Capitolo 10 - Le luci della città


Principato di Monaco.
Monte-Carlo.

Spostò gli occhi dalla strada per pochi secondi, osservando le facce esaltate dei suoi amici e chiedendosi, per l'ennesima volta, come avessero fatto a convincerlo a passare quella serata in un club del Principato. Un momento prima era steso sul divano nel salotto, con Roscoe ai suoi piedi che dormiva e il computer poggiato sulla pancia, intento a lavorare con un po' della musica che aveva in archivio. E un momento dopo si era ritrovato completamente vestito, a guidare per raggiungere quel locale.

La settimana del Gran Premio di Monaco si faceva sempre più vicina, ormai era solo questione di qualche giorno, prima che quella città si trasformasse del tutto, accogliendo celebrità, addetti ai lavori e fan. Ed era proprio questa la scusa che i suoi amici avevano usato, quando, senza alcun preavviso, avevano fatto irruzione in casa sua.

Non li stava aspettando, non sapeva nemmeno che sarebbero arrivati a Monte-Carlo quella sera. Infatti, quando aveva udito il suono del campanello e il portiere del palazzo lo aveva avvisato della presenza di: "due ragazzi che la stanno cercando, dicendo che manca solo lei per completare il trio meraviglia."
ne era rimasto del tutto sorpreso. Aveva capito subito a chi si riferisse e non si aspettava minimamente che i suoi due migliori amici fossero partiti dall'America per raggiungerlo lì con quel largo anticipo.

Così, li aveva fatti salire e prima ancora che potesse ribattere sull'idea che aveva per passare la sua serata, loro lo avevano obbligato a vestirsi e andare in uno dei locali più famosi di Monte-Carlo. «Vedrai che ci ringrazierai per averti portato fuori dal salotto di casa tua» gli disse Daniel, da tutti conosciuto come Spinz. Era uno dei suoi amici più di vecchia data, lo conosceva ormai da anni e aveva uno speciale rapporto con lui, non solo perché era anche uno dei suoi fotografi e direttori creativi, ma perché ormai era come se fossero due fratelli.

«Sì, abbiamo prenotato il tavolo migliore del locale» aggiunse Miles, sporgendosi dai sedili posteriori. Anche lui lo conosceva ormai da qualche anno e i due avevano legato sin da subito. Il ragazzo era uno schermidore professionista, che gareggiava sotto il logo della Red Bull, lo stesso logo che rappresentava il team di Formula 1 più in rivalità con quello per cui correva Lewis. Eppure, questo non sembrava aver fermato nessuno dei due dal diventare ottimi amici.

«Da quanto stavate organizzando questa serata?» domandò il pilota, parcheggiando l'auto nello spiazzo davanti al locale.

«In realtà è stata una cosa dell'ultimo minuto» confessò Miles.

«Sì, ci stavamo sentendo al telefono, chiedendoci quando saremmo dovuti venire a Monaco ed entrambi ci siamo trovati d'accordo nel farlo subito» spiegò Spinz. «Così abbiamo preso un aereo ed eccoci qua, pronti a svoltarti la serata e non solo» aggiunse, prima di scendere dall'auto.

Miles, una volta fuori, si stiracchiò leggermente. «Dovevamo prendere il suv, non questa» commentò, riferendosi alla macchina sportiva dalla quale era appena sceso.

«Sei tu che ti sei infilato lì dietro» Lewis indicò i sedili posteriori, non capendo perché, lui che era decisamente il più alto tra i tre, avesse deciso di sedersi lì, dove lo spazio per le gambe scarseggiava rispetto al davanti.

Prima che l'amico potesse dargli una risposta, la ragazza che si occupava dell'accoglienza di quel locale, li interruppe. «Benvenuti, mando subito qualcuno per accompagnarvi al vostro tavolo» parlò con un gran sorriso dipinto in volto. Non avevano avuto bisogno di presentarsi, perché lei sapeva già bene chi fossero e aveva provveduto da sé a spuntare il loro nome dalla lista che aveva sotto mano. «Prego, seguite pure la mia collega» disse poi, indicando un'altra donna che si era appena affacciata alla soglia di quella porta.

Entrarono all'interno del locale, scoprendolo già colmo di persone. La musica che fuoriusciva dalle casse sovrastava qualsiasi altro rumore, mentre i fasci di luce colorata e non, che si alternavano, contribuivano a creare la giusta atmosfera, tipica di una festa. Una festa a cui le persone partecipavano per prendersi una pausa dalle loro vite e passare una serata senza dover pensare a nulla, semplicemente divertendosi.

Ed era esattamente ciò che anche lui e i suoi due amici avrebbero fatto. I programmi che aveva erano andati in fumo, tanto valeva adattarsi e prendere il meglio da quello che Spinz e Miles avevano organizzato. E poi, una serata in loro compagnia, lontano da tutti gli impegni e le responsabilità, era davvero ciò che gli serviva.

Raggiunsero il loro tavolo, posizionato su un piccolo palchetto rialzato, accanto alla console del DJ. Era centrale e allo stesso tempo appartato rispetto agli altri, il compromesso perfetto che serviva a tutti e tre. «Quante bottiglie vi porto?» chiese la donna che li aveva accompagnati fino a lì.

I tre si scambiarono qualche occhiata. «Il Gran Premio è il prossimo weekend, qualcosa lo puoi bere anche tu, no?» gli domandò Miles.

Lewis annuì. «Senza esagerare però» si raccomandò.

«Porta tre bottiglie di champagne, una di gin e qualche acqua tonica» rispose allora l'altro, facendo contrarre il volto dell'amico in una smorfia. «Tranquillo, così abbiamo una scusa per invitare qui qualche ragazza e offrire loro da bere» Miles gli indicò il resto del locale, colmo di persone, per la maggior parte donne.

Il pilota scosse la testa, alzando gli occhi al cielo, non riuscendo però a trattenere un sorriso. Tra i tre, Miles era senza dubbio quello che più amava divertirsi con le ragazze. Aveva qualche anno in meno di lui e non si sentiva ancora pronto per intraprendere una relazione seria. Preferiva qualcosa di occasionale, senza troppo impegno. Voleva dare la precedenza alla sua carriera, esattamente come lui. La differenza tra i due stava nella discrezione con cui decidevano di intrattenersi con qualcuna.

