermandosi per fare qualche scatto con alcuni fan. Nel frattempo, anche altri piloti arrivarono al circuito e quando lui finì di fare un veloce spuntino assieme a Toto, Angela, Bono e alcuni meccanici, erano ormai tutti arrivati.
Per l'orario previsto, ognuno si presentò alle proprie conferenze stampa, dando il via vero e proprio a quel weekend di gara.

Vi furono domande tecniche, curiosità e questioni su cui fare chiarimenti. Come sempre accadeva, durante alcune domande, i piloti si perdevano a scherzare tra loro e capitava che qualcosa restasse in sospeso.

Le conferenze terminarono relativamente presto, per la felicità di tutti. Soprattutto di Max, che le aveva affrontate con una certa ansia rispetto al solito. Sapeva che le domande fatte all'interno di quelle circostanze non avrebbero potuto virare troppo sulla sua vita privata, ma non aveva potuto fare a meno di avere i nervi tesi.

Al termine di quella giornata passata al circuito, si stava dirigendo assieme a Lando, con il quale aveva legato molto durante l'ultimo anno, verso l'uscita del paddock. Stavano parlando e facendo predizioni per il weekend, quando un gruppetto di giornalisti si avvicinò a loro.

Inizialmente sembrò che gli stessero scattando alcune foto, catturando quel momento di amicizia tra loro. Ma poi, il quesito di uno di loro fece agitare subito Max. «Con chi sei venuto questo weekend? Da solo o con la nuova ragazza?» il ragazzo cercò di restare impassibile, mentre Lando gli lanciò un'occhiata, aggrottando le sopracciglia.

Sapeva che Jourdan alloggiasse da lui ormai da un anno, come la maggior parte dei suoi compagni di pista. Non aveva mai legato con lei però e non si era mai interessato troppo a quella situazione, ritenendola un qualcosa della quale, se Max avesse voluto parlargli, lo avrebbe fatto da sé.

«Max, non ha funzionato con l'altra modella e hai preferito andare sul sicuro con la Reed?» un altro giornalista insistette, ma il pilota olandese continuò a camminare, facendo finta di non aver nemmeno sentito il velato insulto che aveva appena fatto alla ragazza, nonostante la cosa lo innervosisse parecchio. Avere quei microfoni a quei registratori così vicini al viso, essere circondato in quel modo, lo infastidiva, ma doveva cercare di restare calmo.

Incrociarono i piloti dell'Alfa Romeo, poi i due dell'Aston Martin e proprio in quel momento arrivò la domanda che minò del tutto la sua pazienza. «So che quella non è la tua nuova ragazza, Max. Perché la stai facendo passare per una relazione e non dici la verità su quello che c'è sotto?» lui arrestò i suoi passi, fermandosi di scatto e voltandosi verso il giornalista.

«Che cosa cazzo hai detto?» gli chiese a denti stretti, avvicinandosi pericolosamente a lui. Quella domanda lo aveva agitato parecchio, non capiva come quell'uomo potesse insinuare una cosa del genere. Significava che in realtà sapeva qualcosa? E se sì, come aveva fatto a scoprirlo?

«Ho detto che dovresti imparare a prenderti la tua responsabilità e dire la verità sulla tua famiglia» insistette il giornalista, che lui era certo di non aver mai visto prima, e Max non ragionò più. Si scagliò contro quell'uomo, dandogli una spinta e facendogli perdere l'equilibrio. Riuscì a non cadere, poggiandosi ad un suo collega dietro di lui. Fu a quel punto che Lando smise di fingere di ignorare la situazione, intervenendo.

«No, Max. Max! Che cazzo fai?!» lo afferrò per un braccio, prima che potesse colpire il giornalista. «Stai fermo» lo strattonò. Cercò di tirarselo dietro, allontanandosi sotto gli occhi di tutti, compresi quelli dei due piloti Aston Martin, che da lontano avevano osservato e sentito tutto.

«Verrà fuori la verità, è solo questione di tempo» udì la voce del giornalista, già lontana, mentre Lando non mollò mai la presa sul suo braccio, trascinandolo fuori dal paddock.

«Ma sei scemo?!» gli chiese il ragazzo dai capelli ricci.

Max si limitò a guardarlo, mentre i suoi pensieri erano ancora fermi alle parole di quel giornalista. Rimuginava su ciò che aveva detto, facendosi venire in testa mille domande e altrettante preoccupazioni. L'amico, che ancora lo guardava incredulo, non poteva certo capire cosa fosse successo.

Lando non si era mai interessato più di tanto a quelle voci che erano uscite dopo la gara in Bahrein. Insomma, lui era sempre uno dei primi ad essere messo in mezzo a pettegolezzi di ogni tipo, quindi aveva evitato di dare peso a quelle notizie. Però ora gli sembrava che sotto ci fosse qualcosa di più che un semplice gossip messo in giro per attirare l'attenzione. E la reazione di Max non lasciava intuire altro.

