Giorno 25 / cestino
Il deserto ghiacciato del girone dei traditori era immerso in un buio quasi totale, ed era più freddo di quanto il suo corpo vivo sarebbe mai stato in grado di sopportare.
Per sua sfortuna, il suo corpo vivo non esisteva più.
Non c’era più un livello di freddo tale che l’avrebbe ucciso. Tutto quello che gli restava da fare era battere i denti e sopportare.
Al contrario del suo girone, la terribile pozza di fango, il deserto di ghiaccio era silenzioso. I versi bestiali delle anime ridotte ad animali erano solo un lontano ricordo, poteva sentire solo gemiti flebili di anime stanche e sofferenti, e il sussurro del vento gelido.
Davanti a lui, un piccolo cesto con un coperchio di vimini aveva su un bigliettino con scritto “Contengo qualcosa che può esserti utile, portami con te e aprimi ogni volta che hai bisogno”.
Aggrottò la fronte, perplesso. Chi mai avrebbe potuto lasciargli un messaggio del genere? Combatté per un attimo con l’incertezza, poi si decise ad aprire. Al suo interno, una piccola torcia a batterie.
Beh, di certo era un inizio.
Decise di prenderne un manico e lo sollevò, era leggero. Aveva preparato con cura i bagagli insieme a Danilo, e ora si trovava all’inferno con le tasche vuote e un cesto misterioso.
Danilo.
Sì, era lui il suo obiettivo, era lui tutto ciò che gli occorreva per andare avanti. Poi avrebbe deciso il da farsi, avrebbe scoperto come affrontare il resto.
Dopo aver trovato Danilo, dopo averlo portato fuori da lì. Allora sì che sarebbe riuscito a pensare.
Si strinse nella maglia leggera. Su in hotel non aveva bisogno di abiti pesanti, era stato colto impreparato, ma si fece forza. Quel freddo non poteva fargli male, il dolore era tutto nella sua testa.
Strinse il cesto e iniziò a camminare.
Illuminò con la destra il terreno di fango ghiacciato che scricchiolava sotto i piedi. La pelle gli bruciava dal freddo più di quanto bruciasse al caldo afoso del girone a cui era abituato, ma continuò a ignorare la sensazione, caparbio.
Puntò la torcia verso un dislivello sul terreno. Trattenne il fiato.
Non era un masso o una deformazione naturale, era un’anima incrostata nel ghiaccio, un braccio piegato in maniera innaturale che sbucava come un ramo, il volto coperto dalla patina bianca, le fauci aperte congelate in un lamento muto.
«Porca puttana» sibilò, facendo qualche passo in avanti.
L’anima ruotò gli occhi verso di lui. «Aiuto.»
Quella parola, un gemito flebile, quasi impercettibile. Un sospiro nel vento.
«Aiuto.»
Si chinò per estrarlo dal ghiaccio, ma non appena spostò la mano nel tentativo di aiutarlo, la torcia ruotò illuminò un’altra anima intrappolata.
Alzò lo sguardo.
Un’altra, poi un’altra, e un’altra ancora.
«Aiuto.»
Gli venne voglia di vomitare.
Non poteva tirarli tutti fuori da lì. Non ne avrebbe avuto tempo, capacità, forza. Poteva solo trovare Danilo, andare dove Uriele aveva detto, e sperare.
«Scusami.»
«No, ti prego. Ti prego... aiuto. Ho bisogno di aiuto.»
«Scusami, non posso. Non posso davvero.»
Strizzò gli occhi, scosse la testa, e continuò a camminare. Il suo obiettivo era solo uno, solo uno, doveva restare concentrato.
Perché doveva fare così male? Non avrebbe potuto fregarsene, restare in Paradiso a scopare e mangiare e farsi i bagni caldi con l’idromassaggio come avrebbe avuto molto più senso fare?
No, lui non era una bestia. Era un essere umano, cazzo, non gli avrebbero portato via anche questo!
«Fanculo» borbottò, e continuò a camminare.
Note autrice
Abbiamo un misterioso cestino che ci aiuterà nei capitoli successivi. Ma chi l’avrà mandato? Perché?
Ne sapremo di più in futuro, sino a quel momento... a Francesco si strazia il cuore al non poter aiutare tutta quella gente, ma forse riuscirà a trovare un riscatto anche per loro.
E chissà, nel prossimo capitolo potrebbe tornare qualcuno che ci è tanto mancato 👀 sì, proprio la persona che immaginate!
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