La stessa donna tornò poco dopo, seguita da due camerieri che reggevano un secchiello contenente gli alcolici che avevano ordinato e un vassoio con sopra alcune tartine da stuzzicare. «Divertitevi. E, per qualsiasi cosa, mi trovare qui in giro» si rivolse a loro, per poi lasciarli definitivamente.

Spinz stappò la prima bottiglia di champagne, riempendo i bicchieri di tutti e tre. «Alla nostra serata» brindò, per poi bere un generoso sorso di quel liquido alcolico.

Al di là di quella pista da ballo, altre persone avevano appena fatto il loro ingresso. Lewis e i suoi amici non erano stati i soli a pensare di prendere parte alla serata che quel famoso locale aveva organizzato. Anche Skye aveva pensato bene di mettersi d'accordo con il suo gruppo e andare a divertirsi tutti assieme.

«Un vestito più corto non ce l'avevi?» Max incrociò le braccia al petto, fissando la sorella con un certo disappunto.

«Sì, ce l'avevo. Sia più corto che più trasparente di questo» rispose per tanto lei, assumendo uno sguardo di sfida.

Skye si intromise. «Fate i bravi voi due» gli poggiò le mani sulle spalle. «E comunque, è un Roberto Cavalli fatto su misura, se capissi cosa questo significa, non avresti fatto quel commento» aggiunse, indicando prima la sua amica e poi puntandogli il dito contro.

No, Max non capiva come ciò che gli avesse appena detto potesse giustificare le fattezze di quell'abito. Era un vestito a maniche lunghe, decisamente corto, caratterizzato da un tessuto trasparente color nude, decorato da disegni floreali e inserti in velluto nero e marrone, contornati da brillanti dei medesimi colori, posizionati in modo strategico, così da coprire ciò che quel tessuto decisamente non copriva.

Skye lanciò la sua borsetta, con poca delicatezza, sui divanetti che circondavano i tre tavoli che avevano prenotato, mentre Jourdan non diede il minimo peso allo sguardo del fratello, che ancora era fisso con disappunto su di lei, andando subito a salutare Charles e Daniel. «Questa deve essere una serata indimenticabile» le disse l'australiano, passandole subito un calice di champagne.

«Allora è meglio che non vada oltre a questo» gli fece presente la modella. «Manca qualcuno?» chiese poi, guardandosi attorno. Charles le cinse le spalle con un braccio, facendola voltare assieme a lui e indicandole un punto della pista da ballo. «Oh, hanno iniziato presto stasera» scherzò Jourdan, riferendosi a Pierre e Lando, che stavano conversando con due ragazze.

«Appena ti vedrà con indosso questo vestito, non credo che Pierre riuscirà ancora ad avere occhi per qualcun'altra» commentò, ridacchiando divertito.

«Quanto hai bevuto già?» gli domandò allora, notando anche come il suo sguardo fosse un po' perso e i suoi zigomi leggermente arrossati.

Il monegasco alzò alcune dita della mano, senza indicare un numero preciso. «Tre, quattro bicchieri. Non lo so, Danny continua a passarmeli» disse, facendo spallucce. Jourdan scosse la testa in modo divertito, per poi raggiungere la sua amica, che la stava richiamando con un gesto dell'indice.

«Andiamo al bancone del bar» le disse Skye, aggrappandosi al suo braccio.

«Non c'è abbastanza alcol qui che puoi bere? Dobbiamo per forza buttarci in mezzo a tutta quella calca di gente?» chiese di rimando, osservando la pista gremita di persone e chiedendosi come avrebbero fatto ad attraversarla per riuscire a raggiungere la parte opposta.

L'amica alzò entrambe le sopracciglia, stupita dal fatto che non avesse capito il suo reale intento dietro quelle parole. «Voglio fare un giro di ricognizione» precisò allora.

Jourdan arricciò le labbra, comprendendo finalmente il secondo fine. «Andiamo» acconsentì, anche se con poca voglia. Il "giro di ricognizione" come lo chiamava Skye, consisteva in null'altro che una passeggiata nel mezzo della pista, fino al bar, che serviva alla ragazza per scrutare le persone presenti. Non aveva una relazione fissa, anche se, fedele al suo animo romantico, la desiderava. Eppure, durante quelle serate fatte apposta per divertirsi, non si privava di una possibile avventura o conoscenza.

Le due scesero dal palchetto rialzato, sopra il quale erano posti i tavoli che avevano riservato, ritrovandosi ben presto nel mezzo di quella pista. Erano tutti intenti a muoversi a tempo di musica e crearsi anche solo un piccolo varco per passare, risultava alquanto difficoltoso, come già si era immaginata.

«Sei arrivata» una voce e due mani che le si posarono sui fianchi, la fermarono. Si voltò di scatto, ritrovandosi appiccicata al corpo di Pierre.

«Poco tempo fa» precisò, mentre gli occhi del ragazzo vagavano sull'abito che stava indossando, apprezzando molto ciò che stavano vedendo.

Fece scorrere una mano verso il basso, poggiandola sulla sua coscia scoperta. «Questo vestito è...» lasciò la frase in sospeso, mentre le dita continuarono a scorrere sulla sua pelle, iniziando una lenta risalita verso l'alto.

Jourdan lo fermò prima che potesse raggiungere l'orlo dell'abito, ponendo una mano sopra la sua. «Non avrai l'onore di sfilarmelo questa sera» lo informò, facendo trasformare la sua espressione in un mezzo broncio. «Ti limiterai a guardare ma non toccare» aggiunse, muovendo qualche passo indietro, sfuggendo alla sua presa.

«Così non vale però» protestò.

La ragazza sorrise divertita.
Quando lei e lo stilista si erano ritrovati per uno dei tanti servizi fotografici fatti assieme, durante una pausa, lui le aveva confessato che avrebbe amato poterle disegnare un abito su misura, solo per lei. Che potesse anche tramandare un messaggio, così come tutta la nuova collezione che stava lanciando. Perciò, per qualche giorno, i due si erano incontrati nel suo atelier principale, lavorando a quel vestito.

Il risultato finale era stato uno degli abiti più delicati, sensuali ed elaborati che lui avesse mai disegnato. Tanto da decidere di incorporarlo nella sfilata di presentazione della collezione, solo come pezzo speciale, non disponibile alla vendita. Jourdan aveva chiuso la défilè, camminando in passerella con indosso il vestito e portando con sé il fondamentale messaggio che vi avevano attribuito.