Ma anche in quel momento, Lando evitò di indagare. «Non li sopporto» borbottò il biondo, riferendosi ai giornalisti, sistemandosi meglio il cappellino che quasi sempre portava in testa.

«Pensavo che avessi finito con queste reazioni poco razionali» commentò l'amico, fermandosi davanti all'auto con la quale era arrivato a quel circuito. La fama che precedeva Max era quella di essere un ragazzo troppo impulsivo e aggressivo, sia dentro che fuori la pista. In passato aveva creato molte polemiche e scaturito diversi problemi, litigando con altri piloti e rilasciando interviste decisamente poco simpatiche. Ma da due anni a quella parte, sembrava essersi calmato e quegli episodi non si erano più visti. Almeno fino a quel momento.

«È stata colpa sua. È stato uno stronzo» rispose per tanto, voltandosi, provando a scorgerlo ancora oltre l'entrata ormai lontana del paddock.

Lando decise di tagliare corto con quel discorso, non volendo più alimentare il suo nervosismo. «Dai, amico. Era solo un giornalista in cerca di notizie che avrebbero potuto pagargli la benzina per tutta la prossima settimana» sminuì la questione, sperando che ciò che era appena successo non creasse scalpore. «Vai in hotel adesso e rilassati per le prove libere di domani» lo salutò, entrando poi in macchina e partendo velocemente.

Max lo guardò andarsene, prima di decidersi a salire a sua volta in auto e lasciare quel circuito. In hotel, però, non trovò la tranquillità che tanto sperava, perché, dal momento in cui entrò in camera, notò subito sua sorella con un'espressione arrabbiata dipinta in volto.

«Ti metti anche ad aggredire i giornalisti adesso?!» Jourdan gli andò incontro, mostrandogli la schermata del cellulare, sulla quale campeggiava un video che lo ritraeva mentre spingeva quell'uomo.

Il ragazzo chiuse gli occhi per qualche secondo, scuotendo la testa. Probabilmente quel video e quella notizia avevano già fatto il giro del mondo. «Quello stronzo ha detto-» provò allora a spiegare il suo punto di vista, ma lei non lo lasciò terminare.

«Qualsiasi cosa abbia detto, tu non puoi reagire così. Non sei più un ragazzino, Max» gli ricordò, fissandolo severamente. Anche lei aveva a che fare con i paparazzi nel suo quotidiano e non poteva negare che alle volte sapevano essere davvero invadenti e scortesi. Ma alcuni era proprio quello che cercavano con i loro comportamenti, una reazione. E Max gliel'aveva servita su un piatto d'argento, come anche Jourdan aveva spesso fatto in passato.

«Se dicessi la verità, non ti farebbero queste domande» puntualizzò, incrociando le braccia al petto.

E lui perse nuovamente la pazienza. «Me ne farebbero altre!» esclamò. «Saremmo comunque perseguitati da giornalisti che vogliono scrivere la notizia dell'anno» continuò, non capendo davvero come potesse pensare che quella fosse la soluzione migliore.

«Verrà fuori in ogni caso, Max. Se quel giornalista ha detto così, è perché qualcosa sa» non era un bluff, aveva visto il video, fatto da un fan, che ritraeva il fratello e quell'uomo, si capiva benissimo che il giornalista sapesse ciò di cui stava parlando. Per la sicurezza con cui lo aveva detto e perché, soprattutto, quello che aveva detto era alquanto preciso. «Credi che sia meglio che si venga a sapere da terzi invece che da noi?» gli chiese poi.

Max lasciò che la rabbia prendesse il sopravvento e che le sue parole iniziassero ad essere calibrate solo da essa. «Non lo so, Jourdan! Non so cosa fare, okay?!» gridò. «Non mi aspettavo di dover convivere con questa cosa» era un problema che non si era mai posto in effetti. E perché avrebbe dovuto? Non la vedeva da quando aveva sei anni e mai avrebbe pensato che lei sarebbe potuta andare a cercarlo in una situazione del genere. «Eri sparita e hai deciso di tornare da me nel tuo momento peggiore» quasi l'accusò, come se in quel caso volesse farle una colpa del fatto che avesse voluto cercare aiuto in lui. Per un secondo, preso dalla collera, lo vide come un gesto fatto apposta per affossarlo.

«Qui non siamo abituati a combinare una stronzata dietro l'altra come fai tu e fregarcene della reputazione» disse poi, lasciandosi ricadere seduto sul letto. «Perché, cazzo, questo casino l'hai creato tu» non demorse dalla sua linea.

«Hai ragione» parlò Jourdan, sorridendo amaramente. «Non sarei mai dovuta venire a chiederti aiuto, dovevo arrangiarmi come ho sempre fatto» quasi si convinse di aver fatto la scelta più sbagliata rifugiandosi da lui. «Sono stata stupida io a pensare che ci fosse ancora un briciolo di legame tra noi» si incolpò.

