Giorno 8 / nero
La puzza l’avrebbe ucciso. Sì, ne era certo, la puzza l’avrebbe ucciso.
Era già morto? Non importava, sarebbe morto di nuovo.
Gli avevano dato un calcio alle coste, e lui stava ancora guaendo di dolore.
Rotolò nei liquami maleodoranti, finendo di schiena. Annaspò, la testa finì sotto il fango e inalò e ingoiò una buona dose di schifezza.
Si raddrizzò, tossendo e sputacchiando. Sentiva il sapore terribile del fango e degli umori delle anime tormentate, gli riempiva la bocca e lo portò a vomitare là in mezzo a quei corpi nudi che si agitavano.
Non vedeva bene, aveva le ciglia impiastricciate dalla merda in cui era finito, non se le sarebbe potute pulire con le mani, anche quelle erano sporche e appiccicose.
Non riusciva a ragionare, neanche un solo pensiero di senso compiuto. Solo dolore, angoscia, disperazione, paura.
Poi aprì gli occhi.
«Cazzo!» esclamò, sobbalzando sul suo spazioso letto matrimoniale, infilato sotto una leggera copertina e un lenzuolo che profumava di bucato fresco e di lavanda.
Danilo gli aveva parlato di sogni, non di incubi. Che fregatura.
Tentò di calmarsi, sentiva i battiti impazziti nel petto, le ginocchia ancora gli bruciavano, l’infezione non era ancora passata.
Sentì dell’acido risalirgli per l’esofago e rotolò giù dal letto per correre al bagno, dove rigettò i succhi gastrici ancora nella vasca idromassaggio.
«Fanculo» gracchiò, con voce rauca, i sudori freddi congelati sulla pelle.
Su all’Hotel Paradiso si stava molto meglio che giù all’inferno, eppure qualcosa dentro di lui non riusciva proprio a lasciare andare tutta la sofferenza accumulata.
Aveva imparato a intrufolarsi al ristorante quando la gente era poca, non riusciva a evitare di mangiare sino a esplodere e poi ritrovarsi a vomitare. Ogni tanto provava a dormire, ma aveva un sonno piuttosto agitato, anche se quella volta lo era stato più del solito.
Le ginocchia bruciavano ma non poteva lamentarsi, aveva una infinita disponibilità di alcolici ma non poteva ubriacarsi, era pieno di anime disponibili e gentili ma non poteva fidarsi. Solo Danilo lo teneva a galla, gli ricordava che gli sarebbe servito solo un po’ di tempo per abituarsi al nuovo ambiente, poi l’avrebbe superata.
Si sentiva un ingrato. Era passato dal luogo più orribile a quello più meraviglioso di tutti i piani dell’esistenza e non riusciva neanche a goderselo. Certo, era capace di sentire emozioni, e dormiva su un letto morbido, senza nessun demone a deriderlo e prenderlo a calci, però, benché non stesse male come prima, non riusciva neanche a stare bene.
Forse si sarebbe solo dovuto fidare di Danilo. Forse si sarebbe abituato al lusso, alle comodità, e i ricordi della sua eternità di dolore sarebbero sfumati sino a svanire.
Si ritrovò ad ansimare, afflosciato al bordo della vasca, in ginocchio. Avrebbe dovuto ripulire un’altra volta, ma questa non era stata colpa sua. Pensarci lo fece stare meglio.
Dopotutto, si trattava solo di un po’ di vomito. Lo avrebbe fatto scivolare nello scarico, come ogni volta, e nessuno si sarebbe accorto di nulla.
Sentire qualcuno che bussava alla porta con insistenza lo allarmò, poi una voce lo chiamò e lui la riconobbe, rilassando i muscoli.
«Ehi, ci sei? Apri, forza! È urgente!»
Facendo leva sul bordo della vasca, si alzò in piedi. Camminare diventava sempre più naturale, percorse il tratto di stanza che lo separava dalla porta con facilità. Non appena aprì, Danilo si infilò all’interno. Aveva l’aria stravolta.
«Che succede?»
«Shemuel è qui. È qui, e non dovrebbe esserci. È troppo presto. Qualcuno... qualcuno all’inferno si deve essere accorto che manchi all’appello. È venuto a cercarti.»
Tutto intorno a lui si spense, facendolo piombare nel buio. Era fatta, sarebbe tornato indietro, come nel suo sogno premonitore. Sarebbe tornato bestia, avrebbe perso tutto di nuovo. Il suo cuore non avrebbe retto, lo sapeva.
Respirò con tanta forza da strozzarsi ed esplodere in una tosse violenta.
Buio. Era tutto buio e glaciale. Era finita, non se l’era neanche goduta ed era finita, era stato così stupido, così stupido...
Sentì due mani che gli afferravano il volto e tornò con un fremito alla realtà.
«Ascoltami bene. Dobbiamo scendere al venticinquesimo, lui arriverà lì. Si farà vedere e inizierà con una scusa a cercare qualcosa che non va. Noi dobbiamo essere presenti quando accadrà.»
«Cosa? No! Io me ne starò qui a fingere di non esistere, e con un po’ di fortuna non mi troverà.»
«No, invece. Noi gli andremo incontro e ci mostreremo a lui. E lo faremo adesso.»
«Perché mai dovrei buttarmi tra le braccia dell’arcangelo che mi sta cercando?»
«Perché nessuno lo farebbe. E non sospetterà di te, se ti farai trovare là. Cercherà tra quelli che se ne sono tenuti ben lontani.»
«Non voglio farlo.»
«Invece lo farai. Andrà tutto bene, capito? Andrà tutto bene. Te lo prometto.»
Note autrice
L’arcangelo Shemuel è qui! Siete felici?
Domani lo conosceremo, e sarà un capitolo più corale di questi ultimi, che si sono concentrati più sul protagonista e sul suo aiutante fidato. Vedremo Shemuel, ci sarà qualche vecchia conoscenza, e chissà come se la caverà il nostro povero Francesco... vedremo!
Scusate per la brevità del capitolo ma purtroppo oggi non ho tanto tempo, sob... quello di domani sarà più corposo (credo).
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top