La moda era anche arte e per questo doveva essere libera espressione, senza timori. Quell'abito era un pezzo d'arte che rappresentava la libertà che ogni donna avrebbe dovuto avere di indossare ogni cosa ed essere comunque padrona di decidere se e quando un uomo avrebbe potuto avvicinarsi a lei. Perché non doveva essere la lunghezza o la trasparenza di un vestito a legittimare i gesti sbagliati di qualcuno.

Si era infatti ripromessa di indossare altre volte quel pezzo speciale della collezione e non permettere mai a nessuno, che non fosse lei stessa, di sfilarglielo.

«Raggiungo Skye, prima di perderla definitivamente» lo avvisò, avvicinandosi al suo orecchio per sovrastare il rumore della musica. «Tu vai a divertirti» gli disse poi, incitandolo con un gesto del capo a tornare dalle due ragazze con cui, fino a poco prima, lui e Lando stavano intrattenendo una conversazione. Pierre le sorrise gentile, lasciandole un bacio sulla guancia e poi voltandosi per tornare dal suo amico.

Al tavolo accanto alla console del DJ, Lewis stava cercando di restare serio mentre vedeva l'espressione delusa che Miles aveva dipinta in viso. «Smettila» gli disse, puntandogli il dito contro.

«Scusa, ma è stato davvero esilarante» si giustificò il pilota, non riuscendo più a trattenersi quando Spinz scoppiò a ridere di gusto, seguendolo a ruota.

«Amico, dai, sei andato lì tutto convinto» lo prese in giro quest'ultimo. «"Guardate come le convinco entrambe ad unirsi a noi"» imitò la sua voce. «E mentre ti stavi avvicinando hanno iniziato a baciarsi. Vedere la faccia che hai fatto quanto ti sei reso conto di aver proprio sbagliato con le tue intuizioni, è stato impagabile» continuò, non riuscendo più a smettere di ridere.

«Oh, fanculo, Spinz» tagliò corto l'altro, afferrando un bicchiere di champagne e lasciandosi ricadere sul divanetto in velluto nero.

Lewis si sedette accanto a lui, bevendo dell'acqua tonica. Dopo un sorso di alcol, preso per il brindisi di inizio serata, aveva evitato di toccarne dell'altro, sapendo di dover guidare per ritornare a casa. Non gli pesava, perché non era un grande amante del bere e tanto meno dell'ubriacarsi. In passato aveva trascorso parecchie serate alzando un po' di più il gomito con i suoi amici, ma era giovane e farlo risultava quasi d'obbligo alle feste di quel tipo.

Ora era un adulto a tutti gli effetti e, oltre ad aver capito che non aveva alcun bisogno dell'alcol per divertirsi, aveva anche compreso che non gli piaceva nemmeno più di tanto. Perciò beveva solo qualche bicchiere di campagne all'occasione e più raramente un bicchiere di qualche superalcolico, senza mai esagerare. Inoltre, a stagione in corso, le volte in cui, se davvero avesse voluto bere di più, avrebbe potuto farlo, erano piuttosto rare. Quella sera faceva parte di tali occasioni, ma non aveva comunque alcun problema a rinunciarci.

«Non può andarti sempre bene» era insolito che il suo amico non riuscisse a fare colpo su qualche ragazza. Miles era innegabilmente bello, carismatico e con quella piccola parvenza da menefreghista che faceva cadere ai suoi piedi la maggior parte delle donne. Prima o poi, però, capitava anche a lui di trovare qualcuno che non fosse minimamente interessato.

L'altro non ricambiò lo sguardo del suo amico, continuando a tenerlo fisso davanti a sé. Non dando nemmeno peso alle sue parole, concentrato su un punto preciso di quel locale. «Guarda chi c'è» allungò il braccio, indicando qualcuno. Lewis si sporse più verso di lui, cercando di capire a chi si stesse riferendo.

Non ci volle molto prima che realizzasse di chi si trattava in realtà.
In una parte della pista, non tanto lontano dal bancone del bar, Jourdan era intenta a ballare assieme alla sua amica. Si muovevano entrambe a ritmo di musica, sembravano divertirsi parecchio, cantando la canzone in sottofondo e ridendo molto spesso.

«Non è Jourdan Reed?» la domanda di Miles lo distolse dai suoi pensieri, ma non riuscì a fargli distogliere anche lo sguardo dalla figura della ragazza.

«Non saprei» mentì.

L'amico alzò un sopracciglio, osservandolo e notando con quanta attenzione stesse fissando la modella. «Prenditi pure tutto il tempo che ti serve per riconoscerla» gli toccò il braccio con il gomito, ridacchiando quando lui sussultò, come se fosse stato svegliato da una specie di stato di trance. Lewis fece finta di nulla, ma l'altro non demorse. «Ho saputo che ora frequenta i circuiti, sei riuscito a parlarle o fai ancora come durante gli eventi di moda? Limitandoti a fissarla, convito che nessuno noti il tuo interesse per lei?» gli chiese, beccandosi un'occhiataccia.

«Non ho nessun interesse per lei» puntualizzò. Eppure, anche quella frase sapeva di bugia. Un interesse, nei confronti di quella ragazza, ce l'aveva eccome. Non si trattava di sentimenti, ma l'attrazione fisica che provava e la curiosità di guardare oltre quell'alone di mistero che sembrava avvolgere lei e il suo passato, c'erano eccome. «É bella, parecchio anche, questo non potrebbe negarlo nessuno» proseguì, sistemandosi meglio sul divanetto. «Ci andrei a letto? Probabilmente. Ma questo non significa che mi interessi infilarmi in qualcosa di più serio con lei» concluse, bevendo un abbondante sorso delle sua acqua tonica.

«E chi parlava di qualcosa di più serio?» ripose Miles, ridacchiando. «Basta che ci avverti e io e Spinz andiamo a stare in hotel questa notte» gli fece l'occhiolino. Lewis in tutta risposta scosse la testa, perdendosi per un attimo con lo sguardo nel vuoto, senza nemmeno rendersene conto.

L'amico allora si fece serio, lasciando da parte ogni scherzo e frivolezza. Gli poggiò una mano sulla spalla, costringendolo a voltarsi verso di lui. «Ma, se volessi qualcosa di più serio...» il pilota alzò gli occhi al cielo, già pronto ad interromperlo. «Non parlo di lei, parlo in generale» si affrettò ad aggiungere. «Potresti averlo, Lewis. Non c'è bisogno che ti privi a priori di questo.»

