Giorno 2 / permesso
Voci ovattate, luce bianca, fresco sotto la schiena. Accartocciò il volto in una smorfia, tentando di muoversi con scarso successo.
«Guardate, si sta svegliando!»
«Mh» riuscì a mugugnare, poi aprì un occhio. La stanza sfocata cominciò a girare.
«Non sembra messo molto bene.»
«Dottoressa, lei che ne dice?»
«E io cosa ne so? È morto. Curo i vivi, non i cadaveri.»
«Non è un cadavere, è un’anima celeste. E in effetti questa pare un po’ malmessa...»
«Non stategli addosso, così lo confondete ancora di più! Sembra venire da una morte violenta...»
«Perché è nudo?»
«Qualcuno ha una coperta?»
«Ehi. Ehi. Respira. Va tutto bene. Respira.»
Fu quella frase, pronunciata da una figura accovacciata accanto a lui, che lo schermava dalla luce, a farlo mugolare di nuovo.
Aprì un altro occhio, tutto intorno a lui vacillò per un attimo, poi si assestò. Un capannello di persone, almeno quattro, si era riunito attorno a lui e commentava la scena come un gruppo di comari di un paesino.
«Riesci a sentirmi, ragazzo?»
«Un’anima nuova, che bellezza! Da quant’è che non abbiamo nuovi ospiti?»
«Santo cielo, qualcuno porti una coperta!»
Nudo, sì. Era nudo. Il che era normale, all’inferno tutti erano nudi. Perché le persone intorno a lui avevano vestiti addosso? Da dove venivano l’imbarazzo e il pudore che sentiva? Erano sentimenti che aveva smesso di provare tantissimo tempo fa. Perché?
«Ehi, ragazzo, respira. Va tutto bene.»
Lui strabuzzò gli occhi e mise a fuoco l’anima che lo confortava. Sembrava un giovane sulla trentina, accosciato sul pavimento, e lo guardava con occhi turbati e attenti. «Capisci quello che dico?»
«Magari non è italiano. Per questo non risponde. Ci hanno mandato il primo morto non italiano.»
«Piantala, Gino. Sei tu che c’hai la fissa degli stranieri, ma un errore così non è mai accaduto e mai accadrà. Là ai piani alti sono molto precisi, lo sai.»
«Ha degli occhi che ho già visto.»
«Magari lo conosci. Son solo due anni che sei arrivato.»
«No, no, non in quel senso. Ha degli occhi... ha gli occhi di chi ha sofferto troppo. Ne ho visti tanti così.»
«Eccolo, solito comunista buonista.»
«Non ti rispondo neanche, guarda.»
Allora successe qualcosa di assurdo e inspiegabile, qualcosa che non succedeva da un pezzo. Successe che aprì la bocca, e non uscì né un latrato né un grugnito, né un guaito né un belato. Bensì, uscì un roco: «Che succede?»
«Ha parlato!»
«Sì, ha parlato!»
«Visto che è italiano?»
«Nessuno ti ha chiesto un parere!»
«Smettetela di litigare, voi due! Non vedete che è confuso?»
In tutta onestà, stava iniziando a venirgli mal di testa. Aggrottò la fronte. Non era più abituato a parlare, averlo fatto l’aveva stancato.
Vide con la coda dell’occhio qualcosa muoversi, e il ragazzo più vicino, quasi alla sua altezza, afferrò qualcosa che gli porgevano. L’attimo dopo si ritrovò coperto da un lenzuolo che profumava di ammorbidente.
Profumava? Sì, profumava! Ecco cosa c’era di diverso, il puzzo se n’era andato! Incredibile. Incredibile.
«Chissà come mai è coperto di fango.»
«Forse dovremmo chiederlo a lui.»
«Come mai sei coperto di fango?»
«E puzza, anche. Senza offesa.»
Lui sbatté le palpebre, come inebetito. Aprì la bocca per rispondere qualcosa, qualsiasi cosa. Per farfugliare una scusa, che lui non si sarebbe dovuto trovare lì. Per darsela a gambe prima che lo trovassero, per tornare nel suo buco fetido, altrimenti le conseguenze sarebbero state troppo tremende persino per pensarci.
Non ne ebbe modo. «Come?» esclamò il ragazzo accovacciato, sporgendosi verso di lui. «Dice che c’è stata un’alluvione!»
«Ma guarda che non ha detto niente!»
«Certo che l’ha detto! L’ha sussurrato, io sono più vicino e l’ho sentito! Per questo è bagnato e sporco di fango, è un morto alluvionato.»
«Guarda che non ha neanche mosso le labbra. Non sono mica stupido.»
«Perché mai dovrei mentire? Se l’ho detto è perché ho sentito così. Non è vero, ragazzo? Sei stato vittima di un’alluvione?»
A quella domanda, lo guardò in un modo che gli fece capire che doveva dire di sì. In un modo che diceva ci penso io a te, tu seguimi e andrà tutto bene.
Sapeva che in tutta probabilità si trattava di una trappola, sapeva che non si sarebbe dovuto fidare, che poi sarebbe stato peggio... ma il giovane continuava a guardarlo, e non c’era scherno in quello sguardo. C’era premura, c’era umanità. Così annuì.
«Visto, malfidati che non siete altro? Vieni, ti aiuto ad alzarti.»
Il giovane si alzò in piedi e gli tese la mano. Lui l’afferrò. Provò a tirarlo su, ma si accorse che le gambe non reggevano.
