Giorno 30 / tazza
«Ahia, cazzo.»
La testa gli pulsava. Tutto gli faceva male. La luce intensa che riempiva l’ambiente gli spaccava il cranio a metà.
«Che cazzo è successo?» gemette una voce, proprio sopra la sua testa.
Alzò gli occhi. Steso a terra su un pavimento liscio, che andava verso di lui a gattoni, il suo compagno. Sembrava stare bene.
Francesco allungò la mano, l’altro la afferrò. «Che cazzo è successo?» chiese ancora.
Aprì la bocca per rispondere, ma qualcuno lo precedette.
«Solo un piccolo test di idoneità» sentirono, ma da qualunque parte guardassero, la stanza era deserta.
Si trovavano in un ufficio contabile, e come in Hotel non c’erano finestre. Una scrivania piena di scartoffie era proprio alla loro destra, mentre tutte e tre le altre pareti erano coperte di scaffali con libri voltati dalla parte opposta rispetto al dorso, con le pagine in bella vista e il titolo nascosto.
Qual era il bizzarro personaggio che aveva deciso di disporli in quel modo barbaro?
«Vedi» squillò, sempre la stessa voce, «in realtà era difficile non passare quel test. Sei rimasto indietro ad aiutare quest’anima e hai mostrato di essere degno di meritartelo, ma se l’avessi abbandonata e fossi corso da me, sacrificando una persona a cui tieni per il bene superiore, saresti arrivato lo stesso qui. Diciamo che avevo già deciso che ne valeva la pena.»
«Ma chi cazzo sta parlando?» sbuffò Danilo, che era riuscito ad alzarsi a sedere e poteva guardarsi intorno con più facilità.
«Perdonatemi. Dimentico sempre che voi anime mortali vedete in tre dimensioni... eccomi.»
Francesco vide Danilo sobbalzare, e fece lo sforzo di alzarsi a sedere anche lui.
Appollaiato sulla scrivania, c’era un ragazzo. Dimostrava sedici anni al massimo, aveva dei leggins di un giallo evidenziatore, un crop top rosa neon, e delle vistose scarpe da ginnastica. Aveva il fisico asciutto da atleta, e sorseggiava un liquido sconosciuto da una tazza che diceva Ho messo “DIO” in “CARDIO”.
Francesco aggrottò la fronte, perplesso. Aprì la bocca per domandare chi diamine fosse, ma lui lo precedette.
«Ti piace la mia tazza?» domandò, con un sorriso soddisfatto. «L’ho fatta io! Certo, ho fatto anche te, e il tuo amico, e questo studio, e gli oceani, e il sole, e il volo degli uccelli, e High School Musical, e la pasta alla carbonara... ma di questa» commentò, picchiettando sulla tazza nelle sue mani, «vado molto fiero.»
«Perché ci hai portato qui?»
La domanda di Danilo lo distrasse. Non aveva gli occhi spaventosi come tutti gli angeli del paradiso. Aveva l’iride di un nocciola anonimo, e un sorriso molto... umano. Persino la sua voce sembrava normale.
«Avete chiesto voi di conferire con me, no?»
«Abbiamo chiesto di conferire col bene superiore.»
Lui alzò la tazza in segno di saluto. «Eccomi qua!»
«Tu saresti il bene superiore?» domandò Danilo, scettico.
Quel ragazzo inclinò la testa dalla sorpresa. «Non hai letto la tazza?»
«Okay, okay, okay» si intromise Francesco, facendosi leva sulle ginocchia e alzandosi in piedi. «Siamo qui per parlarti delle anime mandate a scontare la pena all’inferno.»
Lui annuì con solennità. «Ma certo. Dobbiamo avvisare il bene superiore.»
«Non eri tu il bene superiore?»
Allargò il sorriso. «Perfetto! Allora so già tutto!»
Calò il silenzio. Lui si schiarì la voce, in imbarazzo. «Scusate. Ho inventato anche i meme, ma nessuno qua sopra li capisce, è un vero mortorio.»