«Invece sì. Non posso far convivere il mio lavoro con una relazione stabile. Ci ho provato e so già come va a finire» ricordò quel tempo, di tanti anni prima, in cui lui e la sua ex ragazza erano stati felici insieme e quel tempo in cui ogni cosa era finita, come se mai fosse iniziata. «Prima sembra tutto idilliaco, ti diverti a far coincidere impiego e amore, ad averla al tuo fianco, mentre fa il tifo per te. E poi, tutto d'un tratto, qualcosa si rompe e quello che prima vi faceva tanto felici, ora vi irrita» parlava per esperienza, vissuta direttamente sulla sua pelle. «Perché arriva sempre quel momento in cui vieni messo davanti ad una scelta. Con quello che faccio, è inevitabile» sorrise amaramente.

Era felice, non gli mancava la sua passata relazione. Non gli era mai mancata durante tutti quegli anni, chiudere era stata la cosa giusta. Era fiero della persona che era e dei risultati che aveva raggiunto. Ma, la cosa che più amava fare, gli impediva di poter trovare la felicità anche al di fuori di quei circuiti. Una felicità che andava oltre lo stare bene con se stesso o con i suoi amici. Una felicità diversa da qualunque altra, che lui aveva sperimentato per tanto tempo, alla quale poi aveva dovuto rinunciare.

Miles scosse la testa. «Non è così. Non per forza deve sempre andare male. Puoi anche trovare quella persona che non ti chiederà di scegliere, che ti capirà davvero e ti supporterà, perché vorrà vederti felice» peccato che Lewis non riuscisse a credere a quella possibilità. «So che sono l'ultimo che può permettersi di dare lezioni in proposito. Ma l'amore è questo, voler solo il bene dell'altro» gli ricordò.

Lewis lo sapeva, ecco perché aveva chiuso quella relazione con la sua ex ragazza. Non voleva e non poteva darle ciò che gli stava chiedendo, ciò che lei desiderava più di tutto: una famiglia e una vita stabile. Il suo lavoro era la sua priorità, in passato come ora, per questo evitava di legarsi a qualcuno. Non voleva dover scegliere di nuovo, dover soffrire ancora.

«Cerca di essere sicuro che i muri che ti sei costruito attorno, per non soffrire, non diventino una prigione» alzò un'angolo della bocca, sospirando, osservandolo con uno sguardo che esprimeva un bene genuino.

Lewis annuì leggermente, sorridendogli. «Grazie, Miles» lo strinse in un abbraccio fraterno, grato di averlo al suo fianco. «Siamo venuti qui per divertirci però. Lasciamo stare questi discorsi adesso» tagliò corto infine, facendolo alzare in piedi assieme a lui.

Raggiunsero Spinz, che era intento a ballare dietro la console del DJ, al quale ora si era affiancato Lando, che si stava alternando assieme a lui per suonare. I due piloti si salutarono e poco dopo anche Pierre si unì a loro.

Nel frattempo, Jourdan e Skye erano tornate ai loro tavoli. Alcuni ragazzi si erano avvicinati alle due, mentre ballavano in pista, nessuno però sembrava aver attirato l' attenzione della bionda e alla fine aveva preferito prendersi una pausa, per far riposare i piedi.

La modella si sedette, afferrando una bottiglietta d'acqua e bevendone un gran sorso, decisamente assetata. «Che hai combinato?» domandò divertita, nell'esatto momento in cui Charles si lasciò ricadere accanto a lei.

Il monegasco guardò la sua maglietta verde scuro, sporcata da qualche macchia. «Ops, sì, quella potrebbe essere colpa mia» intervenne Daniel, parandosi davanti a loro.

«Direi che avete entrambi bevuto abbastanza per questa sera» allungandosi, gli strappò dalle mani la bottiglia di champagne mezza vuota, la cui maggior parte era finita proprio sulla maglia di Charles.

L'australiano fece spallucce, sembrando concordare con quell'affermazione, mettendosi poi a conversare con Max, che era appena tornato dal bagno. Jourdan li osservò per qualche secondo, rendendosi conto del fatto che anche suo fratello doveva essersi lasciato andare con l'alcol. Lo si evinceva perfettamente dalla sua andatura ciondolante e dal sorrisetto inebetito che non riusciva a togliersi dalle labbra.

A quanto pareva, nel suo gruppo di amici, lei era l'unica ad essere sobria. Aveva bevuto solo un bicchiere di champagne, a differenza degli altri, che avevano decisamente alzato il gomito. Charles scattò in piedi, rischiando di inciampare, riuscendo a non cadere solo grazie al fatto che si poggiò completamente alla schiena di Daniel. «Questa canzone» disse, mentre anche l'altro si voltava verso di lui, fissandolo con un gran sorriso e uno sguardo complice.

Entrambi portarono la loro attenzione sulla console del DJ, scorgendo Lando dietro di essa. «Sapevo che doveva essere lui!» esclamò, battendo le mani assieme. «Solo lui poteva metterla» aggiunse.

«Andiamo» disse Charles, avviandosi verso la pista, con l'intento di raggiungere Lando e Pierre.

Danny lanciò un'occhiata a Max. «Vieni?» ma il ragazzo scosse la testa. Amava fare festa, soprattutto assieme ai suoi amici, però preferiva farlo nell'intimità dello spazio che avevano riservato, al posto che buttarsi in mezzo al resto della folla. Si andò così a sedere accanto a Skye e i due iniziarono presto a conversare indisturbati.

Jourdan, qualche metro più in là, era rimasta con quella bottiglia di champagne in mano. La fissava con insistenza, osservando il liquido al suo interno, che ne riempiva la metà. La mosse di poco, facendolo ondeggiare e sbattere contro le pareti scure e si chiese che male ci sarebbe stato se ne avesse preso un sorso. Aveva bevuto solo un bicchiere, sapeva di essere in grado di reggere l'alcol, un altro goccio non le avrebbe fatto nulla. Tutti i suoi amici avevano bevuto molto più di lei e sembravano divertirsi parecchio. A differenza sua che, come sempre, si stava perdendo nel labirinto dei suoi stessi pensieri.