«Salvo, fa’ il favore, aiutami tu.»
Un’altra figura sbuffò, ma si avvicinò accanto alla prima. Anche quella era la figura di un ragazzo, ma sembrava più giovane. Aveva il viso pulito, senza un accenno di barba, e dimostrava vent’anni o poco più.
Anche il ragazzo, Salvo, gli porse la mano, e lui afferrò anche quella.
«Al mio tre. Uno, due... tre.»
Soffocò un grido di sorpresa e si ritrovò in piedi. Le gambe gli tremavano, e il lenzuolo gli sfuggì di dosso. Un uomo avanti d’età, con un folto barbone bianco, glielo riaggiustò addosso, legandoglielo alla vita.
«Forse dovremmo chiamare Shemuel. Ha qualcosa che non va» commentò una signora dall’aria anzianissima, che aveva un volto familiare.
«È solo una morte parecchio violenta» liquidò il giovane che lo sosteneva. «Niente di cui preoccuparsi.»
«Anch’io ho fatto una morte violenta, ma non ero così» borbottò il ragazzo.
«Non possiamo essere tutti eroi della patria come te» rimbeccò l’altro.
L’uomo dal barbone bianco si avvicinò e gli sorrise. «Benvenuto all’Hotel Paradiso, ragazzo. Ti troverai bene qui.»
«Cosa?» riuscì a gracchiare, parlare gli faceva male.
«Hai trovato il biglietto d’oro, bello!» esclamò il giovane che lo reggeva in piedi. «Sei tra i giusti, adesso. Hai ufficialmente ottenuto il permesso di soggiornare nel lusso per l’eternità.»
«Paradiso...?»
«Capita a tutti. Nessuno si sente davvero degno, quando arriva qui.»
«Io ci ho creduto subito.»
«Non ne dubito, Salvo.»
«Non usare quel tono con me, tu non credevi nemmeno ci fosse, un aldilà!»
«In realtà continuo a essere un po’ scettico anche adesso.»
«Gino, finiscila pure tu!» sbottò la donna anzianissima, facendo qualche passo in avanti. Era minuta, di bassa statura e magra corporatura, e i capelli bianchissimi erano stretti in una crocchia argentea. Il suo vestito bordeaux era parecchio elegante eppure sobrio, e all’altezza del seno portava una spilla d’oro importante. «Ha bisogno di riposare. Assegnagli una stanza e fagli fare un bel bagno, starà subito meglio.»
«Ma lei non era la dottoressa dei vivi? Ora è esperta anche di morti?»
«Lo porto subito» tagliò corto il giovane, che iniziò a trascinarlo un po’ più in là.
«Ma che...?»
«Shhh, va tutto bene» gli sussurrò all’orecchio. «Te l’ho detto, sei qui, questo significa che hai ottenuto il permesso. Ce l’hai fatta.»
In effetti, il luogo in cui si trovava aveva tutta l’aria di essere un albergo di lusso. La luce bianca dei led illuminava il corridoio spazioso, sotto i piedi nudi aveva un tappeto fresco e morbido, bello gonfio, i soffitti erano affrescati a motivi di cieli al tramonto, e le ampie porte in legno laccato sfoggiavano i loro numerini dorati. Numerini molto lunghi, a dire il vero.
«La prima stanza libera è la 42151180, ricorda il numero così non ti perderai» continuò, dal momento che lui non aveva detto nulla.
«È una trappola» si lasciò sfuggire, infine, a mezza bocca. «Non è vero? Vuoi farmi del male.»
Il respiro del giovane tremò a quelle parole. Vide il suo labbro sparire tra i denti, morso forse dal nervosismo. Il suo sguardo lo bucava, magnetico. Sospirò. «Nessuno ti farà del male. Te l’ho detto... ce l’hai fatta.»
Note autrice
Benvenuti all’Hotel Paradiso!
Sì, lo so, due capitoli e il protagonista non ha ancora detto quasi niente, a malapena sappiamo il suo nome... poverino, come dice il caro Gino: “ha sofferto troppo”. È un po’ traumatizzato dal suo tempo all’inferno, ma piano piano magari si riprenderà.
Intanto, qualche chicca: le tre persone che ritrovano questa povera anima nel corridoio dell’albergo, insieme al nostro salvatore, sono la dottoressa Rita Levi-Montalcini, premio Nobel per la medicina, ex senatrice della Repubblica, nonché scienziata ebrea sopravvissuta all’Olocausto; Luigi “Gino” Strada, fondatore di Emergency, medico e attivista; e infine Salvo D’Acquisto, carabiniere che scelse di sacrificarsi al posto di ventidue civili italiani durante una rappresaglia nazista nel quarantatré, all’età di ventidue anni.
Questi personaggi faranno solo dei brevi cameo durante la storia, ma per colorare un po’ questo Hotel Paradiso avevo bisogno di qualche figura italiana “positiva” che si adattasse allo scopo!
In particolare, la Montalcini è un’autorità che un po’ tutti rispettano, mentre Gino e Salvo si beccano sempre perché, beh, uno è un carabiniere di epoca fascista che ha anche combattuto le guerre coloniali in nordafrica e l’altro è l’imperatore del soccorso ai profughi in Italia... in pratica sono nati per starsi sul cazzo ahah.
Grazie per essere giunti sin qui e noi ci sentiamo domani ~
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