Giorno 26 / spada

Il freddo l’avrebbe fatto impazzire, ne era certo. Gli si era infilato sotto i vestiti, penetrato sino alle ossa, insinuato nelle meningi e arrivato al cervello.

La cosa peggiore era che davvero non avrebbe potuto fargli del male. Non l’avrebbe mai ucciso, la tortura non avrebbe avuto mai fine.

I denti battevano tanto forte che la mandibola gli faceva male, e tutta la pelle bruciava come sulla graticola. Iniziava ad avere la mente intorpidita, e la torcia illuminava a scatti perché tutto il suo corpo era scosso da tremori insopportabili.

Le anime piangevano al suo passaggio, gemevano tra i sospiri, senza più forze, e il suo cuore si faceva sempre più lacerato.

Quando lo vide.

Lo riconobbe dal modo in cui era vestito, con quella maglia color senape per cui l’aveva preso in giro una volta.

Gli scappò la torcia di mano, che si spense e rotolò qualche passo più in là. Si inginocchiò sul ghiaccio, le ginocchia arsero dal freddo persino attraverso la stoffa dei vestiti.

«Ehi» mormorò, si rese conto di non avere fiato in gola. «Ehi, eccoti qui.»

Il corpo di Danilo era incastrato nel fango ghiacciato, intrappolato nel terreno e quasi del tutto ricoperto da una grossa crosta di ghiaccio.

Lui aveva gli occhi socchiusi, voltò lo sguardo per osservarlo ma non sembrò riconoscerlo subito.

Forse era troppo tardi. Forse era già impazzito.

Era tutta colpa sua. Era stato lui a insistere perché il segreto venisse fuori, Danilo non avrebbe voluto. Non l’avrebbe mai fatto, se non fosse stato per lui.

Gliel’aveva detto di non voler essere rimandato all’inferno. Danilo l’aveva avvisato e lui aveva fatto di testa sua comunque.

Ingoiò il groppo che aveva in gola.

«Mi senti? Riesci a... riesci a sentirmi?»

Sentì un mugolio strozzato d’assenso.

«Ora ti tiro fuori, okay? Ora ti tiro fuori. Aspetta. Ce la caviamo. Vedrai che ce la caviamo. Sono venuto per te. Sono venuto per te, ora ti porto via.»

Ma come farlo? Si guardò intorno alla frenetica e disperata ricerca di qualcosa di utile, quando gli sembrò di udire qualcosa di più elaborato di un verso di riconoscimento.

«Come scusa?»

Il suono si ripeté, così si protese verso di lui, abbassando l’orecchio.

«Vattene.»

Il sibilo, flebile ma inconfondibile, gli diede una stretta al petto. Lo guardò con gli occhi strabuzzati, incapace di dire altro.

«Vattene

Cercò di ripetersi che se l’era aspettato. Danilo aveva ragione, era sua la colpa. Si meritava di essere trattato così.

E allora perché stava così male? Perché sentiva come se il cuore fosse appena stato strappato a metà?

«Io...»

«È pericoloso. Scappa. Vattene.»

Sbatté le palpebre, interdetto. Ma allora–

«Va’ via, bimbo. Fai ancora in tempo. Ti prego, devi andare via subito.»

Una minuscola puntura di spillo lo pizzicò al centro del petto e quello sbocciò in uno squarcio che lo lasciò senza fiato.

Ci mise un attimo a capire, e un altro a riprendersi. «No. No, ora ti tiro fuori. Aspetta.»

Allungò la mano a tentoni verso il cesto. Aveva bisogno di qualcosa, forse gliel’avrebbe data come gli aveva dato la torcia in precedenza.

Infilò la mano alla cieca al suo interno, il buio era fitto e la torcia che gli era scappata di mano illuminava uno spazio in tutt’altra direzione.

La sua mano tastò qualcosa di metallico e gelido. Sobbalzò, ma si fece forza ed estrasse il contenuto.

«Ma che cazz–»

Una spada luccicava al fievole baluginio del cielo plumbeo, leggera e sottile, dall’impugnatura corta a una mano e, a giudicare dal suono che gli trafisse i timpani quando la provò passandola sul ghiaccio, davvero affilata.

«Poco ortodosso, ma funzionale» riflettè, alzandosi in piedi per avere più margine di manovra.

Danilo lo osservò muoversi, sembrava esausto eppure incuriosito.

«Ora ti libero, va bene? Ci sono io. È tutto a posto.»

Continuava a ripeterlo più per convincere se stesso che l’altro, e intanto infilava la punta della lama tra il corpo e la base del ghiaccio, per fare leva e strapparlo via con violenza dalla trappola in cui era finito.

«Potrebbe fare un po’ male.»

Scaricò il peso allora, e l’urlo che seguì non l’avrebbe mai più dimenticato.

Note autrice
Insomma, non proprio l’attrezzo migliore, ma ci si può lavorare su.
Danilo non è offeso, come avete visto, ma Francesco si sente in colpa.
Non mancano poi troppi giorni alla fine di ottobre, ma vedrete che risolveremo la matassa in tempi brevi.
Oggi si pubblica presto perché questo pomeriggio ho da fare, quindi vi beccate un capitolo un po’ anticipato rispetto al solito!

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