Jourdan si rese presto conto di essere rimasta sola.
La maggior parte del suo gruppo si era spostato dietro la console ed erano intenti a ballare e cantare a squarciagola. Voltò la testa, osservando poi il fratello e la sua migliore amica, seduti non molto lontano da lei. Stavano parlando, molto ravvicinati, mentre Max le passava una mano nei capelli e prima ancora che riuscisse a realizzare, Skye, aiutata dall'alcol, poggiò le labbra sulle sue. Iniziarono a baciarsi, mentre la modella sgranava gli occhi e apriva la bocca per quel gesto totalmente inaspettato.

Era successo tutto così velocemente che lei si sentì di troppo in quella situazione. Decise di fingere di non aver visto nulla, lasciandoli fare, sapendo che tanto la sua amica, il giorno dopo, l'avrebbe chiamata in panico per raccontarle tutto. Strinse il collo di quella bottiglia, per poi poggiarla con poca delicatezza sul tavolino davanti a lei e alzarsi veloce. Camminò verso la pista, decisa ad andare fuori da lì. Aveva davvero bisogno di una sigaretta.

Ancora una volta, cercò di farsi spazio tra la folla e quando arrivò nei pressi del bar, qualcuno la fermò. «Ciao» non aveva idea di chi fosse il ragazzo che si era parato davanti a lei, ma, dallo sguardo lascivo che le stava lanciando, poteva già intuire quali fossero le sue intenzioni. «Posso offrirti qualcosa da bere?» le chiese, sfoggiando un sorriso.

«No, grazie» declinò l'offerta, cercando di oltrepassarlo.

«Dai, aspetta. Sei sicura? Potremmo divertirci» insistette, parandosi nuovamente davanti a lei. Le allungò il bicchiere, colmo di un indefinito liquido colorato, che teneva tra le mani, ponendoglielo a pochi centimetri dal viso.

Jourdan contrasse la mandibola, infastidita da quell'insistenza. «Ho detto di no» parlò con tono duro. «E adesso levati» aggiunse, dandogli una leggera spinta, riuscendo finalmente ad oltrepassarlo.

Mentre lei camminava decisa verso la terrazza di quel locale, qualcuno la stava seguendo con lo sguardo già da un bel po'. Da quando Miles gliel'aveva fatta notare, gli occhi di Lewis, nonostante si stesse divertendo con i suoi amici, non riuscivano ad evitare di spostarsi, di tanto in tanto, alla ricerca di quella ragazza. L'aveva vista seduta da sola, fissare quella bottiglia e poggiarla bruscamente sul tavolo. E l'aveva vista declinare qualsiasi cosa quel ragazzo le avesse offerto e poi camminare con un certo nervosismo verso le portefinestre di quella grande sala.

Cercò di ignorare la folle idea che la parte irrazionale del suo cervello gli stava suggerendo, concentrandosi nel continuare a ballare con i suoi amici. Presto però, i suoi movimenti si stopparono del tutto e la testa si voltò ancora nella direzione nella quale lei era uscita. «Torno subito» avvisò Spinz. L'amico annuì in modo distratto e lui iniziò a camminare verso la terrazza.

Una volta fuori, l'aria fresca gli colpì il volto e le braccia, che la maglia smanicata che indossava gli lasciava scoperte. Si guardò attorno, cercandola e trovandola quasi subito. Jourdan era poggiata con gli avambracci al parapetto in sasso chiaro di quella grande terrazza. Guardava davanti a sé il panorama che quell'altezza offriva sulla città sottostante e sul mare, tenendo una sigaretta stretta tra le labbra e aspirando di tanto in tanto.

Non riuscì a fermarsi, prima di dare una veloce occhiata al suo corpo. Risalì con gli occhi quelle lunghe gambe scoperte, incontrando l'orlo dell'abito che stava indossando, perdendosi per qualche secondo nei dettagli di quel vestito. L'effetto vedo e non vedo che creava contribuiva solo a far aumentare l'attrazione fisica che provava verso di lei. Ogni cosa in lei sembrava riuscire a sedurlo, anche il dettaglio che per qualcuno sarebbe potuto sembrare insignificante.

Durante tutti quegli anni, durante i quali si erano limitati a guardarsi da lontano, a qualche evento di moda, mai si era reso conto di quanto riuscisse ad attrarlo. Forse perché era sempre rimasta, ai suoi occhi, come una figura inavvicinabile, chiusa nel suo mondo, sempre attorniata da stilisti, fotografi, manager e altre colleghe. Persa nei suoi pensieri, con quel sorriso falso e lo sguardo triste di chi aveva troppi guai nella testa. Divisa tra qualche bicchiere di troppo e gossip che le pesavano sulle spalle, forse troppo fragili per poter reggere tutto quel peso da sola.

Ma, ora che aveva finalmente avuto occasione di parlarle, ora che la vedeva fuori dal suo mondo fatto di specchi, era diventata una persona concreta, non più una specie di mito dipinto da quegli articoli di giornale. E la sua attrazione fisica si era concretizzata a tutti gli effetti, mescolandosi alla curiosità, che per anni si era portato dietro, di scoprire cosa nascondesse al di là di quegli occhi dominati dalla burrasca. Occhi che, a quanto pareva, celavano molto di più di ciò che si era immaginato.

"Perché sei qui fuori?"

Si domandò nella sua mente. Il weekend appena passato si era raccomandato con se stesso di ignorare l'attrazione fisica che provava verso di lei e ora, appena ne aveva avuto l'occasione, le era corso dietro senza nemmeno sapere la ragione. Stava agendo incoerentemente contro se stesso e non aveva alcun senso. Forse avrebbe dovuto tornare dentro, lasciar stare qualsiasi pensiero irrazionale che il cervello gli stava suggerendo e concentrarsi sulla serata con i suoi amici. Sì, quella era decisamente la cosa migliore da fare. E allora perché, mentre se lo diceva tra sé, aveva iniziato a muovere dei passi verso di lei?

L'affiancò, poggiandosi a sua volta sul davanzale, senza proferire parola, aspettando che fosse lei a notarlo. Jourdan voltò subito la testa, decisamente stupita di ritrovarselo accanto. «Hamilton, anche tu qui?» gli chiese, con una punta di sarcasmo nella voce, smettendo poi di guardarlo e tornando a concentrarsi sul panorama.

«Potrei dire la stessa cosa» rispose.

«Io sono qui fuori perché avevo voglia di fumare. Tu come mai?» domandò allora, alzando un angolo della bocca, facendogli capire che non si stava affatto riferendo alla serata in quel locale, ma allo specifico posto in cui si erano ritrovati.

