Giorno 13 / primo

Non era riuscito a contenersi.

Non sarebbe mai riuscito a contenersi.

Il giudice universale, Dio, l’algoritmo di Meta o chiunque cazzo avesse deciso che lui meritava la tortura eterna ci aveva visto giusto, qualunque sforzo o investimento su di lui sarebbe andato sprecato.

Era per questo che, se fosse esistito il tempo, sarebbe stato chiuso da giorni nella sua camera d’albergo, steso sul letto immobile a fissare il soffitto.

Il tempo però non esisteva, e lui si trovava in quella posizione per quello che era sembrato un millesimo di attimo che al contempo sfiorava l’eternità.

Riusciva solo a mettersi in ridicolo. No, anzi, non riusciva solo a mettersi in ridicolo, riusciva anche benissimo a mettere in ridicolo le anime che si facevano vedere in giro con lui.

Non poteva scendere al venticinquesimo e stare con gli altri. Avrebbe iniziato a ingozzarsi, come faceva sempre. Avrebbe fatto vergognare Danilo, le altre anime avrebbero iniziato a farsi delle domande, lui sarebbe stato male sino a vomitare. Non voleva nulla di tutto questo.

Meglio ritagliarsi in paradiso il suo piccolo inferno personale.

«Apri la porta.»

Quella frase, pronunciata senza neanche essere preceduta dal suono delle nocche che battevano sull’anta, strappò la sua monotonia.

Pensò di rispondere, ma non lo fece.

«Apri la porta, lo so che sei lì dentro.»

Desiderò urlare “lasciami in pace”, ma si accorse di non averne nessuna voglia.

«Se non apri la porta la sfondo a calci. Posso farlo, un’anima celeste non lo farebbe mai, quindi non è fatta per resistere a urti di quel tipo.»

Francesco non ci diede peso. Forse Danilo era davvero in grado di sfondare quella porta a calci come aveva detto, ma non l’avrebbe fatto.

Il gesto avrebbe prodotto troppo chiasso, qualche anima sarebbe potuta venire a controllare. Lui non poteva lasciare che qualche anima venisse a controllare, perché allora si sarebbe accorto che era un dannato che prendeva a calci le porte e magari si faceva pure male nel farlo.

No, Danilo non avrebbe mai sfondato quella porta, ancora un po’ e se ne sarebbe andato.

Non avrebbe messo a rischio la copertura solo per–

Il rumore della porta che sbatteva con violenza lo fece sobbalzare sul materasso. Si alzò appena sui gomiti, steso a pancia in su, e lo vide.

«Te l’ho detto che l’avrei sfondata.»

«Che vuoi da me? Vattene.»

Lo vide richiudere la porta in tutta fretta e nascondersi all’interno per sfuggire a occhi indiscreti. «Non ci credo che ti sei arreso. Non ci credo.»

«È meglio per tutti, anche per te.»

«Non dire stronzate.»

«Non dirmi che non lo pensi.»

«Perché cazzo dovrei pensarlo?»

«Sei venuto qui a buttarmi giù la porta e litigare?»

«Sono venuto qui per smuoverti, cazzo. Ti ho lasciato abbastanza tempo per commiserarti, è ora–»

«Il tempo qui nemmeno esiste.»

«Non farmi bestemmiare in paradiso, per favore. Quello che volevo dire l’hai capito.»

A Francesco scappò da ridere. «Secondo te che succede se lo fai?»

«Se continui a fare il difficile lo scopriamo subito.»

Alzò gli occhi al cielo, poi si stese di nuovo di schiena e riprese a osservare il soffitto. «Quindi? Che vuoi, allora?»

Non avrebbe mai ammesso che il fatto che si fosse preso la briga di venire sin lassù a recuperarlo gli avesse stretto il cuore nel petto in una morsa di imbarazzo misto a orgoglio.

«Sono qui per farti riprendere.»

«Te l’ho detto. È meglio per tutti che resti ad ammuffire qui dentro.»

«Non è meglio per nessuno. Alzati, andiamo di sotto.»

«Bella idea, così poi riprendo a fare show, ci fissano tutti e ti viene voglia di ammazzarti un’altra volta. Magari la seconda andrà meglio.»

Calò il silenzio.

Era capitato a Danilo qualche volta di scherzare sul suo suicidio, ma Francesco aveva sempre evitato di farlo, non ne sentiva il diritto. Si pentì di averlo detto appena dopo averlo fatto.

Abbassò gli occhi per vedere se l’altro era ancora nella stanza, non aveva più parlato.

Era là, e Francesco ebbe l’impressione che ci fosse davvero rimasto male, più di quanto non ci fosse mai rimasto male per niente di quello che si erano detti sino a quel momento.

Restò là in piedi, forse indeciso tra continuare a provare, iniziare a litigare e andarsene senza una parola.

Fu la prima a vincere, quella volta.

«Perché ti ostini a fare il cattivo?»

«Io sono cattivo. Per questo mi hanno mandato all’inferno.»

«Non è vero.»

«È così vero che è esattamente quello che è successo, e tu lo sai.»

«Non sei andato all’inferno perché sei cattivo.»