«Smettila, lo sai che non intendevo quello» la corresse Max, cercando di ragionare sulle parole che le aveva detto, lasciando da parte la rabbia.

«E cosa intendevi? Che avrei dovuto restarmene chiusa dentro quell'appartamento a Monaco e non provare mai più a riprendere in mano la mia vita?» domandò retoricamente, alzando anche lei la voce.

Il fratello tornò in piedi, troppo nervoso per restarsene lì seduto. «No. Ma perché non hai ripreso davvero con la tua vita?» le chiese. «La tua vita non è qui, sui circuiti. Non appartieni a questo mondo» per un secondo fu come se fosse la voce di suo padre a parlare. Jos, sin da quando erano piccoli, continuava a ripetere ad entrambi che lei non apparteneva a quel mondo nel quale il fratello stava entrando e che avrebbe dovuto smettere di seguirlo sui circuiti o intromettersi mentre lavorava al suo kart. E Jourdan si sentì come trasportata indietro nel tempo. In un tempo in cui aveva iniziato a capire per davvero che non fosse affatto desiderata in quella famiglia.

«Perché non sei tornata a quello che facevi?» continuò Max, dando voce a dei dubbi che in tutto quel tempo gli avevano martellato il cervello. «Non avrebbe portato ad alcun problema per nessuno» concluse, spostando lo sguardo oltre la finestra, verso l'oceano. Sapeva bene di aver sbagliato, di aver esagerato con quelle parole. Lo sapeva sin dal momento in cui aveva deciso di pronunciarle, eppure non era stato in grado di trattenersi.

«Perché io la odio quella vita!» sbottò Jourdan, non riuscendo più a trattenersi. «L'ho sempre odiata» ribadì, con la voce rotta e gli occhi ormai lucidi.

Non era stata lei a voler entrare nel mondo della moda, era stata costretta da Agnes. Tutti pensavano che amasse ciò che faceva, perché era una delle migliori nel suo campo. Ma non era così. Odiava tutte le restrizioni che provavano ad imporle le persone con cui lavorava. Odiava le sfilate e la folle preparazione che c'era dietro, che metteva a dura prova il suo fisico e la sua mente. Odiava gli eventi, dove doveva sempre tenere un sorriso sulle labbra, anche quando il mondo le stava cadendo addosso. Odiava ogni cosa.

Probabilmente, se avesse scelto di fare quella vita, se quella fosse stata per davvero la sua passione, allora tutto ciò lo avrebbe anche apprezzato, addirittura amato. Ma non poteva accadere, dal momento in cui non era stata lei a scegliere quel mondo fatto di specchi. E Max lo sapeva bene, lo sapeva sin dal momento in cui li avevano separati. Solo che aveva scelto di dimenticare, perché era più facile e meno doloroso. Perché per anni si era sentito in colpa, per non aver fatto di più, per non aver fermato i suoi genitori dal prendere quella decisione di portarla lontano da lui. E allora aveva preferito dimenticare, fingendo che, in realtà, anche lei fosse d'accordo con loro.

Jourdan aveva passato anni a sentirsi sola e incompresa. A commettere uno sbaglio dietro l'altro. A distruggersi sempre di più con le sue stesse mani, senza che nessuno provasse ad aiutarla.
Da un anno a quella parte, le sembrava di aver scorto nuovamente la luce infondo al tunnel, una nuova opportunità.
Forse però, si era solo illusa.

«Ma hai ragione, io non appartengo a questo mondo. Stare qui crea solo problemi» disse, afferrando la sua borsa e avviandosi verso la porta di quella stanza.

«Jourdan, dove vai? Aspetta» la richiamò Max, scattando verso di lei e iniziando a rendersi davvero conto del peso che le sue parole avevano avuto.

La ragazza si voltò verso di lui, guardandolo con rabbia, trattenendo le lacrime. «Tranquillo, non creerò altri drammi» si sbatté la porta alle spalle, chiudendo così quella conversazione e anche il suo weekend in Australia.

🌟🌟🌟

Non dimenticatevi di lasciare una stellina🙏🏻

Siamo solo al terzo capitolo, ma perché farci mancare i drammi?😚

Pare che Lewis, alla fine, non sia proprio stato capace di lasciare perdere e ignorare Jourdan. Ha anche curiosato sui suoi social, però non ha ancora delle risposte alle sue domande.
Credete che le troverà presto?

Nel frattempo, Jourdan credeva di poter passare un bel fine settimana assieme ai suoi amici. E invece...
Pensate che quel giornalista sappia davvero qualcosa sulla famiglia Verstappen?

Una cosa è certa, la lite tra Max e sua sorella sembra aver preso una piega decisamente seria. Sistemare le cose non sarà semplice.
Cos'altro potrebbe andare storto?

Per scoprirlo non dovrete fare altro che continuare a leggere😈

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XOXO, Allison💕

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