Ci fu qualche secondo di silenzio, mentre lui cercava di riflettere su una possibile risposta. «Va bene» si arrese. «Ti ho vista allontanarti abbastanza turbata da quel ragazzo e volevo accertarmi che fosse tutto okay» confessò, riuscendo finalmente a dare anche a se stesso un perché alle sue azioni. Aveva solo voluto regalarle un altro gesto gentile. Anche se ormai aveva perso il conto di quanti già gliene aveva riservati . E, forse, come scusa per se stesso, iniziava a non reggere più.

Lewis fece aleggiare una mano, nel momento in cui una leggera folata di vento mandò il fumo nella sua direzione. «Scusa» disse lei, allontanando la sigaretta, ormai quasi finita, per poi spegnerla.

Lui le regalò un mezzo sorriso, decidendo di provare a dare un senso all'essere uscito per raggiungerla. «Sei qui con degli amici o con tuo fratello?» chiese. Ormai era arrivato il momento di smetterla di fingere di essere all'oscuro di quel dettaglio.

Jourdan spalancò leggermente gli occhi, mantenendo però lo sguardo fisso davanti a sé ed evitando di mostrargli la sua espressione sorpresa. «E quindi stavi solo fingendo di non sapere che fossi la sorella di Max, o qualcuno finalmente ti ha dato le risposte a tutte le domande che ti ponevi su di me?» decise di ribattere in quel modo, non facendosi trovare impreparata.

«Nessuna finzione e questo dettaglio l'ho saputo del tutto per caso» puntualizzò, evitando però di confessarle che in realtà fosse passato più di un mese da quando era venuto a conoscenza di tale informazione. «Inoltre, è l'unica cosa che ho scoperto. Perché tutte le altre mie domande su di te continuano a restare senza risposta» aggiunse, lanciandole quella provocazione velata.

La modella lo osservò di sottecchi. «Coraggioso ammettere così che faccia parte dei tuoi pensieri» lo punzecchiò, schioccando la lingua sul palato.

Il pilota si mordicchiò l'interno del labbro inferiore, stupito e divertito da come lei riuscisse sempre a trovare il modo di girare ogni cosa che le diceva a suo favore. «Coraggioso ammettere, con quell'espressione appagata, che la cosa non ti dispiaccia affatto» ribatté prontamente, girandosi nella sua direzione, poggiando un fianco al parapetto di quella terrazza. Lo stesso fece anche lei, sorridendogli furbamente.

Decise però di non ribattere. Recuperò invece il suo cellulare, scrutando l'ora, per poi sbuffare leggermente. Aprì il pacchetto di sigarette, che aveva poggiato accanto a lei, osservando per qualche secondo le uniche tre che le rimanevano. Voltò la testa, lanciando un'occhiata verso l'interno del locale, intravedendo i suoi amici ancora dietro quella console. Infine, tornò a porre la sua attenzione sul ragazzo che aveva accanto.

«Sei qui in macchina?» domandò. Il pilota annuì, aggrottando leggermente la fronte, non capendo il perché di quel quesito. «Puoi darmi un passaggio a casa?» gli chiese, lasciandolo alquanto spiazzato.

Non si aspettava minimamente quella richiesta. E, a dire il vero, nemmeno lei l'aveva programmato, le parole erano semplicemente uscite dalla sua bocca prima ancora che potesse rifletterci su. Non aveva alcuna voglia di tornare dentro quel locale, non aveva voglia di aspettare che i suoi amici si stancassero di quella serata e decidessero di andarsene. Aveva invece voglia di trascorrere ancora un po' di tempo con il ragazzo inglese che aveva davanti.

Forse se ne sarebbe pentita o forse no. In quel momento però, poco le importava. Finiva sempre per fare così, prendeva decisioni avventate, quando si trovava in situazioni che stuzzicavano la sua curiosità. E poi, quando ormai i danni erano fatti, si ritrovava con le conseguenze tra le mani e la difficoltà assoluta nel gestirle.

Lewis ci rifletté su per qualche secondo. Miles e Spinz sembravano divertirsi, sicuramente sarebbero rimasti lì dentro ancora per un po' e in ogni caso, per tornare nel suo appartamento, avrebbero potuto prendere un taxi. Era anche vero però, che acconsentire non fosse proprio prudente. Si era detto di starle lontano, per evitare di commettere qualche mossa avventata, dettata dall'irrazionalità, mossa dall'attrazione fisica che provava verso di lei. Eppure, questo suo buon proposito non era durato a lungo. Lo aveva infranto raggiungendola fuori.

Portarla a casa, la casa di Max, oltrepassava decisamente quella linea di confine immaginaria che aveva tracciato tra loro. Era già con un piede dall'altro lato, sarebbe bastato un nulla per attraversarla e lasciare che la sua razionalità svanisse. «Va bene» acconsentì, udendo in lontananza la voce della sua coscienza che lo riprendeva. Prima si diceva di starle lontano e un secondo dopo era lì che quasi le correva dietro, la sua incoerenza in quella situazione iniziava ad innervosirlo.

I due non dissero più una parola, limitandosi a camminare fianco a fianco fino a raggiungere l'auto, parcheggiata proprio accanto all'entrata del locale. La modella salì, accomodandosi sul sedile del passeggero e lo stesso fece Lewis, mettendosi alla guida. Jourdan osservò gli interni neri lucidi di quella macchina, lasciandosi catturare per un po' dal grande schermo di controllo che vi era sul cruscotto. «Carina» commentò infine.

Lewis non rispose, limitandosi a mettendola in moto e iniziare a fare manovra, cercando di concentrarsi solo sulla guida ed evitando di pensare a loro due chiusi in quel piccolo abitacolo. Lasciò velocemente lo spiazzo del locale, per immettersi nella strada che portava verso il centro della città.

Il silenzio dentro quella vettura stava diventando quasi opprimente, perché permetteva ai loro pensieri di tormentarli. Così, Jourdan decise di allungarsi verso lo schermo, accendendo la radio. Subito, tramite le casse dell'auto, si diffuse la melodia di una canzone che entrambi conoscevano, ma uno dei due amava decisamente di più. «There's not a soul out there. No one to hear my prayer» canticchiò lei, facendolo sorridere.