«No, è vero. Sono andato all’inferno perché sono un incapace che non è in grado di controllarsi e ha la straordinaria capacità di rendere disgustoso tutto quello che tocca. Ora vattene e lasciami in pace.»

«Tu sei andato all’inferno per lo stesso motivo per cui ci sono andato io, e cioè che chi decide quale anima va in quale aldilà è un vero coglione.»

«Dare a Dio del coglione non conta, come bestemmia?»

«Non è detto che sia stato Dio a decidere. In realtà non è nemmeno detto che esista. Io non l’ho mai visto.»

«Parli come Gino, adesso.»

«Quell’uomo sa il fatto suo.»

«Esci di qui, per favore.»

«No. Non mi arrendo, e non ti arrenderai nemmeno tu. Sei in paradiso, comprendi? Eri all’inferno e ora sei nel fottuto paradiso del cazzo. Non puoi davvero voler sprecare la tua eternità così. Non pensi a tutte quelle anime che darebbero via qualsiasi cosa per stare al tuo posto?»

«Sai, quando non avevo fame mia madre mi diceva sempre di pensare ai bambini africani che non avevano da mangiare. Guarda un po’ tu com’è finito il mio rapporto col cibo.»

«Alzati da quel letto.»

«No.»

«Alzati da quel letto.»

«Perché insisti tanto? Starai meglio senza di me. Lo vedo come ti struggi quando ti faccio fare una figura di merda. Rischio di fare saltare la copertura a tutti e due.»

«So già come si sta senza di te, l’ho sperimentato abbastanza a lungo. Se sono qui vorrà pur dire qualcosa.»

«Sì, che hai la sindrome del crocerossino.»

«Hai proprio sbagliato persona.»

«Per quale altro motivo saresti qui, altrimenti?»

«Hai mai pensato che la tua presenza non sia peggio per me, ma meglio?»

«È una domanda seria?»

«Sì.»

«Allora la risposta è no.»

«Beh, in quel caso dovresti ricrederti.»

«Perché mai dovrebbe essere meglio? Porto solo problemi.»

«Non è vero. Non sai quanto mi ha fatto bene confessare chi sono, anche solo a una persona. E poi mi piace quando battibecchiamo. E anche quando mi porti fortuna in sala giochi.»

«Non ti porto fortuna, sei tu che imbrogli.»

«Ma è più bello farlo se ci sei tu che te ne accorgi! Gli altri pensano che sia un’anima integerrima che è solo molto brava a poker, tu invece lo sai che sotto sotto sono un pezzo di merda troppo competitivo che truffa la gente per vincere!»

«Mica tanto sotto...»

«Torna giù con me, è più brutto quando non ci sei. Mi viene persino la tentazione di far vincere qualche mano anche agli altri così sei più fiero di me.»

Francesco chiuse gli occhi e sospirò. Il tono di Danilo sembrava sincero. Forse nel periodo che aveva passato là in hotel non aveva combinato solo guai.

Si alzò a sedere, non poi tanto controvoglia. Danilo si avvicinò ai piedi del letto, osservando ogni sua mossa.

«Non sei uno che si arrende tu, eh?»

«Non per le cose che mi interessano.»

«E io sarei qualcosa che ti interessa?»

L’anima davanti a lui si abbassò per portare il volto alla sua altezza. «Non l’ho reso forse abbastanza chiaro?»

Oh, no. Non un flirt. Non un flirt con l’anima carina e gentile che era stata comprensiva con lui e che quando sorrideva gli faceva venire un colpo.

Non sapeva resistere ai flirt così. Non più di quanto sapesse resistere a un po’ di cioccolato.

«Forse potresti renderlo ancora più chiaro.»

Avvicinò ancora il volto al suo. Non irradiava calore, non poteva farlo, ma ne sentiva il respiro leggero sulle labbra. «Va bene così?» mormorò appena.

«Puoi fare di meglio, sono sicuro.»

«Non sfidarmi, bimbo.»

«Perché no? Dovrei avere paura?»

Una voce dentro di lui gli disse che sì, avrebbe dovuto. Che era un gigantesco e pantagruelico errore. Non doveva affezionarsi, non poteva affezionarsi, non avrebbe neanche dovuto volere affezionarsi, e invece–

«Forse sì, forse dovresti» rispose, a fior di labbra, e l’attimo dopo, come a rimarcare la serietà delle sue parole, lo baciò.

Note autrice
Oggi più presto del solito, lo so, ma questo pomeriggio parto in quel di Palermo per due giornatine di vacanza quindi ho preferito anticipare.
Non temete, i capitoli arriveranno ogni giorno anche nel weekend, ho detto che avrei postato tutti i giorni e intendo farlo.
Tornando a noi: è da quando ho letto il prompt “primo” circa a metà mese che mi sono detta: bene, abbiamo il primo bacio già deciso!
Del resto, da qualche parte qua dobbiamo pur arrivare.
Secondo i miei piani, tra l’altro, dopodomani dovremmo anche avanzare sul fronte di trama che riguarda il complotto Shemuel/legioni infernali.
Tra un po’ inizieremo a dare senso a questa storia, non temete!
Nel prossimo capitolo, invece, le cose si scalderanno un pochino...

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