«Le anime mandate alla dannazione» insistette Danilo, per non permettergli di divagare.
«Le anime mandate alla dannazione, certo. Vedete, uno riesce a delegare un po’ di mole di lavoro dopo qualche miliardo di anni, si affida ai suoi arcangeli, e guarda un po’ cosa gli combinano!»
«Le anime innocenti sono mandate alla dannazione. Non possono continuare così. È ingiusto.»
«Ma è ovvio! E comunque, anche se non lo fosse... ormai al Paradiso la pace se n’è andata, e non posso rinunciare al Paradiso. La pace eterna dopo la morte, la croce, il perdono, sono tutte parti essenziali della mia campagna marketing. Sai l’appeal che perderei, se tutte le anime andassero all’Inferno?»
«Quindi? Cosa hai intenzione di fare?»
«Lui come sta?»
Quel cambio repentino di argomento lo impensierì. «Lui chi?»
Il volto del ragazzo si fece impensierito, turbato. «Lui. So che gli avete parlato. Vi ha aiutato ad arrivare qui.»
Fu Danilo ad avere l’idea. «Lucifero?»
«Come se la passa? Bene?»
Francesco fece una smorfia. «Insomma, beh, ha sulle spalle tutte le torture di tutte le pene del mondo. Non era molto contento.»
«Mh» bofonchiò, offeso. «Vi ha detto di dirmi qualcosa? Un messaggio?»
«Non mi pare, no.»
«Capisco» sospirò. «E così, pensate che la pena riabilitativa sia l’opzione migliore.»
Lui e Danilo si scambiarono uno sguardo confuso. Avevano parlato di questo, giù all’inferno, quando erano da soli. Che questa bizzarra figura avesse sentito tutto?
«Ma certo» liquidò, senza bisogno che loro dicessero nulla. «Io so tutto. Sempre.»
«Se sai tutto, perché non hai fatto niente prima?»
«Hai idea di quanto lavoro ci voglia per tenere su l’universo? Mi distraggo un attimo e blam! Qualcosa implode e crea una nuova dimensione. L’ultima volta che mi sono preso una pausa c’è stato il Big Bang, lo sai questo?»
«Cosa c’era prima?» chiese Francesco, perché quello era uno dei più grandi misteri del cosmo e doveva saperlo.
Lui si strinse nelle spalle. «Un universo simile a questo, ma sulla terra la specie dominante era quella degli elefanti, e lo sport più popolare era il bowling. Non la mia versione migliore dell’esistenza, lo ammetto.»
Per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a capire se quell’essere lo stesse prendendo in giro.
«Comunque!» esclamò, saltando in piedi. «Con il vostro chiasso avete reso la questione una mia priorità. Congratulazioni, immagino. Valuterò la vostra proposta, è piuttosto rudimentale, ma c’è qualcosa che posso fare per lavorarci. E poi... diciamo che potrebbe darmi una mano a chiarire le cose con un vecchio amico.»
«Cioé? Tutto qui? Ci aiuterai?» chiese Danilo, che non sembrava convinto.
«Farò il possibile per esaudire la vostra richiesta. Ma se ci sarà un altro Big Bang perché mi sono distratto, sarà solo colpa vostra!» sbuffò, poi fece loro segno di levarsi dai piedi. «Ora smammare, per favore. Ho molto su cui riflettere. Quando qualcosa si adatterà, sarete i primi a saperlo.»
«Posso chiederti un’ultima cosa?» azzardò Francesco, in imbarazzo.
«Spara» rispose, facendo il segno della pistola con le dita.
«Che stai bevendo là dentro?»
Lui osservò il liquido nella tazza che aveva in mano. «Bibitone proteico al gusto antimateria» gli disse, poi aggiunse: «Addio.»
Note autrice
Chiacchieratina un poco bizzarra con il creatore dell’universo. Ve lo aspettavate così? Ho adorato utilizzare il prompt “tazza”, eheh.
Domani si vedrà se i loro propositi verranno esauditi e, nel caso, come. Nell’ultimo capitolo di questa storia, perfino!
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