Il pilota le lanciò una veloce occhiata, per poi alzare leggermente il volume, avendo intuito che quella canzone dovesse piacerle. «Gimme, gimme, gimme a man after midnight» continuò, guardando, di tanto in tanto, il panorama della costa che si faceva sempre più vicino. «Won't somebody help me chase the shadows away?»

«Non avrei mai detto che fossi una fan degli ABBA» commentò lui, scalando le marce per imboccare una curva.

«Apprezzo le loro canzoni. Sono orecchiabili e soprattutto fanno parte di un film che da piccola amavo guardare e riguardare» rivelò, ricordando distrattamente qualche scena di quella pellicola. «Ti sarà capitato di ascoltarli, no?» domandò poi.

«Mi è capitato di ascoltare qualsiasi cosa ormai. La musica è una parte fondamentale della mia vita, mi serve per rilassarmi» le spiegò, raggiungendo la strada che costeggiava il mare e immettendosi di fatto nel pieno centro di Monte-Carlo.

Jourdan si ritrovò ad annuire. «Dovrei provare ad utilizzarla anche io per rilassarmi. Così magari riuscirei finalmente a smettere con quelle dannate sigarette» lo disse più a se stessa che a lui. Aveva ormai perso il conto delle volte in cui si era ripromessa di smettere di fumare, fallendo sempre.

«Potrebbe essere un'ottima alternativa. Sicuramente più sana» commentò, per poi imboccare la via che portava al complesso nel quale lei ora viveva con il fratello. E solo quando l'auto si fermò lì davanti, Jourdan si rese conto di tutta la strada che avevano percorso e di come il tempo fosse passato in un batter d'occhio. Quasi non si era nemmeno accorta di essere stata su un auto, talmente la guida del pilota era stata lineare e delicata, agevolata anche dal fatto che a quella tarda ora non ci fosse in giro quasi nessuno.

Lewis spense l'auto. «Bene, credo proprio che questa sia la tua destinazione» scherzò, indicando con la testa il palazzo che svettava alla loro sinistra.

«Sì» rispose lei, guardandolo negli occhi, quasi sussurrando. Si schiarì la voce, avvertendo improvvisamente la gola secca, come se la temperatura in quell'abitacolo si fosse alzata all'improvviso. O forse erano solo quegli occhi scuri, che sembravano confessarle tutto ciò che la bocca non osava. Esattamente come i suoi, all'interno dei quali, scrutando quelle sfumature di azzurro, Lewis poteva intuire che non era il solo a faticare per mantenere la razionalità.

Jourdan deglutì, avvicinandosi di poco a lui. «Grazie del passaggio» gli disse.

«Di niente» rispose lui. Ma nessuno dei due sembrò accennare a muoversi. Lei non scese dall'auto e lui non la rimise in moto.

L'inglese aveva il braccio poggiato vicino al cambio e in un gesto, che lei non seppe indicare come volontario o meno, le sue dita le sfiorarono la coscia scoperta, provocandole dei brividi lungo tutta la spina dorsale. La modella schiuse le labbra e lui colse l'occasione per creare nuovamente quel contatto. Sfiorò la pelle, spingendosi più in cima, arrivando al limite di quel vestito.

I respiri di entrambi si erano fatti pesanti e quel contatto visivo, che continuavano a mantenere, non li stava aiutando nel provare a ragionare in modo lucido. Dalla bocca di Jourdan uscì un lieve gemito, quando lui insinuò il suo dito sotto il tessuto dell'abito, disegnando dei piccoli cerchi immaginari. E quella fu l'ultima scintilla che servì per dare fuoco completo alla miccia.

Jourdan annullò ogni distanza tra loro, sporgendosi dal sedile e poggiando le labbra sulle sue. Fu un bacio inaspettato per entrambi, dal sapore tanto atteso. E, presto, non furono più solo le labbra ad incontrarsi, ma anche le loro lingue. In poco tempo il tutto diventò decisamente più appassionato.
Era come se entrambi trovassero in quel gesto il sollievo che stavano cercando. Le loro menti si erano spente. Nessun pensiero, niente coscienza, solo concentrazione verso ciò che stava accadendo.

Erano solo loro due, chiusi in quell'auto, con le luci della città a fargli da sfondo.

Lewis aumentò la stretta sulla coscia della ragazza, portandola ad emettere un altro piccolo gemito, che le sue labbra catturarono immediatamente. Le mani di Jourdan presero a vagare sul suo petto, avvertendo i muscoli contrarsi di tanto in tanto, attraverso il tessuto di quella maglia smanicata. Si avvicinò ulteriormente a lui, ritrovandosi quasi in ginocchio su quel sedile, agognando un contatto ancora maggiore rispetto a quello che già stavano avendo.

I denti della modella affondarono leggermente nel suo labbro inferiore e lui spostò l'altra mano sul collo di lei, provocandole una fitta nel basso ventre. Si chiese quanto sarebbe stato sbagliato se lo avesse fatto salire in casa, se per quella sera se ne fosse fregata del suo passato, dei problemi e delle paranoie e si fosse semplicemente lasciata andare a ciò che desiderava.

L'universo sembrò darle una risposta, prima che potesse farlo lei stessa.
Delle luci illuminarono l'abitacolo di quell'auto, costringendoli ad interrompere il bacio, riprendendo respiro. Una macchina si era appena fermata dietro di loro, qualcun altro che abitava in quel palazzo aveva parcheggiato e si stava accingendo a scendere. Questo li riportò alla realtà.

Erano andati contro tutto ciò che si erano prefissati di non fare. Dovevano stare lontani, ignorare l'attrazione fisica, fingere che la curiosità reciproca non esistesse. E invece si erano ritrovati a baciarsi passionalmente, desiderando di averne sempre di più l'uno dell'altra.

Con ancora i volti vicini e i respiri corti, guardarono dietro di loro e poi tornarono a fissarsi negli occhi. Lewis aprì la bocca, pronto per dire qualcosa, ma lei glielo impedì, fermandolo prima che potesse emettere anche solo un suono. «Zitto. Non dire niente» si allontanò da lui, ricomponendosi e sistemandosi meglio quel vestito che si era leggermente alzato, scoprendo altri centimetri di pelle.

Quell'abito che si era ripromessa di non farsi mai sfilare da nessuno. Una promessa che aveva perso ogni valore, dal momento in cui, fino a pochi secondi prima sarebbe stata disposta a permettere che fossero proprio le mani tatuate del pilota a liberarla da quel tessuto. «Questo non è mai successo» gli puntò un dito contro, prima di afferrare la maniglia della portiera. Uscì velocemente da quell'auto, quasi correndo verso l'entrata del palazzo, sparendo così dalla sua vista.

Lewis rimase immobile per qualche secondo, avvertendo ancora il sapore di quella ragazza sulle sue labbra. Poggiò la testa allo schienale, passandosi una mano sul volto e ritrovandosi poi a sorridere leggermente, mentre nella sua testa riviveva le sensazioni che aveva appena provato. Un sorriso che scomparve veloce, quando si rese conto per davvero di quello che era successo.

Non avrebbe dovuto.
Non con lei, la sorella di Max, una persona che ormai frequentava il suo mondo. Era andato contro ogni ideale che sempre si era sempre imposto di rispettare. Doveva smetterla di lasciarsi comandare dall'irrazionalità.
Non ci sarebbe più cascato.

Ed era la stessa cosa che Jourdan si stava ripetendo nella sua mente, mentre apriva la porta di casa e faceva ingresso nell'appartamento buio.
Non ci sarebbe più cascata.

Andò dritta in camera sua, liberandosi dei tacchi a spillo e lasciandosi ricadere a pancia in giù sul letto. «Che cogliona» si disse da sola, cercando di ignorare il formicolio che aveva al basso ventre, quando ripensava alle sensazioni provate con quel bacio.

Si stava infilando nell'ennesimo guaio, ma era ancora in tempo per uscirne.
O forse no?

Il suo cellulare iniziò ad emettere una serie di trilli consecutivi, segno che qualcuno le stava inviando parecchi messaggi. Si costrinse ad alzare la testa, smettendo di tenerla schiacciata contro il piumone. Recuperò il telefono, scoprendo che fosse Skye a scriverle.

"J dove sei?"
"Ti prego"
"Dimmi che sei ancora qui"
"Sono una cretina"
"Ho fatto un casino"

Questo era ciò che le aveva inviato, con un susseguirsi di sms. E lei sapeva già a cosa si stava riferendo, al bacio che l'aveva vista scambiarsi con suo fratello.
E poi, un altro messaggio illuminò la schermata del suo cellulare.

"Forse siamo in due ad aver fatto un casino..."

Jourdan si tirò velocemente a sedere, avvertendo un certo timore nell'aprire la foto che le aveva allegato. Skye non era l'unica ad aver baciato una persona che non avrebbe dovuto, quella sera. Anche lei aveva commesso un errore e quel messaggio la portò a pensare che qualcuno avesse potuto vederla, immortalare quel momento di intimità tra lei e Lewis e diffonderlo in rete.

Il cuore iniziò a martellarle il petto, mentre sbloccava il telefono, rivelando finalmente il contenuto di quell'immagine. Era un link che portava ad un video di Instagram.

"A quanto pare, Jourdan Reed ha deciso di godersi appieno questa sua nuova passione per la Formula 1 (o forse è meglio dire per i piloti)."

Così recitava il titolo, posto a caratteri cubitali sopra una foto che la ritraeva uscire dall'hospitality Mercedes, proprio qualche giorno prima.

«Porca puttana!» imprecò, sbattendo una mano sul materasso, per poi aprire il link e far continuare quel video.

"È stata infatti avvistata mentre lasciava il motorhome della Mercedes, dopo la gara di Imola, quando nel circuito non era rimasto altri che personale e piloti. Che fosse andata a provare i comfort della Casa tedesca, per confrontarli con quelli di Red Bull e AlphaTauri? O forse voleva solo confrontare i piloti e capire chi fosse il migliore?"

Sorrise amaramente nel leggere tali frasi, non stupendosi però dei gossip che certi giornalisti sapevano creare, inventando scenari ad hoc e dandoli in pasto alle persone che non vedevano l'ora di poter commentare dicendo la loro.

"Ricordiamo che la modella è già stata avvistata in compagnia di Max Verstappen e di Pierre Gasly. La domanda che ora sorge spontanea è: a quale pilota della Mercedes starà puntando ora? Al relativamente nuovo arrivato George Russell o al sette volte campione Lewis Hamilton?"

Terminava così. E lei si costrinse a gettare dietro di sé il telefono, prima di cedere e andare a leggere i molteplici commenti che la gente aveva già lasciato sotto quel video. Si rese conto che, ogni cosa le stava urlando di stare lontano da quel pilota.
Ma la sua mente non era l'unica a mandarle segnali contrastanti, anche l'universo sembrava essere incapace di prendere una posizione riguardo l'attrazione che la spingeva verso Lewis, visto ciò che si trovava adagiato sopra il comodino accanto al suo letto.

Piegò leggermente la testa su di un lato, quando i suoi occhi si scontrarono con una piccola busta bianca. Accantonò per un momento quel video appena visto, allungandosi e recuperandola.

Quello che non sapeva era che, mentre si trovava a casa di Skye, prima di andare nel locale, il portiere del palazzo aveva lasciato a Max quella busta, informandolo del fatto che fosse destinata a Jourdan. Il ragazzo l'aveva così poggiata nella sua stanza, dimenticandosi però di avvisarla.

La ragazza se la fece rigirare tra le mani per qualche secondo, prima di decidersi ad aprirla, restando poi quasi di stucco, quando lesse il nome del mittente.

🌟🌟🌟

Non dimenticatevi di lasciare una stellina🙏🏻

La loro volontà di starsi lontano è durata molto devo dire🤡
Finalmente si sono scambiati un primo bacio, anche se le cose poi non sono andate nel modo più idilliaco.
Si sono detti che non ci cascheranno più, ci credete?

Intanto hanno fatto il loro ingresso anche i due migliori amici di Lewis e si è scoperto qualcosina in più su di lui. Ed è solo la punta dell'iceberg, dietro al pilota c'è tutto un mondo da svelare ancora👀

Le foto di Jourdan, che esce dal motorhome Mercedes, sono ora uscite e questo potrebbe portare ad altri drammi.
Cosa dirà Max quando le vedrà? E Jos?

Ma soprattutto, che cosa sarà quella piccola lettera che ha ricevuto?

Per scoprirlo non dovrete fare altro che continuare a leggere😈

Commentate facendomi sapere cosa ne pensate e per qualsiasi cosa non esitate a scrivermi.

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XOXO, Allison💕

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